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Trattamento sanzionatorio: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati condannati per occupazione abusiva di area pubblica, i quali contestavano la determinazione della pena. La Corte ha ribadito che il trattamento sanzionatorio rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Una motivazione sintetica come ‘pena congrua’ è sufficiente, a meno che la pena non sia notevolmente superiore alla media edittale. In questo caso, il ricorso è stato giudicato generico e gli imputati condannati alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento Sanzionatorio: Limiti alla Discrezionalità del Giudice

La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice esercita un potere discrezionale fondamentale. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 22713/2024) offre un’importante occasione per approfondire i confini di tale potere e i requisiti di motivazione della sentenza. Il caso riguarda il trattamento sanzionatorio applicato a due imputati e chiarisce quando una motivazione sintetica può essere considerata sufficiente.

I Fatti del Processo: Occupazione Abusiva e Ricorso in Cassazione

Due persone venivano condannate dalla Corte di Appello di Bologna per l’occupazione abusiva di un’area pubblica. Uno dei due era stato ritenuto responsabile anche di altri reati. Insoddisfatti della decisione, gli imputati hanno presentato un ricorso congiunto alla Corte di Cassazione.

L’unico motivo di doglianza riguardava la presunta violazione di legge e il vizio di motivazione in merito alla determinazione del trattamento sanzionatorio. In sostanza, i ricorrenti contestavano il modo in cui i giudici di merito avevano quantificato la pena, ritenendolo ingiusto o non adeguatamente giustificato.

La Decisione della Cassazione sul Trattamento Sanzionatorio

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando integralmente l’approccio dei giudici di grado inferiore. La decisione si fonda su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità in materia di graduazione della pena.

Il Principio della Discrezionalità del Giudice di Merito

Il fulcro della decisione risiede nel principio secondo cui la quantificazione della pena è un’attività che rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito. Quest’ultimo, basandosi sui criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del Codice Penale (come la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo), ha il compito di individualizzare la sanzione, adattandola alla specificità del caso concreto. Il giudizio di legittimità della Cassazione, pertanto, non può sostituirsi a questa valutazione, a meno che non emerga un palese vizio logico o una violazione di legge.

L’Onere di Motivazione e l’Uso di Formule Sintetiche

La Corte ha specificato che l’obbligo di motivazione del giudice in merito al trattamento sanzionatorio non è sempre uguale. È necessario fornire una spiegazione specifica e dettagliata solo quando la pena inflitta sia significativamente superiore alla media edittale. In tutti gli altri casi, e in particolare quando la pena si attesta sui minimi previsti dalla legge, è sufficiente che il giudice utilizzi espressioni sintetiche come “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”. Tali formule, secondo la Corte, bastano a dar conto dell’avvenuta valutazione e del corretto esercizio del potere discrezionale.

Le Motivazioni

La Cassazione ha ritenuto il ricorso presentato del tutto generico. I ricorrenti, infatti, non avevano specificato le ragioni concrete di censura rispetto alla motivazione della Corte di Appello. Quest’ultima, come evidenziato dagli Ermellini, aveva già dato conto del fatto che il trattamento sanzionatorio era stato contenuto ai minimi. Di fronte a una motivazione di questo tipo, il ricorso non può limitarsi a una critica astratta, ma deve indicare precisamente perché la valutazione del giudice di merito sarebbe errata.

La declaratoria di inammissibilità ha comportato la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, non essendo state ravvisate ragioni per un esonero.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio cardine del sistema penale: la graduazione della pena è un’attività eminentemente discrezionale del giudice di merito. L’intervento della Corte di Cassazione è limitato al controllo della legalità e della logicità della motivazione. Per i difensori, ciò significa che un ricorso incentrato sulla sola quantificazione della pena ha scarse possibilità di successo se non è supportato da una critica puntuale e argomentata, capace di dimostrare un’irragionevolezza manifesta o una violazione di legge nella decisione impugnata. Per l’imputato, la pronuncia conferma che, in assenza di pene palesemente sproporzionate, è difficile ottenere una riforma della sanzione in sede di legittimità.

Quando il giudice deve motivare in modo dettagliato la pena inflitta?
Secondo la Corte, una spiegazione specifica e dettagliata del ragionamento seguito è necessaria soltanto quando la pena applicata sia di gran lunga superiore alla media prevista dalla legge per quel reato.

È sufficiente utilizzare espressioni come “pena congrua” per motivare una sentenza?
Sì, per la Corte l’uso di espressioni come “pena congrua” o “pena equa” è sufficiente per assolvere all’obbligo di motivazione, a condizione che la pena non si discosti in modo significativo dai minimi edittali.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, salvo casi eccezionali, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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