Trattamento Punitivo: La Cassazione chiarisce i limiti del ricorso
L’applicazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice deve bilanciare la gravità del reato con la necessità di rieducazione del condannato. Quando un imputato ritiene che la pena inflitta sia ingiusta, può ricorrere ai gradi di giudizio superiori. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che i motivi del ricorso devono essere solidi e non pretestuosi. In questo articolo, analizzeremo come la Suprema Corte ha valutato un ricorso incentrato sul trattamento punitivo, dichiarandolo inammissibile.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello di Campobasso, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un’erronea applicazione della legge penale. Nello specifico, il ricorrente contestava il trattamento punitivo ricevuto, sostenendo che la Corte d’Appello avesse sbagliato nel determinare l’entità della pena, in violazione degli articoli 133 e 597 del codice penale, che regolano rispettivamente i criteri di commisurazione della pena e i poteri del giudice d’appello.
La Decisione della Corte e il corretto trattamento punitivo
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile, ritenendolo “manifestamente infondato”. Questa decisione si basa su una valutazione chiara e precisa dell’operato della Corte d’Appello. Secondo i giudici supremi, il calcolo della pena era stato eseguito in modo corretto e ben motivato.
La Corte di Cassazione ha evidenziato che i giudici di merito avevano seguito pedissequamente i criteri di legge:
1. Determinazione della Pena Base: La pena di partenza è stata fissata in una misura inferiore alla media edittale, ovvero al di sotto del punto intermedio tra il minimo e il massimo previsto dalla legge per quel reato. Questa scelta dimostra un esercizio moderato e non eccessivamente severo del potere discrezionale del giudice.
2. Applicazione delle Attenuanti: Erano state concesse le attenuanti generiche, comportando una riduzione della pena base.
3. Aumento per la Continuazione: Gli aumenti di pena per i reati collegati dal vincolo della continuazione sono stati definiti “contenuti”, indicando che non vi è stata un’applicazione sproporzionata della sanzione.
In sostanza, la Cassazione ha concluso che non vi era alcun errore nell’applicazione della legge penale. Il ricorso, pertanto, si configurava come un tentativo di rimettere in discussione una valutazione di merito del giudice, attività preclusa in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Suprema Corte è lineare: il ricorso è “manifestamente infondato” perché la Corte d’Appello ha correttamente esercitato il proprio potere discrezionale nella quantificazione della pena. Il giudice di secondo grado ha fornito una giustificazione logica e coerente per ogni passaggio del calcolo sanzionatorio. Ha considerato tutti gli elementi previsti dall’art. 133 c.p. (gravità del danno, intensità del dolo, ecc.) e ha applicato le norme in modo impeccabile. Poiché la valutazione sull’adeguatezza della pena rientra nel potere del giudice di merito e, in questo caso, era stata supportata da una motivazione congrua, non c’era spazio per un intervento della Cassazione, il cui compito non è ricalcolare la pena, ma verificare la corretta applicazione della legge.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. Quando la contestazione riguarda il trattamento punitivo, non è sufficiente lamentare una presunta eccessività della pena. È necessario dimostrare un vizio di legge specifico o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria da parte del giudice precedente. Se la decisione impugnata, come in questo caso, dimostra di aver ponderato correttamente tutti gli elementi e di aver applicato le norme in modo ragionevole, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando un ricorso sul trattamento punitivo può essere considerato manifestamente infondato?
Quando il giudice di merito ha correttamente determinato la pena base, ha applicato in modo logico le circostanze attenuanti e aggravanti e ha fornito una motivazione adeguata per le sue scelte, senza violare la legge.
Cosa significa che la pena base è stata determinata ‘in misura inferiore alla media edittale’?
Significa che il giudice, usando il suo potere discrezionale, ha fissato una pena di partenza più vicina al minimo che al massimo consentito dalla legge per quel reato, dimostrando un approccio non eccessivamente severo.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso privo dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2213 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2213 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CUI 04A3COS) nato a SALERNO DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/05/2023 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso – erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 133 e 597 cod. pen. – è afferente al trattamento punitivo ed è manifestamente infondato, avendo la corte di appello correttamente determinato la pena base, in misura inferiore alla media edittale, con riduzione per le concesse attenuanti generiche e contenuti (e singoli) aumenti per la continuazione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12/12/2023
Il Consigliere Estensore