Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2345 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2345 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME
NOMENOME9> nato a LOCRI il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 29/05/2023 del TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 13 marzo 2023 il G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria disponeva il sequestro preventivo delle quote della società italiana RAGIONE_SOCIALE e di quella di diritto portoghese Vanilladevotion nonché degli immobili e terreni siti nel Comune di Ardore, di proprietà della prima, in ragione della ritenuta sussistenza del fumus dei reati di cui agli artt. 110 e 512-bis cod. pen. (capi 2 e 8 dell’imputazione provvisoria) e 648-ter.1 cod. pen. (capo 3), in quanto
NOME COGNOME – secondo la tesi d’accusa – era intestatario fittizio, insieme ad altri, delle suddette società, la cui effettiva titolarità sarebbe stata di NOME COGNOME e NOME COGNOME, finanziatori dell’iniziativa imprenditoriale, i quali avrebbero rivestito la qualità di soci occulti della RAGIONE_SOCIALE, che gestiva un ristorante a Roma, nonché di nove società portoghesi, cui erano affidate le quote e la conduzione di numerosi ristoranti ubicati in Portogallo.
Inoltre, NOME COGNOME, unitamente agli interponenti, avrebbe impiegato e trasferito nella società RAGIONE_SOCIALE, in modo da ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa, il denaro frutto della consumazione del delitto ex art. 512-bis cod. pen. di cui al capo 2) e di quello previsto dall’art. 4 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 in relazione alla omessa dichiarazione di elementi attivi nell’anno 2018 con conseguente evasione di imposte.
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Reggio Calabria, in sede di riesame di provvedimenti impositivi di misure cautelari reali, annullava il provvedimento impugnato in relazione al reato di cui al capo 2), in quanto già estinto per prescrizione, e confermava nel resto, disponendo la restituzione al ricorrente delle quote sociali e del compendio aziendale della società RAGIONE_SOCIALE, ad eccezione dei beni immobili di cui al capo 3).
Ha proposto ricorso l’indagato, a mezzo dei propri difensori, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza in ragione dei seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti quanto al concorso nel reato di autoriciclaggio, per avere il Tribunale individuato quale delitto presupposto quello previsto dall’art. 512-bis cod. pen. di cui al capo 2), per il quale è stata dichiarata l’insussistenza del fumus, essendo estinto per prescrizione, in assenza di una “qualsivoglia valutazione sui gravi indizi attestanti l’esistenza dello stesso che, benché prescritto, doveva essere valutato nei suoi elementi costitutivi, la cui esistenza o meno diviene essenziale requisito per la contestazione della diversa, conseguente, fattispecie imputativa”.
2.2. Violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti quanto ai reati ex artt. 512-bis cod. pen. e 4 del decreto legislativo n. 74 del 2000.
2.2.1. Violazione di legge e omessa motivazione con riferimento alla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato previsto dall’art. 512-bis cod. pen.: il Tribunale ha erroneamente confuso gli elementi di un interesse gestorio di NOME COGNOME e NOME COGNOME, privi di rilevanza penale, con quelli della diversa condotta fraudolenta sanzionata dall’art. 512-bis cod. pen.
L’ordinanza non ha risposto alla deduzione difensiva circa l’incompatibilità delle condotte contestate con la fattispecie astratta, stante in primo luogo il contrasto formale tra l’accusa mossa al ricorrente di essere intestatario fittizio della RAGIONE_SOCIALE e nel contempo gestore occulto della contabilità della società.
Le conversazioni intercettate all’interno del ristorante romano gestito dalla società fanno riferimento alla spartizione di denaro senza alcuna allusione alla sua presunta origine illecita.
La motivazione dell’ordinanza è assertiva là dove afferma la consapevolezza in capo a NOME COGNOME della eventuale commissione del reato di dichiarazione infedele.
In particolare, quanto al reato di cui al capo 3), il Tribunale ha omesso di rispondere alle specifiche argomentazioni svolte in una memoria difensiva, con le quali si è sostenuta l’insussistenza dell’elemento oggettivo, considerato che la suddivisione dei beni personali ai figli era iniziata ben prima del 2016, che NOME COGNOME era rimasto socio diretto di alcune iniziative imprenditoriali comuni fino a poco prima dell’avvio del procedimento penale e che è in possesso dei beni a lui intestati; che l’acquisto del terreno di Ardore fu effettuato senza alcuno schermo di terzi; che il figlio NOME ha anche assunto la carica di amministratore unico della società.
Dalla perizia del AVV_NOTAIO COGNOME è emerso come i genitori del ricorrente, vista la disponibilità finanziaria e reddituale, potessero provvedere al sostentamento del nucleo familiare del figlio.
Anche in relazione ai reati di cui ai capi da 5) a 9) l’ordinanza ha ignorato le deduzioni difensive relative a circostanze di fatto, ricavabili dalla perizia sulle società portoghesi, indicative della insussistenza dell’elemento oggettivo del reato ex art. 512-bis cod. pen., quali l’esiguo valore del capitale sociale, le modalità di avvio delle iniziative imprenditoriali in capo alle società con ricorso all’autofinanziamento e al credito bancario e di fornitori, l’epoca di costituzione dei veicoli societari: le due relazioni peritali attestano la carenza della ricostruzione operata dall’ausiliario di P.GAVV_NOTAIO.
Inoltre, la più recente giurisprudenza di legittimità, in contrasto con l’orientamento richiamato nell’ordinanza impugnata, esige la prova della provenienza delle risorse economiche impiegate per l’acquisto dal soggetto che intenda eludere l’applicazione delle misure di prevenzione, essendo insufficiente l’accertamento della mera disponibilità del bene da parte di chi non ne risulta formalmente intestatario.
2.2.2. Violazione di legge e omessa motivazione con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato previsto dall’art. 512-bis cod. pen.
in capo ai pretesi soci occulti: il Tribunale ha omesso di confrontarsi con una serie di dati obiettivi (riportati alle pagg. 13-14 del ricorso) indicativi del fa che NOME COGNOME e NOME COGNOME, in passato usciti indenni dai rispettivi procedimenti di prevenzione avviati nei loro confronti, non avessero alcun timore di essere sottoposti ad un altro procedimento dello stesso tipo.
2.2.3. Violazione di legge e omessa motivazione con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato previsto dall’art. 512-bis cod. pen. con riferimento al dolo specifico richiesto in capo ai soggetti interposti: il Tribunale non spiega in base a quali ragioni si deve ritenere che NOME COGNOME fosse a conoscenza del dolo specifico elusivo in capo agli interponenti, considerato che egli è regolarmente assunto e stipendiato dalle società che amministra, per le quali lavora, che non risultano una partecipazione dei genitori alla gestione della società o un loro apporto economico/finanziario.
2.3. Violazione di legge e omessa motivazione in relazione al periculum in mora: il Tribunale ha espresso una motivazione di stile, anche con riferimento al sequestro finalizzato alla confisca allargata, in contrasto con i princìpi affermati dalla più recente giurisprudenza a partire dalla sentenza Ellade delle Sezioni Unite.
2.4. La difesa ha poi depositato una memoria allegando vari documenti già prodotti unicamente al ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato.
Va premesso che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, «il sindacato della Cassazione in tema di ordinanze del riesame relative a provvedimenti reali è circoscritto alla possibilità di rilevare ed apprezzare la sola violazione di legge, così come dispone testualmente l’art. 325, comma 1, cod. proc. pen.: una violazione che la giurisprudenza ormai costante di questa Corte, uniformandosi al principio enunciato da Sez. U, n. 5876, del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710, riconosce unicamente quando sia constatabile la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlata alla inosservanza di precise norme processuali» (così Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266789, non mass. sul punto; successivamente, in senso conforme cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 18951 del 17/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269119; da ultimo v. Sez. 3, n. 14977 del 25/02/2022, COGNOME, Rv. 283035).
Va ribadito altresì che il giudice del riesame, nella valutazione del fumus commissi delicti, deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando le ragioni che rendono sostenibile o meno l’impostazione accusatoria, ma non può sindacare la fondatezza dell’accusa (Sez. 1, n. 18941 del 30/01/2018, COGNOME, Rv. 269311; Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272927; Sez. 6, n. 9991 del 25/01/2017, COGNOME, Rv. 269311; Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, COGNOME, Rv. 265433; Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014, Armento, Rv. 261677).
Avuto specifico riguardo al delitto di autoriciclaggio, questa Corte ha di recente precisato che, in tema di motivazione del decreto di sequestro preventivo di cose che si assumono pertinenti al reato di autoriciclaggio, pur non essendo necessario che i delitti presupposti siano specificamente individuati e accertati, è tuttavia indispensabile che essi risultino, alla stregua degli acquisiti elementi di fatto, almeno astrattamente configurabili (Sez. 2, n. 26902 del 31/05/2022, Visaggio, Rv. 283563).
A questo principio, in relazione al fumus del reato di autoriciclaggio contestato al capo 3), il Tribunale si è attenuto e sul punto la motivazione dell’ordinanza impugnata non è affatto mancante, avuto riguardo alla ritenuta sussistenza del delitto presupposto ex art. 4 del d. Igs. n. 74 del 2000.
Il Tribunale ha esaminato specificamente le doglianze espresse dalla difesa e le ha disattese con ampia motivazione (pagg. 12-15), in sostanza ignorata nel ricorso (pag. 7), fondata anche sul contenuto di varie conversazioni intercettate fra lo stesso e il cognato NOME COGNOME, a proposito delle quali va ribadito che l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, non può essere sindacata dalla Corte di cassazione se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite. In questa sede, dunque, è possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il contenuto sia stato indicato in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva e incontestabile (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Folino, Rv. 267650; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164).
Pertanto, il fumus del reato previsto dall’art. 648-ter.1 cod. pen. è stato congruamente motivato, avuto riguardo al delitto presupposto di dichiarazione infedele, risultando dunque ultroneo esaminare le criticità denunziate dalla difesa in ordine alla sussistenza del diverso reato presupposto, previsto dagli artt. 110 e 512-bis cod. pen., contestato autonomamente nei capi 2 e 8 dell’imputazione provvisoria (sul primo dei quali è già intervenuto annullamento da parte del Tribunale del riesame in ragione della causa estintiva della prescrizione).
In ordine al capo 3), pertanto, il ricorso è inammissibile.
È fondato, invece, il motivo con il quale il ricorrente ha lamentato la mancanza di motivazione, con conseguente violazione di legge, sulla ritenuta sussistenza del fumus del reato ex art. 512-bis cod. pen., soprattutto in ragione degli ampi e specifici motivi proposti con la richiesta di riesame.
Il delitto di cui si tratta è un reato di pericolo astratto, configurabile quando l’agente, sottoposto o sottoponibile a una misura di prevenzione, compia un qualsiasi negozio giuridico al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali; ne consegue che la valutazione circa il pericolo di elusione della misura va compiuta ex ante, su base parziale, ovvero, alla stregua delle circostanze che, al momento della condotta, erano conosciute o conoscibili da un uomo medio in quella determinata situazione spazio-temporale. Per integrare il reato di trasferimento fraudolento di valori, inoltre, è sufficiente l’accertamento dell’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibil di denaro, beni o utilità, senza che al giudice sia anche richiesto l’apprezzamento della concreta capacità elusiva dell’operazione patrimoniale accertata, trattandosi di situazione estranea agli elementi costitutivi del fatto incriminato.
Per altro verso, però, questa Corte ha rimarcato anche da ultimo (Sez. 2, n. 27123 del 03/05/2023, COGNOME, Rv. 284796, in motivazione) che, «ai fini della configurabilità del delitto di trasferimento di valori, va ribadita la necessità di non sovrapporre i piani del trasferimento fittizio di beni e quello della loro gestione occulta, evidenziata nella recente pronuncia invocata dal ricorrente (Sez. 2, n. 17035 del 10/03/2022, COGNOME, Rv. 283193), essendo necessaria l’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibilità di denaro, b altre utilità e risultando irrilevante, per contro, il trasferimento dei compiti amministrazione di una società commerciale, anche nel caso in cui la condotta sia finalizzata alla elusione dell’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali (Sez. 2, n. 29633 del 28/05/2019, COGNOME, Rv. 276733; Sez. 5, n. 50289 del 7/07/2015, NOME., Rv. 265904; Sez. 6, n. 37375 del 06/05/2014, COGNOME, Rv. 261655; Sez. 6, n. 41514 del 25/09/2012, COGNOME, Rv. 253806)».
In altri termini, per l’integrazione del suddetto reato non è sufficiente l’accertamento della mera disponibilità del bene da parte di chi non ne risulta essere formalmente titolare, in quanto occorre la prova, sia pur indiziaria, della provenienza delle risorse economiche impiegate per il suo acquisto da parte del soggetto che intenda eludere l’applicazione di misure di prevenzione, principio affermato anche nella ipotesi di costituzione o trasferimento di attività d’impresa, in caso di assunzione della qualità di gestore o socio occulto (Sez. 2, n. 19649 del 03/02/2021, Amato, Rv. 281423; Sez. 2, n. 28300 del 16/04/2019, COGNOME, Rv. 276216; Sez. 6, n. 26931 del 29/05/2018, Cardamone, Rv. 273419; Sez. 1, n. 42530 del 13/06/2018, C., Rv. 274024; Sez. 6, n. 5231 del 12/01/2018, Polverino).
Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione di questi princìpi, in quanto ha motivato in ordine alla “gestione de facto dell’intero gruppo imprenditoriale da parte di NOME NOME del genero NOME” (pag. 8), ma ha poi compiuto un salto logico affermando apoditticamente che con l’intestazione fittizia delle società si era schermata “la reale proprietà e disponibilità di queste a favore” dei predetti due soggetti.
Il vuoto motivazionale non può essere colmato dal solo riferimento incidentale alle dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME circa le ricchezze accumulate da NOME COGNOME grazie al narcotraffico (pag. 11).
L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale del riesame, che dovrà decidere e motivare sul punto, attenendosi ai princìpi sopraindicati.
Gli altri motivi restano assorbiti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente ai reati di cui ai capi 2) e 8), e rinvia per nuovo giudizio sui punti al Tribunale di Reggio Calabria competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, c.p.p. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Così deciso il 14/12/2023.