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Trattamento sanzionatorio: il potere del giudice

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una condanna per spaccio, ribadendo l’ampio potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena. La Corte ha ritenuto giustificata la pena inflitta sulla base della gravità del fatto e dei precedenti penali dell’imputato, confermando che la valutazione del trattamento sanzionatorio non richiede l’analisi di ogni singolo elemento a favore, ma solo di quelli decisivi.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento Sanzionatorio: Quando la Scelta del Giudice è Insindacabile

L’applicazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale. La legge fissa una cornice, un minimo e un massimo, ma dove si colloca la giusta punizione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del trattamento sanzionatorio, riaffermando l’ampio potere discrezionale del giudice di merito e i ristretti margini di sindacato in sede di legittimità. Analizziamo il caso per comprendere meglio questi principi.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo e in secondo grado per un reato legato agli stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/90. La pena inflitta dalla Corte d’Appello confermava quella del Tribunale: due anni di reclusione e una multa di 3.333,00 euro.

L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione proprio in relazione alla quantificazione della pena. In sostanza, la difesa riteneva la sanzione eccessiva e non adeguatamente giustificata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della vicenda, ma si ferma a un livello procedurale: il motivo del ricorso non era tale da poter essere esaminato dalla Cassazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Corte sul Trattamento Sanzionatorio

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui i giudici di legittimità hanno respinto le doglianze sul trattamento sanzionatorio. La Corte ha ribadito alcuni principi fondamentali:

1. Ampia Discrezionalità del Giudice di Merito: La scelta della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nel potere discrezionale del giudice di primo e secondo grado. Questo potere è guidato dai criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole, etc.). Il giudice adempie al suo obbligo di motivazione anche se valuta questi elementi in modo globale e sintetico.

2. Limiti del Giudizio di Cassazione: Il controllo della Corte di Cassazione sulla quantificazione della pena è molto limitato. Può intervenire solo se la decisione del giudice di merito è frutto di “mero arbitrio o di ragionamento illogico”. Non è compito della Cassazione sostituire la propria valutazione a quella, non palesemente irragionevole, dei giudici che hanno esaminato i fatti.

3. Giustificazione della Pena nel Caso Specifico: Nel caso in esame, la Corte ha ritenuto che la pena fosse stata correttamente giustificata. I giudici d’appello avevano fatto riferimento a due elementi chiave: la gravità del fatto, trattandosi di droghe pesanti, e la personalità negativa dell’imputato, gravato da numerosi precedenti penali specifici. Questi elementi sono stati considerati sufficienti a motivare una pena non fissata ai minimi edittali.

4. Valutazione degli Elementi a Favore: La Corte ha inoltre precisato che il giudice non è obbligato a prendere in considerazione e a confutare ogni singolo elemento favorevole dedotto dalla difesa. È sufficiente che la motivazione si concentri sugli aspetti ritenuti decisivi e rilevanti, implicitamente superando o disattendendo gli altri.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale pacifico: criticare la misura di una pena in Cassazione è un’impresa ardua. Non basta sostenere che la sanzione sia ‘troppo alta’; è necessario dimostrare che la decisione del giudice di merito sia palesemente illogica, arbitraria o del tutto priva di motivazione in relazione ai criteri dell’art. 133 c.p. La discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena è un pilastro del nostro sistema penale e, come tale, viene protetta da revisioni che non siano strettamente legate a un vizio di legittimità.

Entro quali limiti un giudice può decidere la pena per un reato?
Il giudice può decidere l’entità della pena muovendosi all’interno di una cornice edittale, ovvero tra un minimo e un massimo stabiliti dalla legge per quel reato. La sua scelta deve essere guidata dai criteri di valutazione indicati nell’art. 133 del codice penale, come la gravità del fatto e la personalità dell’imputato.

È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta troppo alta?
Sì, ma con limiti molto stringenti. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Può annullare la decisione solo se la quantificazione della pena è il risultato di un ragionamento palesemente illogico o di un puro arbitrio, e non perché la ritiene semplicemente ‘inopportuna’.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, salvo casi di esonero, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è determinato dalla Corte stessa, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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