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Trasmissione atti difesa: onere della prova del reo

Due soggetti in custodia cautelare per reati di droga e armi ricorrono in Cassazione, lamentando la mancata trasmissione di atti di difesa, in particolare di file video che, a loro dire, li scagionerebbero. La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi, stabilendo un principio fondamentale: in caso di omessa trasmissione di atti, spetta alla difesa l’onere di specificare e dimostrare concretamente il contenuto favorevole e la rilevanza di tali elementi. La Corte ha inoltre confermato la correttezza della valutazione sulla gravità indiziaria e sulla proporzionalità della misura carceraria, basata sulla gravità dei fatti e sui precedenti penali degli indagati.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trasmissione Atti Difesa: L’Onere di Specificazione Spetta all’Indagato

Nel complesso ambito della procedura penale, la fase delle indagini preliminari e l’applicazione delle misure cautelari rappresentano un momento cruciale per l’equilibrio tra le esigenze di accertamento dei reati e la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8389 del 2024, interviene su un tema di grande rilevanza pratica: la trasmissione atti difesa al Tribunale del riesame e l’onere che grava sull’indagato qualora lamenti la mancata ricezione di elementi a suo favore. La decisione chiarisce che non basta una generica doglianza, ma è necessario un onere di specificazione preciso da parte della difesa.

I Fatti del Caso: Droga, Armi e Videosorveglianza

Il caso trae origine da un’operazione dei Carabinieri che ha portato all’arresto in flagranza di due soggetti per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti e alla detenzione illegale di armi. L’attività investigativa, basata su servizi di osservazione, aveva permesso di accertare che uno degli indagati, su indicazione del complice, prelevava stupefacenti da un immobile grezzo situato nelle vicinanze dell’abitazione di quest’ultimo.

Le successive perquisizioni portavano al rinvenimento di ingenti quantitativi di droga, munizioni e, il giorno seguente, di altre sostanze e armi occultate all’interno di un’intercapedine muraria. A casa di uno degli indagati veniva inoltre scoperto un sistema di videosorveglianza che monitorava l’intera area, compreso il luogo del ritrovamento, e un registro contabile con cifre e nomi.

La Decisione del Tribunale del Riesame

Sulla base di questi elementi, il Giudice per le Indagini Preliminari applicava per entrambi la misura della custodia cautelare in carcere. Contro tale provvedimento, gli indagati proponevano istanza al Tribunale del riesame, che tuttavia confermava la decisione del GIP. Il Tribunale riteneva sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari, giudicando la misura carceraria come l’unica adeguata a fronte della gravità dei fatti e della professionalità criminale dimostrata.

I Motivi del Ricorso in Cassazione: La questione sulla trasmissione atti difesa

Entrambi gli indagati, tramite i loro difensori, ricorrevano per Cassazione, sollevando diverse questioni. Il fulcro delle doglianze, tuttavia, verteva sulla violazione delle norme procedurali relative alla trasmissione atti difesa. In particolare, si lamentava che il Pubblico Ministero non avesse trasmesso al Tribunale del riesame i supporti video originali estrapolati da un sistema di videosorveglianza di un esercizio commerciale vicino, che, secondo la difesa, avrebbero dimostrato la presenza di uno degli indagati in un luogo diverso al momento dei fatti contestati.

La difesa sosteneva che la trasmissione di una sola nota di servizio riassuntiva da parte della Polizia Giudiziaria, che peraltro descriveva il passaggio di un’auto compatibile, non fosse sufficiente a garantire un pieno diritto di difesa e un completo vaglio giurisdizionale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi infondati, offrendo importanti chiarimenti sui doveri del PM e sugli oneri della difesa nel procedimento di riesame.

L’obbligo di trasmissione degli atti a favore

La Corte ha ribadito che, ai sensi dell’art. 309, comma 5, c.p.p., il PM ha l’obbligo di trasmettere al Tribunale del riesame anche gli elementi sopravvenuti a favore dell’indagato. Tuttavia, la giurisprudenza consolidata afferma che, per adempiere a tale obbligo, è sufficiente che il PM presenti semplici riferimenti riassuntivi o annotazioni di servizio. Non è richiesta la trasmissione materiale dei supporti originali (video o audio), a meno che non sia indispensabile per la comprensione degli elementi.

L’onere di specificazione a carico della difesa

Questo è il punto cardine della sentenza. La Corte ha stabilito che, qualora l’indagato lamenti la mancata trasmissione di atti a sé favorevoli, non può limitarsi a una contestazione generica. Grava su di lui un preciso onere di specificazione: deve indicare compiutamente quali siano gli elementi di favore contenuti negli atti non trasmessi e dimostrarne la rilevanza ai fini della decisione sulla perdita di efficacia della misura cautelare. Nel caso di specie, i ricorrenti non avevano specificato in che modo la visione integrale dei filmati (compresi quelli ritenuti irrilevanti dalla PG) avrebbe potuto scagionarli, rendendo la loro doglianza astratta e inammissibile.

La valutazione sulla gravità indiziaria e la proporzionalità della misura

La Cassazione ha inoltre ritenuto incensurabile la valutazione del Tribunale del riesame sia sulla sussistenza dei gravi indizi, sia sulla proporzionalità della misura. La connessione degli indagati con le armi e la droga ritrovate il giorno successivo era stata logicamente motivata sulla base della comunanza dei luoghi, dell’identico confezionamento dello stupefacente e del controllo esercitato tramite il sistema di videosorveglianza. Parimenti, la scelta della custodia in carcere è stata giustificata non solo dalla gravità dei reati, ma anche dai numerosi precedenti penali degli indagati, che delineavano un profilo di pericolosità tale da rendere inadeguata qualsiasi misura meno afflittiva, come gli arresti domiciliari.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza n. 8389/2024 consolida un principio processuale di notevole importanza: il diritto di difesa nel procedimento di riesame non si esercita attraverso contestazioni generiche, ma richiede un approccio attivo e specifico. Per la difesa che lamenta una carenza nella trasmissione atti, è fondamentale non solo denunciare l’omissione, ma anche e soprattutto argomentare in modo concreto e puntuale perché l’atto mancante sarebbe stato decisivo. Questa pronuncia riafferma che il contraddittorio, anche nella fase cautelare, si basa su allegazioni precise e non su mere supposizioni, ponendo un chiaro onere probatorio in capo a chi eccepisce la violazione procedurale.

Il Pubblico Ministero è obbligato a trasmettere al Tribunale del riesame i supporti video originali degli atti di indagine?
No. La Corte ha chiarito che, ai fini del riesame, è sufficiente la trasmissione di semplici riferimenti riassuntivi o di annotazioni di servizio che descrivono il contenuto delle videoriprese. Non è necessaria l’allegazione dei nastri o dei supporti originali.

Se la difesa lamenta la mancata trasmissione di atti a favore, cosa deve fare?
La difesa ha l’onere di specificare quali concreti elementi di favore sarebbero contenuti negli atti non trasmessi. Non è sufficiente una lamentela generica, ma bisogna dimostrare la rilevanza di tali atti ai fini della decisione sulla misura cautelare, indicando il loro contenuto specifico.

Come viene valutata la proporzionalità della custodia in carcere?
La valutazione è riservata al giudice di merito e si basa non solo sulla gravità oggettiva dei fatti contestati (es. quantità di droga, numero di armi), ma anche sul profilo di pericolosità sociale dell’indagato, desumibile, tra l’altro, dai suoi precedenti penali. Se emerge una prognosi negativa sulla capacità di rispettare misure meno afflittive, la custodia in carcere può essere ritenuta adeguata e proporzionata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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