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Trasferimento fraudolento di valori: la prescrizione

La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna per trasferimento fraudolento di valori nei confronti di un imprenditore e della sua prestanome. Il reato è stato dichiarato estinto per prescrizione. La Corte ha ritenuto non manifestamente infondati i motivi di ricorso relativi alla sussistenza del dolo specifico, ovvero la finalità di eludere le misure di prevenzione patrimoniali, aprendo così la via alla declaratoria di prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trasferimento Fraudolento di Valori: Cassazione Annulla per Prescrizione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9936/2024) ha affrontato un caso di trasferimento fraudolento di valori, concludendo con l’annullamento della condanna per intervenuta prescrizione. La decisione mette in luce l’importanza cruciale del dolo specifico e le condizioni necessarie per la sua prova, offrendo spunti fondamentali sulla differenza tra un ricorso inammissibile e uno che, pur non portando all’assoluzione, apre la strada all’estinzione del reato.

I fatti di causa

La vicenda giudiziaria vedeva come protagonisti un imprenditore e una donna, accusati di aver orchestrato un’intestazione fittizia di due attività commerciali, un’impresa ittica e un caffè. Secondo l’accusa, l’imprenditore, effettivo proprietario, aveva attribuito formalmente la titolarità delle imprese a terzi (prima a un soggetto e poi alla co-imputata) al fine di sottrarle a possibili misure di prevenzione patrimoniali. La Corte d’appello di Palermo aveva confermato la sentenza di condanna di primo grado, ritenendo provato l’intento elusivo.

I due imputati, attraverso i loro difensori, hanno proposto ricorso per cassazione, contestando principalmente la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, il cosiddetto dolo specifico.

Le argomentazioni della difesa sul trasferimento fraudolento di valori

La difesa dell’imprenditore ha articolato diversi motivi di ricorso, sostenendo che la Corte d’appello avesse motivato in modo illogico la sussistenza del dolo specifico. In particolare, si evidenziava che:

1. I precedenti penali dell’imputato erano risalenti nel tempo (l’ultima manifestazione di pericolosità sociale risaliva al 2008), rendendo debole la correlazione temporale con la costituzione delle società nel 2015 e, di conseguenza, il timore concreto di subire misure di prevenzione.
2. L’imprenditore disponeva di una cospicua somma di denaro lecita, derivante da un risarcimento per un incidente stradale, che avrebbe giustificato gli investimenti e fatto venir meno il presupposto della sproporzione patrimoniale, tipico delle misure ablatorie.
3. L’intestazione a terzi poteva avere una finalità diversa, come quella di eludere ingenti richieste di pagamento per spese processuali e di mantenimento in carcere.

Dal canto suo, la difesa della co-imputata, intestataria formale del caffè, ha sostenuto la sua non punibilità in quanto “interposta” e ha contestato la sussistenza del dolo, dedotta illogicamente dal rapporto di lavoro di suo marito con aziende legate ai familiari dell’imprenditore.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il primo motivo di ricorso dell’imprenditore principale non manifestamente infondato. Questo passaggio è cruciale. I giudici supremi non sono entrati nel merito per stabilire se l’imputato avesse o meno il dolo specifico, ma hanno riconosciuto che le argomentazioni difensive sulla distanza temporale dei precedenti penali e sulla valorizzazione dei rapporti di parentela con soggetti pregiudicati non erano state adeguatamente considerate dalla Corte d’appello.

Questa valutazione di “non manifesta infondatezza” ha reso il ricorso ammissibile. Una volta instaurato un valido rapporto processuale, la Corte ha avuto il dovere di verificare se, nel frattempo, fosse maturata una causa di estinzione del reato. Ed è esattamente ciò che è accaduto.

Il reato di trasferimento fraudolento di valori si era prescritto il 28 giugno 2023, data successiva alla sentenza d’appello. Poiché non sussistevano le condizioni per una pronuncia di assoluzione nel merito (che avrebbe prevalso sulla prescrizione), la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione dei reati.

Di conseguenza, anche il ricorso della co-imputata è stato ritenuto ammissibile, in quanto strettamente collegato alle sorti del ricorso principale sulla sussistenza del dolo condiviso. Anche per lei, quindi, è stata dichiarata la prescrizione del reato.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza offre due importanti lezioni. La prima riguarda la rigorosa prova del dolo specifico nel reato di trasferimento fraudolento di valori: non è sufficiente dimostrare l’intestazione fittizia, ma è necessario provare, oltre ogni ragionevole dubbio, che l’agente ha agito con lo scopo preciso di eludere le misure di prevenzione. Elementi come la distanza temporale dai precedenti penali o la disponibilità di capitali leciti possono incrinare la solidità dell’impianto accusatorio.

La seconda lezione è di natura processuale: la distinzione tra un ricorso inammissibile e uno ammissibile (seppur non accolto nel merito) è fondamentale. Un ricorso ammissibile, anche se destinato a non portare a un’assoluzione, consente di “guadagnare tempo” e di beneficiare di eventuali cause di estinzione del reato, come la prescrizione, maturate nelle more del giudizio di legittimità.

Cosa si intende per dolo specifico nel reato di trasferimento fraudolento di valori?
Per la configurabilità del reato non basta la semplice intestazione fittizia di un bene (dolo generico), ma è necessario che l’autore agisca con lo scopo specifico e la consapevolezza di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato la prescrizione invece di rigettare i ricorsi?
La Corte ha ritenuto che i motivi di ricorso, in particolare quelli sul difetto di dolo specifico, non fossero manifestamente infondati. Questo ha reso i ricorsi ammissibili. Una volta ammesso un ricorso, la Corte deve verificare se nel frattempo il reato si è estinto per prescrizione, e in questo caso il termine era maturato dopo la sentenza d’appello. Se i ricorsi fossero stati ritenuti inammissibili, la condanna sarebbe diventata definitiva.

La persona che accetta di fare da prestanome (l’interposto) è sempre punibile?
No. Affinché anche l’interposto (in questo caso, la titolare fittizia del caffè) sia punibile, è necessario che condivida il fine illecito dell’interponente (l’imprenditore) o che, quantomeno, sia pienamente consapevole di tale fine, ovvero eludere le misure di prevenzione patrimoniali. La sua semplice disponibilità a figurare come titolare non è di per sé sufficiente a fondare una responsabilità penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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