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Trattamento sanzionatorio: la discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. La Corte conferma la legittimità del trattamento sanzionatorio applicato, ritenendolo adeguato alla gravità dei fatti, e nega le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena a causa della personalità negativa dell’imputato e della reiterazione dei reati.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento Sanzionatorio: I Limiti alla Discrezionalità del Giudice

La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice esercita un potere discrezionale di fondamentale importanza. Ma quali sono i confini di questa discrezionalità? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui criteri che guidano la valutazione del trattamento sanzionatorio, chiarendo quando una pena può essere considerata equa e quando, invece, eccessiva. L’analisi del caso in esame offre spunti preziosi sulla concessione delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena.

I Fatti del Caso

Il ricorrente era stato condannato in appello a una pena di due anni e dieci mesi di reclusione e 6.000 euro di multa per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, commesso in concorso con altre persone e con carattere continuato. Insoddisfatto della decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’eccessività del trattamento sanzionatorio ricevuto. In particolare, contestava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e la negazione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ritenuto che la valutazione operata dai giudici di merito fosse logica, coerente e rispettosa dei principi di legge, rigettando tutte le doglianze sollevate dalla difesa.

Le Motivazioni alla Base della Decisione

La Corte ha articolato le sue motivazioni affrontando punto per punto i motivi del ricorso, offrendo chiarimenti importanti sulla discrezionalità giudiziale.

La Congruità del Trattamento Sanzionatorio

Il primo aspetto analizzato riguarda l’entità della pena. La Cassazione ricorda un principio consolidato: il giudice non è tenuto a fornire una motivazione specifica e dettagliata quando la pena inflitta si colloca al di sotto della “media edittale” (ovvero il punto medio tra il minimo e il massimo previsto dalla legge per quel reato). Un obbligo di motivazione rafforzato scatta solo quando la pena è di gran lunga superiore a tale media.
Nel caso di specie, la pena base era stata fissata ben al di sotto della media, e la Corte d’Appello aveva comunque giustificato la sua scelta in modo ampio e non illogico. Erano state considerate l’ampia finestra temporale dell’attività di spaccio, la pluralità di acquirenti e la facilità di reperimento della sostanza, elementi che dimostravano l’inserimento dell’imputato in circuiti criminali di un certo spessore. Pertanto, un trattamento sanzionatorio più mite non sarebbe stato giustificato.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

In merito al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.), la Corte ribadisce che si tratta di un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e non contraddittoria. Il giudice di merito non è obbligato a esaminare ogni singola argomentazione difensiva, ma è sufficiente che indichi gli elementi preponderanti che hanno guidato la sua decisione.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato elementi negativi sulla personalità dell’imputato, come l’assenza di resipiscenza (pentimento) e la commissione di altri reati della stessa indole. La pericolosità sociale, desunta dal precedente specifico e dalle reiterate condotte illecite, ha giustificato ampiamente il diniego del beneficio.

La Negazione della Sospensione Condizionale

Infine, la Corte ha ritenuto corretta anche la decisione di non concedere la sospensione condizionale della pena. La scelta era giustificata sia dall’entità della pena inflitta, superiore ai limiti di legge per la concessione del beneficio, sia dalla valutazione negativa sulla personalità dell’imputato, che non permetteva una prognosi favorevole circa la sua futura astensione dal commettere reati. È stata inoltre confermata la revoca di una precedente sospensione condizionale già concessa.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che la discrezionalità del giudice nella determinazione del trattamento sanzionatorio è ampia, ma non arbitraria. Essa deve essere esercitata entro i binari tracciati dalla legge (art. 133 c.p.) e motivata in modo logico, specialmente quando ci si discosta significativamente dai minimi edittali. La valutazione sulla personalità del reo assume un ruolo centrale, influenzando non solo la quantificazione della pena, ma anche la concessione di benefici come le attenuanti generiche e la sospensione condizionale. La decisione sottolinea come un comportamento processuale ed extra-processuale negativo e la persistenza in condotte illecite siano elementi decisivi che possono precludere l’accesso a un trattamento sanzionatorio più favorevole.

Quando un giudice deve motivare in modo dettagliato l’entità della pena inflitta?
Secondo la Corte, una motivazione specifica e dettagliata è necessaria solo quando la pena irrogata è di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale. Se la pena è inferiore alla media, non è richiesta una motivazione particolarmente analitica.

Quali elementi può considerare il giudice per negare le attenuanti generiche?
Il giudice può negare le attenuanti generiche basandosi su elementi che delineano un giudizio di disvalore sulla personalità dell’imputato. Nel caso specifico, sono state considerate rilevanti l’assenza di resipiscenza (pentimento), la commissione di altri reati simili, un precedente specifico e la dedizione a reiterate condotte illecite.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità del ricorso, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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