Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2344 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2344 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 29/05/2023 del TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Reggio Calabria, in sede di riesame di provvedimenti impositivi di misure cautelari reali, confermava il decreto con il quale il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo del capitale sociale e del patrimonio aziendale della società di diritto RAGIONE_SOCIALE, in quanto – secondo la tesi d’accusa – NOME COGNOME, sottoposto a indagini per il reato previsto dagli artt. 110 e 512-bis cod. pen. (capo 8), era intestatario fittizio, insieme ad altri, della suddetta
società, la cui effettiva titolarità sarebbe stata di NOME COGNOME e NOME COGNOME, finanziatori dell’iniziativa imprenditoriale, i quali avrebbero rivestito qualità di soci occulti della società italiana RAGIONE_SOCIALE, che gestiva un ristorante a Roma, nonché di nove società portoghesi, cui erano affidate le quote e la conduzione di numerosi ristoranti ubicati in Portogallo.
Ha proposto ricorso l’indagato, a mezzo dei propri difensori, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza per violazione di legge e omessa motivazione sotto tre distinti profili, indicati in altrettanti motivi, riguardanti:
la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato previsto dall’art. 512-bis cod. pen.: il Tribunale ha erroneamente ritenuto che la gestione delle società da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME fosse sufficiente a integrare il fumus del delitto, quando invece la norma incriminatrice – come affermato dalla più recente giurisprudenza – esige la prova della intestazione fittizia (ossia della provenienza delle risorse economiche impiegate per l’acquisto dal soggetto che intenda eludere l’applicazione delle misure di prevenzione), elemento oggettivo della fattispecie su cui è mancata qualsiasi motivazione, anche in ragione di una serie di circostanze di segno contrario segnalate dalla difesa, fra le quali le risultanze di due relazioni peritali attestanti la carenza della ricostruzione operata dall’ausiliario di P.G. AVV_NOTAIO;
la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato previsto dall’art. 512-bis cod. pen., con riferimento al dolo specifico in capo agli interponenti: il Tribunale ha omesso di confrontarsi con una serie di dati obiettivi (riportati alle pagg. 2829 del ricorso), indicativi del fatto che NOME COGNOME e NOME COGNOME, in passato usciti indenni dai procedimenti di prevenzione avviati nei loro confronti, non avessero alcun timore di essere sottoposti ad un altro procedimento dello stesso tipo;
la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato previsto dall’art. 512-bis cod. pen., con riferimento al dolo specifico degli interposti: il Tribunale non spiega in base a quali ragioni si deve ritenere che questi ultimi fossero a conoscenza del dolo specifico elusivo in capo agli interponenti, considerato anche che il ricorrente rivestiva la qualità di socio e prestava effettivamente la propria attività lavorativa presso la società RAGIONE_SOCIALE.
Con il quarto e ultimo motivo la difesa censura l’ordinanza per motivazione apparente in relazione al periculum in mora: il Tribunale ha espresso una motivazione di stile, anche con riferimento al sequestro finalizzato alla confisca allargata, in contrasto con i princìpi affermati dalla più recente giurisprudenza a partire dalla sentenza Ellade delle Sezioni Unite.
La difesa ha poi depositato una memoria allegando vari documenti già prodotti unicamente al ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, con il quale la difesa ha lamentato la violazione di legge per omessa motivazione sulla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato previsto dall’art. 512-bis cod. pen., è fondato.
Va premesso che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, «il sindacato della Cassazione in tema di ordinanze del riesame relative a provvedimenti reali è circoscritto alla possibilità di rilevare ed apprezzare la sola violazione di legge, così come dispone testualmente l’art. 325, comma 1, cod. proc. pen.: una violazione che la giurisprudenza ormai costante di questa Corte, uniformandosi al principio enunciato da Sez. U, n. 5876, del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710, riconosce unicamente quando sia constatabile la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlata alla inosservanza di precise norme processuali» (così Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266789, non mass. sul punto; successivamente, in senso conforme cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 18951 del 17/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269119; da ultimo v. Sez. 3, n. 14977 del 25/02/2022, COGNOME, Rv. 283035).
Va ribadito altresì che il giudice del riesame, nella valutazione del fumus commissi delicti, deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando le ragioni che rendono sostenibile o meno l’impostazione accusatoria, ma non può sindacare la fondatezza dell’accusa (Sez. 1, n. 18941 del 30/01/2018, COGNOME, Rv. 269311; Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272927; Sez. 6, n. 9991 del 25/01/2017, COGNOME, Rv. 269311; Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, COGNOME, Rv. 265433; Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014, Armento, Rv. 261677).
Nel caso di specie è ravvisabile una motivazione apparente in ordine alla ritenuta sussistenza del fumus del reato ex art. 512-bis cod. pen., soprattutto in ragione degli ampi e specifici motivi proposti con la richiesta di riesame.
Il delitto di cui si tratta è un reato di pericolo astratto, configurabile quando l’agente, sottoposto o sottoponibile a una misura di prevenzione, compia un qualsiasi negozio giuridico al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali; ne consegue che la valutazione circa il
pericolo di elusione della misura va compiuta ex ante, su base parziale, ovvero, alla stregua delle circostanze che, al momento della condotta, erano conosciute o conoscibili da un uomo medio in quella determinata situazione spazio-temporale. Per integrare il reato di trasferimento fraudolento di valori, inoltre, è sufficiente l’accertamento dell’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibil di denaro, beni o utilità, senza che al giudice sia anche richiesto l’apprezzamento della concreta capacità elusiva dell’operazione patrimoniale accertata, trattandosi di situazione estranea agli elementi costitutivi del fatto incriminato.
Per altro verso, però, questa Corte ha rimarcato anche da ultimo (Sez. 2, n. 27123 del 03/05/2023, COGNOME, Rv. 284796, in motivazione) che, «ai fini della configurabilità del delitto di trasferimento di valori, va ribadita la necessità di non sovrapporre i piani del trasferimento fittizio di beni e quello della loro gestione occulta, evidenziata nella recente pronuncia invocata dal ricorrente (Sez. 2, n. 17035 del 10/03/2022, COGNOME, Rv. 283193), essendo necessaria l’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibilità di denaro, b altre utilità e risultando irrilevante, per contro, il trasferimento dei compiti amministrazione di una società commerciale, anche nel caso in cui la condotta sia finalizzata alla elusione dell’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali (Sez. 2, n. 29633 del 28/05/2019, COGNOME, Rv. 276733; Sez. 5, n. 50289 del 7/07/2015, NOME., Rv. 265904; Sez. 6, n. 37375 del 06/05/2014, COGNOME, Rv. 261655; Sez. 6, n. 41514 del 25/09/2012, COGNOME, Rv. 253806)».
In altri termini, per l’integrazione del suddetto reato non è sufficiente l’accertamento della mera disponibilità del bene da parte di chi non ne risulta essere formalmente titolare, in quanto occorre la prova, sia pur indiziaria, della provenienza delle risorse economiche impiegate per il suo acquisto da parte del soggetto che intenda eludere l’applicazione di misure di prevenzione, principio affermato anche nella ipotesi di costituzione o trasferimento di attività d’impresa, in caso di assunzione della qualità di gestore o socio occulto (Sez. 2, n. 19649 del 03/02/2021, Amato, Rv. 281423; Sez. 2, n. 28300 del 16/04/2019, COGNOME, Rv. 276216; Sez. 6, n. 26931 del 29/05/2018, Cardamone, Rv. 273419; Sez. 1, n. 42530 del 13/06/2018, C., Rv. 274024; Sez. 6, n. 5231 del 12/01/2018, Polverino).
Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione di questi princìpi, in quanto ha motivato in ordine alla “gestione de facto dell’intero gruppo imprenditoriale da parte di NOME NOME del genero NOME” (pag. 8), ma ha poi compiuto un salto logico affermando apoditticamente che con l’intestazione fittizia delle società si era schermata “la reale proprietà e disponibilità di queste a favore” dei predetti due soggetti.
Il vuoto motivazionale non può essere colmato dal solo riferimento incidentale alle dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME circa le ricchezze accumulate da NOME COGNOME grazie al narcotraffico (pag. 9).
L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale del riesame, che dovrà decidere e motivare sul punto attenendosi ai principi sopraindicati.
Gli altri motivi restano assorbiti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, c.p.p. Così deciso il 14/12/2023.