Trattamento sanzionatorio: quando la decisione del giudice è definitiva?
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato i principi cardine che governano l’impugnazione del trattamento sanzionatorio. La decisione sottolinea come la quantificazione della pena rientri nella discrezionalità del giudice di merito e possa essere contestata in sede di legittimità solo in casi eccezionali. Questo provvedimento offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in Cassazione e sulla centralità di una motivazione logica e coerente da parte del giudice.
La vicenda giudiziaria
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’unico motivo di doglianza riguardava il trattamento sanzionatorio applicato, ritenuto eccessivo. Il ricorrente deduceva una violazione di legge e vizi di motivazione nella determinazione della pena, sperando in una rivalutazione da parte della Suprema Corte.
Il principio di diritto: la discrezionalità del giudice nel trattamento sanzionatorio
La Cassazione ha prontamente dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un indirizzo giurisprudenziale consolidato. La graduazione della pena, così come il bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti, costituisce un’attività che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato seguendo i criteri guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di considerare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.
Un ricorso in Cassazione che si limiti a contestare l’adeguatezza della pena, senza individuare un vizio di manifesta illogicità o una palese violazione di legge nella motivazione del giudice, non è consentito. La Corte di legittimità, infatti, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti nel merito.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto la decisione della Corte d’Appello del tutto incensurabile. L’analisi del provvedimento impugnato ha rivelato una motivazione logica, coerente e completa, che giustificava pienamente la pena inflitta. In particolare, i giudici di legittimità hanno evidenziato come la pena fosse stata correttamente commisurata alla gravità del fatto, tenendo conto di diversi elementi:
* Bilanciamento delle circostanze: L’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p. (danno di speciale tenuità) era stata correttamente concessa in misura equivalente alla recidiva.
* Determinazione della pena base: La pena base era stata individuata nel minimo edittale previsto dalla legge.
* Riduzione per il tentativo: Era stata applicata la massima riduzione possibile per la fattispecie tentata.
* Valutazione della condotta: Gli atti di forte ostilità e violenza commessi dall’imputato nei confronti dei pubblici ufficiali denotavano una spiccata gravità del fatto, giustificando la pena finale.
Di conseguenza, la pena determinata è stata considerata equa e adeguata sia al disvalore della condotta sia alla personalità dell’autore del reato.
Le conclusioni
Con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la Cassazione ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui il trattamento sanzionatorio è sindacabile in sede di legittimità solo in presenza di vizi motivazionali macroscopici. La semplice divergenza sulla quantificazione della pena non è sufficiente per ottenere una riforma della sentenza, confermando l’ampia autonomia valutativa del giudice di merito in questa delicata materia.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
In linea di principio no. La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione è ammesso solo se la motivazione è manifestamente illogica, contraddittoria o viola specifici principi di legge, non per un mero dissenso sulla valutazione.
Come ha bilanciato il giudice le circostanze del reato in questo caso?
Il giudice ha ritenuto la pena equa perché ha concesso l’attenuante del danno di speciale tenuità in misura equivalente all’aggravante della recidiva, ha fissato la pena base nel minimo edittale e ha applicato la massima riduzione per il tentativo.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché sollevava motivi non consentiti dalla legge in sede di legittimità, ovvero la rivalutazione nel merito della discrezionalità del giudice nella determinazione della pena, la cui motivazione è stata invece giudicata logica e adeguata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8170 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8170 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BOLOGNA il 21/03/1979
avverso la sentenza del 16/07/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che l’unico motivo di ricorso formulato nell’interesse dell’imputato che deduce violazione di legge e vizi di motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
che, nella specie, le conclusioni argomentate dal giudice di merito (si veda, in particolare pag. 4 della sentenza impugnata) sono incensurabili nella parte in cui evidenziano che la pena inflitta all’imputato risulta pienamente commisurata alla gravità del fatto in quanto: a) l’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. è st concessa in misura equivalente alla recidiva; b) la pena base è stata individuata nel minimo edittale; c) vi è stata la riduzione massima per il tentativo; d) gli atti di fo ostilità e violenza commessi dall’imputato nei confronti dei pubblici ufficiali denotano la spiccata gravità del fatto a lui contestato, sicché la pena determinata dalla Corte di merito deve ritenersi equa e adeguata al disvalore della condotta e alla personalità del suo autore;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 4 febbraio 2025.