Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23262 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23262 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/09/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsì l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento, con o senza rinvio, della sentenza impugnata.
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 comma 8 D.L. n. 137/2020
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in epigrafe la Corte di appello di Torino ha confermato il giudizio di penale espresso dal Tribunale cittadino il 6/10/2021, all’esito di giudizio ordinario, nei confro COGNOME Fabio in ordine al delitto di trasferimento fraudolento di valori di cui all’art. 512bi pen., esclusa l’aggravante della finalità di agevolare un’associazione mafiosa, per ave stipulato una scrittura privata con la NOME – agendo in realtà per conto di COGNOME NOME conferiva NOME fiduciante a COGNOME NOMENOME NOME agiva NOME fiduciario, l’intestazione d capitale sociale della società RAGIONE_SOCIALE, alla NOME successivamente veniva attribuita mediante contratto di locazione la disponibilità del bar RAGIONE_SOCIALE, poi divenuto bar COGNOME, quando la tito di fatto di questo era dell’COGNOME, che la esercitava tramite il COGNOME.
La Corte territoriale, in particolare, premesso che l’COGNOME era stato condannato in v definitiva per il reato di cui si tratta, all’esito di giudizio abbreviato, rilevava che no ritenersi verosimile la tesi difensiva secondo cui tra il predetto ed il COGNOME sarebbe s stipulato un contratto di affitto con il patto di riscatto dell’azienda per la rilevante complessiva di 330.000 euro, senza la redazione di alcuna scrittura privata a latere del contratto notarile, di cui entrambi avessero la disponibilità, risultando soltanto, invece appunto manoscritto privo di sottoscrizioni e di data certa in possesso dell’COGNOME e non d COGNOME.
Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso per cassazìone il COGNOME, chiedendone l’annullamento sulla base di tre motivi di impugnazione:
2.1. GLYPH Violazione di legge per essersi ritenuti sussistenti sia l’elemento oggettivo ch l’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 512 bis cod. pen.;
2.2. GLYPH vizio di motivazione con riferimento ad una pluralità di elementi quali:
l’ordinanza del COGNOME per le indagini preliminari di Torino, che aveva escluso sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui si tratta, sia nei co dell’COGNOME che nei confronti del COGNOME. Il GIP, infatti, aveva ricostruito í passaggi societa quali emergeva la tracciabilità e provenienza lecita dei ricavi utilizzati per le diverse opera che escludevano il potenziale rischio di misure di prevenzione.
gli elementi di riscontro della prospettazione di un contratto di affitto di azienda modalità di riscatto, quali l’intestazione del 10% delle quote in favore del COGNOME l’interessamento autonomo di questo per l’attività di bar confinante e concorrente;
il mancato interessamento del COGNOME per altro acquisto e gestione di esercizio pizzeria dell’COGNOME;
l’assoluzione di NOME COGNOME dall’imputazione di cui si tratta;
l’assenza di precedenti provvedimenti di prevenzione nei confronti dell’COGNOME;
la validità del “contratto” di affitto con riscatto rinvenuto presso l’Ursíno, confe dalla cessione del 10% delle quote in favore del COGNOME e dal pagamento dei canoni di affitto;
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la mancanza di prevedibilità di possibili misure di prevenzione nei confronti dell’COGNOME
l’esclusione dell’elemento soggettivo del reato in relazione ad altro reato di intestazio fittizia dal NOME il COGNOME è stato assolto.
2.3. GLYPH Con l’ultimo motivo di ricorso, infine, la difesa ha dedotto il vizio di motivazio in ordine all’applicazione di pena lontana dai minimi edittali.
Con requisitoria scritta l’ufficio del Pubblico Ministero che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
La difesa ha presentato conclusioni scritte in data 2/2/2024, con le quali ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata, riportandosi ai motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, in quanto si discosta dai parametri dell’impugnazione d legittimità stabiliti dall’art. 606 cod. proc. pen.
Tutti i motivi posti a fondamento della richiesta di annullamento della sentenza impugnata, infatti, prospettano una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisi che esule dai poteri della Corte di cassazione, trattandosi, invece, di valutazione riservata, via esclusiva, al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultan processuali (Sez. Un., 30/4/1997, n. 6402, COGNOME, riv. 207944).
Al COGNOME di legittimità è infatti preclusa – in sede di controllo della motivazione rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione d nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compend probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiorme plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Ciò in quanto, in tema di motivi di ri per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla su mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con at probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stess illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessor valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
La Corte territoriale ha dato adeguatamente conto delle ragioni per cui sono stati riconosciuti come sussistenti sia l’elemento oggettivo che l’elemento soggettivo del reato di cu
all’art. 512 bis cod. pen., in quanto il COGNOME è stato ritenuto essere una mera longa manus dell’COGNOME sulla base di una serie di significativi e convergenti elementi, tra i quali è suff qui ricordare: la disinvoltura con la NOME quest’ultimo faceva addebitare la spesa di pozzetto a carico del bar RAGIONE_SOCIALE o di altro nella sua disponibilità, come se questi fossero per indifferenti; le conversazioni dalle quali emergeva che l’COGNOME faceva pagare dal COGNOME i suo debiti verso i proprietari dei locali; il linguaggio utilizzato dall’COGNOME parlando co laddove chiamava il COGNOME “il mio responsabile”; i contatti dell’COGNOME, e non già del COGNOME, c l’azienda proprietaria delle macchinette slot-machine, particolarmente redditizie per il bar disponibilità, da parte dell’COGNOME, di carta prepagata intestata al COGNOMECOGNOME soggetto individu dal COGNOME come prestanome al NOME era stato intestato il capitale sociale della società RAGIONE_SOCIALE.
A fronte di tali elementi la Corte territoriale si è confrontata con l’ordinanza del COGNOME le indagini preliminari del Tribunale di Torino, che aveva escluso la sussistenza di gravi indiz colpevolezza in ordine al reato di cui si tratta, a carico sia dell’COGNOME che del COGNOME ricostruendo i passaggi societari dai quali emergeva la tracciabilità e provenienza lecita ricavi utilizzati per diverse operazioni: la Corte di Appello ha, però, rilevato che il Tr aveva riconosciuto in primo grado la penale responsabilità del ricorrente sulla base di maggior elementi rispetto a quelli a disposizione del GIP quando questi si era pronunciato sui grav indizi di colpevolezza.
Quanto all’asserita provenienza lecita del denaro utilizzato per diverse operazioni correttamente è stata ricordata la giurisprudenza di questa corte di legittimità secondo cu delitto di trasferimento fraudolento di valori ex art. 512-bis cod. pen. deve ritenersi inte anche in presenza di condotte aventi ad oggetto beni non provenienti da delitto, in accordo con la “ratio” dell’incriminazione che persegue unicamente l’obiettivo di evitare manovre de soggetti potenzialmente assoggettabili a misure di prevenzione, dirette a non far figurare loro disponibilità di beni o altre utilità, a prescindere dalla provenienza di questi (Sez. 28300 del 16/04/2019, P.v. 276216), sicché nessun vizio logico o giuridico può ravvisarsi nell’aver considerato non determinante il rilievo che il bar RAGIONE_SOCIALE, poi denominato Obelix Caf fosse stato notoriamente da tempo acquistato dalla famiglia COGNOME, con denaro che si assume di provenienza lecita.
Correttamente, peraltro, la sentenza impugnata ha rilevato che l’COGNOME, all’esito giudizio abbreviato, con sentenza ormai definitiva, è stato riconosciuto responsabile, tra l’al del reato in questa sede contestato al COGNOME, riconoscendosi il carattere fittizio del contratt affitto di azienda tra la RAGIONE_SOCIALE, e rilevando che, proprio nel giudiz confronti dell’COGNOME, questa Corte di legittimità ha ribadito non essere necessaria una verif dell’idoneità concreta della fittizia intestazione a sottrarre il bene a potenziali mi prevenzione.
Questa Corte (Sez. 6, n. 37640 del 23/6/2021, COGNOME, n.nn.) ha, infatti, rilevato che per realizzazione del reato di cui si tratta è sufficiente l’accertamento dell’attribuzione fit altri della titolarità o della disponibilità di denaro, beni od altre utilità, senza che al g
anche richiesto l’apprezzamento della concreta capacità elusiva dell’operazione patrimoniale accertata, trattandosi di situazione estranea agli elementi costitutivi del fatto incrimina questo senso si è ormai attestata la giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 12621 d 22/12/2016, dep. 2017, COGNOME Rv. 270087; Sez. 6, n. 22568 del 11/04/2017, COGNOME, Rv. 270035; Sez. 2, n. 7999 del 01/02/2017, COGNOME, Rv. 269545; Sez. 5, n. 40278 del 06/04/2016, COGNOME, Rv. 268200; Sez. 2, n. 13915 del 09/12/2015, dep. 2016, Scriva, Rv. 266386), abbandonando la tesi della necessità dell’accertamento della concreta capacità elusiva dell’intestazione fittizia, affacciatasi in passato in alcune pronunce minori (Sez. 1, n. 49970 del 19/12/2014, dep. 2015, Burzì, Rv. 265408, citata dalla ricorrente; Sez 1, n. 17064 del 02/04/2012, COGNOME, Rv. 253340; Sez. 1, n. 4703 del 09/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254528).
Soprattutto, senza incorrere in alcun vizio logico la Corte territoriale ha attr assorbente rilevanza all’inverosimiglianza della tesi difensiva secondo cui tra il l’COGNOME sarebbe stato stipulato un contratto di affitto con il patto di riscatto dell’azienda rilevante somma complessiva di 330.000 euro, senza la redazione di alcuna scrittura privata a latere del contratto notarile, di cui entrambi avessero la disponibilità, nessun valore pote attribuirsi ad un mero appunto manoscritto privo di sottoscrizioni e di data certa rinvenu peraltro, in possesso dell’COGNOME e non del COGNOME, né tali elementi appaiono superabili alla l della mera intestazione del 10% delle quote dell’azienda in favore del COGNOME.
Deve rilevarsi, inoltre, che il delitto di cui all’art. 512 bis cod. pen. – già art. 12 D.L. 306/1992 – si consuma con l’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o disponi denaro, beni o “altre utilità”, al fine di eludere disposizioni in materia di misure di preve patrimoniali. In tale nozione ben può rientrare anche l’intestazione fittizia al COGNOME delle q sociali della RAGIONE_SOCIALE, locataria del bene, in quanto, nonostante l’accertata disponibilità RAGIONE_SOCIALE da parte dell’COGNOME, anche un contratto di locazione è idoneo ad integra l’attribuzione fittizia della disponibilità di “altre utilità”, atteso che lo stess sopravvivere anche in caso di sequestro e, poi, di confisca del bene.
Il percorso argomentativo della sentenza impugnata ha dato anche adeguatamente conto del riconoscimento dell’elemento soggettivo del reato, ravvisato nelle circostanze ch indicavano il COGNOME come necessariamente consapevole della finalità di eludere eventuali misure di prevenzione. Tra queste, si è evidenziato innanzitutto il rapporto strettissimo tra il rico e l’COGNOME, rivelato dall’intercettazione di oltre 1500 telefonate tra i due in poco più di u inoltre, la sentenza ha valorizzato le dimensioni ridotte del centro, Bardonecchia, nel qual ricorrente viveva sin dal 1992, con conseguente consapevolezza dello scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose, così come il ricorrente era consapevole della stretta parentel l’COGNOME con lo zio COGNOME NOMENOME NOME della madre, indicato come appartenente alla mafia Lo stesso COGNOME, del resto, oltre ad ammettere – con dichiarazioni spontanee rese in udienza preliminare – la sua consapevolezza della tendenza dell’COGNOME ad intestare a persone di fiducia le sue attività commerciali, ha ammesso anche che in paese si diceva che il COGNOME potesse
appartenere ad una famiglia mafiosa, eppure ha riferito di aver svolto lavori come elettricis sia nell’abitazione di questo che in quella dell’COGNOME, per il NOME ha svolto anche funzion autista accompagnandolo a Torino quando incontrava membri della famiglia COGNOME, attinta da diversi provvedimenti giudiziari per il reato di associazione mafiosa.
Valorizzando tali elementi, la Corte territoriale ha mostrato di non ritenere determinante dedotta assenza di precedenti provvedimenti di prevenzione nei confronti dell’COGNOME, ed il mancato coinvolgimento dello stesso in noti procedimenti giudiziari quali l’operazione Minotauro e l’operazione Big Bang, così come legittimamente è stata ritenuta non determinante l’assenza di richieste di misure di prevenzione con riferimento al bar fittiziament gestito dal ricorrente o ad altri beni, atteso anche che il delitto di trasferimento fraudole valori può essere commesso anche da chi non sia ancora sottoposto a misure di prevenzione patrimoniali e ancora prima che il relativo procedimento sia iniziato, occorrendo solo, ai f della configurabilità del dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in mater prevenzione patrimoniale, che l’interessato possa fondatamente presumere l’avvio di detto procedimento. (Sez. 5, n. 1886 del 07/12/2021 Rv. 282645).
Inammissibile, infine, è anche il motivo di ricorso avente ad oggetto il trattamen sanzionatorio del ricorrente, in quanto la graduazione della pena, anche in relazione agl aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra ne discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre, risultando giustificato il modesto divario dal minimo edittale con riferimento alla gr del fatto, al valore economico dell’impresa oggetto di intestazione fittizia, che “generava ott utili” e ad una valutazione della capacità a delinquere del ricorrente, fondata anche sulle s frequentazioni.
Per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., alla dichiarazione di inammissibilità ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.