Trattamento Punitivo: i Limiti del Ricorso in Cassazione
La determinazione del trattamento punitivo rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice, sulla base dei criteri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale, stabilisce la pena concreta da infliggere all’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti entro cui tale valutazione può essere contestata in sede di legittimità, confermando un principio consolidato: non è possibile un riesame nel merito, ma solo un controllo sulla logicità della motivazione.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte di Appello di Bologna. Quest’ultima aveva confermato una pronuncia di condanna emessa in primo grado con rito abbreviato per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 4, del d.P.R. 309/1990. L’imputato, ritenuto responsabile, decideva di impugnare la decisione dei giudici di secondo grado dinanzi alla Corte di Cassazione.
L’Oggetto del Ricorso e il Trattamento Punitivo
L’unico motivo di ricorso sollevato dalla difesa verteva sulla violazione di legge e sulla carenza di motivazione in relazione all’articolo 133 del codice penale. In sostanza, l’imputato contestava la congruità della pena inflittagli, ritenendola eccessiva. Si doleva, quindi, del modo in cui i giudici di merito avevano esercitato il loro potere discrezionale nella quantificazione del trattamento punitivo, chiedendo alla Suprema Corte una rivalutazione.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un orientamento giurisprudenziale pacifico. I giudici hanno chiarito che le censure relative alla determinazione della pena sono precluse in sede di legittimità. Il ruolo della Cassazione, infatti, non è quello di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma di verificare che la motivazione a sostegno della decisione sia esistente, non manifestamente illogica e non contraddittoria.
Nel caso specifico, la Corte ha riscontrato che la motivazione della Corte territoriale era sia idonea che logica. I giudici d’appello avevano giustificato la pena, corrispondente al medio edittale, sulla base della “oggettiva gravità” del fatto. Tale gravità era desumibile da due elementi cruciali:
1. L’ingente quantità di stupefacente: il dato ponderale era rilevantissimo, pari a oltre 100.000 dosi medie singole, con una percentuale di principio attivo altrettanto elevata. Questo elemento denotava un inserimento dell’imputato ad un alto livello nei canali di approvvigionamento della droga.
2. La protrazione della condotta: la detenzione illecita si era protratta per un lungo periodo, come ammesso dallo stesso imputato, il quale aveva dichiarato di aver affittato appositamente un garage per custodire la sostanza da almeno due anni.
Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello ha pienamente assolto al proprio onere motivazionale, fornendo una spiegazione coerente e adeguata delle ragioni che giustificavano il trattamento sanzionatorio applicato. Pertanto, ogni ulteriore discussione sulla congruità della pena era inammissibile.
Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale del nostro sistema processuale penale: la valutazione della pena è una prerogativa del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti o sulla discrezionalità del giudice. È possibile contestare il trattamento punitivo solo quando la motivazione della sentenza è viziata da palese illogicità, contraddittorietà o è addirittura assente. In assenza di tali vizi, come nel caso di specie, dove la gravità del reato era stata ampiamente e logicamente argomentata, il ricorso non può che essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile contestare in Cassazione la quantità di pena inflitta da un giudice?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione sulla congruità della pena. Il ricorso è ammesso solo se la motivazione del giudice di merito è completamente mancante, manifestamente illogica o contraddittoria, ma non per discutere l’entità della sanzione.
Quali elementi sono stati considerati decisivi per definire il fatto ‘oggettivamente gravissimo’?
La Corte ha considerato due elementi principali: l’enorme quantità di sostanza stupefacente (pari a oltre 100.000 dosi singole con elevato principio attivo) e la durata prolungata della detenzione illecita, protrattasi per almeno due anni in un garage appositamente affittato.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso venga respinto senza che la Corte ne esamini il merito. Di conseguenza, la sentenza di condanna impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8391 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8391 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 23/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/02/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Procacciante NOME ricorre avverso la sentenza, in epigrafe indicata, della Corte di appello di Bologna, che ha confermato la pronuncia di condanna resa in esito a giudizio abbreviato dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale per il reato di cui all’art .. 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Ritenuto che l’unico motivo sollevato (violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione all’art. 133 cod. pen.) non è consentito in sede di legittimità, perché afferente al trattamento punitivo, il quale risulta sorretto da idonea e non illogica motivazione. La Corte territoriale ha confermato una pena che corrisponde al medio edittale, pur reputando il fatto «oggettivamente gravissimo», in ragione del rilevantissimo dato ponderale (pari ad oltre 100.000 dosi medie singole, con percentuale di principio attivo altrettanto elevata), tale da denotare un inserimento ad alto livello rispetto ai canali di approvvigionamento della droga; a conferma della gravità della condotta, ha poi evidenziato che la detenzione illecita si è certamente protratta per lungo tempo, atteso che lo stesso imputato aveva ammesso di aver lodato appositamente il garage, dove deteneva lo stupefacente, da almeno due anni (pp. 2 e 3). L’onere motivazionale, pertanto, è stato assolto nel rispetto dei principi informatori indicati dal giudice di legittimità;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.112. M.
Dichiara inammissibile ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 novembre 2023
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