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Trattamento sanzionatorio: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello limitatamente al trattamento sanzionatorio. Il caso riguardava un imputato condannato per possesso di documenti falsi. La Suprema Corte ha ritenuto che i giudici d’appello non avessero adeguatamente motivato la quantificazione della pena, omettendo di specificare la pena base, l’aumento per la continuazione e le ragioni per la conferma della recidiva. Di conseguenza, la determinazione della pena dovrà essere riesaminata da un’altra sezione della Corte d’Appello.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento Sanzionatorio: Obbligo di Motivazione per il Giudice

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del diritto penale: ogni decisione sulla pena deve essere spiegata in modo chiaro e logico. Il caso in esame dimostra come una motivazione carente sul trattamento sanzionatorio possa portare all’annullamento di una sentenza, anche se la colpevolezza dell’imputato non è in discussione. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I fatti di causa

Il procedimento riguarda un uomo condannato in primo grado per il possesso di una carta d’identità e di una patente di guida contraffatte. La Corte d’appello, in sede di rinvio dopo un primo annullamento della Cassazione per vizi procedurali, aveva parzialmente riformato la prima sentenza. Pur riqualificando uno dei reati, aveva rideterminato la pena complessiva in un anno e due mesi di reclusione, una riduzione significativa rispetto ai due anni e sette mesi iniziali.

Tuttavia, l’imputato ha presentato un nuovo ricorso in Cassazione, lamentando tre vizi principali.

I motivi del ricorso e il trattamento sanzionatorio

L’imputato ha basato il suo ricorso su tre punti cruciali:

1. Nullità processuale: Sosteneva di non aver ricevuto la notifica del decreto di citazione per il giudizio d’appello.
2. Mancanza di motivazione sulla recidiva: La Corte d’appello aveva confermato l’aggravante della recidiva basandosi unicamente sui precedenti penali, senza spiegare perché questi rendessero l’imputato più pericoloso.
3. Vizio di motivazione sulla pena: La difesa ha evidenziato come la Corte d’appello avesse indicato solo la pena finale, senza specificare la pena base per il reato più grave, l’aumento applicato per la continuazione con l’altro reato e il bilanciamento tra le circostanze attenuanti e aggravanti.

Il Procuratore Generale presso la Cassazione ha chiesto di accogliere solo i motivi relativi al trattamento sanzionatorio, ritenendo infondato il primo punto.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il primo motivo di ricorso, verificando direttamente dagli atti (grazie al principio dell'”error in procedendo”) che la notifica all’imputato era stata regolarmente eseguita presso l’istituto di pena in cui era detenuto.

Ha invece accolto pienamente il secondo e il terzo motivo, entrambi focalizzati sulla carenza di motivazione. I giudici di legittimità hanno osservato che la Corte d’appello si era limitata ad affermare di ritenere “equo rideterminare la pena”, senza fornire alcuna spiegazione sul percorso logico-giuridico seguito. Questo approccio viola l’obbligo di motivazione che impone al giudice di rendere comprensibile e trasparente la propria decisione.

Le motivazioni

La Corte ha sottolineato che, a fronte delle specifiche richieste della difesa (esclusione della recidiva, riconoscimento delle attenuanti generiche come prevalenti, applicazione di un minimo aumento per la continuazione), il giudice d’appello aveva l’obbligo di rispondere punto per punto. Invece, la sentenza impugnata non ha:

* Motivato sulla sussistenza della recidiva: Non ha spiegato perché i precedenti dell’imputato fossero indicativi di una maggiore pericolosità sociale.
* Fissato e motivato la pena base: Non ha indicato da quale misura partisse il calcolo della sanzione.
* Fissato e motivato l’aumento per la continuazione: Non ha chiarito l’entità dell’aumento per il secondo reato.

Questa omissione rende la decisione arbitraria e non controllabile, ledendo il diritto di difesa dell’imputato.

Le conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha annullato la sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’appello di Napoli per un nuovo giudizio sul punto. Questo significa che la colpevolezza dell’imputato è accertata, ma la pena dovrà essere nuovamente determinata con una sentenza che spieghi in modo dettagliato tutti i passaggi del calcolo. La pronuncia riafferma con forza che la trasparenza e la logicità della motivazione sono garanzie irrinunciabili in uno stato di diritto, specialmente quando si tratta di decidere sulla libertà personale di un individuo.

Può un giudice d’appello rideterminare una pena senza spiegare come l’ha calcolata?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice deve motivare specificamente ogni passaggio del calcolo, inclusa la pena base, gli aumenti per la continuazione e la valutazione della recidiva. Affermare che la pena è “equa” non è sufficiente.

Cosa significa “annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio”?
Significa che la condanna per il reato è definitiva, ma la parte della sentenza che stabilisce la quantità della pena è stata annullata. Il caso torna a un’altra sezione della Corte d’appello solo per decidere nuovamente la pena, fornendo questa volta una motivazione adeguata.

La semplice esistenza di precedenti penali giustifica automaticamente l’applicazione della recidiva?
No. La sentenza chiarisce che il giudice deve motivare in modo specifico perché i precedenti penali rendono il reo più pericoloso, giustificando così l’aumento di pena per la recidiva. Non si tratta di un automatismo, ma di una valutazione che deve essere esplicitata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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