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Trasferimento fraudolento di valori: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo per il reato di trasferimento fraudolento di valori. La Corte ha stabilito che, per giustificare la misura, non è sufficiente dimostrare la gestione di fatto di una società da parte di terzi, ma è necessario provare, anche a livello indiziario, che le risorse economiche per l’acquisto dei beni provengano dai soggetti che intendono eludere le misure di prevenzione. La motivazione del tribunale del riesame è stata ritenuta apparente e carente su questo punto cruciale.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trasferimento fraudolento di valori: non basta la gestione di fatto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 7154/2024) offre un’importante lezione sul reato di trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.), meglio noto come intestazione fittizia di beni. La Corte ha annullato un sequestro preventivo, chiarendo che per configurare il reato non è sufficiente dimostrare che la gestione di un’azienda sia nelle mani di soggetti terzi, ma è necessario provare la provenienza illecita delle risorse usate per costituirla. Analizziamo i dettagli di questa decisione.

I Fatti: Sequestro di una Società Estera

Il caso ha origine da un’ordinanza di sequestro preventivo del capitale sociale e del patrimonio di una società portoghese. Secondo l’accusa, l’amministratore formale della società era in realtà un prestanome, mentre la titolarità effettiva apparteneva ad altri due soggetti, finanziatori dell’iniziativa imprenditoriale. Lo scopo di questa operazione sarebbe stato quello di eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniale a carico dei reali proprietari.

La difesa dell’amministratore ha contestato questa ricostruzione, presentando ricorso e fornendo elementi a sostegno della regolarità della sua posizione e della legittimità delle operazioni societarie. Tra questi, il valore esiguo del capitale sociale, il ricorso all’autofinanziamento e al credito bancario per l’avvio delle attività, e la sua regolare assunzione come dipendente stipendiato della stessa società.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale del riesame e rinviando gli atti per un nuovo giudizio. Il motivo centrale della decisione risiede nel vizio di motivazione del provvedimento impugnato, ritenuto ‘apparente’ e frutto di un ‘salto logico’.

Le Motivazioni: Il Principio sul Trasferimento Fraudolento di Valori

La Suprema Corte ha ribadito i principi fondamentali per la configurabilità del reato di trasferimento fraudolento di valori e, di conseguenza, per la legittimità di un sequestro preventivo.

La Distinzione Cruciale tra Gestione e Titolarità

Il punto chiave della sentenza è la netta distinzione tra il piano della gestione occulta e quello del trasferimento fittizio dei beni. I giudici hanno chiarito che, per integrare il reato, non è sufficiente provare che la gestione di fatto di un’impresa sia riconducibile a soggetti diversi dal titolare formale. È invece indispensabile dimostrare l’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità.

Questo significa che l’accusa deve fornire la prova, anche solo indiziaria, che le risorse economiche impiegate per l’acquisto del bene o per la costituzione della società provengano dal soggetto che intende eludere le misure di prevenzione. Trasferire i compiti di amministrazione non equivale a trasferire fraudolentemente la proprietà.

Il Deficit di Motivazione e il Trasferimento Fraudolento di Valori

Nel caso specifico, il Tribunale del riesame aveva fondato la sua decisione sulla ‘gestione de facto dell’intero gruppo imprenditoriale’ da parte dei due presunti soci occulti. Tuttavia, da questa constatazione aveva dedotto in modo automatico e apodittico che anche la proprietà e la disponibilità delle società fossero fittiziamente intestate all’amministratore.

Questo, secondo la Cassazione, costituisce un ‘salto logico’ e un ‘vuoto motivazionale’. Il Tribunale non ha spiegato come e perché la gestione di fatto implicasse anche un’intestazione fittizia finanziata con capitali dei gestori occulti. Il semplice e incidentale riferimento alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia sul narcotraffico non è stato ritenuto sufficiente a colmare questa lacuna, in quanto non collegato specificamente all’origine dei fondi usati per la società portoghese.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza rafforza un principio di garanzia fondamentale: le misure cautelari reali, come il sequestro, devono basarsi su una motivazione solida, puntuale e logicamente coerente. Per il reato di trasferimento fraudolento di valori, non si può presumere la fittizietà della titolarità dalla semplice gestione occulta. È onere dell’accusa dimostrare il nesso tra il soggetto che si vuole ‘schermare’ e la provenienza delle risorse economiche che hanno dato vita al bene o all’impresa oggetto di sequestro. In assenza di tale prova, la motivazione del provvedimento cautelare risulta apparente e il sequestro illegittimo.

È sufficiente dimostrare la gestione di fatto di una società da parte di un soggetto terzo per configurare il reato di trasferimento fraudolento di valori?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la gestione occulta di un’attività non è di per sé sufficiente. Per integrare il reato è necessaria la prova dell’attribuzione fittizia della titolarità o disponibilità dei beni, finanziata con risorse provenienti dal soggetto che intende eludere le misure di prevenzione.

Quali elementi deve valutare il giudice per disporre un sequestro preventivo per il reato di cui all’art. 512-bis c.p.?
Il giudice deve valutare, in modo puntuale e coerente, gli elementi che supportano non solo l’interposizione fittizia, ma soprattutto la provenienza delle risorse economiche impiegate per l’acquisto del bene o la costituzione dell’impresa. Deve accertare la prova, anche indiziaria, che tali risorse appartengano al soggetto che ha interesse a eludere le misure di prevenzione.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ in un provvedimento di sequestro?
Si ha una motivazione apparente quando il provvedimento si limita a formule generiche o compie ‘salti logici’, deducendo automaticamente una conclusione (es. la proprietà fittizia) da una premessa (es. la gestione di fatto) senza spiegare il percorso logico-giuridico che lega le due. Tale motivazione equivale a una sua assenza e rende illegittimo il provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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