Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5154 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5154 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Messina il 09/07/1961
avverso la sentenza del 15/01/2024 del TRIBUNALE di Messina Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissib ilità del ricorso; insistito in lette le conclusioni scritte dell’Avv. NOME COGNOME che ha nell’accoglimento dei motivi di cui all’atto di appello 19/3/2024 convertito ex lege ricorso per Cassazione.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 15 gennaio 2024, il Tribunale di Messina dichiarava NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n 152 del 20 06, per aver effettuato in data 14 dicembre 2021 un’attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali no n pericolosi senza la prescritta autorizzazione ed in difetto dell’iscrizione all’albo gestori ambientali, in particolare trasportando a bordo di un autocarro circa kg. 2.640 di rottami metallici in rame, destinati ad essere depositati presso la sede di un ‘impresa edita
al commercio all’ingrosso di rottami, condannandolo per l’effetto alla pena di 25.000,00 di ammenda, disponendo la confisca di quanto in sequestro.
Avverso tale sentenza ha proposto atto di appello, convertito dalla Corte territoriale in ricorso per cassazione, il difensore di fiducia del ricorrente, articolando quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Deduce, con il primo motivo, la nullità della sentenza di primo grado.
In sintesi, si duole la difesa di quanto oggetto di contestazione nel capo di imputazione, riferentesi genericamente a rottami metallici in rame, laddove la previsione legislativa di cui all’art. 183, comma 1, lett. a), d. lgs. n. 152 del 2006, impone la qualifica di ‘rifiuto’, sicché, riferendosi l’imputazione genericamente ai ‘rottami’ e mancando l a specificazione della tipologia di rifiuto, la sentenza sarebbe nulla. Cita al riguardo giurisprudenza di questa Corte sostenendo che ai fini della contestazione non sarebbe sufficiente una generica indicazione del materiale, nella specie il ‘materiale ferroso’, occorrendo invece definirne gli elementi descrittivi in modo da consentire di ritenere che il materiale abbia le caratteristiche per essere considerato rifiuto;
2.2. Deduce, con il secondo motivo, la insussistenza del fatto, con richiesta di assol uzione dell’imputato.
In sintesi, si duole la difesa per aver il giudice errato nel non considerare la produzione documentale depositata all’udienza del 15 gennaio 2024 sulla scorta della mancata iscrizione all’albo gestori ambientali e sul fatto che la s tessa fosse assolutamente datata. Pur riconoscendo che, effettivamente, l’imputato aveva mancato di esibire l’autorizzazione al trasporto ed anche successivamente, purtuttavia sarebbe innegabile che questi fosse in possesso di numerose attestazioni sicuramente idonee a legittimare l’attività di raccolta e di trasporto di materiale ferroso, trattandosi di attività esercitata in forma non imprenditoriale, quale titolare di piccola ditta individuale, tanto che i rottami stavano per essere consegnati ad un’impresa dedita al commercio all’ingrosso .
2.3. Deduce, con il terzo motivo, la violazione di legge per la mancata esclusione della punibilità ex art. 131bis , cod. pen.
In sintesi, la difesa del ricorrente si duole per il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, essendo stato contestato un solo episodio di trasporto, non potendosi valorizzare condotte pregresse non ricadenti nell’ambito materiale del fatto contestato, come affermato dalla giurisprudenza richiamata in ricorso.
2.4. Deduce, con il quarto ed ultimo motivo, la violazione di legge per eccessività della pena, dolendosi altresì del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e dei doppi benefici di legge.
In sintesi, la difesa del ricorrente si duole per il mancato contenimento della pena nei minimi edittali, per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche tenuto conto delle modalità del fatto e della lieve entità e dei doppi benefici di legge, nonché per il mancato dissequestro del mezzo.
In data 30 dicembre 2024 sono state trasmesse le conclusioni scritte del Procuratore G COGNOME con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Secondo il PG l’impugnazione è inammissibile, in quanto, oltre a proporre doglianze di merito -essendo stata del resto proposta come appello, poi convertito dalla Corte di Appello -, è manifestamente infondata. I primi due motivi sono manifestamente infondati, in quanto la sentenza ha motivato in ordine alla natura di rifiuti, speciali e non, dei rottami trasportati dall’odierno ricorrente presso una ditta di commercio all’ingrosso di rottami. L’attività era espletata in assenza di qualsivoglia titolo abilitativo, avendo l’imputato prodotto autorizzazioni risalenti al più tardi al 2011. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto sollecita una rivalutazione del merito, chiedendo il riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 -bis cod. pen., senza tuttavia indicare i criteri di esiguità. In tema di deposito incontrollato di rifiuti, ai fini del riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen. non è sufficiente il riferimento al solo quantitativo di rifiuti depositato, ma deve valutarsi l’effettivo pericolo di danno all’ambiente o la sua compromissione in concreto conseguente alla specifica condotta (Sez. 3, n. 5410 del 17/10/2019, dep. 2020, Rv. 278574). Nella fattispecie, il quantitativo di rifiuti (4640 kg.) e la natura anche speciale di parte di essi appaiono ostativi al riconoscimento della causa di non punibilità. Il terzo motivo è inammissibile. Premesso che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269), va ribadito che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62bis , disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986). Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha evidenziato l’assenza di elementi favorevoli valutabili ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche. Sicché la mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244).
In data 9 gennaio 2025 sono pervenute le conclusioni scritte del difensore di fiducia, con cui ha insistito per l’accoglimento dei motivi di cui all’atto di appello convertito in ricorso per cassazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato cartolarmente in assenza di richieste di discussione orale, è inammissibile.
Ed invero i l ricorso, così correttamente riqualificata l’impugnazione da parte della Corte d’appello attesa l’inappellabilità della sentenza di condanna alla sola pena dell ‘ammenda, è palesemente inammissibile in quanto, oltre a svolgere censure sostanzialmente di merito, compatibili con la natura del mezzo proposto, solleva inoltre questioni giuridiche generiche e manifestamente infondate.
Quanto sopra, anzitutto, investe le doglianze riguardanti il primo motivo.
La contestazione mossa all’imputato, infatti, riguarda, correttamente, rifiuti qualificati come rottami metallici in rame. Che si tratti di una tipologia di rifiuti ‘specifica’ e non genericamente indicata, come sostiene la difesa, del resto, si desume agevolmente dal fatto che tale tipologia di rifiuti viene ad essere qualificata, in maniera espressa, anche dal legislatore eurounitario. Il Regolamento UE del 25 giugno 2013, n. 715/2013/Ue (Guue 26 luglio 2013 n. L 201), reca infatti i criteri che determinano quando i rottami di rame cessano di essere considerati rifiuti ai sensi della direttiva 2008/98/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio. Si stabiliscono quindi le condizioni per le quali i rottami di rame cessano di essere rifiuti. A ciò va peraltro aggiunto che i rifiuti in rame sono riportati nell’elenco aggiornato dei codici EER (Elenco Europeo dei Rifiuti) al d.l. n. 77/2021, convertito con modificazioni dalla l. 29 luglio 2021 n. 108, con il codice EER 17 04 00.
L’indicazione contenuta nell’imputazione, pertanto, lungi dall’essere considerata generica è invece assolutamente corretta, in quanto indica una tipologia di rifiuto assolutamente specifica nei termini sopraindicati.
4. Il secondo motivo è parimenti privo di pregio.
La sentenza impugnata dà atto, infatti, della circostanza che l’imputato, a bordo dell’autocarro di sua proprietà, non aveva prodotto alcuna autorizzazione né iscrizione all’albo dei gestori ambiental i, non solo al momento del controllo ma nemmeno successivamente. Il T ribunale ha dato peraltro atto dell’intervenuta produzione documentale, all’udienza del 15 gennaio 2024, di documentazione (costituita da autorizzazioni rilasciate da alcuni Comuni per il prelievo e trasporto nei rispettivi territori comunali presso i punti di raccolta di materiale ferroso, nonché autorizzazioni ad esercitare il commercio su aree pubbliche di prodotti del settore non alimentare in forma itinerante, tutte risalenti al periodo compreso tra il 2010 ed il 2011), ritenuta tuttavia del tutto irrilevante non essendovi traccia nella predetta documentazione dell’iscrizione all’albo gestori ambientali (che, come è noto, non ammette equipollenti: cfr. ad es., Tar Campania, Sez. Salerno, sentenza n. 1031 del 6 luglio 2018, che ha espressamente affermato che ‘l’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali per il trasporto di determinate categorie di rifiuti attesta il possesso da parte dell’impresa interessata di precisi requisiti organizz ativi e di capacità tecnica che sono stati accertati dall’organo tecnico, a ciò preposto: tale attestazione non ammette equipollenti’) , ma anche perché risalente a dieci anni prima rispetto al fatto accertato.
4.1. Quanto all’asserito svolgimento dell’att ività in forma non imprenditoriale, si tratta di affermazione smentita dalla sentenza impugnata, in cui si dà atto del fatto che era stato lo stesso imputato a depositare la visura storica dell’impresa individuale intestata all’imputato, dovendosi, inoltre, tener conto del fatto che proprio l’imputato era munito di autorizzazioni al prelievo e trasporto di materiale ferroso sebbene risalenti nel tempo, ma che, tuttavia, rendevano evidente come non si fosse trattato di un episodio isolato ma rientrante in un ‘attività commerciale abusivamente svolta dall’imputato medesimo.
Peraltro, e del tutto dirimente, è la considerazione anche una sola condotta pur occasionale di trasporto abusivo è stata sempre considerata da questa Corte sufficiente ad integrare il reato in esame (si v., tra le tante: Sez. 3, n. 8979 del 02/10/2014, dep. 2015, Rv. 262514 -01). Il reato di trasporto di rifiuti senza autorizzazione (art. 256, comma primo, D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) ha invero natura di reato istantaneo e non abituale, in quanto si perfeziona nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica, essendo sufficiente un unico trasporto ad integrare la fattispecie incriminatrice (Sez. 3, n. 21655 del 13/04/2010, Rv. 247605 -01).
Anche il terzo motivo non si sottrae al giudizio di inammissibilità.
Ed infatti, come correttamente rilevato dal Procuratore Generale, la difesa con il predetto motivo sollecita una rivalutazione del merito, chiedendo il riconoscimento della causa di non punibilità di cui a ll’art. 131 -bis cod. pen., senza tuttavia indicare i criteri di esiguità. Deve, a tal proposito, essere ribadito che in tema di particolare tenuità del fatto, il disposto di cui all’art. 131bis cod. pen. individua un limite negativo alla punibilità del fatto medesimo, la prova della cui ricorrenza è demandata all’imputato, tenuto ad allegare la sussistenza dei relativi presupposti mediante l’indicazione di elementi specifici (Sez. 3, n. 13657 del 16/02/2024, Rv. 286101 -02): non può quindi reputarsi sufficiente il mero e generico riferimento, operato in ricorso, al fatto che si fosse trattato di un solo episodio di trasporto.
Come, infatti, autorevolmente affermato da questa stessa Corte nel suo Massimo Consesso, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590 -01).
Nella fattispecie, il quantitativo di materiale trasportato (4640 kg., di cui 2.640 kg. di rifiuti speciali) nonché le modalità della condotta (l’imputato, alla vista degli agenti operanti cercava di effettuare un’inversione di marcia p er sfuggire ad un eventuale controllo), appaiono ostativi -unitamente alla determinazione della sanzione pressoché nel massimo edittale ed al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, elementi incompatibili con un giudizio di particol are tenuità dell’offesa (Sez. 5, n. 39806 del 24/06/2015, Rv. 265317 -01) al riconoscimento dell’invocata causa di non punibilità.
Ed infatti, in disparte la natura di mere censure di merito delle doglianze svolte nel motivo
Anche il quarto ed ultimo motivo è, infine, inammissibile. in esame, è sufficiente evidenziare quanto segue.
6.1. Con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che il giudice ha fornito ampia ed adeguata motivazione sul punto, osservando come n ella condotta dell’imputato non fossero ravvisabili elementi suscettibili di una valutazione positiva. Come, del resto, correttamente evidenzia il Procuratore Generale, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è stata giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, che, pertanto, è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli
elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244).
6.2. Quanto all’eccessività del trattamento sanzionatorio, la censur a è del tutto generica essendosi limitato il difensore ad affermare che la pena risulterebbe oltremodo eccessiva e che la stessa avrebbe potuto essere contenuta nel minimo edittale, senza, tuttavia, fornire elementi idonei a qualificare in termini di modesta rilevanza il fatto; anzi, proprio quegli elementi valorizzati dal giudice per escludere la qualificazione in termini di particolare tenuità e per escludere il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, giustificavano la determinazione del trattamento sanzionatorio in prossimità del massimo edittale, avendo espressamente fatto riferimento il giudice nella motivazione della sentenza ai ‘parametri di cui all’art. 133, cod. pen.’, tra cui, come è noto, vi rientrano sia la gravità del reato, desu nta, per quanto in questa sede rileva, ‘1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell’azione’, sia, ancora, della capacità a delinquere del colpevole, per quanto qui di interesse, desunta ‘3) dalla condotta contemporanea al reato’.
6.3. La censura in ordine al mancato riconoscimento dei doppi benefici di legge è, all’evidenza , generica, in quanto fondata su argomentazione priva di qualsiasi rilievo (ossia, per aver l’imputato ‘scontato le precedenti pene’) ed anzi dimostrativa del fatto che qualsiasi valutazione prognostica sul fatto che l’imputato ‘si asterrà dal commettere ulteriori reati’ (art. 164, comma primo, cod. pen.) non avrebbe potuto essere favorevole.
6.4. Infine, quanto alla disposta confisca dell’autocarro in sequestro, la stessa deve ritenersi legittimamente disposta, atteso che trattasi di confisca obbligatoria ex art. 259, d. lgs. n. 152 del 2006 che nemmeno la successiva iscrizione all’albo gestori amb ientali del titolare dell’automezzo in sequestro consentirebbe di escludere (si v., tra le tante: Sez. 3, n. 1635 del 18/11/2015, dep. 2016, Rv. 265934 -01).
Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 16/01/2025