Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3161 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3161 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ROMA il 17/07/1991
avverso la sentenza del 08/01/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza dell’8 gennaio 2024 la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia del Tribunale di Velletri del 12 luglio 2023 con cui INDIRIZZO era stato condannato alla pena di anni uno, mesi sei di reclusione ed euro 250,00 di multa per il reato di cui agli artt. 624, 625 n. 2 e 7 cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, lamentando, con un unico motivo, illogicità e carenza di motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio inflittogli.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Il Collegio rileva, infatti, come la decisione impugnata risulti sorretta conferente apparato argomentativo (cfr. p. 1), di pieno rispetto della prevision normativa quanto all’effettuata determinazione del trattamento sanzionatorio.
Una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti da giudice nella determinazione della pena, infatti, si richiede solo nel caso in cui sanzione sia quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice merito, la scelta implicitamente basata sui criteri dì cui all’art. 133 cod. pen irrogare – come disposto nel caso di specie – una pena in misura media o prossima al minimo edittale (così, tra le altre: Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017 Mastro, Rv. 271243-01; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, COGNOME, Rv. 25835601; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464-01; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processualì ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2024