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Trasferimento fraudolento di valori: non basta la gestione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10925/2024, annulla un’ordinanza di sequestro preventivo per il reato di trasferimento fraudolento di valori. Il caso riguardava una società il cui titolare formale era ritenuto un prestanome. La Corte ha stabilito che, per configurare il reato, non è sufficiente dimostrare la gestione di fatto dell’azienda da parte di terzi, ma è indispensabile provare, anche in via indiziaria, la provenienza delle risorse economiche impiegate per la sua costituzione o acquisto, nonché la finalità di eludere le misure di prevenzione.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trasferimento Fraudolento di Valori: Perché la Gestione di Fatto Non Basta a Provare il Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10925/2024) ha riaffermato un principio cruciale in materia di trasferimento fraudolento di valori, il reato previsto dall’art. 512 bis del codice penale. La Corte ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo, chiarendo che per dimostrare la fittizia intestazione di beni non è sufficiente provare che un soggetto gestisca di fatto un’azienda, ma è necessario un accertamento più approfondito sulla provenienza delle risorse finanziarie. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Un Sequestro Preventivo in Ambito Internazionale

Il caso trae origine da un’indagine su un presunto gruppo imprenditoriale facente capo a due soggetti, sospettati di essere i soci occulti di numerose attività commerciali, tra cui una società di diritto portoghese. Quest’ultima, formalmente di proprietà e amministrata da un’altra persona, era stata sottoposta a sequestro preventivo del capitale sociale e del patrimonio aziendale.

Secondo l’accusa, la titolarità formale della società era fittizia e serviva a eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniale nei confronti dei due presunti soci occulti, i quali, di fatto, ne gestivano integralmente l’attività, prendendo decisioni su assunzioni, acquisizioni e strategie commerciali.

Il Ricorso in Cassazione e i Limiti della Prova nel Trasferimento Fraudolento di Valori

Il titolare formale della società ha impugnato l’ordinanza del Tribunale del riesame, che aveva confermato il sequestro. La difesa ha sostenuto che la decisione fosse viziata da una motivazione carente e meramente apparente. In particolare, si contestava che il Tribunale avesse fondato la propria decisione quasi esclusivamente sulla gestione di fatto dell’azienda da parte dei terzi, senza approfondire l’elemento cruciale del reato: la provenienza delle risorse economiche impiegate per costituire la società.

La difesa ha inoltre presentato una serie di argomentazioni, ignorate dal giudice del riesame, come le risultanze di una consulenza tecnica che attestava gli apporti finanziari per la costituzione della società, il ricorso all’autofinanziamento e al credito bancario per l’avvio dell’attività.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza e rinviando il caso per un nuovo giudizio. Il ragionamento dei giudici di legittimità è stato netto e in linea con la giurisprudenza consolidata. Per integrare il delitto di trasferimento fraudolento di valori, non basta accertare la mera disponibilità o la gestione di fatto di un bene da parte di chi non ne risulta formalmente titolare.

È invece indispensabile compiere un passo ulteriore: verificare la provenienza delle risorse economiche impiegate per l’acquisto o la costituzione dell’attività. L’accusa deve dimostrare, anche tramite indizi, che i capitali provengono dal soggetto che intende eludere le misure di prevenzione. La sola ingerenza nella gestione, sebbene significativa, non è di per sé prova della titolarità sostanziale delle quote societarie.

La Corte ha qualificato la motivazione dell’ordinanza impugnata come “meramente apparente”, poiché non si è confrontata con le specifiche argomentazioni difensive e si è limitata a valorizzare elementi (la gestione di fatto) di per sé non sufficienti a suffragare il fumus commissi delicti del reato contestato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante monito per l’autorità giudiziaria nell’applicazione di misure cautelari reali. Viene ribadito che il sequestro preventivo, per quanto basato su un giudizio di probabilità, deve fondarsi su elementi solidi e su una motivazione completa, che dia conto di tutti gli aspetti della vicenda, inclusi quelli sollevati dalla difesa. Nel contesto del trasferimento fraudolento di valori, il focus dell’indagine non può limitarsi a “chi comanda”, ma deve necessariamente estendersi a “chi ha finanziato”, tracciando l’origine dei flussi finanziari che hanno dato vita all’impresa. Questo approccio garantisce un giusto equilibrio tra le esigenze di prevenzione e la tutela dei diritti patrimoniali.

Per configurare il reato di trasferimento fraudolento di valori è sufficiente dimostrare che una persona gestisce di fatto un’azienda non sua?
No. Secondo la sentenza, la mera gestione di fatto non è sufficiente. È necessario un accertamento sulla provenienza delle risorse economiche usate per l’acquisto o la costituzione della società e la finalità di eludere l’applicazione di misure di prevenzione.

Quale prova deve fornire l’accusa per giustificare un sequestro per trasferimento fraudolento di valori?
L’accusa deve fornire la prova, anche indiziaria, che le risorse economiche impiegate per l’acquisto o la costituzione dell’attività provengano dal soggetto che intende eludere le misure di prevenzione, essendo insufficiente l’accertamento della mera disponibilità del bene da parte di chi non ne risulta formalmente titolare.

Cosa si intende per “motivazione apparente” in un’ordinanza di riesame?
Si intende una motivazione che, pur esistendo formalmente, è priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, tanto da non rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice. Nel caso specifico, il giudice ha omesso di confrontarsi con argomentazioni difensive decisive, rendendo il suo provvedimento annullabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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