Trattamento Sanzionatorio: I Limiti della Discrezionalità del Giudice
L’applicazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice è chiamato a bilanciare la gravità del reato con la necessità di una sanzione giusta ed equa. Ma quali sono i limiti della sua discrezionalità? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione, datata 4 luglio 2024, offre importanti chiarimenti sul trattamento sanzionatorio e sull’obbligo di motivazione, confermando principi consolidati.
I Fatti del Caso
Un individuo, condannato in primo e secondo grado per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate, ha presentato ricorso in Cassazione. Il ricorrente lamentava che la pena inflittagli fosse eccessiva e che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente giustificato la sua determinazione. In sostanza, si contestava la congruità del trattamento sanzionatorio applicato, ritenendolo sproporzionato rispetto alla condotta.
La Decisione della Corte di Cassazione sul trattamento sanzionatorio
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno innanzitutto ribadito un principio cardine del nostro ordinamento: la graduazione della pena rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito. Questo potere, tuttavia, non è arbitrario, ma deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di valutare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.
La Corte ha specificato che l’obbligo di motivazione del giudice cambia a seconda dell’entità della pena inflitta:
* Pena contenuta o media: È sufficiente una motivazione sintetica, anche con il semplice richiamo a criteri generali come la gravità del fatto, per dimostrare che il giudice ha ponderato gli elementi a sua disposizione.
* Pena notevolmente superiore alla media edittale: Solo in questo caso è richiesta una motivazione specifica e dettagliata, che spieghi analiticamente le ragioni di una sanzione così aspra.
Nel caso di specie, il giudice di primo grado aveva correttamente individuato la pena partendo dal minimo previsto per il reato più grave (resistenza a pubblico ufficiale), applicando poi aumenti ponderati per la continuazione con il reato di lesioni. Tale percorso logico è stato ritenuto dalla Cassazione aderente e adeguato al disvalore della condotta, rendendo la motivazione della Corte d’Appello, che confermava tale decisione, pienamente legittima.
Le motivazioni e la congruenza della pena
Un altro punto sollevato dal ricorrente riguardava una presunta discrasia tra motivazione e dispositivo, in merito alla concessione delle attenuanti generiche. La Cassazione ha smontato anche questa censura, chiarendo che il primo giudice aveva correttamente specificato come le attenuanti fossero state ritenute prevalenti solo per il capo relativo alla resistenza (art. 337 c.p.) e non per quello delle lesioni aggravate. La pena per le lesioni è stata quindi quantificata come aumento per la continuazione (ex art. 81 c.p.) sul reato più grave, un meccanismo che non presenta alcuna illegittimità.
La Corte ha concluso che il ricorso era non solo infondato, ma riproduttivo di censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Questo ha portato alla declaratoria di inammissibilità.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame conferma che la valutazione sul trattamento sanzionatorio è una prerogativa quasi esclusiva del giudice di merito. Il controllo della Corte di Cassazione è limitato alla verifica della logicità e della coerenza della motivazione, senza poter entrare nel merito della scelta della pena, a meno che non sia palesemente illogica o viziata da errori di diritto. Per i cittadini, ciò significa che contestare l’entità di una pena in Cassazione è un’operazione complessa, che ha successo solo quando si possono dimostrare vizi evidenti nel ragionamento del giudice e non una mera divergenza di valutazione. La decisione ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Quando il giudice deve motivare in modo dettagliato la pena inflitta?
Il giudice è tenuto a fornire una spiegazione specifica e dettagliata del ragionamento seguito solo quando la pena applicata è di gran lunga superiore alla misura media di quella prevista dalla legge per quel reato.
La Corte di Cassazione può modificare la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può entrare nel merito della quantificazione della pena. Il suo compito è verificare che la decisione del giudice sia logica, non contraddittoria e basata su una corretta applicazione della legge, ma non può sostituire la sua valutazione a quella del giudice di merito.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte senza validi motivi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29866 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29866 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ARGENTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/09/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esamiNOME il ricorso di COGNOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che il motivo con cui si censura il trattamento sanzioNOMErio, ritenuto eccessiv risulta manifestamente infondato e riproduttivo di censura adeguatamente vagliata dalla Corte di appello che ha dato conto, per mezzo di precise argomentazioni, come la pena determinata dal Primo giudice (che aveva individuato la pena per il reato ritenuto più grave partendo d minimo edittale, con aumenti adeguatamente ponderati per la ritenuta continuazione) fosse aderente ed adeguata al disvalore della condotta, così mostrando di aver adeguatamente ponderato gli elementi di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen.; che la graduazione della pena, inf rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo ob motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pe espressioni di tipo sintetico, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capa delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittal (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243); che manifestamente infondata risulta la dedotta illegittimità della pena sulla base di una prospettata discrasia tra motivazio dispositivo, avendo il Primo giudice ben evidenziato come le attenuanti generiche fossero prevalenti nella sola ipotesi di cui al capo a) ex art. 337 e non anche per quella di cui al capo b) di lesioni aggravate, ipotesi di reato la cui pena è stata comunque quantificata ex art. 81 cod. pen. con aumenti operati sul reato ritenuto più grave di resistenza a pubblico ufficiale ai d di RAGIONE_SOCIALE; rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/07/2024.