Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34475 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34475 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
NOME n. a Catanzaro il DATA_NASCITA
NOME n. a Catanzaro l’DATA_NASCITA
avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro in data 14/1/2025
visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione del AVV_NOTAIO;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; udito il difensore di COGNOME, AVV_NOTAIO, quale sostituto processuale degli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, che ha illustrato i motivi chiedendone l’accoglimento.
Con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Catanzaro ha parzialmente riformato la decisione del COGNOME dell’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro in data 21/2/2022 e, concesse ad entrambi gli imputati le circostanze attenuanti generiche, assorbita la condotta contestata a COGNOME NOME al capo 8 in quella ascritta sub 7, ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME NOME per il delitto ex art. 512bis cod. pen. in anni uno di reclusione e quella inflitta al COGNOME per il delitto di riciclaggio in anni uno, mesi dieci di reclusione ed euro 2.400,00 di multa.
Hanno proposto ricorso per cassazione i difensori degli imputati, i quali hanno dedotto i motivi di seguito sunteggiati nei termini strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173, disp. att. cod. proc. pen.
Gli AVV_NOTAIO ed NOME COGNOME nell’interesse di NOME hanno dedotto:
3.1. Erronea applicazione degli artt. 110, 512bis cod. pen. e difetto di motivazione per avere la Corte territoriale affermato l’esistenza in capo alla ricorrente del dolo specifico previsto dalla norma incriminatrice, omettendo qualsiasi indagine e valutazione circa la capacità elusiva dell’intestazione fittizia in favore della COGNOME e in ordine alla provenienza illecita di beni e valori oggetto della condotta, che costituiscono il presupposto essenziale per poter fondatamente temere l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale, nonché per aver omesso di confrontarsi con le questioni difensive dedotte negli atti di gravame circa la sussistenza del reato sotto il profilo materiale e soggettivo.
I difensori assumono di aver specificamente devoluto ai giudici d’appello il profilo relativo alla sussistenza degli estremi costitutivi del delitto contestato con particolare riguardo alla capacità elusiva dell’operazione d’interposizione, all’individuazione della provenienza lecita o meno dei beni e valori che hanno costituito oggetto della schermatura di RAGIONE_SOCIALE nonché alla loro eventuale sproporzione rispetto ai redditi dichiarati dai coimputati COGNOME negli anni. Aggiungono che, sebbene la provenienza illecita di beni e valori non costituisca un elemento essenziale per la configurabilità del reato ex art. 512bis cod. pen., rappresenta tuttavia un presupposto indefettibile perché si possa ipotizzare in capo alla ricorrente il timore dell’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale. Nella stessa prospettiva assume rilievo il requisito della sproporzione rispetto ai redditi lecitamente prodotti, sicché, ai fini della prova della capacità elusiva della condotta di interposizione, devono essere rintracciabili nel caso concreto i presupposti del sequestro e della confisca di prevenzione. Detti profili sono rimasti
inesplorati in entrambi i gradi di merito, essendosi la Corte territoriale limitata ad esaminare la questione relativa alla presunzione d’interposizione prevista dall’art. 12 D.Lgs. n. 159/2011 senza confrontarsi con le ulteriori deduzioni difensive.
I difensori rilevano, inoltre, che, in ordine alla necessità o meno che i beni oggetto dell’intestazione fittizia siano suscettibili di essere sottoposti a confisca di prevenzione ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 512bis cod. pen., la giurisprudenza registra orientamenti diversi, opponendosi alla tesi della necessaria confiscabilità del bene quella che pone l’accento ai fini dell’antigiuridicità della fattispecie sullo scopo elusivo, a dimostrazione della rilevanza della questione sollevata dinanzi ai giudici di merito e non espressamente valutata, della quale sollecitano la rimessione alle Sezioni Unite.
3.2. Erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione, anche sotto il profilo del travisamento del fatto, per avere la Corte territoriale affermato la sussistenza del dolo specifico in capo alla ricorrente su base congetturale, valorizzando dati indiziari inidonei a sostenere l’elemento soggettivo, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità e senza adeguata valutazione delle deduzioni difensive con riguardo al concorso nel reato.
I difensori sostengono che i dati indiziari da cui la Corte d’appello ha desunto il dolo specifico della NOME possono essere ritenuti dimostrativi della consapevolezza delle interposizioni, irrilevanti sotto il profilo penale, ma non appaiono dotati di quella gravità, precisione e concordanza necessaria a corroborare la tesi della finalità elusiva della ricorrente alla data del 30/05/2019, allorché avvenne l’operazione d’intestazione fittizia contestata. Appaiono, infatti, illogici i richiami agli stretti legami familiari della NOME con gli interponenti e all’assenza di ragioni alternative, trattandosi di argomenti inconferenti rispetto alla piattaforma probatoria che valorizzano incongruamente il rapporto di coniugio con COGNOME NOME ovvero tendono ad un’inversione dell’onere probatorio sebbene il giudizio circa il fine elusivo debba essere effettuato con valutazione ex ante e su base parziale, alla luce delle circostanze conosciute o conoscibili da un agente medio nella situazione spazio-temporale data.
I giudici d’appello hanno del tutto trascurato la circostanza che, al momento dell’acquisto delle quote da parte della NOME, era già intervenuto l’annullamento dell’interdittiva antimafia con conseguenti ricadute sulla tenuta logica della motivazione.
AVV_NOTAIO nell’interesse di NOME ha dedotto:
4.1. Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla configurabilità dei reati di riciclaggio ed autoriciclaggio e al relativo elemento soggettivo.
Il difensore sostiene che la Corte territoriale ha confermato la penale responsabilità del COGNOME per il delitto di riciclaggio sulla base di una motivazione illogica e contraddittoria senza dare conto della concreta idoneità della condotta ad ostacolare gli accertamenti sulla provenienza delittuosa del danaro e trascurando che il ricorrente, quale dipendente addetto alla gestione della contabilità, si è limitato ad effettuare operazioni bancarie tracciabili sulla base delle direttive di NOME e NOME COGNOME. Aggiunge che la sentenza impugnata ha ritenuto la sussistenza del dolo sulla base di elementi insufficienti e illogici sostenendo che il COGNOME era a conoscenza del sistema delle intestazioni fittizie senza indicare elementi a sostegno di detta affermazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo del ricorso COGNOME è manifestamente infondato. La ricorrente lamenta con riguardo alla pacifica intestazione fittizia delle quote di RAGIONE_SOCIALE il mancato scrutinio, ai fini della prova della capacità elusiva della condotta, della provenienza illecita di beni e valori in discorso. Si tratta di questioni già sollevate in relazione alla posizione dell’interponente NOME COGNOME, coniuge della ricorrente, e disattese dalla Corte di Legittimità con la sentenza n. 12694/2024 che ha dichiarato inammissibile il ricorso.
1.1. La giurisprudenza di legittimità, con orientamento del tutto prevalente, ha in più occasioni affermato il principio che il delitto di trasferimento fraudolento di valori ex art. 512bis cod. pen. deve ritenersi integrato anche in presenza di condotte aventi ad oggetto beni non provenienti da delitto, in accordo con la ” ratio ” dell’incriminazione che persegue unicamente l’obiettivo di evitare manovre dei soggetti potenzialmente assoggettabili a misure di prevenzione, dirette a non far figurare la loro disponibilità di beni o altre utilità, a prescindere dalla provenienza di questi (Sez. 2, n. 28300 del 16/04/2019, COGNOME, Rv. 276216 – 01; Sez. 2, n. 29455 del 13/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 276669 – 01; Sez. 2, n. 13448 del 16/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266438 – 01; Sez. 5, n. 39837 del 02/07/2013, COGNOME, Rv. 257364 – 01). Ha, altresì, precisato che, ai fini della integrazione del delitto di trasferimento fraudolento di valori previsto dall’art. 12quinquies D.L. 8 giugno 1992, n. 306, conv. in l. 7 agosto 1992, n. 356 (ora 512bis cod. pen.), non rileva il requisito della sproporzione tra beni e reddito o capacità economica dell’imputato, che, invece, attiene alla possibilità di disporre la confisca ai sensi dell’art. 12sexies della suddetta legge dei beni in questione (Sez. 2, n. 11692 del 08/03/2016, COGNOME, Rv. 266193 -01; Sez. 5, n. 5590 del 25/10/2013, dep. 2014, Curto, Rv. 258877 – 01).
Quanto al dolo specifico, la medesima giurisprudenza di legittimità ritiene che, ai fini della ricorrenza del delitto di trasferimento fraudolento di valori, lo “scopo elusivo” che connota il dolo specifico prescinde dalla concreta possibilità dell’adozione di misure di prevenzione patrimoniali all’esito del relativo procedimento, è integrato anche soltanto dal fondato timore dell’inizio di esso, a prescindere da quello che potrebbe esserne l’esito (tra molte, Sez. 2, n. 2483 del 21/10/2014, dep. 2015, Lapelosa, Rv. 261980 – 01; Sez. 5, n. 1886 del 07/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282645 – 01) e non è escluso dall’esistenza di finalità concorrenti, non necessariamente ed esclusivamente collegate alla necessità di “liberarsi” dei beni in vista di una loro possibile ablazione (in fattispecie analoga a quella a giudizio, v. Sez. 2, n. 46704 del 09/10/2019, Fotia, Rv. 277598 – 01).
Non si registrano voci dissenzienti rispetto all’inquadramento della fattispecie tra i reati di pericolo astratto, per la cui integrazione si richiede che l’agente, sottoposto o sottoponibile a una misura di prevenzione, compia un qualsiasi negozio giuridico al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, sicché la valutazione attinente al pericolo di elusione della misura deve essere compiuta ” ex ante “, su base parziale, ovvero alla stregua delle circostanze che, al momento della condotta, erano conosciute o conoscibili da un uomo medio in quella determinata situazione spazio-temporale (Sez. 2, n. 7317 del 18/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284386 – 01; Sez. 2, n. 12871 del 09/03/2016, COGNOME, Rv. 266661 – 01).
1.2. Il Collegio è consapevole dell’esistenza di un orientamento minoritario che, contrapponendosi alla soluzione che individua il momento selettivo dell’antigiuridicità della condotta nella finalità elusiva dell’atto, pone, invece, l’accento sulla confiscabilità del bene e sulla capacità elusiva dell’operazione (Sez. 3, n. 23097 del 08/05/2019, COGNOME, Rv. 276199 – 01; Sez. 1, n. 42530 del 13/06/2018, C., Rv. 274024 – 01). Quest’ultima pronuncia, ripresa senza approfondimenti ulteriori dalla sentenza ‘ COGNOME ‘, sostiene che ‘la configurabilità del delitto di fittizia intestazione di beni postula che l’operazione negoziale attenga a soggetti ed a beni suscettibili di confisca a titolo di misura di prevenzione patrimoniale: in assenza di tale presupposto oggettivo difetta l’elusione delle disposizioni normative e la finalità perseguita resta sul piano dell’irrilevanza; in altre parole, l’art. 12quinquies cit. deve essere interpretato nel senso che la fittizia intestazione deve essere oggettivamente idonea ad eludere la normativa in materia di prevenzione e deve essere, inoltre, sorretta dal dolo specifico descritto dalla fattispecie (Sez. 1, n. 29526 del 27/06/2013, COGNOME, Rv. 256112 – 01; Sez. 1, n. 28458 del 26/03/2013, COGNOME, Rv. 256782 – 01; Sez. 5, n. 18852 del 12/02/2013, COGNOME, Rv. 256242 – 01; Sez. 1, n. 4703 del
09/11/2012, COGNOME, Rv. 254528 – 01; Sez. 1, n. 17064 del 02/04/2012, COGNOME, Rv. 253340 – 01); la disamina giudiziale, di conseguenza, non può arrestarsi alla mera constatazione dell’avvenuta interposizione, ma deve estendersi all’apprezzamento di ulteriori elementi di fatto, indicativi della capacità elusiva dell’operazione patrimoniale’.
Detta opzione echeggia la preoccupazione dottrinaria secondo cui, fermo il riconoscimento di una funzione efficacemente selettiva al dolo di elusione, l’attribuzione all’elemento finalistico della condotta di una consistenza squisitamente soggettiva rischierebbe di delimitare l’ambito di applicazione della fattispecie in funzione del fine soggettivamente perseguito dall’agente, svalutando la specifica attitudine offensiva della condotta, rischio evitabile attribuendo alla finalità elusiva una consistenza obiettiva, di talché, per l’integrazione del delitto, sarebbe necessaria la prova della idoneità della condotta a eludere le disposizioni menzionate dalla norma incriminatrice.
1.3. La giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente ribadito la diversità dei presupposti fondanti l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale rispetto a quelli integranti il reato in esame, sottolineando che i due procedimenti possono procedere parallelamente, stante la loro autonomia, che le presunzioni previste in materia di prevenzione non escludono la configurabilità del reato per i beni fittiziamente intestati ai prossimi congiunti, in quanto l’art. 512bis cod. pen. punisce la fittizia intestazione, comunque commessa, di un bene ad un qualsiasi soggetto terzo, al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali, con la conseguenza che l’applicazione dell’una non esclude l’applicazione dell’altra (Sez. 2, n. 13915 del 09/12/2015, dep. 2016, Scriva, Rv. 266386 – 01; Sez. 2, n. 5595 del 27/10/2011, dep. 2012, Cuscinà, Rv. 252696 01), chiarendo altresì che non è richiesta la verifica della concreta capacità elusiva dell’operazione patrimoniale accertata, in quanto elemento estraneo alla fattispecie (Sez. 6, n. 22568 del 11/04/2017, COGNOME, Rv. 270035 – 01; Sez. 5, n. 30278 del 06/04/2016, COGNOME, Rv. 268200 – 01; Sez. 6, n. 37375 del 06/05/2014, COGNOME, Rv. 261656 – 01).
1.3.1. Lo scrutinio invocato dalla difesa della specifica e concreta confiscabilità della società, le cui quote totalitarie sono state oggetto di intestazione fittizia alla ricorrente da parte del coniuge, irrevocabilmente giudicato e condannato quale soggetto interponente, sotto il profilo della illiceità dei capitali investiti e della sproporzione rispetto ai redditi leciti prodotti, attrae nell’area della condotta materiale costitutiva del reato un elemento estraneo al paradigma legale, colorando il dolo di una proiezione offensiva in contrasto con la configurazione legislativa, stante la pacifica natura di pericolo della fattispecie.
1.3.2. A tanto devesi aggiungere che il segnalato contrasto giurisprudenziale, alla luce della specifica casistica relativa alle pronunce dissonanti rispetto all’orientamento maggioritario, appare sotteso più che da divergenze sistematiche dalla preoccupazione di definire uno standard probatorio adeguato riguardo al dolo specifico, avendo la più recente giurisprudenza chiarito che la verifica della capacità elusiva dell’operazione patrimoniale, alla luce di elementi di fatto ulteriori rispetto all’atto del trasferimento, è funzionale a consentire la ricostruzione dell’elemento soggettivo della fattispecie (Sez. 1, n. 39846 del 23/05/2023, Salerno, Rv. 285368 – 02).
Il secondo motivo è generico e, comunque, manifestamente infondato. La Corte territoriale alle pagg. 19 e segg. ha fornito esauriente risposta alle doglianze difensive in punto di concorso della prevenuta nell’illecito con particolare riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo. I giudici d’appello hanno chiarito, all’uopo richiamando anche le statuizioni irrevocabili a carico dell’interponente NOME COGNOME, che le intestazioni fittizie della RAGIONE_SOCIALE, ininterrottamente succedutesi dal 2007 e generate dalle coeve indagini a carico dei COGNOME per il delitto ex art. 416bis cod. pen. in ragione dei legami con la cosca RAGIONE_SOCIALE, erano giustificate non solo dall’intento di eludere il mancato rinnovo delle certificazioni antimafia e successivamente le interdittive che avevano colpito due società del gruppo, ma anche dal chiaro intento di sottrarsi all’applicazione di possibili misure di prevenzione, come emerge dalla conversazione intercettata in data 22 dicembre 2018.
2.1. Destituiti di pregio s’appalesano i rilievi in ordine alla mancata considerazione dell’intervenuto annullamento dell’interdittiva antimafia in epoca precedente l’acquisizione delle quote societarie da parte della RAGIONE_SOCIALE alla luce della motivazione rassegnata alle pagg. 20 e 21, tenuto, altresì, conto che l’ostacolo costituito dalle interdittive era solo uno degli elementi fondanti il dolo elusivo, rimanendo integre e non confutate le emergenze di contesto ampiamente ricostruite dal primo giudice (pagg. 8-11), dalle quali emerge che le intestazioni fittizie della compagine si inserivano in un arco temporale in cui i COGNOME, unitamente alle imprese del gruppo, erano oggetto di indagini anche patrimoniali perché ritenuti organici o almeno collusi con associazioni mafiose operanti sul territorio.
2.2. I giudici di merito non hanno, peraltro, mancato di rilevare con argomento logicamente ineccepibile che l’emissione delle misure interdittive costituisce un indice premonitore per il destinatario circa il pericolo concreto di adozione di misure di prevenzione patrimoniali. I giudici d’appello hanno, dunque, fatto corretta applicazione del principio secondo cui, in tema di trasferimento
fraudolento di valori, risponde a titolo di concorso anche colui che non è animato dal dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione o di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli artt. 648, 648bis e 648ter cod. pen., a condizione che almeno uno dei concorrenti agisca con tale intenzione e che della medesima il primo sia consapevole (Sez. 2, n. 27123 del 03/05/2023, COGNOME, Rv. 284796 – 01; in senso conforme, Sez. 2, n. 38044 del 14/07/2021, COGNOME, Rv. 282202 – 01; n. 16997 del 28/03/2024, Severini, Rv. 286355 – 01; Sez. 6, n. 19108 del 15/02/2024, COGNOME, Rv. 286662 – 01), valorizzando indici pregnanti a carico della ricorrente, tratti dai rapporti familiari e dalla sicura conoscenza del diffuso sistema delle intestazioni fittizie, dal quale traeva beneficio, per affermare la consapevolezza del fine elusivo del coniuge e dei congiunti.
Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME è inammissibile per genericità in quanto privo di correlazione critica con l’ampia motivazione rassegnata dai giudici d’appello a confutazione del gravame in ordine alla sussistenza del delitto di riciclaggio e alla responsabilità del ricorrente. La vicenda è stata esaustivamente ricostruita dal primo giudice alle pagg. 26 e segg. e concerne il pagamento al RAGIONE_SOCIALE, riferibile ai COGNOME ma fittiziamente intestato a terzi, di una commessa da parte della società RAGIONE_SOCIALE per l’importo di euro 62.293,00, somma che, per mezzo dell’attività del contabile COGNOME, veniva dapprima prelevata mediante assegni circolari conferiti su diverso conto del RAGIONE_SOCIALE, quindi bonificata alla RAGIONE_SOCIALE che la ripartiva tra varie società del gruppo.
3.1. Il giudice dell’udienza preliminare, adesivamente richiamato dalla Corte di merito (pag. 34), ha ampiamente argomentato la ravvisabilità nella specie degli estremi costitutivi del delitto contestato, con specifico riguardo all’efficacia dissimulatoria delle condotte, e l’irrilevanza della dedotta tracciabilità delle operazioni, con pertinenti richiami alla costante giurisprudenza di questa Corte.
3.2. Analogamente i giudici territoriali hanno dato ampio conto della sussistenza dell’elemento soggettivo, evidenziando le conversazioni tra il COGNOME e il coimputato COGNOME nelle quali il primo segnalava all’interlocutore la necessità di tenere riservate le operazioni bancarie in contestazione, sottolineando, altresì, il ruolo di contabile di fiducia dei COGNOME del ricorrente che, sebbene assunto alle dipendenze della RAGIONE_SOCIALE, operava nell’interesse di tutte le società del gruppo, era dotato di ampi margini di autonomia in quanto abilitato ad intervenire sui conti di tutte le compagini, ed era pienamente a conoscenza del sistema delle intestazioni fittizie.
Il difensore non si rapporta in termini puntuali alla motivazione reiettiva della Corte di merito, sollecitando una rivalutazione del compendio probatorio preclusa in questa sede a fronte di un apparato giustificativo privo di frizioni logiche.
Alla luce delle considerazioni che precedono i ricorsi debbono essere dichiarati inammissibili con conseguenti statuizioni ex art. 616 cod. proc. pen., come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende. Così deciso in Roma il 7 Ottobre 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME