Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2602 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2602 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato in Bulgaria il 05/08/1980 IL FLIN710′;-:,. COGNOME avverso l’ordinanza del 24/06/2024 del Tribunale di Brindisi; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24 giugno 2024, il Tribunale di Brindisi ha rigettato la richiesta di riesame proposta dall’indagato avverso il decreto di convalida di sequestro preventivo pronunciato dal giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 20 maggio 2024, avente ad oggetto tre autocarri, in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 259 del d.lgs. n. 152 del 2006.
A
Avverso il provvedimento l’interessato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si denunciano la violazione degli artt. 321 cod. proc. pen., 193, 259 del d.lgs. n. 152 del 2006, sul rilievo che la motivazione in ordine al fumus commissi delicti sarebbe apparente. Non si sarebbero considerati la dichiarazione di non pericolosità dei rifiuti del 20 marzo 2024 e il rapporto di prova del centro analisi in pari data, che escluderebbero la conclusione del Tribunale secondo cui il trasportatore aveva accettato il carico senza farsi consegnare l’analisi merceologica dei rifiuti da cui emergeva la difformità degli stessi da quanto dichiarato, riscontrabile peraltro ictu °cui/. Si richiama l’art. 193 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale prevede che il trasportatore non è responsabile per quanto indicato nel formulario di identificazione dal produttore o dal detentore dei rifiuti, né per l’eventuale difformità tra la descrizion dei rifiuti e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difform riscontrabili in base alla comune diligenza.
2.2. In secondo luogo, si contestano l’apparenza della motivazione e la violazione degli artt. 321 cod. proc. pen. 260-bis, comma 7, primo periodo, del d.lgs. n. 152 del 2006. Si sostiene che, per essere trasportati, i rifiuti no necessitano del certificato analitico, purché siano accompagnati con il formulario di identificazione o con la copia cartacea della scheda Sistri, con la conseguenza che i trasportatori di rifiuti prodotti da terzi non hanno responsabilità per difformità tra la descrizione dei rifiuti fatta dal produttore risultante dal formul di identificazione o nella scheda Sistri, fatta eccezione per le difformità riscontrabi con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico.
2.3. Si lamentano in terzo luogo, la violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. e l’apparenza della motivazione in relazione alla mancata valutazione del ruolo della Capitaneria di porto, come da decreto 31 ottobre 1991 n. 459. Nel caso di specie la normativa vigente sarebbe rispettata, perché vi è la richiesta a firma del mittente riferita al carico contenuto nei mezzi sequestrati, con nullaosta della capitaneria di porto di Brindisi; documentazione che non è stata valutata dal Tribunale. Si sarebbe dovuto considerare che il riscontro delle difformità in base alla comune diligenza, ai sensi dell’art. 193 del d.lgs. n. 152 del 2006, si sostanzia tecnicamente nel verificare che: i rifiuti siano autorizzati per il trasporto, ci si documentazione utile per il trasporto, il FIR abbia il contenuto previsto dalle norme, vi sia nulla osta della Capitaneria, alla merce caricata siano applicate le placche, i marchi e ogni avvertimento utile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo di doglianza è inammissibile, perché nella sostanza diretto ad ottenere da questa Corte una valutazione di merito, riferibile alla motivazione del provvedimento impugnato ed esclusa dall’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. Nessuna apparenza della motivazione appare, del resto, riscontrabile, perché l’ordinanza correttamente si riferisce alla documentazione immediatamente presentata alla polizia giudiziaria, consistente nella dichiarazione di non pericolosità e in un rapporto di prova del 20 marzo 2024, mancando l’analisi merceologica e ogni altro documento che avrebbe dovuto attestare la tipologia dei polimeri plastici di cui rifiuto è composto, riportando correttamente la qualità del rifiuto stesso.
Deve in ogni caso rilevarsi che lo stesso Tribunale – con affermazione insindacabile in questa sede – ha evidenziato che l’esame visivo dei rifiuti materialmente trasportati dagli automezzi, come emerge dalle foto in atti, testimoniava un’evidente discrasia fra la qualità dei rifiuti dichiarati, vale a di plastica e gomma sotto la specie di polipropilene polietilene, e quella dei rifiuti effettivamente presenti sui veicoli, rappresentati da poliuretano, polistirolo, PVC, elastomeri termoplastici, legno, residui tessili, vetro, vetroresina, materiale metallico e altro materiale. Né la difesa considera la motivazione del provvedimento impugnato laddove si afferma come, di fronte ad una miscela di polimeri, trova applicazione la procedura di notifica ed autorizzazione preventiva e non la procedura semplificata di cui all’allegato VII del regolamento CE 1013 del 2006; per di più, in presenza di chiare contaminazioni che impediscono l’attribuzione di uno dei codici previsti per i rifiuti plastici. Si era in pres dunque, di difformità riscontrabili in base alla comune diligenza, che avrebbero dovuto indurre il trasportatore a non effettuare il trasporto (art. 193, comma 17, del d.lgs. n. 152 del 2006).
1.2. Analoghe considerazioni valgono in relazione al secondo motivo di doglianza, con cui si richiama il regime dell’art. 260-bis, comma 7, primo periodo, del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale prevede che «Il trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda SISTRI RAGIONE_SOCIALE e, ove necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei rifiuti è p con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.600 euro a 9.300 euro. Si applica la pena di cui all’art. 483 del codice penale in caso di trasporto di rifiuti pericolos Tale ultima pena si applica anche a colui che, durante il trasporto fa uso di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, su composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati».
La difesa trascura il fatto che la disposizione richiamata – anche a prescindere da ogni valutazione circa la sua applicabilità ratione temporis al caso di specie – fa riferimento al trasporto con documentazione falsa o senza documentazione e non alle difformità riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, quale presupposto per la sussistenza di indizi di reato; difformità assolutamente palesi nel caso di specie, in cui i rifiuti trasportati erano un coacervo di materiali di diversa natura, largamente non corrispondenti a quanto dichiarato.
1.3. La terza censura è manifestamente infondata, perché avente ad oggetto il richiamo di normative e adempimenti amministrativi irrilevanti nel caso di specie. Secondo la corretta valutazione del Tribunale, ciò che fonda la sussistenza di indizi di responsabilità penale – a prescindere da ogni altra considerazione – è, oltre alla natura dei rifiuti, la chiara identificabilità degli stessi come non corrispondenti quanto dichiarato, non potendosi attribuire con chiarezza alcun codice alla mescolanza di materiali effettivamente trasportati.
Per questi motivi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24/10/2024.