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Trattamento sanzionatorio: discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di tre imputati contro la loro condanna, confermando la correttezza del trattamento sanzionatorio applicato. La decisione sottolinea come la discrezionalità del giudice nel quantificare la pena e nel negare le attenuanti sia legittima se adeguatamente motivata dalla gravità del fatto e dalla personalità negativa degli imputati, come evidenziato dai loro precedenti penali.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento Sanzionatorio: i Limiti alla Discrezionalità del Giudice

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui criteri che guidano il trattamento sanzionatorio e sui limiti del sindacato di legittimità sulla discrezionalità del giudice di merito. La Suprema Corte ha esaminato i ricorsi di tre imputati, condannati per aver sottratto il catalizzatore da un’autovettura, i quali lamentavano un’eccessiva severità nella determinazione della pena. La decisione finale ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando le scelte dei giudici di merito e ribadendo principi consolidati in materia.

I Fatti del Caso: Tre Ricorsi contro la Determinazione della Pena

Tre individui si sono rivolti alla Corte di Cassazione contestando la sentenza della Corte d’Appello di Genova. Le loro doglianze si concentravano esclusivamente sul trattamento sanzionatorio ritenuto sproporzionato. In particolare:

* Un ricorrente contestava la quantificazione della pena base e il mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno, nonostante avesse versato una somma alla parte offesa.
* Un altro lamentava la violazione dei criteri legali per la commisurazione della pena (art. 133 c.p.) e la mancata prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti contestate.
* Il terzo imputato denunciava una motivazione illogica e contraddittoria riguardo alla determinazione della pena base.

La Decisione della Corte di Cassazione sul trattamento sanzionatorio

La Corte ha rigettato tutte le argomentazioni, definendo i ricorsi manifestamente infondati e generici. I giudici hanno sottolineato che i ricorsi non si confrontavano criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata, ma si limitavano a riproporre questioni già valutate e respinte nei gradi di merito.

Il Rifiuto dell’Attenuante per Risarcimento del Danno

Di particolare interesse è la posizione della Corte riguardo all’attenuante del risarcimento del danno (art. 62 n. 6 c.p.). Un imputato aveva versato 450 euro alla vittima, ma i giudici di merito avevano ritenuto tale somma non adeguata a coprire l’intero danno. La Cassazione ha confermato questa valutazione, ribadendo un principio fondamentale: per l’applicazione di tale attenuante, il risarcimento deve essere integrale, coprendo non solo il danno patrimoniale (il valore del pezzo sottratto) ma anche quello morale. La valutazione sulla congruità del risarcimento è un apprezzamento di fatto che spetta al giudice di merito e non può essere riconsiderata in sede di legittimità, se non per vizi logici evidenti.

Le motivazioni

La Corte ha affermato che la motivazione della sentenza d’appello era pienamente conforme ai principi di diritto. I giudici di merito avevano giustificato adeguatamente la scelta di una pena superiore al minimo edittale, basandosi su due elementi chiave: la gravità del fatto (il taglio del catalizzatore con un seghetto) e la personalità negativa degli imputati, desunta dai loro numerosi e specifici precedenti penali. Questo esercizio del potere discrezionale, secondo la Cassazione, è immune da censure quando, come nel caso di specie, il giudice indica chiaramente i criteri oggettivi e soggettivi (previsti dall’art. 133 del codice penale) che hanno guidato la sua decisione. Analogamente, anche il giudizio di bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti sfugge al controllo della Cassazione se non è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: la determinazione della pena è un’attività che rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi inferiori, ma può solo verificare che la decisione sia stata presa nel rispetto della legge e supportata da una motivazione logica, coerente e non contraddittoria. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che i motivi di ricorso sul trattamento sanzionatorio devono evidenziare un vizio logico manifesto o un’errata applicazione della legge, non potendo limitarsi a sollecitare una nuova e più favorevole valutazione dei fatti.

In base a quali criteri il giudice decide la quantità della pena?
Il giudice decide la quantità della pena (trattamento sanzionatorio) usando il suo potere discrezionale, ma entro i limiti della legge e sulla base dei criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale. Questi includono la gravità del reato (valutando la natura, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione) e la capacità a delinquere del colpevole (valutando i motivi, il carattere e i suoi precedenti penali).

Un risarcimento parziale del danno è sufficiente per ottenere l’attenuante specifica?
No. Secondo la giurisprudenza citata, per ottenere l’attenuante del risarcimento del danno (art. 62, n. 6, c.p.), il risarcimento deve essere integrale e congruo. Ciò significa che deve coprire non solo il danno patrimoniale (il valore del bene) ma anche quello morale, e la valutazione della sua adeguatezza è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice sulla pena?
Sì, ma solo entro limiti molto stretti. La Corte di Cassazione non può effettuare una nuova valutazione nel merito sulla congruità della pena. Può annullare la decisione solo se la motivazione del giudice è manifestamente illogica, contraddittoria o basata su un’errata applicazione della legge penale. Non è sufficiente che l’imputato ritenga la pena semplicemente ‘troppo alta’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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