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Trasferimento fraudolento di valori: la Cassazione

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un complesso caso di criminalità organizzata, affrontando reati come l’associazione mafiosa, l’estorsione e la detenzione di stupefacenti. La sentenza è particolarmente rilevante per la sua analisi del reato di trasferimento fraudolento di valori, specificando che la finalità di eludere le misure di prevenzione patrimoniale può concorrere con altri scopi, come quello di sottrarre i beni alle pretese dei creditori. La Corte ha confermato diverse condanne, ma ha annullato con rinvio la decisione sulla qualificazione giuridica di un reato di spaccio basato su intercettazioni e sull’applicazione di un’aggravante mafiosa, richiedendo una valutazione più approfondita. Un’imputazione è stata invece dichiarata estinta per prescrizione.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trasferimento Fraudolento di Valori: Confini e Coesistenza di Finalità Illecite

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44747 del 2024, offre importanti chiarimenti su diverse figure di reato, con un focus particolare sul trasferimento fraudolento di valori. Questa pronuncia analizza la linea di demarcazione tra diverse finalità illecite e i requisiti necessari per la configurabilità di reati gravi come l’associazione mafiosa, l’estorsione e l’intestazione fittizia di beni. Il caso esaminato riguarda un’articolata vicenda di criminalità organizzata, che ha permesso alla Suprema Corte di ribadire principi fondamentali e di tracciare le coordinate per la corretta applicazione delle norme penali.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale nasce dalle indagini su un sodalizio criminale, ritenuto una ‘gemmazione’ di un più noto clan mafioso, operante in un quartiere di una città del Sud Italia. Diversi imputati erano stati condannati in appello per reati che spaziavano dalla partecipazione ad associazione mafiosa, al trasferimento fraudolento di valori, alla tentata estorsione, fino alla detenzione di armi e stupefacenti.

In particolare, il fulcro di diverse imputazioni ruotava attorno all’intestazione fittizia di attività commerciali, tra cui un’impresa di onoranze funebri e un bar. Secondo l’accusa, i reali proprietari avevano attribuito la titolarità di tali attività a prestanome per eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniale, dato il loro passato criminale. Altri capi d’imputazione riguardavano un episodio di tentata estorsione, perpetrato per costringere una persona a saldare un debito, e la detenzione di cocaina destinata allo spaccio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i ricorsi presentati da tutti gli imputati, giungendo a una decisione complessa e articolata.

1. Annullamento senza rinvio per prescrizione: Per uno degli imputati, il reato di trasferimento fraudolento di valori è stato dichiarato estinto per prescrizione, a seguito dell’esclusione dell’aggravante mafiosa nei gradi di merito.
2. Annullamento con rinvio: La sentenza è stata annullata limitatamente a due punti cruciali:
* Per due imputati, è stata annullata la condanna per detenzione di stupefacenti, con rinvio a un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione sulla possibile derubricazione del fatto nell’ipotesi di lieve entità.
* Per più imputati, è stata annullata la statuizione relativa all’aggravante mafiosa contestata in relazione al reato di trasferimento fraudolento di valori, richiedendo al giudice del rinvio di motivare specificamente le ragioni della sua applicabilità.
3. Rigetto degli altri ricorsi: Tutte le altre censure, incluse quelle relative alla sussistenza dell’associazione mafiosa e alla responsabilità per la tentata estorsione, sono state rigettate.

Le Motivazioni sul Trasferimento Fraudolento di Valori

La Corte ha affrontato in modo approfondito le doglianze relative al reato di trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.). I ricorrenti sostenevano che l’operazione di intestazione fittizia fosse motivata dalla necessità di sottrarre l’azienda alle procedure esecutive dei creditori, e non per eludere misure di prevenzione. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il dolo specifico del reato, ovvero la finalità di eludere le misure di prevenzione, non è escluso dalla concorrenza di altre finalità. Anche se l’obiettivo immediato era proteggere l’azienda dai debiti, ciò non elimina la volontà, contestuale, di schermare la proprietà da possibili aggressioni patrimoniali da parte dello Stato. Per la Corte, ciò che conta è la titolarità effettiva del bene e non chi lo gestisce materialmente. Inoltre, è stato chiarito che il reato sussiste a prescindere dalla provenienza, lecita o illecita, dei beni o delle risorse utilizzate per avviare l’attività.

La Distinzione tra Estorsione ed Esercizio Arbitrario delle Proprie Ragioni

Un altro punto cruciale della sentenza riguarda la qualificazione di un episodio di recupero crediti. La difesa aveva chiesto di derubricare il fatto da tentata estorsione a esercizio arbitrario delle proprie ragioni. La Corte ha respinto questa tesi, richiamando l’insegnamento delle Sezioni Unite. Quando un terzo interviene per recuperare un credito altrui utilizzando il metodo mafioso, si configura sempre il reato di estorsione. La finalità non è solo quella di soddisfare il creditore, ma anche quella, ulteriore, di agevolare la consorteria criminale, affermandone il controllo sul territorio. L’uso della forza intimidatrice del clan trasforma il recupero crediti in un atto di prevaricazione che integra il più grave delitto di estorsione.

La Valutazione della ‘Droga Parlata’

Infine, per quanto riguarda il reato di detenzione di stupefacenti, basato esclusivamente su intercettazioni (c.d. ‘droga parlata’), la Corte ha ravvisato una carenza di motivazione. I giudici di merito avevano escluso l’ipotesi di lieve entità senza un’adeguata analisi di tutti gli elementi a disposizione (come le dimensioni dell’involucro descritto nelle conversazioni, le modalità della cessione e la possibile destinazione a finanziare il consumo personale). In assenza di un sequestro della sostanza, la valutazione del giudice deve essere particolarmente rigorosa e considerare tutte le ipotesi alternative, sciogliendo ogni ‘ragionevole dubbio’. Per questo, ha disposto un nuovo esame sul punto.

Conclusioni

Questa sentenza consolida importanti principi in materia di criminalità economica e organizzata. In primo luogo, conferma la vasta portata applicativa del reato di trasferimento fraudolento di valori, che può essere integrato anche quando la schermatura dei beni persegue molteplici scopi. In secondo luogo, ribadisce la netta distinzione tra estorsione aggravata dal metodo mafioso ed esercizio arbitrario, sottolineando come l’intervento di un sodalizio criminale qualifichi intrinsecamente la condotta come estorsiva. Infine, richiama i giudici a un onere motivazionale rafforzato nei casi di ‘droga parlata’, specialmente quando si deve decidere sulla gravità del fatto, a tutela del principio di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio.

Quando l’intestazione fittizia di un bene è reato di trasferimento fraudolento di valori?
Secondo la sentenza, il reato si configura quando una persona attribuisce fittiziamente a un’altra la titolarità di un bene con lo scopo specifico di eludere l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniale. Questa finalità non deve essere esclusiva; il reato sussiste anche se concorrono altri scopi, come quello di sottrarre il bene ai creditori. È irrilevante la provenienza, lecita o illecita, dei fondi usati.

Intervenire per recuperare un credito usando minacce è estorsione o un reato meno grave?
La Corte chiarisce che se l’intervento è compiuto da un soggetto terzo che agisce avvalendosi della forza intimidatrice di un’associazione mafiosa (o per agevolarla), si configura sempre il reato di estorsione. La finalità di affermare il potere del clan sul territorio prevale su quella di recuperare il credito, escludendo la possibilità di qualificare il fatto come il meno grave reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Una condanna per spaccio può basarsi solo su intercettazioni in cui si parla di droga?
Sì, ma con cautela. La Corte afferma che, in assenza del sequestro della sostanza (c.d. ‘droga parlata’), il giudice deve valutare le prove con particolare rigore. La motivazione deve essere solida e considerare tutte le possibili ricostruzioni alternative, come l’ipotesi di un fatto di lieve entità. Se non si riesce a escludere ogni ragionevole dubbio sulla gravità del fatto, si deve optare per la qualificazione meno severa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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