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Trattamento sanzionatorio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la determinazione della pena. La Corte ha ribadito che la valutazione del trattamento sanzionatorio, inclusa la graduazione delle circostanze, rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, se adeguatamente motivata. In questo caso, la pena è stata ritenuta equa e proporzionata alla gravità del fatto.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento sanzionatorio: quando la decisione del giudice è definitiva?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato i principi cardine che governano l’impugnazione del trattamento sanzionatorio. La decisione sottolinea come la quantificazione della pena rientri nella discrezionalità del giudice di merito e possa essere contestata in sede di legittimità solo in casi eccezionali. Questo provvedimento offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in Cassazione e sulla centralità di una motivazione logica e coerente da parte del giudice.

La vicenda giudiziaria

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’unico motivo di doglianza riguardava il trattamento sanzionatorio applicato, ritenuto eccessivo. Il ricorrente deduceva una violazione di legge e vizi di motivazione nella determinazione della pena, sperando in una rivalutazione da parte della Suprema Corte.

Il principio di diritto: la discrezionalità del giudice nel trattamento sanzionatorio

La Cassazione ha prontamente dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un indirizzo giurisprudenziale consolidato. La graduazione della pena, così come il bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti, costituisce un’attività che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato seguendo i criteri guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di considerare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.
Un ricorso in Cassazione che si limiti a contestare l’adeguatezza della pena, senza individuare un vizio di manifesta illogicità o una palese violazione di legge nella motivazione del giudice, non è consentito. La Corte di legittimità, infatti, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti nel merito.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto la decisione della Corte d’Appello del tutto incensurabile. L’analisi del provvedimento impugnato ha rivelato una motivazione logica, coerente e completa, che giustificava pienamente la pena inflitta. In particolare, i giudici di legittimità hanno evidenziato come la pena fosse stata correttamente commisurata alla gravità del fatto, tenendo conto di diversi elementi:

* Bilanciamento delle circostanze: L’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p. (danno di speciale tenuità) era stata correttamente concessa in misura equivalente alla recidiva.
* Determinazione della pena base: La pena base era stata individuata nel minimo edittale previsto dalla legge.
* Riduzione per il tentativo: Era stata applicata la massima riduzione possibile per la fattispecie tentata.
* Valutazione della condotta: Gli atti di forte ostilità e violenza commessi dall’imputato nei confronti dei pubblici ufficiali denotavano una spiccata gravità del fatto, giustificando la pena finale.

Di conseguenza, la pena determinata è stata considerata equa e adeguata sia al disvalore della condotta sia alla personalità dell’autore del reato.

Le conclusioni

Con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la Cassazione ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui il trattamento sanzionatorio è sindacabile in sede di legittimità solo in presenza di vizi motivazionali macroscopici. La semplice divergenza sulla quantificazione della pena non è sufficiente per ottenere una riforma della sentenza, confermando l’ampia autonomia valutativa del giudice di merito in questa delicata materia.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
In linea di principio no. La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione è ammesso solo se la motivazione è manifestamente illogica, contraddittoria o viola specifici principi di legge, non per un mero dissenso sulla valutazione.

Come ha bilanciato il giudice le circostanze del reato in questo caso?
Il giudice ha ritenuto la pena equa perché ha concesso l’attenuante del danno di speciale tenuità in misura equivalente all’aggravante della recidiva, ha fissato la pena base nel minimo edittale e ha applicato la massima riduzione per il tentativo.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché sollevava motivi non consentiti dalla legge in sede di legittimità, ovvero la rivalutazione nel merito della discrezionalità del giudice nella determinazione della pena, la cui motivazione è stata invece giudicata logica e adeguata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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