Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7154 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7154 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Locri il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 29 maggio 2023 del Tribunale di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e la memoria depositata dai difensori del ricorrente.
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 29 maggio 2023 con la quale il Tribunale di Reggio Calabria, in sede di riesame di provvedimenti impositivi di misure cautelari reali, ha confermato l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, in data 13 marzo 2023, ha disposto il sequestro preventivo del capitale sociale e del patrimonio aziendale della società portoghese RAGIONE_SOCIALE in quanto – secondo la tesi d’accusa – NOME COGNOME, sottoposto a indagini per il reato previsto dagli artt. 110 e 512-bis cod. pen. era intestatario fittizio della suddetta società, la cui effettiva titolarità sarebbe stata di NOME COGNOME e NOME COGNOME, finanziatori dell’iniziativa imprenditoriale, i quali avrebbero rivestito la qualità di soci occulti di nove società portoghesi, cui erano affidate le quote e la conduzione di numerosi ristoranti ubicati in Portogallo.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta la violazione dell’art. 512-bis cod. pen. nonché omessa motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 512-bis cod. pen.
Il Tribunale avrebbe dedotto il fumus commissi delicti esclusivamente dal fatto che la gestione della società portoghese sarebbe stata affidata esclusivamente a NOME COGNOME e NOME COGNOME, senza tenere conto che per la perfezione del reato di cui all’art. 512-bis cod. pen. è necessaria l’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibilità di denaro, beni o altre utilità
I giudici del riesame avrebbero omesso di motivare sul motivo di impugnazione con il quale il ricorrente aveva eccepito la mancanza di prova dell’ipotizzata interposizione fittizia, senza valutare gli elementi dedotti dalla difesa attestanti la mancanza degli elementi costitutivi del reato (esiguo valore della partecipazione/capitale sociale, modalità di avvio delle iniziative imprenditoriali, ricorso all’autofinanziamento ed al credito bancario, distanza temporale tra costituzione veicoli societari e diffusione notizie di stampa sul cd. RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, consulenza di parte attestante l’incompletezza della ricostruzione operata dall’ausiliario di p.g.).
La motivazione sarebbe, inoltre, carente in ordine alla dimostrazione della provenienza delle risorse economiche impiegate per l’acquisto da parte dei beni da parte dei soggetti che avrebbe avuto interesse ad eludere l’applicazione di misure di prevenzione.
Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta la violazione dell’art. 512-bis cod. pen. nonché omessa motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 512-bis cod. pen. in capo agli interponenti.
La motivazione sarebbe del tutto assente in ordine alla prova che il NOME ed il NOME potessero temere di essere sottoposti a misura di prevenzione, in particolare il Tribunale avrebbe omesso il necessario vaglio degli elementi di segno contrario dedotti dalla difesa (NOME e NOME sarebbero usciti indenni dai procedimenti di prevenzione avviati nei loro confronti, i reati ipotizzati sarebbero stati commessi in data successiva alla conclusione positiva dei procedimenti di prevenzione, le vicende «agenza NOME COGNOME» e «RAGIONE_SOCIALE» sarebbero già state ritenute irrilevanti dall’autorità giudiziaria, le ipotizzate intestazioni fittizie sarebbero tutt antecedenti alle dichiarazioni rese da NOME COGNOME).
Il ricorrente, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta la violazione dell’art. 512-bis cod. pen. nonché omessa motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 512-bis cod. pen. in capo al ricorrente.
Gli elementi posti a fondamento della decisione non fornirebbero elementi indiziari sufficienti a dimostrare la consapevolezza del NOME in ordine alla volontà dei presunti interponenti di sottrarsi alla sottoposizione a misure di prevenzione.
Il Tribunale avrebbe omesso di valutare la documentazione contabile e fiscale depositata dalla difesa attestante i seguenti elementi di fatto: 1) il NOME, residente in Portogallo dal 2017, sarebbe regolarmente assunto e stipendiato dalla società portoghese di cui è amministratore; 2) la società ed il ricorrente verserebbero le imposte sui redditi in Portogallo; 3) mancato coinvolgimento del NOME e del NOME nella gestione degli affari sociali; 4) assenza di apporto economico e finanziario da parte del COGNOME e del COGNOME nella società e nelle attività intestate e gestite dal presunto interponente.
Il ricorrente, con il quarto motivo di impugnazione, lamenta l’apparenza di motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in mora.
I giudici del riesame si sarebbero limitati ad affermare, con motivazione del tutto apparente ed apodittica, che i beni «se lasciati nella libera disponibilità degli indagati possono essere facilmente dispersi, occultati o dissipati» (vedi pag. 12 del provvedimento impugnato), senza indicare i motivi che renderebbero necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto alla definizione del procedimento, in contrasto con i princìpi affermati dalla più recente giurisprudenza a partire dalla sentenza Ellade delle Sezioni Unite.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo del ricorso è fondato.
1.1. Appare necessario, preliminarmente, ribadire che avverso le ordinanze emesse a norma dell’art. 324 cod. proc. pen. in materia di sequestro preventivo, il ricorso in Cassazione è ammesso solo per violazione di legge, per censurare, cioè, erro res in iudicando o erro res in procedendo commessi dal giudice di merito, la cui decisione risulti di conseguenza radicalmente viziata.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il difetto di motivazione integra gli estremi della violazione di legge solo quando l’apparato argomentativo che dovrebbe giustificare il provvedimento o manchi del tutto o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dall’organo investito del procedimento (vedi Sez. U. n. 5876 del 13/02/2004, Ferazzi, Rv. 226710- 01; Sez. U. n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611- 01).
1.2. Deve essere, inoltre, ribadito che il giudice, nella valutazione del fumus commissi delicti, deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando le ragioni che rendono sostenibile o meno l’impostazione accusatoria, ma non può sindacare la fondatezza dell’accusa (Sez. 1, n. 18941 del 30/01/2018, COGNOME, Rv. 269311; Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272927; Sez. 6, n. 9991 del 25/01/2017, Bulgarella, Rv. 269311).
Nel caso di specie è ravvisabile una motivazione apparente in ordine alla ritenuta sussistenza del fumus del reato ex art. 512-bis cod. pen., soprattutto in ragione degli ampi e specifici motivi proposti con la richiesta di riesame.
Il delitto contestato al ricorrente è un reato di pericolo astratto, configurabile quando l’agente, sottoposto o sottoponibile a una misura di prevenzione, compia un qualsiasi negozio giuridico al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali; ne consegue che la valutazione circa il pericolo di elusione della misura va compiuta ex ante, su base parziale, ovvero, alla stregua delle circostanze che, al momento della condotta, erano conosciute o conoscibili da un uomo medio in quella determinata situazione spazio-temporale.
Per integrare il reato di trasferimento fraudolento di valori, inoltre, è sufficiente l’accertamento dell’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibili di denaro, beni o utilità, senza che al giudice sia anche richiesto l’apprezzamento della concreta capacità elusiva dell’operazione patrimoniale accertata, trattandosi di situazione estranea agli elementi costitutivi del fatto incriminato.
Per altro verso, però, questa Corte ha rimarcato anche da ultimo (Sez. 2, n. 27123 del 03/05/2023, COGNOME, Rv. 284796, in motivazione) che, «ai fini della configurabilità del delitto di trasferimento di valori, va ribadita la necessità di non sovrapporre i piani del trasferimento fittizio di beni e quello della loro gestione occulta, evidenziata nella recente pronuncia invocata dal ricorrente (Sez. 2, n. 17035 del 10/03/2022, COGNOME, Rv. 283193), essendo necessaria l’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibilità di denaro, beni o altre utili risultando irrilevante, per contro, il trasferimento dei compiti di amministrazione di una società commerciale, anche nel caso in cui la condotta sia finalizzata alla elusione dell’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali (Sez. 2, n. 29633 del 28/05/2019, COGNOME, Rv. 276733; Sez. 5, n. 50289 del 7/07/2015, COGNOME., Rv. 265904; Sez. 6, n. 37375 del 06/05/2014, COGNOME, Rv. 261655; Sez. 6, n. 41514 del 25/09/2012, COGNOME, Rv. 253806)».
In altri termini, per l’integrazione del suddetto reato non è sufficiente l’accertamento della mera disponibilità del bene da parte di chi non ne risulta essere formalmente titolare, in quanto occorre la prova, sia pur indiziaria, della
provenienza delle risorse economiche impiegate per il suo acquisto da parte del soggetto che intenda eludere l’applicazione di misure di prevenzione, principio affermato anche nella ipotesi di costituzione o trasferimento di attività d’impresa, in caso di assunzione della qualità di gestore o socio occulto (Sez. 2, n. 19649 del 03/02/2021, COGNOME, Rv. 281423; Sez. 2, n. 28300 del 16/04/2019, COGNOME, Rv. 276216; Sez. 6, n. 26931 del 29/05/2018, COGNOME, Rv. 273419; Sez. 1, n. 42530 del 13/06/2018, COGNOME, Rv. 274024; Sez. 6, n. 5231 del 12/01/2018, Polverino).
Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione di questi princìpi, in quanto ha motivato in ordine alla “gestione de facto dell’intero RAGIONE_SOCIALE imprenditoriale da parte di NOME NOME del genero NOME” (pag. 8), ma ha poi compiuto un salto logico affermando apoditticamente che con l’intestazione fittizia delle società si era schermata “la reale proprietà e disponibilità di queste a favore” dei predetti due soggetti.
Tale vuoto motivazionale non può essere colmato dal solo riferimento incidentale alle dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME circa le ricchezze accumulate da NOME COGNOME grazie al narcotraffico (pag. 9).
L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale del riesame, che dovrà decidere e motivare sul punto attenendosi ai princìpi sopraindicati. Gli altri motivi restano assorbiti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, c.p.p.
Così deciso il 14 dicembre 2023
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La Presidente