Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22541 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22541 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NARDO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/06/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso’ udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria depositata in atti e conclude per il ri ricorso.
L’avvocato COGNOME NOME anche quale sostituto processuale dell’avvocato COGNOME co-difensore dell’imputato COGNOME NOME, si riporta ai motivi di ricorso ed insiste per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Lecce – quale Giudice del rinvio a seguito dell’annullamento pronunciato dalla I sezione della Corte di cassazione con sentenza n. 9646/2017, limitatamente al trattamento sanzionatorio – in parziale riforma della decisione de Tribunale di Lecce, che aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole, in concorso, di tentato omicidio volontario, e dei delitti di cui ai capi 2,3,4, dell’imputazione ( detenzione e po arma comune da sparo; detenzione e porto di arma clandestina; ricettazione), ha rideterminato il trattamento sanzionatorio inflitto a NOME COGNOME, riducendo la pena a dieci anni e tre m di reclusione, e confermato nel resto la sentenza di primo grado.
Ricorre per cassazione l’imputato, con il ministero dei difensori di fiducia, avvocati NOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali svolgono due motivi.
2.1. Con il primo, denunciano violazione del principio di specialità di cui all’art. 15 cod. p materia di concorso apparente tra gli artt. 2, 4, e 7 L. n. 895/67 e l’art. 23 L. n. 110/1 correlati vizi di motivazione, invocando l’assorbimento del delitto di cui al capo 2 ( detenzio porto di arma comune da sparo) in quello sub 3 ( detenzione e porto di arma clandestina), secondo il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite ‘La Marca’. Una volta dato dell’assorbimento, gli aumenti, ai fini della continuazione, avrebbero dovuto essere disposti so per i capi 3 e 4.
2.2. Con il secondo motivo, vengono dedotti vizi dellla motivazione in merito alle modalità d determinazione del trattamento sanzionatorio, con particolare riferimento al discostamento dal minimo edittale. Richiama il ricorrente la sentenza rescindente, che aveva censurato l’assenza di autonoma valutazione da parte della Corte di appello sulle doglianze dell’appellante in tema di entità della pena e l’ immotivato discostamento di ben tre anni dal minimo edittale, e riten non adeguatamente motivata la affermata inutilità della confessione, atteso che – sottolineava la Corte di legittimità – essa aveva consentito una oggettiva semplificazione ricostrutti Secondo il ricorrente, la sentenza impugnata ha replicato analoghi vizi argomentativi sostanzialmente discostandosi significativamente ancora una volta dal minimo edittale, avendo considerato una pena base di poco inferiore a quella censurata, pari ad anni otto e mesi sei d reclusione, in luogo di anni dieci. Ancora, si denuncia che la Corte di appello abbia disattes dictum della sentenza rescindente quanto al valore da attribuire alla confessione, atteso che l’unico elemento preso in considerazione, ai fini della ri-determinazione del trattamen sanzionatorio, è stata la confessione, di cui è stata apprezzata l’utilità ai soli fini del rinve dell’arma utilizzata per l’omicidio, mentre essa ha avuto, come sottolineato dalla Corte legittimità, una più ampia incidenza sulla puntuale definizione della posizione del COGNOMECOGNOME sulla sua stessa partecipazione al delitto. Un’ulteriore doglianza riguarda l’assenza di specif motivazione in merito alla riduzione effettivamente operata ai sensi dell’art. 56 cod. pen., esplicitata dalla Corte di appello.
Con successiva memoria i difensori del ricorrente hanno insistito nei motivi, segnalando, quanto al primo, che, pur non essendo stato devoluto il tema specifico della violazione dell’art 15 cod. pen. con l’atto di appello, ben avrebbe potuto essere rilevata d’ufficio la violazione legge dalla Corte di appello, nell’esercizio del potere di corretta qualificazione del fatto.
CONSIDERATO IN D:IRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.11 primo motivo è inammissibilmente dedotto per la prima volta con il ricorso in esame, mancando un’analoga doglianza nei motivi di appello e nello stesso ricorso per cassazione proposto congiuntamente a COGNOME NOME, che ha dato luogo all’annullamento con rinvio da parte del Giudice di legittimità di cui alla sentenza rescindente n. 9646/2017, annullamento che, come si è premesso, ha avuto esclusivamente riguardo alla trattamento sanzionatorio. Infatti, pur avendo la difesa, con il IV motivo del precedente ricorso per cassazione, mosso censure al trattamento sanzionatorio (v. pag. 10 della citata sentenza n. 9646/2017), non si era dolut della violazione dell’art. 15 c.p., avendo piuttosto, da un lato, invocato l’applica dell’attenuante dello stato d’ira, e dall’altro, lamentato l’eccessività della pena, stabilita in di molto superiore al limite edittale. Poichè il tema dell’assorbimento era del tutto estraneo questioni devolute alla Corte d’appello in sede di rinvio’ detta censura risulta proposta in ques sede per la prima volta, in violazione del carattere vincolato del giudizio di rinvio.
1.1. Neppure coglie nel segno la deduzione con la quale la difesa ricorrente, con la memoria di replica, ha sottolineato come la Corte di appello avrebbe potuto ben rilevare d’ufficio violazione di legge, nell’esercizio del potere di corretta qualificazione del fatto. Invero, della operatività del principio di specialità, occorre accertare che si tratti proprio del mede fatto, verifica che impinge necessariamente nel fatto. Le Sezioni Unite ‘La Marca’ – che hanno affermato che i reati di detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di un’arm clandestina – in virtù dell’operatività del principio di specialità – non possono concor rispettivamente, con i reati di detenzione e porto illegale, in luogo pubblico o aperto al pubbl della medesima arma comune da sparo – hanno precisato, in motivazione, che l’operatività del principio di specialità presuppone l’unità naturalistica del fatto, da accertarsi nel giudi merito, con la conseguenza che resta impregiudicata la possibilità del concorso tra i suddett reati, qualora l’agente ponga in essere una pluralità di condotte nell’ambito di una progression criminosa, nella quale, alla detenzione o al porto illegale di un’arma comune da sparo, segua, in
un secondo momento, la fisica alterazione dell’arma medesima (Sez. U, n. 41588 del 22/06/2017 Ud. (dep. 12/09/2017 ) Rv. 270902).
La mancata deduzione della questione dell’assorbimento dell’un delitto nell’altro, ne preclud l’esame in questa sede.
1.2. Neppure ha pregio evocare il principio di correlazione tra contestazione e sentenza nella lettura data dalla sentenza Drassich della Corte Edu, trattandosi, anche sotto tale profilo, questione mai prospettata nel giudizio di merito ( Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012 (dep. 2013) Rv. 256631), oltre al fatto che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio no
esaurisce nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vedendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussiste quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, COGNOME, 248051; Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205619), non potendosi dubitare del fatto che l’imputato ha acquisito consapevolezza della contestazione fin dal rinvio a giudizio.
Manifestamente infondato il secondo motivo.
2.1. La sentenza rescindente ha rimesso alla Corte d’appello di rivalutare in sede di rinvi trattamento sanzionatorio applicato all’imputato, e in particolare osservando che la pena base d 10 anni per il reato più grave era stata applicata con uno “scostamento di anni tre privo di adeguata motivazione in replica alle considerazioni difensive soprattutto sul punto della riten inutilità della confessione, atteso che (…) tale elemento ha consentito una ogget semplificazione ricostruttiva”.
2.2. La Corte d’appello si è attenuta al mandato rescindente, dal momento che ha rivalutato i trattamento sanzionatorio, riducendo di un anno e mezzo la precedente commisurazione della pena, peraltro, con adeguata argomentazione in merito alla gravità del fatto, per giustificar discostamento dal minimo edittale. Ha, infatti, ritenuto che l’imputato meritasse un trattamen sanzionatorio superiore al minimo edittale in ragione del suo ruolo di esecutore materiale d grave fatto di sangue e dell’iniziativa criminosa a lui stesso riconducibile; ha poi valor l’utilità della sua confessione ai fini del ritrovamento dell’arma adoperata per il deli giustificare un ridimensionamento sia della pena base (fissata in anni 8 e sei mesi), sia de aumenti per la continuazione con gli altri reati in contestazione.
2.3. La Corte di appello ha esibito un ragionamento, in sede di quantificazione della pen immune da vizi logici, e comunque contenuto nel solco tracciato dal dictum del Giudice di legittimità, apparendo più che ragionevole la valutazione compiuta dai giudici, che hann soppesato gli elementi individuati dalla sentenza rescindente, tenendo conto, per un verso, dell’utilità ricostruttiva della confessione, e, dall’altro rimarcando come le gravi condotte dall’imputato siano espressione della sua oggettiva pericolosità, della non occasionalità del f e del suo inserimento in pericolosi contesti criminali. La valutazione della Corte di appello app dunque, coerente con il consolidato canone giurisprudenziale secondo cui la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravan ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 1 pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessa una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv 271243).
3.Giova, infine, ricordare che l’annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione per motivi che non riguardano l’affermazione di responsabilità dell’imputato determina il passaggio in giudicato della sentenza sul punto e conseguentemente comporta che nel successivo giudizio di rinvio non decorrono ulteriormente i termini di prescrizion (Sez. 5 n. 51098 del 19/09/2019, Rv. 278050).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, addì 25 marzo 2024
Il Consigliere estensore