Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2081 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2081 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato il 10/04/1955 a Napoli
avverso l’ordinanza del 04/06/2024 del Tribunale per il riesame di Potenza lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio l’ordinanza impugnata, limitatamente alla mancata valutazione dell’adeguatezza
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; letta la documentazione pervenuta dal Tribunale di Potenza; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME di misure custodiali domiciliari
RITENUTO IN FATTO
1 Il Giudice per le indagini preliminari ha applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di cui agli artt. 73 e 80,
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comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, per aver ritirato, presso un fermopoint di Potenza, due pacchi, spediti da un corriere espresso e provenienti dalla Spagna, contenenti 15 buste sottovuoto di marijuana del peso complessivo di 6 kg., collocandoli all’interno dell’autovettura con cui viaggiava.
Il Tribunale per il riesame ha escluso l’aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, confermando, nel resto, l’ordinanza genetica.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso vengono dedotti i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Nella prospettazione difensiva, il ricorrente si è limitato ad accettare la proposta di un ragazzo napoletano, che non conosceva, di recarsi a Potenza per ritirare dei pacchi contenenti magliette, verso un corrispettivo di 100 euro; ha, poi, tenuto un atteggiamento collaborativo al momento dell’arresto e ha reso interrogatorio di garanzia, fornendo la propria versione dei fatti, che non è stata ritenuta credibile, anche se non è stato svolto alcun approfondimento sulla proprietà dell’auto, che gli era stata fornita per recarsi a Potenza, né sulla natura di tutta la sostanza rinvenuta, essendo stato effettuato il cd. drug test solo su un campione di essa.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso vengono dedotti i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in ordine all’attualità delle esigenze cautelari.
Il riferimento all’appartenenza a circuiti criminali, desunto dal quantitativo di droga di cui è stato trovato in possesso, è generico e, in ogni caso, destituito di fondamento in quanto il ricorrente, settantenne, ha procedimenti penali molto datati (che risalgono all’anno 1977 e all’anno 2002), dai quali non è possibile evincere un pericolo attuale di reiterazione del reato.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso vengono dedotti i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in ordine all’adeguatezza della misura cautelare applicata.
Il disagio economico del ricorrente e il decadimento cognitivo non gli hanno permesso di comprendere di essere strumentalizzato a fini illeciti, per cui la misura applicata è sproporzionata rispetto alle esigenze cautelari. L’esclusione dell’aggravante di cui all’articolo 80, comma 2, d.P.R. 309/1990 avrebbe dovuto comportare l’applicazione di una misura meno afflittiva, proporzionata alla gravità del fatto e alla sanzione eventualmente irroganda. Non è, infine, rispettato l’articolo 275, comma 3-bis, cod. proc. pen., che prevede che, nel disporre la custodia in carcere, il giudice indichi le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea
nel caso concreto la misura degli arresti domiciliari con strumenti elettronici di controllo.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso vengono dedotti i vizi di violazione di legge, in relazione agli artt. 99 cod. pen. e 423 cod. proc. pen, per errata applicazione della recidiva specifica reiterata e per difformità del capo di imputazione riportato nell’ordinanza del riesame rispetto a quello riportato nell’ordinanza genetica.
Il ricorrente non risulta essere stato dichiarato recidivo, avendo riportato condanne relative ai reati di minore offensività e diversi da quello per cui si procede. Il Tribunale per il riesame ha erroneamente ritenuto la recidiva specifica e reiterata mentre nel capo di imputazione provvisoria nell’ordinanza cautelare questa contestazione manca.
2.5. Con il quinto motivo vengono dedotti i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del reato come ipotesi lieve di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990.
Nelle more della trattazione del ricorso, la misura della custodia cautelare in carcere è stata sostituita con quella degli arresti domiciliari (provvedimento del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza del 24 luglio 2024, trasmesso alla Cancelleria).
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Preliminarmente si osserva che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, la Corte di cassazione è tenuta a verificare, nei limiti consentiti dalla peculiare natura del giudizio di legittimità, se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno determinato ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, verificando il rispetto dei canoni della logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Non è, dunque, consentito proporre censure riguardanti la ricostruzione dei fatti o che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, come invece richiesto dal ricorrente.
Nel caso di specie l’ordinanza impugnata ha sottolineato che, per un verso, è altamente inverosimile che chiunque, a fronte del pagamento di 100 euro, accetti la proposta di uno sconosciuto di recarsi in un’altra città a ritirare dei pacchi, senza insospettirsi in ordine al contenuto degli stessi, e che, per altro verso, è inverosimile che taluno affidi un tanto ingente carico di marijuana a una persona che non conosce. In sostanza, quindi, la versione fornita dal ricorrente è stata ritenuta priva di fondamento.
Inoltre, il mancato occultamento del pacco nell’abitacolo della vettura è stato spiegato come espediente funzionale a sostenere, in caso di controllo, l’ignoranza del suo contenuto, mentre l’atteggiamento collaborativo del reo è stato ritenuto frutto di una scelta obbligata.
Tale motivazione, logica e immune da vizi, non è scalfita dalle censure mosse con i motivi di ricorso.
La censura relativa all’effettuazione del narcotest solo su una parte dello stupefacente è formulata in termini del tutto generici, per cui non supera il vaglio di ammissibilità.
Il secondo e il terzo motivo di ricorso, relativi alle esigenze cautelari, possono essere trattati congiuntamente e sono infondati.
Va premesso che secondo il costante orientamento giurisprudenziale, che il Collegio condivide, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del Tribunale del riesame ed essendo, invece, il suo esame circoscritto alla verifica della sussistenza, nella motivazione dell’atto impugnato, dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e dell’assenza di illogicità evidenti (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Rv. 269438; Sez. 2, n. 18713 del 18/01/2023).
Nel caso di specie la Corte ha rilevato che il trasporto di un così ingente carico di marjuana, per il suo valore, non viene mai affidato ad uno sconosciuto, ma solo a soggetti fidati e ben inseriti nel mercato illecito e, per questo, il fatto per cui procede, lungi dall’essere occasionale ed isolato, non può che essere inserito in ambienti criminali ben organizzati, strutturati e dotati di adeguate risorse economiche.
Per questo è stato ritenuto sussistente l’attuale, concreto e grave pericolo di reiterazione di reati della stessa specie.
Sul punto la motivazione è logica e immune da vizi, per cui si sottrae al sindacato in sede di legittimità.
Alla luce dell’avvenuta sostituzione della misura della custodia cautelare con quella degli arresti domiciliari con l’applicazione di uno strumento elettronico di controllo, deve ritenersi venuto meno l’interesse alla censura afferente la violazione dell’art. 275, comma 3-bis cod, proc. pen.
5. Il quarto motivo è inammissibile.
Manifestamente infondata è la censura relativa alla difformità del capo di imputazione riportato nell’ordinanza del riesame rispetto a quello riportato nell’ordinanza genetica, con riguardo alla recidiva, in quanto in entrambi viene contestata la recidiva specifica e reiterata.
Difetta, poi, l’interesse a far valere, in questa sede, l’insussistenza della recidiva, tenuto conto che l’addebito è provvisorio e che i precedenti del ricorrente non stati tenuti in alcun conto nell’ordinanza impugnata.
6. Inammissibile è anche il quinto motivo di ricorso.
L’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. 309/1990 non avrebbe necessariamente dovuto portare alla riqualificazione del fatto ai sensi dell’articolo 73, comma 5, del medesimo decreto e l’ordinanza impugnata motiva adeguatamente in ordine alla impossibilità di ritenere la fattispecie di minore offensività, tenuto conto del quantitativo di stupefacente trasportato.
Al COGNOME rigetto del ricorso consegue l’obbligo al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
O GLYPH Così deciso il 31/10/2024