Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5799 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5799 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a MILANO il 22/06/1961
avverso l’ordinanza del 09/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette/,e~ le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale de Repubblica presso la Corte di cassazione, con cui è stata chiesta la declaratoria inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Milano ha rigettato il recl (-impugnazione) presentato nell’interesse di NOME COGNOME COGNOME avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Milano con cui veniva rigettato il reclamo (-istanza) ai s dell’art. 35-ter (e 35-bis) I. 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. Pen.), con cui era stato chiesto un rimedio risarcitorio per trattamento intramurario degradante limitatamente al period compreso tra il 20 ottobre 2022 e il 20 aprile 2023 sofferto presso il carcere di Milano Vittore.
Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione COGNOME tramite il propr difensore di fiducia.
2.1. Con il primo motivo di impugnazione si rileva violazione degli artt. 35-bis Ord. pen., 666, comma 3, 678, 124 cod. proc. pen., per difetto di contraddittorio con l’Amministrazion penitenziaria.
Lamenta la difesa la mancata integrazione del contraddittorio con il DAP, che era parte interessata con specifico riferimento alla richiesta di disapplicazione della circolare sul Ci di media sicurezza, e l’erronea valutazione del Tribunale di sorveglianza, che ha ritenuto n ricorrere una nullità assoluta, nonostante la violazione del diritto di difesa costituzional sancito.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono violazione degli artt. 666, comma 2, e 185 disp. att. cod. proc. pen. per mancata assunzione di prova e vizio di motivazione su punto.
Ci si duole che, a fronte delle doglianze di cui al reclamo circa la non veridicità informazioni contenute nella nota della Direzione del carcere di San Vittore acquisita d Magistrato di sorveglianza, il Tribunale di sorveglianza non abbia fatto uso dei propri po istruttori, liquidando la richiesta difensiva di istruttoria con una motivazione stringatissim
2.3. Col terzo motivo di impugnazione vengono denunciati violazione degli artt. 35-bis, 35-ter, 6 Ord. pen., 3 Cedu e 27 Cost., e vizio di motivazione.
Si rileva che è certamente diritto costituzionalmente e convenzionalmente garantito i diritto all’espiazione della pena in condizioni non contrarie al senso di umanità e che, perta non può dirsi che le doglianze difensive relative ai disagi sofferti da chi, come il ricorren in una cella di poco superiore ai 3 mq. non attengano a violazioni di diritto soggettivo, c appunto la riduzione del tempo di permanenza all’esterno della camera di pernottamento disposto con circolare che si chiedeva di disapplicare.
La difesa insiste, alla luce di detti motivi, per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che avverso le ordinanze del Tribunale di sorveglianza in materia di rimedi risarcitori per violazione dell’art. 3 Cedu il ricorso per cassazione è ammesso solo violazione di legge (applicandosi la disciplina del reclamo giurisdizionale di cui all’art. 35-bis Ord. pen., tra cui il comma 4-bis di detto articolo).
1.1. Inammissibile, in quanto manifestamente infondato, reiterativo e assolutamente generico è il primo motivo di ricorso.
Invero, il Tribunale di sorveglianza di Milano evidenzia che l’obbligo, invocato dalla dif di doppia notifica all’Istituto penitenziario e al DAP, doveroso nel caso di specie, non ri posto a pena di nullità dell’ordinanza, non essendo, invero, prevista una sanzione così radical dalla legge e vigendo in tema di nullità un principio di tassatività desumibile dalla norm principio di cui all’art. 177 cod. proc. pen. E a tale riguardo richiama, in senso contrar principio traibile da una pronuncia di questa Corte, secondo cui persino l’omessa notific dell’avviso di udienza all’Istituto Penitenziario nel reclamo di cui all’art. 35-ter Ord. pen. non è considerabile causa di nullità; e, quindi, lo stesso varrebbe per il DAP. E osserva che nel ca in esame l’Istituto penitenziario interessato ha avuto contezza della procedura ai sensi deg artt. 35-bis e 35-ter ed ha trasmesso una relazione che può definirsi esaustiva, sicché – anche da un punto di vista sostanziale – una nuova interlocuzione con l’Istituto e con il DAP no appare indispensabile.
A fronte di tali argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici, anzi conformi al normativo che si assume violato e alla giurisprudenza di legittimità che lo interpreta (vedi S 1, n. 18553 del 17/11/2016, dep. 2017, Casa Circondariale Di Sassari, Rv. 269867), il motivo di ricorso insiste sul difetto di contraddittorio e sul conseguente pregiudizio del diritto di senza specificare in che cosa sarebbe consistito il pregiudizio per l’omessa notifica al DAP aggiunta a quella all’Istituto penitenziario.
1.2. Inammissibile, per genericità, è anche il secondo motivo di ricorso, in cui ci si duol un’omessa istruttoria non meglio specificata, peraltro a fronte di un’ordinanza che evidenzi che le molteplici irregolarità lamentate e patite da COGNOME – orari più corti di permanenza fuori della camera di pernottamento, salette affollate, visuale – che si sarebbero verificate verificherebbero ancora per altri detenuti, costituiscono probabilmente disagi non indifferen ma che non oltrepassano la soglia della non conformità all’art. 3 Cedu per compressione grave e inaccettabile dei diritti fondamentali del detenuto.
1.3. Inammissibile, in quanto in fatto, manifestamente infondato e generico è il ter motivo di impugnazione.
Il provvedimento impugnato è conforme all’insegnamento delle Sezioni Unite, di cui alla sentenza n. 6551 del 24/09/2020 – dep. 2021, ricorrente Ministero della Giustizia Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Rv. 280433 – 02, secondo cui in tema di rimedi risarcitori nei confronti di soggetti detenuti o internati, previsti dall’art. 35-ter Ord. pen, i fattori compensativi, costituiti dalla breve durata della detenzione, dalle dignitose condi carcerarie, dalla sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgim di adeguate attività, se congiuntamente ricorrenti, possono permettere di superare la presunzione di violazione dell’art. 3 della CEDU derivante dalla disponibilità nella cella colle di uno spazio minimo individuale inferiore a tre metri quadrati, mentre, nel caso di disponibil di uno spazio individuale compreso fra i tre e i quattro metri quadrati, i predetti f compensativi concorrono, unitamente ad altri di carattere negativo, alla valutazione unitari delle condizioni complessive di detenzione.
Il Tribunale di sorveglianza di Milano rileva che il primo Giudice aveva evidenziato come COGNOME fosse stato sempre ristretto in cella sufficientemente ampia e senza dubbio superiore valore soglia di tre metri quadrati (netti pro capite) e avesse fruito, per tutto il periodo detentivo, sempre di acqua calda, di docce, di assistenza sanitaria e di ogni altro diri svolgendo attività lavorativa di scrivano almeno nel primo periodo e potendo trascorrere parte della giornata fuori dalla cella, e come la sola vetustà del Carcere non fosse sufficient integrare violazione di diritto soggettivo, neppure precisato dal reclamante.
Osserva che per ritenere una condotta non conforme all’art. 3 Cedu deve concretizzarsi, secondo la giurisprudenza di legittimità, un fatto denotante un livello di gravità da non pot recuperare ed un afflittività assolutamente ingiustificabile impattante su una condizio civile/umana del detenuto, comunque non tollerabile dal comune sentire. Aggiunge che nel caso in esame gli orari più corti, le salette affollate, la visuale inadeguata e via di integrino puri e semplici disagi non forieri di violazioni rilevanti ai sensi del suddetto a Rileva che nel caso in oggetto COGNOME e i suoi difensori a ben vedere hanno contestato u andamento generale del carcere, una violazione di atti regolamentari e circolari di livello p elevato delle linee operative applicate e non lesioni di diritti specifici, unici e personali COGNOME; che ciò allontana ulteriormente dall’effettiva portata dell’art. 35-bis Ord. pen.; e che non si ritiene che sussistano gli estremi per ipotizzare un’eventuale disapplicazione di a amministrativi, posto che la stessa postulerebbe, comunque, sempre situazioni che denotino un’afflittività assolutamente ingiustificabile e impattante sulla condizione umana dei detenu Ritiene, quindi, di condividere col primo Giudice la considerazione che le problematiche del carcere di Milano San Vittore, che non rappresenta una realtà penitenziaria virtuosa, non comportino violazione dei diritti ai sensi dell’art. 35-ter Ord. pen., peraltro in presenza di una presunzione di regolarità e, quindi, di conformità alla normativa Cedu derivante dal rispetto d criterio dei tre metri quadrati netti pro capite.
A tali argomentazioni, che si fondano su specifica relazione dell’Istituto di restrizio sono conformi al dato normativo che si assume violato e all’interpretazione che ne viene
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offerta da questa Corte, il ricorrente oppone rilievi – quali quelli sopra riportati – assolutam generici e in violazione del principio di autosufficienza, oltre che aspecifici.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. 186 del 2000), anche al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2025.