Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 44929 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 44929 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a PALERMO il 17/09/1963
COGNOME nato a PALERMO il 26/11/1961 DI NOME COGNOME nato a PALERMO il 10/08/1959 COGNOME NOME nato a CAVA DE’ TIRRENI il 30/04/1976 avverso la sentenza del 20/07/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Uditi in pubblica udienza: il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; per le parti civili, l’Avv. NOME COGNOME sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che ha depositato conclusioni e nota spese; l’Avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME l’Avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME, l’Avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME e l’Avv. NOME Speciale per NOME COGNOME che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza deliberata, all’esito del giudizio abbreviato, il 07/02/2022, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Palermo dichiarava:
la) NOME COGNOME responsabile dei reati di cui ai capi 1 (partecipazione ad associazione mafiosa denominata Cosa Nostra), 6 (in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME, trasferimento fraudolento di valori, per aver attribuito fittiziamente a questi ultimi il 50% delle quote d partecipazione di RAGIONE_SOCIALE, aggravato dalla finalità di agevolazione mafiosa) e 7 (in concorso con NOME COGNOME e NOME COGNOME, trasferimento fraudolento di valori, aggravato dalla finalità di agevolazione mafiosa per aver fittiziamente attribuito il capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE;
lb) NOME COGNOME responsabile dei reati di cui ai capi 2 (concorso esterno in associazione mafiosa denominata Cosa Nostra), 6, 7 e 8 (in concorso con NOME COGNOME, trasferimento fraudolento di valori, aggravato dalla finalità di agevolazione mafiosa, per aver fittiziamente attribuito il capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE;
1c) NOME COGNOME responsabile del reato di cui al capo 6;
1d) NOME COGNOME responsabile dei reati di cui ai capi 7 e 8.
Investita dalle impugnazioni degli imputati, la Corte di appello di Palermo, con sentenza deliberata il 20/07/2023, ha rideterminato in melius il trattamento sanzionatorio nei confronti di NOME COGNOME revocato in parte le confische disposte in primo grado e confermato nel resto la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Palermo.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Palermo ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME attraverso il difensore Avv. NOME COGNOME articolando sette motivi di seguito enunciati – così come i motivi aggiunti successivamente depositati – nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia, con riferimento ai capi 6 e 7, violazione di legge e vizi di motivazione, in quanto la condanna si fonda sul versamento da parte dell’imputato di nove assegni di complessivi 45 mila euro, rispetto al quale la tesi accusatoria è del tutto indimostrata, non essendo stato provato che gli assegni furono emessi a favore di NOME COGNOME per essere versati nel capitale di RAGIONE_SOCIALE e non rilevando la vicenda COGNOME, risultando l’assenza di alcun interesse del ricorrente nel settore dei giochi gestito del cugino coimputato, come confermato dalla conversazione intercettata del 27/02/2017, dalla quale emerge che NOME COGNOME era considerato l’unico titolare delle
società relative al gioco e alle scommesse. Quanto alla società RAGIONE_SOCIALE, la Corte di appello non ha risposto alle deduzioni difensive circa il fatto che le elargizioni in denaro da Rubino a Maniscalco erano in realtà prestiti per importi assai modesti puntualmente restituiti.
2.2. Il secondo motivo denuncia, con riguardo al capo 1, violazione di legge e vizi di motivazione, in quanto le dichiarazioni de relato del collaboratore NOME COGNOME si limitano a riferire che il ricorrente era uomo di onore di Palermo Centro, mentre l’intervento nella vicenda COGNOME è privo del nesso finalistico rispetto al rafforzamento del sodalizio criminale. La sentenza impugnata omette di evidenziare quale contributo il ricorrente abbia concretamente realizzato per rafforzare l’organizzazione mafiosa e quali vantaggi essa abbia conseguito dalla messa a disposizione dell’imputato, tanto più che furono i fratelli COGNOME a volere l’intervento del mandamento di COGNOME nella vicenda di RAGIONE_SOCIALE, laddove i contatti con COGNOME sono irrilevanti in virtù dell’assoluzione irrevocabile di NOME COGNOME dall’imputazione di riciclaggio. I motivi aggiunti richiamano l’assoluzione dei fratelli COGNOME dal reato di riciclaggio e di NOME COGNOME (i che esclude che la vicenda Splendore possa essere inserita in un contesto di rafforzamento del sodalizio mafioso), non adeguatamente valutata dalla sentenza impugnata.
2.3. Il terzo motivo denuncia violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., non risultando il vantaggio che Cosa Nostra avrebbe conseguito dal gruppo imprenditoriale dedito al gioco e alle scommesse attraverso le intestazioni fittizie in termini economici e di accrescimento della sua posizione sul territorio, risultando al contrario che il ricorrente e COGNOME agivano per conseguire vantaggi personali. I motivi aggiunti lamentano l’omessa rigorosa verifica della finalità agevolatrice ascritta al ricorrente.
2.4. Il quarto motivo denuncia violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla confisca del 25% della società RAGIONE_SOCIALE, intestata a NOME COGNOME, moglie dell’imputato, e della somma di 6 mila euro, confiscata alla figlia NOME COGNOME. Quanto alla società, la sentenza impugnata non motiva sugli elementi in forza dei quali in sede cautelare il Tribunale del riesame ne aveva disposto la restituzione alla titolare, né in ordine agli esiti favorevoli de procedimento di prevenzione, mentre, con riguardo alla figlia, la stessa ne ha giustificato la disponibilità momentanea, in quanto la custodiva per conto del fidanzato in vista delle vacanze. I motivi aggiunti deducono che la somma ricavata da COGNOME a titolo di caparra era oggettivamente idonea a giustificare l’investimento per l’acquisto delle quote di Magna Roma.
2.5. Il quinto motivo denuncia violazione dell’art. 416-bis, sesto comma, cod. pen. e vizi di motivazione. Erroneamente la sentenza impugnata richiama gli investimenti della famiglia Milano in RAGIONE_SOCIALE, circostanza esclusa dalla sentenza di primo grado, sicché anche la circostanza in questione andava esclusa, non essendo stata provata alcuna condotta di riciclaggio.
2.6. Il sesto motivo denuncia vizi di motivazione in relazione alla recidiva, in quanto la sentenza impugnata considera solo i precedenti dell’imputato, senza motivare sulle ragioni della loro maggiore espressività della sua pericolosità.
2.7. Il settimo motivo denuncia violazione di legge e vizi di motivazione in ordine alla conferma del diniego dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Palermo ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME attraverso il difensore Avv. NOME COGNOME articolando sette motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 17 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 110 e 416-bis cod. pen., nonché degli artt. 512-bis, 416-bis.1. cod. pen. e vizi di motivazione, in quanto il giudizio di colpevolezza è fondato solo su un’attività di intercettazione e una ricostruzione documentale effettuata in maniera sommaria dalla P.G., mentre la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, disattesa in quanto ritenuta non decisiva, segnalava il vuoto investigativo e probatorio avuto riguardo in particolare alla nascita di RAGIONE_SOCIALE, chiedendosi la ricostruzione bancaria dell’emissione di assegni per 45 mila euro come cessione da parte di Maniscalco al ricorrente basata semplicemente sul contenuto di un’intercettazione, senza alcun riscontro bancario. Erroneamente la sentenza impugnata afferma che COGNOME ha riconosciuto di aver ricevuto tale somma, in quanto egli ha solo fatto riferimento alla possibilità che ciò sia avvenuto. La Corte di appello non ha replicato alla deduzione difensiva secondo cui è incomprensibile che COGNOME, che si assume socio occulto della società, abbia versato in favore di COGNOME degli assegni, ossia denaro tracciabile, tanto più che il ricorrente portava avanti in quegli anni il progetto RAGIONE_SOCIALE, aggiudicandosi vari diritti ed entrando in RAGIONE_SOCIALE con la società RAGIONE_SOCIALE, senza alcun esborso di denaro liquido. COGNOME venne cercato da NOME COGNOME senza che vi sia alcuna traccia di COGNOME o di Cosa Nostra o di accordi con soggetti vicini al mandamento di COGNOME, laddove i fratelli COGNOME sono stati assolti dal reato di riciclaggio, il che dimostra la liceità dei loro investimenti. La cessione dell quote da parte del ricorrente al figlio nasce dall’esigenza di ottenere fideiussioni bancarie (effettivamente concesse a NOME COGNOME), precluse al primo in quanto
in precedenza fallito, laddove non è spiegato come avrebbe partecipato Cosa Nostra, mentre l’intervento di COGNOME e di Mineo fu sollecitato dai Camilleri (assolti). La Corte di appello valorizza il ruolo di NOME COGNOME e le intercettazioni di questi con il padre del ricorrente NOME COGNOME la cui posizione, in sede cautelare, è prima stata qualificata come usura, poi oggetto di assoluzione.
3.2. Il secondo motivo denuncia vizi di motivazione in ordine alla conferma del diniego dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, non oggetto di alcuna argomentazione da parte della sentenza impugnata.
3.3. Il terzo motivo denuncia vizi di motivazione in ordine alla circostanza aggravante dell’essere l’associazione mafiosa armata, non motivando la sentenza impugnata circa il nesso in concreto idoneo a provare che la detenzione dell’arma sia finalizzato al raggiungimento degli scopi associativi, laddove esiste un contrasto nella giurisprudenza di legittimità circa la configurabilità dell’aggravante da parte di un singolo.
3.4. Il quarto motivo denuncia vizi di motivazione in ordine alla circostanza aggravante di cui al sesto comma dell’art. 416-bis cod. pen., applicata solo perché COGNOME, destinatario di una contestazione di riciclaggio, è stato ritenuto consapevole del reinvestimento di fonti economiche illecite.
3.5. Il quinto motivo denuncia erronea applicazione della legge in relazione alla mancata riqualificazione in termini di favoreggiamento personale, sulla quale la Corte di appello ha omesso di motivare, mentre, invece, rispecchiava pienamente l’eventuale condotta illecita del ricorrente, che non costituisce espressione dell’aiuto arrecato a Cosa Nostra, ma a un singolo soggetto, sia pure negativamente qualificato, posto che l’amicizia, i rapporti, le frequentazioni tra COGNOME e COGNOME sono maturati e si sono consolidati al di fuori di Cosa Nostra, esclusivamente per ragioni di natura amicale e parentale.
3.6. Il sesto motivo denuncia erronea applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen., degli artt. 512-bis e 416-bis.1. cod. pen. e vizi di motivazione, in quanto, con riguardo ai capi 6, 7 e 8, erroneamente non è stata disposta la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale. I rapporti con NOME COGNOME erano del tutto leciti, mentre quelli con NOME COGNOME nascevano dalla conoscenza intervenuta essendo NOME un procacciatore e si sviluppò con la partecipazione al “Bando Monti” mediante una società da costituire in caso di aggiudicazione e le successive vicende sulle quali non è stato svolto alcun accertamento.
3.7. Il settimo motivo denuncia violazione della legge in relazione all’art. 321 cod. proc. pen. e vizi di motivazione, in relazione al sequestro preventivo nell’immobile di cui alla nuda proprietà di NOME COGNOME e a vitalizio di NOME
NOME COGNOME non essendo stata esaminata la consulenza di parte che operava una ricostruzione patrimoniale del nucleo familiare del ricorrente.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Palermo ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME attraverso il difensore Avv. NOME COGNOME articolando cinque motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
4.1. Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 512-bis cod. pen. e vizi di motivazione, con riguardo alla rilevanza penale del fatto e alla sussistenza del dolo specifico. Se la giurisprudenza riconosce natura necessariamente concorsuale alla fattispecie, la migliore dottrina ritiene di dover necessariamente circoscrivere la categoria della plurisoggettività necessaria in considerazione della scelta legislativa di non punire il concorrente necessario, ossia la condotta del fittizio intestatario. Quanto al dolo specifico, deve riflettersi nella tipi oggettiva e tradursi in elevato pericolo di avvio di un procedimento di prevenzione o di una probabile commissione dei delitti di ricettazione, riciclaggio o reimpiego.
La condotta attribuita al ricorrente non era idonea a configurare il delitto ritenuto, in quanto doveva essere esclusa la rilevanza penale della sua condotta di formale intestazione del 50% delle quote di RAGIONE_SOCIALE, così come doveva essere escluso il dolo specifico, non essendo consapevole il ricorrente del carattere fittizio dell’intestazione, dello scopo di eludere le misure di prevenzione, non avendo mai avuto rapporti con ambienti mafiosi, essendosi limitato ad un’acquisizione di quote, con atto notarile, del tutto lecita, tanto più che per RAGIONE_SOCIALE era stata avviata una verifica fiscale nell’estate-autunno del 2015, laddove la formale intestazione fu fatta il 01/09/2015, sicché il breve intervallo di tempo tra l’una e l’altra doveva essere valutato nella prospettiva difensiva, tanto più che la società operava sulla base di una concessione e di vari altri titoli abilitativi e per il suo ruolo di amministratore COGNOME COGNOME percepiva u compenso annuo di 7 mila euro, laddove il provvedimento della Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo intervenne solo il 13/04/2016.
4.2. Il secondo motivo denuncia vizi di motivazione. La motivazione della sentenza impugnata non tiene conto del complessivo dato probatorio e si basa su una non corretta lettura delle intercettazioni, in quanto quelle del 14 e 15 dicembre 2015 non avevano alcun valore indiziario, quella del 18/12/2015 evidenzia che COGNOME comunicava a Rubino il pagamento e la scadenza di una cartella esattoriale RAGIONE_SOCIALE, quella del 27/01/2016 era intervenuta tra due interlocutori mentre era in corso la verifica fiscale e da essa emergeva la preoccupazione di COGNOME di non ricordare i dati bancari e contabili, quella del
03/03/2016 non ha alcun valore indiziario, quella del 22/03/2016 proseguiva i temi della precedente e riguardava la verifica fiscale, il gioco on line e la società maltese delegata a quest’ultima attività, quella del 18/04/2016 vede COGNOME chiedere un aiuto economico a COGNOME. L’intercettazione ambientale del 27/01/2016 tra COGNOME e COGNOME chiama in causa i COGNOME che sono stati assolti, mentre la sentenza impugnata continua a ritenerla riferibile a collegamenti della società con Cosa Nostra, il che era già stato escluso dalla sentenza di primo grado.
4.3. Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 416-bis.1. cod. pen. e vizi di motivazione. Erroneamente è stata ritenuta la circostanza aggravante in quanto l’intestazione delle quote è avvenuta con regolare atto notarile e il ricorrente, quale amministratore della società, ha nominato quale procuratore speciale della stessa NOME COGNOME mentre il dato dell’assenza del ruolo amministrativo e gestionale in capo a COGNOME non è stato oggetto di motivazione da parte della sentenza impugnata, laddove solo il 13/04/2016 fu emesso il provvedimento di prevenzione, il che doveva essere valutato ai fini della consapevolezza in capo all’imputato sia del l’asserito scopo illecito, sia delle asserite finalità delle operazioni e delle attività della società, tanto più che i merito alla vicenda COGNOME le affermazioni della sentenza impugnata sono incompatibili con la pronuncia di primo grado che ha statuito l’assoluzione per il capo 4.
4.4. Il quarto motivo denuncia violazione di legge e vizi di motivazione con riguardo alla conferma del diniego dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
4.5. Il quinto motivo denuncia violazione degli artt. 132 e 133 cod. pen. e vizi di motivazione in ordine alla determinazione della pena.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Palermo ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME attraverso i difensori Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME articolando cinque motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
5.1. Il primo motivo denuncia vizi di motivazione in relazione all’art. 125 cod. proc. pen. e motivazione solo per relationem, risultando, pertanto, apparente, non rispondendo ai motivi di appello.
5.2. Il secondo motivo denuncia inosservanza dell’art. 512-bis cod. pen. e vizi di motivazione, violazione dell’art. 110 cod. pen. e insussistenza dell’elemento psicologico dell’extraneus. La giurisprudenza di legittimità richiede che tutti i concorrenti nel reato abbiano agito con il dolo specifico, laddove la Corte di appello ha seguito il diverso indirizzo secondo cui è sufficiente che uno
dei concorrenti sia animato dal dolo specifico, sicché la questione dovrà essere rimessa alle Sezioni unite. Peraltro, la Corte di appello si è limitata alla mera enunciazione di un principio di diritto, sottraendosi alla verifica e alla motivazione della prova dell’esistenza di una reale partecipazione al reato e al ruolo concorsuale svolto, tanto più che il ricorrente risulta estraneo al contesto territoriale di riferimento di Maniscalco, di cui aveva appreso aver avuto problemi con la giustizia.
5.3. Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 416-bis.1. e 118 cod. pen. e vizi di motivazione, in quanto la circostanza aggravante non può essere imputata a titolo di colpa, sicché erroneamente la Corte di appello ha fatto riferimento a due intercettazioni del 2017 e del 2018 e fronte di reati consumati nel 2014, 2015 e 2016.
5.4. Il quarto motivo denuncia violazione di legge e vizi di motivazione in ordine alla conferma del diniego dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
5.5. Il quinto motivo denuncia violazione di legge circa i presupposti della confisca, omessa valutazione di una memoria e dei relativi allegati. Erroneamente la sentenza impugnata non ha giustificato la confisca degli stipendi percepiti dal ricorrente quando era un semplice dipendente di Bet for Bet, considerato che i reati addebitatigli sono riferibili a un periodo successivo e non risulta un suo coinvolgimento in quest’ultimo, mentre gli stipendi percepiti per un lavoro regolarmente inquadrato come dipendente non sono illeciti. La sentenza impugnata non si è confrontata con le allegazioni difensive relative, ad esempio, alla proporzionalità del valore dei beni confiscati rispetto alla capacità reddituale lecita e alle giustificazioni fornite circa la provenienza lecita del risorse impiegate, omettendo di chiarire l’ambito temporale considerato in ossequio al criterio di “ragionevolezza temporale”, posto che il momento dal quale si fa decorrere l’analisi sperequativa risale a otto anni prima dell’epoca di realizzazione del reato/spia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi – con la parziale eccezione di quello di Maniscalco di seguito indicata non meritano accoglimento.
Il ricorso di NOME COGNOME deve essere rigettato, salvo che con riguardo alla confisca della quota della società RAGIONE_SOCIALE.
2.1. Muovendo, per linearità espositiva, dall’esame del secondo motivo e dal corrispondente motivo aggiunto (relativi all’imputazione del reato associativo), la
Corte distrettuale, in estrema sintesi, ha dato conto dei dati probatori posti a sostegno del giudizio di colpevolezza del ricorrente (già condannato per partecipazione ad associazione mafiosa), richiamando, in primo luogo, le dichiarazioni de relato di NOME COGNOME, già capo del mandamento mafioso di Belmonte Mezzagno – COGNOME e collaboratore di comprovata affidabilità, che aveva indicato in COGNOME un appartenente a Cosa Nostra di Palermo Centro che si recava spesso a Roma per investimenti, tra l’altro, nel settore del gioco. La sentenza impugnata richiama poi la vicenda riguardante i NOME COGNOME, relativa alla liquidazione della quota di NOME e NOME COGNOME nel capitale di RAGIONE_SOCIALE, vicenda – ricostruita per il tramite di plurime intercettazioni – che vid emergere lo stretto collegamento tra il ricorrente e NOME COGNOME, esponente di vertice della famiglia mafiosa di COGNOME. La Corte distrettuale richiama inoltre alcune conversazioni intercettate tra COGNOME e NOME COGNOME nonché la vicenda del prestito elargito da NOME COGNOME, espressive, sotto diversi profili, dell’intraneità del ricorrente a Cosa Nostra, così come significative sono ritenute alcune conversazioni intercettate tra lo stesso COGNOME e COGNOME.
Invero, nella valutazione del giudice di appello, gli elementi di prova valorizzati dimostrano il radicato inserimento di COGNOME nel tessuto organizzativo del mandamento mafioso di COGNOME e il contributo causale fornito alla vita del sodalizio in un settore nevralgico quale raccolta delle scommesse, nel quale garantiva l’appoggio di COGNOME e del suo gruppo.
2.1.1. Le doglianze proposte dal ricorso non scalfiscono la tenuta logicoargomentativa della motivazione della sentenza impugnata. Le dichiarazioni di COGNOME descrivono un ben preciso “settore” di operatività di COGNOME in seno al sodalizio, laddove l’intervento nella vicenda dei RAGIONE_SOCIALE va collocato nel contesto dell’attività nel settore delle scommesse. Il contributo e il ruolo di COGNOME sono delineati in termini univoci dalla sentenza impugnata, sicché del tutto fuori fuoco è la censura proposta dal ricorso. L’assoluzione di NOME COGNOME (peraltro dedotta dal ricorso in termini del tutto aspecifici: pag. 17) non mette in luce cadute di consequenzialità logica nel ragionamento del giudice di appello, incentrato, per questa parte, sulla figura di Milano appartenente a Cosa Nostra e già cassiere della famiglia di Porta Nuova. Quanto all’assoluzione di NOME, il ricorso neppure ne indica, in termini specifici, la decisività, a fronte dell chiamata di correo corroborata da plurimi convergenti elementi di conferma. Nel resto, gli ulteriori, plurimi dati probatori valorizzati dalle conformi sentenze d merito non sono oggetto di specifica disamina critica da parte del ricorso.
2.2. Sempre per linearità espositiva, deve essere esaminato il quinto motivo, che non è fondato.
Lungi dal ritenere l’aggravante di cui all’art. 416-bis, comma sesto, cod. pen. sulla base della mera constatazione del reimpiego dei proventi illeciti in attività economiche, la Corte distrettuale ha descritto le specifiche modalità e la destinazione di tali introiti al finanziamento delle attività produttive (Sez. 2, n 8790 del 06/12/2023, dep. 2024, Tegano, Rv. 286005 – 03), sottolineando che il settore dei giochi e delle scommesse è divenuto centrale nell’economia mafiosa, consentendo non solo il riciclaggio, ma anche ingenti guadagni: emblematica, osserva la sentenza impugnata, è la vicenda dei fratelli COGNOME, dalla quale può inferirsi che il gruppo mafioso ha investito i proventi delle attività illecite n gruppo imprenditoriale COGNOME, che ricambiava fattivamente come dimostrato dalle interlocuzioni con COGNOME a proposito dell’apertura di nuove agenzie nel territorio di pertinenza del mandamento di COGNOME. Il ricorso non mette correttamente a fuoco l’argomentare della sentenza impugnata, caratterizzato da un ragionamento basato su una molteplicità di dati probatori e, in particolare, sulla vicenda COGNOME: l’una e gli altri conferenti nel senso indicato, laddove le ulteriori indicazioni e le corrispondenti deduzioni difensive sono all’evidenza inidonee a disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, COGNOME Rv. 251516).
2.3. Anche il primo motivo non merita accoglimento. Le conformi sentenze di merito rilevano che l’attribuzione fittizia delle quote di RAGIONE_SOCIALE realtà riconducibili a NOME COGNOME e a Maniscalco (capo 6) – a NOME COGNOME e a NOME COGNOMEche, quale amministratore della società, aveva rilasciato una procura speciale a NOME COGNOME il quale, per tale incarico, percepiva un compenso di 80 mila euro all’anno a fronte dei 7 mila euro annui percepiti dal formale amministratore) risultava da plurime conversazioni intercettate, che, in primo luogo, davano conto del fatto che i fittizi intestatari erano sforniti di alcun potere gestorio e, al momento del passaggio di proprietà delle quote, erano del tutto privi della capacità reddituale necessaria per sostenere l’acquisto. I giudici di merito hanno poi ricostruito il ruolo centrale rivestito da COGNOME (che impartiva disposizioni di pagamento degli utili derivanti dalla raccolta dei giochi e delle scommesse a favore dei sodali di Cosa Nostra) nella vicenda che condusse all’estromissione, dalla compagine societaria di RAGIONE_SOCIALE, dei fratelli COGNOME (all’esito liquidati per una somma di circa 560 mila euro).
Per quanto riguarda RAGIONE_SOCIALE (capo 7), rilevano le sentenze di merito che all’atto della costituzione soci erano, per il 45% del capitale, RAGIONE_SOCIALE (che lo stesso NOME COGNOME aveva indicato come a sé riconducibile in una conversazione intercettata con NOME COGNOME) e Bet RAGIONE_SOCIALE per il
55%; ricostruite le complesse vicende della società, rilevano i giudici di merito che, dopo vari atti di cessione, NOME COGNOME e NOME COGNOME detenevano ciascuno il 50% del capitale della società, acquistato per il solo valore nominale, notevolmente inferiore al patrimonio netto della società, risultata aggiudicataria di 23 diritti per l’apertura di negozi per l commercializzazione di giochi pubblici in larga misura corrisposti proprio da RAGIONE_SOCIALE, circostanza, questa, che secondo i giudici di merito è illuminante della diretta riconducibilità (anche) di RAGIONE_SOCIALE a NOME COGNOME e a COGNOME (considerando altresì l’incapienza degli intestatari formali). Rileva in particolare la Corte di appello che RAGIONE_SOCIALE fu, a un certo punto, utilizzata per “svuotare” Bet for Bet e che il ruolo rivestito da COGNOME trova (ulteriore) conferma nelle varie elargizioni a suo favore operate dai gestori delle agenzie della società.
2.3.1. Le censure proposte dal ricorso non meritano accoglimento.
Esse, in primo luogo, si incentrano sul versamento, attraverso nove assegni, di 45 mila euro, lamentando la mancata identificazione della provenienza e del destinatario in NOME COGNOME o in RAGIONE_SOCIALE. La censura non coglie nel segno, in quanto, in primo luogo, alla luce del complessivo compendio probatorio valorizzato dalle conformi sentenze di merito, la doglianza è all’evidenza priva di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la sua rappresentazione risulti in grado di disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, COGNOME, Rv. 251516). D’altra parte, nel complessivo argomentare delle sentenze di merito, lo stretto legame tra le varie società del “gruppo” RAGIONE_SOCIALE e la cointeressenza in esso di Maniscalco rappresenta il dato centrale sul quale si basa il giudizio di colpevolezza ed è nella prospettiva di tale cointeressenza che è svolto il riferimento al versamento dei 45 mila euro, la cui provenienza e destinazione “soggettiva” assumono un rilievo che sovrasta la specifica destinazione alla singola società del gruppo, mentre tale duplice dato “soggettivo” (che, peraltro, l’atto di appello dell’odierno ricorrente non faceva oggetto di specifiche censure) è argomentato richiamando l’elemento temporale rappresentato dall’imminente avvio dei sequestri e la pressoché contestualità dell’avvio dell’operatività di RAGIONE_SOCIALE, altra società del “gruppo” RAGIONE_SOCIALE, con le quote fittiziamente intestate sempre a NOME COGNOME e a NOME COGNOME ma sostanzialmente riconducibile a COGNOME e a NOME COGNOME (come precisa la sentenza impugnata trattando della posizione di quest’ultimo: pag. 84).
Quanto alla vicenda COGNOME, la compiuta ricostruzione dei giudici di merito non è scalfita dalle deduzioni del ricorso, che, in realtà, involgono inammissibili questioni di merito.
Rilievo, quest’ultimo, riferibile anche alle censure afferenti a RAGIONE_SOCIALE, a fronte di una ricostruzione delle conformi sentenze di merito fondata su plurimi, convergenti dati probatori, neppure compiutamente esaminati dal ricorso.
2.4. Il terzo motivo (così come il corrispondente motivo aggiunto) è inammissibile. La Corte distrettuale – richiamate alcune vicende, sulla scorta di conversazioni intercettate – ha rilevato la costante presenza dei vertici del gruppo mafioso nei momenti di fibrillazione del “gruppo imprenditoriale” di COGNOME e a sostegno di COGNOME e dello stesso COGNOME, inferendo da ciò l’esistenza di un preciso interesse a sostenere detto gruppo nel nevralgico settore della raccolta dei giochi e delle scommesse, in un’ottica di reciproco scambio. Il ricorso non si confronta con il ragionamento della sentenza impugnata e con i dati posti a fondamento delle sue conclusioni, risultando, sotto questo profilo, del tutto carente della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849).
2.5. Il sesto motivo non merita accoglimento. In presenza di contestazione della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’art. 99 cod. pen. (e, dopo la declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 185 del 2015, anche del quinto comma dell’articolo citato), è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e a grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247838). La sentenza impugnata si è uniformata al richiamato principio di diritto in quanto, muovendo dal riferimento ai precedenti del ricorrente (invero di particolare gravità: tentato omicidio, tentata rapina, violazione della disciplina delle armi, rapina, furto, partecipazione ad associazione mafiosa) e valutati gli stessi alla luce dei fatti accertati nel presente processo, ha rilevano come gli uni e gli altri vadano a delineare un percorso delinquenziale da lungo tempo avviato, espressivo di una maggiore capacità a delinquere. Rilievo, questo, in linea con i dati richiamati e non inficiato dalle deduzioni del ricorrente.
2.6. Il settimo motivo è inammissibile, avendo congruamente motivato la sentenza impugnata la conferma del diniego dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, richiamando i dati già esaminati a proposito del motivo sulla recidiva, laddove nel motivare il diniego dell’applicazione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; conf., ex plurimis, Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02).
2.7. Il quarto motivo e il corrispondente motivo aggiunto sono fondati solo con riguardo alla quota della società RAGIONE_SOCIALE
Quanto alla somma di 6 mila euro rinvenuta nella camera della figlia, i giudici di merito, ricostruiti i redditi del fidanzato (che nella prospettazione difensiva ne era il titolare) hanno rilevato, oltre all’inverosimiglianza di una somma affidata alla fidanzata e non depositata presso un istituto a ciò preposto, che la somma era del tutto non proporzionata rispetto alla capacità del soggetto che ne rivendicava la proprietà, alla luce delle somme percepite a far tempo dal 2016.
Le censure articolate dal ricorso risultano reiterative di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte di merito, dovendo le stesse essere considerate, pertanto, non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere alla tipica funzione di una critica argomentata alla sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME Rv. 231708).
A diverse conclusioni deve giungersi con riguardo alla quota della società RAGIONE_SOCIALE Il ricorso ha allegato il decreto della Corte di appello di Palermo del 06/03/2024, con attestazione di irrevocabilità, che ha rigettato l’impugnazione del p.m. avverso la confisca di prevenzione avverso il decreto reiettivo della confisca del 19/07/2023 – depositato il 24/07/2023; provvedimenti, questi, successivi (ovvero venuti a conoscenza successivamente) alla deliberazione della sentenza impugnata. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, nel giudizio di legittimità è consentita l’acquisizione di una sentenza irrevocabile quando non sia stato possibile produrla nei precedenti gradi di giudizio, imponendosi l’annullamento con rinvio della pronuncia impugnata al fine di permettere una riconsiderazione nel merito del quadro probatorio (Sez. 6, n. 13461 del 22/02/2023, COGNOME, Rv. 284473 – 01, conf., ex plurimis, Sez. 5, n. 32031 del 07/05/2014, COGNOME, Rv. 261988 –
01). Rileva il Collegio che il principio di diritto è applicabile anche al caso d specie in considerazione della natura decisoria del decreto che definisce il giudizio di prevenzione e per ragioni di coerenza sistematica. Pertanto, assorbite le ulteriori doglianze, in parte qua, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo.
Il ricorso di NOME COGNOME, complessivamente valutato, deve essere rigettato.
3.1. Come questa Corte ha avuto modo di puntualizzare in tema di associazione di tipo mafioso, assume il ruolo di “concorrente esterno” il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione e privo dell’affectio societatis, fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un’effettiva rilevanza causale e quindi si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione (o, per quelle operanti su larga scala come “RAGIONE_SOCIALE“, di un suo particolare settore e ramo di attività o articolazione territoriale) e sia diretto alla realizzazione, anche parziale del programma criminoso della medesima (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231671).
I giudici di merito si sono uniformati alle indicazioni offerte dalla giurisprudenza di legittimità, rimarcando, per un verso, il rapporto societario occulto di NOME COGNOME con il cugino, nonché esponente della famiglia mafiosa di Palermo Centro Maniscalco e, per altro, il patto di reciproca convenienza che legava il ricorrente al sodalizio mafioso: COGNOME ha perseguito, in maniera determinata, il progetto di espansione del proprio gruppo imprenditoriale, operante nel settore delle scommesse e dei giochi nel territorio di Palermo, conformemente alle direttive del sodalizio mafioso, ricevendo in cambio massima tutela da parte del sodalizio stesso. A sostegno di queste conclusioni, le conformi sentenze di merito hanno posto una pluralità di convergenti dati probatori: quelli espressivi del rapporto con COGNOME, che concerneva l’assetto delle società di Rubino, in uno con le interlocuzioni e i rapporti con NOME COGNOME (come si visto, esponente di vertice del mandamento di COGNOME), in ordine, ad esempio, all’apertura di ulteriori agenzie nel territorio di pertinenza del sodalizio (significative al riguardo le varie conversazioni intercettate richiamate dalla Corte di appello); le conversazioni con funzionari della Snai; la vicenda relativa alla liquidazione della quota di RAGIONE_SOCIALE dei fratelli COGNOME (già richiamata supra al § 2.1. di questo Considerato in diritto).
3.1.1. Le doglianze proposte dal ricorso non meritano accoglimento.
Quanto al versamento, attraverso nove assegni, di 45 mila euro, è sufficiente rinviare a quanto rilevato supra al g 2.3.1. a proposito del coimputato COGNOME, sicché del tutto infondata è anche la censura relativa al diniego di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale. Tutte le vicende di RAGIONE_SOCIALE alle quali fa riferimento il ricorso (il progetto RAGIONE_SOCIALE, etc.), oltre ad essere in più parti versate in fatto, in nessun modo inficiano la motivazione delle conformi sentenze di merito, chiamando in causa l’attività svolta nel settore dalla società, il che non esclude il rapporto societario occulto accertato dalle conformi sentenze di merito. Quanto alla vicenda relativa ai fratelli COGNOME, il ricorso, al più, n isola un segmento, ma trascura di considerarlo nel suo complesso, come invece ha fatto la sentenza impugnata in termini immuni da vizi logici. Il ricorso ripropone poi la tesi circa la causale dell’intestazione (pacificamente fittizia) al figlio (il pregresso fallimento), valutata compiutamente dalla sentenza impugnata, e fa leva su circostanze prive di incidenza sul complessivo argomentare della sentenza impugnata (le vicende giudiziarie del padre del ricorrente, etc.) e, comunque, dedotte in termini del tutto aspecifici.
3.1.2. Il rigetto del primo motivo implica, all’evidenza, anche quello – il quinto – teso alla riqualificazione del fatto in termini di favoreggiamento personale, il che priva di consistenza anche la censura di omessa motivazione (peraltro infondata: vds. punto 4.2.2.1. a pag. 88 della sentenza impugnata).
3.2. Il terzo e il quarto motivo, relativo alle circostanze aggravanti del reato associativo, non meritano accoglimento.
3.2.1. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto la circostanza aggravante dell’essere l’associazione armata non risulta contestata né ritenuta.
3.2.2. Il quarto motivo non è fondato per le ragioni indicate al § 2.2. di questo Considerato in diritto, in toto riferibili anche a Rubino.
3.3. Il sesto motivo è generico nella parte relativa al diniego di richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, non specificando neppure in relazione a quali capi era stata formulata. In ogni caso, la sentenza impugnata (a pag. 83, non 103 come indicato nel ricorso) ha dato conto della superfluità della rinnovazione, con motivazione immune da vizi logici. Nel resto, il ricorso articola questioni di merito e deduzioni all’evidenza prive di correlazione con gli argomenti e i dati valorizzati dalle conformi sentenze di merito e del tutto inidonee a infirmare il ragionamento posto a fondamento della conferma del giudizio di colpevolezza.
3.4. Il secondo motivo è manifestamente infondato avendo congruamente motivato la sentenza impugnata la conferma del diniego dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche richiamando, in termini del tutto privi di cadute
di consequenzialità logica, la gravità dei fatti e il contributo di COGNOME al sodalizio mafioso.
3.5. Il settimo motivo è inammissibile. Il ricorso censura il sequestro preventivo e il “vitalizio permanente” di NOME COGNOME, ma anche a voler considerare la doglianza come riferita alla confisca dell’appartamento nella nuda proprietà di NOME COGNOME e in usufrutto a COGNOME, la Corte distrettuale ha richiamato la sentenza di primo grado (che aveva espressamente esaminato e disatteso la consulenza difensiva), ribadendo i rilievi incentrati sul mutuo ipotecario di 310 mila euro. Rilievi con i quali il ricorso omette un puntuale e specifico confronto critico.
Il ricorso di NOME COGNOME deve essere rigettato, pur presentando plurimi profili di inammissibilità.
4.1. Il primo motivo è infondato, caratterizzandosi anzi per un complessivo deficit di confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata.
Le conformi decisioni di merito hanno messo in luce non solo il ruolo rivestito dal ricorrente in seno a RAGIONE_SOCIALE (socio al 50% e amministratore con retribuzione annua pari a 7 mila euro, a fronte degli 80 mila euro corrisposti a NOME COGNOME quale procuratore della società nominato dallo stesso COGNOME), ma anche quello ricoperto in varie società sempre riconducibili al duo COGNOME–NOME COGNOMEsocio di RAGIONE_SOCIALE; amministratore di RAGIONE_SOCIALE; socio di RAGIONE_SOCIALE, rimarcando, in particolare, come al momento dell’acquisizione delle quote di RAGIONE_SOCIALE COGNOME fosse del tutto privo della necessaria capacità reddituale. E’ stata poi rimarcata l’assenza di qualsiasi, effettivo potere gestionale in capo a COGNOME, come dimostrato da varie conversazioni intercettate che ne mettono in luce il ruolo di mero prestanome: particolarmente significativa è ritenuta la conversazione intercorsa tra NOME COGNOME e COGNOME in cui il primo paventava che COGNOME, preso dal panico, potesse “denunciare tutto”. Conversazione intercettata, quest’ultima, ritenuta dai giudici di merito espressiva della consapevolezza in capo a COGNOME dei rapporti illeciti sottesi alla gestione societaria, consapevolezza altresì desunta dalla vicenda relativa ai fratelli COGNOME già richiamata. La Corte distrettuale sottolinea come COGNOME fosse consapevole della finalità elusiva della disciplina in tema di misure di prevenzione perseguita attraverso l’intestazione delle quote di RAGIONE_SOCIALE, richiamando, al riguardo plurime conversazioni intercettate intercorse anche tra COGNOME e COGNOME o che comunque chiamavano in causa il ricorrente (e finalizzate, ad esempio, a un incontro con il legale di Bet for Bet), nonché da una conversazione intercettata con NOME COGNOME nella quale questi lo incaricava di portare una busta con del denaro a COGNOME.
Il ricorso insiste sull’insussistenza del dolo specifico, ma svilisce i dati probatori espressivi del ruolo e dei rapporti diretti di COGNOME (anche) con COGNOME e la sicura consapevolezza in capo al primo dell’illiceità dell’attività “sottostante” a Bet for Bet (che giustificava la paura e la prospettata denuncia). Del resto, il carattere non certo occasionale del rapporto con quello che la Corte distrettuale indica come il “duo” COGNOME – NOME COGNOME conferma un inserimento dell’imputato nelle dinamiche imprenditoriali di costoro e del contesto nel quale operavano, il che sterilizza la deduzione difensiva circa il dato temporale, peraltro non certo decisiva. Del tutto inconferenti sono la titolarità da parte della società di altri titoli abilitativi, l’acquisizione attraverso atto notari lo stipendio percepito, significativo anzi – nell’enorme sperequazione rispetto a quello corrisposto al “procuratore” COGNOME – del ruolo di mero prestanome del ricorrente.
4.2. Il secondo motivo è inammissibile perché sostanzialmente deduce questioni di merito, sollecitando una rivisitazione, esorbitante dai compiti del giudice di legittimità, della valutazione del materiale probatorio (segnatamente, delle conversazioni intercettate) che la Corte distrettuale ha operato, sostenendola con motivazione coerente con i dati probatori richiamati e immune da vizi logici (risultando, in particolare, del tutto irrilevante, nel percors argomentativo del giudice di appello, la vicenda giudiziaria dei COGNOME, peraltro dedotta in termini del tutto aspecifici, non risultando gli stessi imputati in primo grado nel presente processo). E’ sufficiente dunque ribadire, sulla scorta dell’insegnamento delle Sezioni unite, che esula «dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali» (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME).
4.3. Il terzo motivo deve essere rigettato, pur presentando profili di aspecificità. La Corte distrettuale ha dato conto della conferma della sussistenza dei requisiti della circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1. cod. pen. richiamando il ruolo svolto nella società da Cosa Nostra attraverso la figura dominante di Maniscalco e il patto che lo legava a NOME COGNOME, sia in relazione ai passaggi di denaro a favore del primo (di cui lo stesso COGNOME risulta chiamato ad occuparsi), sia attraverso l’intervento dei vertici del mandamento di COGNOME in persona di NOME COGNOME (e dello stesso COGNOME) nella controversia con i COGNOME, vicende – sottolinea la sentenza impugnata – conosciute da COGNOME. Il ricorso, oltre a sottrarsi a un reale confronto critico con gli argomenti del giudice di appello e con i dati probatori
dallo stesso valorizzati, ripropone molte delle deduzioni già articolate con il primo motivo, in ordine, ad esempio, alla stipula con atto notarile e alla nomina di COGNOME quale procuratore speciale. Nel resto, centrale, nell’economia del discorso argomentativo delle conformi sentenze di merito, è il ruolo del “duo” COGNOME – NOME COGNOME, cui facevano capo anche altre società nelle quali il ricorrente aveva un ruolo, il che priva di consistenza le deduzioni relative all’epoca di applicazione della misura di prevenzione e al ruolo di mero prestanome rivestito.
4.4. Il quarto e il quinto motivo non meritano accoglimento. Nella definizione del trattamento sanzionatorio, le sentenze di merito hanno richiamato non solo la gravità del fatto, correlata, in termini logicamente ineccepibili, al contesto mafioso dell’intestazione fittizia, ma anche ai precedenti dell’imputato, il che rende ragione della conferma del diniego dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche e della congruità della commisurazione della pena.
Il ricorso di NOME COGNOME deve essere rigettato, pur presentando alcuni profili di inammissibilità.
5.1. Il primo motivo è inammissibile, in quanto, da un lato, del tutto generico e, dall’altro, manifestamente infondato a fronte della diffusa motivazione della sentenza di appello.
5.2. Il secondo e il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente per linearità di esposizione, non meritano accoglimento.
Con riferimento a RAGIONE_SOCIALE (capo 7), le conformi sentenze di merito ne hanno ricostruito la storia quanto alla titolarità del capitale, sottolineando che all’atto della costituzione erano soci RAGIONE_SOCIALE (riconducibile anche a Tortora), società, peraltro, di fatto riconducibile – così come RAGIONE_SOCIALE – dl “duo” COGNOME – NOME COGNOME (come risultante da una conversazione intercettata), il che spiegava il progressivo spostamento dell’asse finanziario dalla seconda alla prima, argomentato sulla base di plurimi (non contestati) dati probatori. Da ultimo, il capitale della società fu ripartito in termini paritari t NOME COGNOME e NOME COGNOME che acquistarono la quota del 50% per la somma, corrispondente al valore nominale, di 5 mila euro ciascuno (a fronte, peraltro, dell’incapienza finanziaria dei presunti intestatari), notevolmente distante dal patrimonio netto della società, stimato in più di 900 mila euro. I giudici di merito richiamano altresì la conversazione intercettata tra COGNOME e il ricorrente dalla quale si trae conferma del ruolo di meri prestanomi di Petrosino e di Stabile, nonché i plurimi elementi dimostrativi del ruolo di COGNOME di determinatore degli indirizzi strategici generali dell’azione imprenditoriale di NOME COGNOME (anche) con riferimento a RAGIONE_SOCIALE
Analoghi rilievi vengono svolti con riferimento a RAGIONE_SOCIALE, riconducibile a Tortora (come confermato, tra l’altro, da una conversazione intercettata di NOME COGNOME e da alcuni elementi riferibili anche a RAGIONE_SOCIALE), nonché al medesimo centro di interesse più volte chiamato in causa, all’assunzione della carica di amministratore unico da parte di NOME COGNOME (moglie di NOME COGNOME) e all’acquisizione dell’intero capitale per una somma (5 mila euro) che non rispecchiava la reale consistenza patrimoniale della società.
5.2.1. Il quadro in estrema sintesi delineato consente di esaminare il secondo motivo, che non è fondato. La Corte distrettuale ha diffusamente delineato il ruolo rivestito dal ricorrente nelle vicende oggetto delle due imputazioni e, con riguardo al dolo di elusione, ne ha dato conto rilevando che la schermatura della reale compagine societaria aveva lo scopo di consentire al socio occulto COGNOME già condannato per il reato di associazione mafiosa e fatto oggetto di provvedimenti ablativi, di sfuggire alla disciplina in tema di misure di prevenzione; osserva altresì la sentenza impugnata che il ruolo dominante di RAGIONE_SOCIALE all’interno della società di cui al capo 7) (ma analogo rilievo è, in buona sostanza, riferito anche alla società sub 8) era ben noto a Tortora, che, come testimonia la conversazione intercettata con Fiore a proposito dei sequestri operati nei confronti di quest’ultimo, si poneva in termini problematici il tema dell’assenza di analoghi provvedimenti nei propri confronti.
Il ricorso deduce l’estraneità dell’imputato dal contesto territoriale di riferimento, ma la deduzione non infirma il ragionamento del giudice di appello, laddove il riferimento a elementi conoscitivi temporalmente successivi non significa – anche alla luce della complessa vicenda caratterizzante le due società – che l’imputato non avesse maturato la consapevolezza della loro finalizzazione. L’inidoneità delle deduzioni del ricorso ad inficiare la motivazione del giudice di appello esime questa Corte dal soffermarsi sul motivo relativo alla questione di diritto pure proposta dal ricorso.
5.2.2. Anche il terzo motivo non è fondato. La Corte distrettuale ha confermato la sussistenza dei requisiti della circostanza aggravante della finalità di agevolazione mafiosa richiamando la già menzionata conversazione intercettata tra COGNOME e COGNOME (ove si faceva riferimento anche a un “atteggiamento mafioso”), rimarcando la piena consapevolezza del ricorrente dello stretto legame che univa NOME COGNOME e COGNOME e del ruolo di socio occulto di quest’ultimo, la cui organicità al sodalizio mafioso era nota al ricorrente, a conoscenza altresì del metodo mafioso impiegato per l’espansione del gruppo COGNOME–COGNOME nel territorio palermitano. Osserva ancora la Corte distrettuale come il compendio probatorio abbia dimostrato che il “duo”
COGNOME–COGNOME abbia consentito la penetrazione di Cosa Nostra in nuovi quartieri di Palermo, nel nevralgico settore dei giochi e delle scommesse ricevendone in cambio appoggio, laddove COGNOME era pienamente inserito nell’assetto delle due società, aveva un rapporto diretto sia con COGNOME, sia con NOME COGNOME ed era consapevole dei metodi mafiosi usati, sicché era consapevole della finalità agevolativa o, comunque, la ignorava per colpa.
Le censure proposte dal ricorso non scalfiscono la tenuta del discorso giustificativo del giudice di appello, avendo la Corte distrettuale fatto buon governo del principio di diritto secondo cui la circostanza aggravante dell’aver agito al fine di agevolare l’attività delle associazioni di tipo mafioso ha natura soggettiva inerendo ai motivi a delinquere, e si comunica al concorrente nel reato che, pur non animato da tale scopo, sia consapevole della finalità agevolatrice perseguita dal compartecipe (Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278734 – 01). Ne consegue l’infondatezza del motivo.
5.3. Il quarto motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato, avendo congruamente motivato il giudice di appello la conferma del diniego dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche richiamando la gravità delle condotte accertate.
5.4. Anche il quinto motivo non merita accoglimento. Il nucleo essenziale della tesi difensiva si basa sulla valutabilità dei redditi percepiti da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ma le conformi sentenze di merito hanno puntualmente motivato al riguardo, escludendo la legittima provenienza del bene confiscato attingendo al patrimonio accumulato sulla base di tali redditi (Sez. 2, n. 43387 del 08/10/2019, Novizio, Rv. 277997 – 04) muovendo dal rilievo che le predette società erano imprese mafiose: rilievo, questo, non oggetto di specifiche censure da parte del ricorso, inidonee a disarticolare il ragionamento svolto dal giudicante, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, COGNOME, Rv. 251516). D’altra parte, i giudici di merito hanno accertato – anche attraverso un costante e puntuale confronto con le deduzioni difensive (comprese quelle veicolate per il tramite del consulente tecnico) – una palese situazione di perenne sperequazione tra redditi dichiarati e acquisti nel periodo 2013 – 2019, ossia in un arco temporale comprensivo del tempus commissi delicti delle imputazioni ascritte al ricorrente, che non indica, con la necessarietà specificità, gli acquisti non rientranti nell’ambito di ragionevolezza temporale delineato dai giudici di merito. Nel resto, la sentenza impugnata ha puntualmente ricostruito i redditi dell’imputato, tenendo conto del suo – composito – nucleo familiare, ha sottolineato il carattere generico e indimostrato di una serie di deduzioni
(attinenti, in particolare, agli aiuti economici che avrebbe ricevuto) e la loro inidoneità a incidere sulla conclamata sperequazione riscontrata all’esito degli accertamenti economico-patrimoniali nei confronti dell’imputato, il che rende ragione del carattere reiterativo e, comunque, infondato, delle relative doglianze.
Pertanto, limitatamente alla confisca della quota della società RAGIONE_SOCIALE la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di COGNOME NOME con rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo mentre nel resto il ricorso di COGNOME deve essere rigettato. I ricorsi degli altri ricorrenti devono essere rigettati ed essi devono essere condannati al pagamento delle spese processuali. Poiché l’annullamento disposto non investe le statuizioni civili, tutti i ricorrenti devono essere condannati alla rifusione delle spese sostenute nel giudizio di legittimità dalle parti civili, ammesse al patrocinio a spese dello Stato, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME NOME limitatamente alla confisca della quota della societa’ RAGIONE_SOCIALE e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME.
Rigetta i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali.
Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle costituite parti civili ammesse al patrocinio a spese dello stato, nella misura che sara’ liquidata dalla Corte di appello di Palermo con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.p.r. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello stato.
Così deciso il 08/11/2024.