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Trasferimento fraudolento: dolo specifico e confisca

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di due imputati. La prima, condannata per trasferimento fraudolento di valori, si era fittiziamente intestata quote societarie per eludere misure di prevenzione. La Corte ribadisce che per tale reato rileva lo scopo elusivo, non la provenienza illecita o la confiscabilità dei beni. Il secondo, un contabile, è condannato per riciclaggio. I ricorsi sono stati ritenuti generici e le condanne confermate.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trasferimento Fraudolento di Valori: la Cassazione sul Dolo Specifico

Il reato di trasferimento fraudolento di valori, previsto dall’art. 512-bis del codice penale, rappresenta uno strumento cruciale nel contrasto alle attività di occultamento di patrimoni illeciti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sugli elementi costitutivi di questa fattispecie, in particolare sul dolo specifico e sulla irrilevanza della provenienza dei beni. Analizziamo la decisione per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: L’Intestazione Fittizia di Quote Societarie

La vicenda giudiziaria riguarda due imputati. La prima, moglie di un soggetto coinvolto in indagini per reati gravi, era stata condannata per aver accettato di diventare titolare fittizia delle quote di una società di famiglia. Secondo l’accusa, tale operazione era finalizzata a schermare la reale proprietà dei beni, riconducibile al coniuge, e a sottrarli così a possibili misure di prevenzione patrimoniale come sequestro e confisca.

Il secondo imputato, contabile di fiducia del gruppo familiare, era stato condannato per riciclaggio per aver compiuto una serie di operazioni bancarie complesse, volte a ostacolare la tracciabilità di somme di denaro.

Entrambi gli imputati avevano presentato ricorso in Cassazione, contestando le decisioni dei giudici di merito.

I Motivi del Ricorso

La difesa della prima imputata sosteneva che non fosse stata raggiunta la prova del cosiddetto “dolo specifico”, ovvero l’intenzione precisa di eludere le misure di prevenzione. In particolare, si lamentava che i giudici non avessero accertato né la provenienza illecita dei beni oggetto del trasferimento, né la loro concreta confiscabilità, elementi ritenuti necessari per poter temere l’applicazione di una misura patrimoniale. Si contestava, inoltre, il ruolo della donna, affermando che la sua consapevolezza non implicasse necessariamente la condivisione del fine elusivo.

Il difensore del secondo imputato, invece, riteneva illogica e contraddittoria la motivazione della sentenza d’appello riguardo al suo coinvolgimento e alla sua consapevolezza della natura illecita delle operazioni.

Le Motivazioni della Cassazione sul Trasferimento Fraudolento

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi, fornendo una motivazione dettagliata e in linea con il suo orientamento prevalente. Per quanto riguarda il trasferimento fraudolento di valori, i giudici hanno ribadito alcuni principi fondamentali.

In primo luogo, il delitto in questione è un reato di pericolo astratto. Ciò significa che la legge punisce la condotta per la sua potenziale pericolosità, a prescindere dal fatto che l’obiettivo di eludere le misure di prevenzione venga effettivamente raggiunto. L’elemento centrale è lo “scopo elusivo” che anima l’agente.

In secondo luogo, la Corte ha chiarito che, per integrare il dolo specifico, non è necessario dimostrare la provenienza illecita dei beni o la loro effettiva sproporzione rispetto ai redditi dichiarati. Questi ultimi sono requisiti per l’applicazione della confisca, non per la configurabilità del reato. È sufficiente che l’agente agisca con il “fondato timore” che tali misure possano essere applicate, sulla base delle circostanze a lui note in quel momento (valutazione ex ante). Nel caso di specie, le indagini a carico del marito e i suoi legami con ambienti criminali erano elementi più che sufficienti a generare tale timore.

Il Concorso del Prestanome

Un punto cruciale della sentenza riguarda il concorso nel reato da parte di chi, come la moglie nel caso esaminato, agisce da prestanome. La Corte ha specificato che risponde a titolo di concorso anche chi non è animato in prima persona dal dolo specifico, a condizione che sia consapevole del fine elusivo perseguito dall’autore principale. La stretta relazione familiare e la piena conoscenza del sistema di intestazioni fittizie sono state considerate prove sufficienti a dimostrare tale consapevolezza, rendendo irrilevante che il beneficio diretto andasse al coniuge.

Le Conclusioni della Suprema Corte

La decisione della Cassazione conferma un’interpretazione rigorosa dell’art. 512-bis c.p. Dichiarando inammissibili i ricorsi, la Corte ha rafforzato il principio secondo cui l’attenzione del giudice deve concentrarsi sull’intento fraudolento di chi occulta i beni, piuttosto che sulla natura intrinseca dei beni stessi. Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche: semplifica l’onere probatorio per l’accusa e invia un chiaro messaggio a chi si presta a fare da prestanome, anche all’interno del nucleo familiare. La sola consapevolezza dell’altrui scopo illecito è sufficiente per essere considerati concorrenti nel reato di trasferimento fraudolento di valori.

Per configurare il reato di trasferimento fraudolento di valori è necessario che i beni siano di provenienza illecita o che siano concretamente confiscabili?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini dell’integrazione del reato previsto dall’art. 512-bis c.p., è irrilevante la provenienza illecita dei beni o la loro effettiva confiscabilità. Ciò che conta è lo “scopo elusivo”, ovvero l’intenzione di sottrarre i beni a eventuali misure di prevenzione patrimoniale.

Cosa significa che lo “scopo elusivo” può essere integrato anche solo dal “fondato timore” di una misura di prevenzione?
Significa che non è necessario che un procedimento di prevenzione sia già in corso o che vi sia la certezza del suo esito. È sufficiente che, al momento del trasferimento, l’agente abbia una ragione concreta e fondata per temere l’applicazione di tali misure, basandosi sulle circostanze a lui note (es. indagini in corso, legami con ambienti criminali).

Una persona che agisce come prestanome, senza avere il diretto interesse a eludere le misure di prevenzione, può essere condannata per concorso nel reato?
Sì. La sentenza afferma che risponde a titolo di concorso anche chi non è animato direttamente dal dolo specifico di elusione, a condizione che sia consapevole dell’intento elusivo del soggetto interponente (colui che trasferisce fittiziamente il bene). Nel caso di specie, la stretta relazione familiare e la conoscenza della situazione del coniuge sono state ritenute sufficienti a dimostrare tale consapevolezza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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