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Trattamento punitivo: quando il ricorso è infondato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la determinazione del trattamento punitivo. Il motivo del ricorso, basato su un’erronea applicazione della legge penale in materia di sanzioni, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha confermato che il giudice di secondo grado aveva correttamente calcolato la pena base, applicato le attenuanti generiche e gli aumenti per la continuazione, motivando adeguatamente la propria decisione.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento Punitivo: La Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

L’applicazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice deve bilanciare la gravità del reato con la necessità di rieducazione del condannato. Quando un imputato ritiene che la pena inflitta sia ingiusta, può ricorrere ai gradi di giudizio superiori. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che i motivi del ricorso devono essere solidi e non pretestuosi. In questo articolo, analizzeremo come la Suprema Corte ha valutato un ricorso incentrato sul trattamento punitivo, dichiarandolo inammissibile.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello di Campobasso, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un’erronea applicazione della legge penale. Nello specifico, il ricorrente contestava il trattamento punitivo ricevuto, sostenendo che la Corte d’Appello avesse sbagliato nel determinare l’entità della pena, in violazione degli articoli 133 e 597 del codice penale, che regolano rispettivamente i criteri di commisurazione della pena e i poteri del giudice d’appello.

La Decisione della Corte e il corretto trattamento punitivo

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile, ritenendolo “manifestamente infondato”. Questa decisione si basa su una valutazione chiara e precisa dell’operato della Corte d’Appello. Secondo i giudici supremi, il calcolo della pena era stato eseguito in modo corretto e ben motivato.

La Corte di Cassazione ha evidenziato che i giudici di merito avevano seguito pedissequamente i criteri di legge:
1. Determinazione della Pena Base: La pena di partenza è stata fissata in una misura inferiore alla media edittale, ovvero al di sotto del punto intermedio tra il minimo e il massimo previsto dalla legge per quel reato. Questa scelta dimostra un esercizio moderato e non eccessivamente severo del potere discrezionale del giudice.
2. Applicazione delle Attenuanti: Erano state concesse le attenuanti generiche, comportando una riduzione della pena base.
3. Aumento per la Continuazione: Gli aumenti di pena per i reati collegati dal vincolo della continuazione sono stati definiti “contenuti”, indicando che non vi è stata un’applicazione sproporzionata della sanzione.

In sostanza, la Cassazione ha concluso che non vi era alcun errore nell’applicazione della legge penale. Il ricorso, pertanto, si configurava come un tentativo di rimettere in discussione una valutazione di merito del giudice, attività preclusa in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Suprema Corte è lineare: il ricorso è “manifestamente infondato” perché la Corte d’Appello ha correttamente esercitato il proprio potere discrezionale nella quantificazione della pena. Il giudice di secondo grado ha fornito una giustificazione logica e coerente per ogni passaggio del calcolo sanzionatorio. Ha considerato tutti gli elementi previsti dall’art. 133 c.p. (gravità del danno, intensità del dolo, ecc.) e ha applicato le norme in modo impeccabile. Poiché la valutazione sull’adeguatezza della pena rientra nel potere del giudice di merito e, in questo caso, era stata supportata da una motivazione congrua, non c’era spazio per un intervento della Cassazione, il cui compito non è ricalcolare la pena, ma verificare la corretta applicazione della legge.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. Quando la contestazione riguarda il trattamento punitivo, non è sufficiente lamentare una presunta eccessività della pena. È necessario dimostrare un vizio di legge specifico o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria da parte del giudice precedente. Se la decisione impugnata, come in questo caso, dimostra di aver ponderato correttamente tutti gli elementi e di aver applicato le norme in modo ragionevole, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso sul trattamento punitivo può essere considerato manifestamente infondato?
Quando il giudice di merito ha correttamente determinato la pena base, ha applicato in modo logico le circostanze attenuanti e aggravanti e ha fornito una motivazione adeguata per le sue scelte, senza violare la legge.

Cosa significa che la pena base è stata determinata ‘in misura inferiore alla media edittale’?
Significa che il giudice, usando il suo potere discrezionale, ha fissato una pena di partenza più vicina al minimo che al massimo consentito dalla legge per quel reato, dimostrando un approccio non eccessivamente severo.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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