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Trasferimento fraudolento di valori: la sentenza

La Corte di Cassazione conferma un sequestro preventivo per trasferimento fraudolento di valori. La sentenza chiarisce che il reato si configura anche prima dell’avvio formale di misure di prevenzione, essendo sufficiente la fondata previsione che queste possano essere applicate. Nel caso specifico, un padre, sospettato di gravi reati, aveva intestato fittiziamente una società al figlio per sottrarla a future confische. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del figlio, consolidando un importante principio nella lotta ai patrimoni di origine illecita.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trasferimento fraudolento di valori: quando il reato si configura anche solo per il rischio di una misura di prevenzione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di trasferimento fraudolento di valori, il reato previsto dall’articolo 512-bis del codice penale. La Corte ha confermato che, per configurare questo delitto, non è necessario che una misura di prevenzione patrimoniale sia già stata applicata o che il relativo procedimento sia già iniziato. È sufficiente che l’agente agisca con lo scopo di eludere future misure, potendo fondatamente presumerne l’avvio. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Roma, avente ad oggetto le quote e i beni di una società. Il sequestro era stato disposto in relazione al reato di trasferimento fraudolento di valori. Secondo l’accusa, il padre del ricorrente, detenuto per estorsione aggravata dal metodo mafioso, era il reale dominus della società.

L’azienda era stata inizialmente costituita da una persona di fiducia del padre e successivamente trasferita al figlio. Diversi elementi indicavano l’intestazione fittizia:

* La sede della società era presso l’abitazione del padre.
* Il padre, nonostante la detenzione, gestiva gli affari e manteneva i contatti con i dipendenti dal carcere.
* I redditi dichiarati dal figlio e dalla precedente intestataria erano del tutto incompatibili con la costituzione e l’acquisto di una società.

Il figlio, ricorrendo in Cassazione, sosteneva che il padre avesse agito solo per garantirgli un futuro e che mancasse la prova della volontà di eludere le misure di prevenzione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il trasferimento fraudolento di valori

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di misure cautelari reali, come il sequestro preventivo, è consentito solo per violazione di legge. Non è possibile, in quella sede, chiedere una nuova e diversa valutazione dei fatti.

Il ricorrente, secondo la Corte, aveva tentato proprio questo: proporre una ricostruzione alternativa dei fatti, contestando la valutazione delle prove operata dal Tribunale del riesame. Questo tipo di doglianza è inammissibile in Cassazione.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale del riesame logica e corretta. Il punto centrale della sentenza risiede nella corretta interpretazione dei requisiti del trasferimento fraudolento di valori.

I Giudici hanno evidenziato che il dolo specifico del reato consiste nella volontà di sottrarre i beni all’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale. Questo fine può sussistere anche quando il procedimento di prevenzione non è ancora stato formalmente avviato. È sufficiente che l’interessato possa fondatamente presumere l’avvio di tale procedimento. Nel caso specifico, il fatto che il padre avesse ripreso a delinquere e fosse entrato in contatto con clan criminali rendeva più che fondata la presunzione di future misure a suo carico.

La difesa aveva argomentato che il padre voleva solo assicurare un futuro al figlio o che la società fosse realmente operativa, ma la Corte ha ritenuto tali argomenti irrilevanti di fronte alla chiara finalità elusiva dell’operazione. Inoltre, è stata confermata la sussistenza del periculum in mora, ovvero il rischio concreto che i beni potessero essere ulteriormente dispersi, sulla base dell’attività di distrazione patrimoniale già in corso da parte del ricorrente e dei suoi familiari.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale nella lotta alla criminalità economica. Stabilisce che l’ordinamento giuridico interviene preventivamente per colpire i tentativi di occultamento dei patrimoni illeciti, senza dover attendere l’avvio formale dei procedimenti di prevenzione. L’elemento soggettivo del reato, ovvero l’intenzione di eludere la legge, può essere desunto dalle circostanze e dalla storia criminale del soggetto. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, emerge un chiaro messaggio: l’intestazione fittizia di beni per sottrarli alla giustizia è un reato grave, che può essere perseguito e sanzionato anche in via anticipata, sulla base della semplice e ragionevole previsione di future misure ablative.

Quando si configura il reato di trasferimento fraudolento di valori?
Il reato si configura quando un soggetto attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità di beni con lo scopo specifico di eludere le norme in materia di misure di prevenzione patrimoniale. La sentenza chiarisce che ciò può avvenire anche prima che il procedimento di prevenzione sia formalmente iniziato, essendo sufficiente che l’interessato possa fondatamente presumere il suo futuro avvio.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove in un ricorso contro un sequestro?
No, il ricorso per cassazione contro misure cautelari reali è limitato alla sola violazione di legge. Non è ammesso per contestare la valutazione dei fatti o delle prove compiuta dai giudici di merito, a meno che la motivazione del provvedimento non sia totalmente assente, illogica o contraddittoria al punto da renderla incomprensibile.

Cosa significa che il padre era il ‘reale dominus’ della società?
Significa che, nonostante la società fosse formalmente intestata al figlio, era il padre a esercitare il controllo e il potere effettivo. Egli prendeva le decisioni, gestiva gli affari e manteneva i contatti con i dipendenti, anche dal carcere, dimostrando di essere il vero proprietario e gestore dell’attività economica, mentre il figlio era solo un prestanome.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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