Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18422 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18422 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a LICATA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/11/2023 del TRIBUNALE di PALERMO
sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO, che ha chiesto che il ricorso venga udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; rigettato;
sentite le conclusioni del difensore della ricorrente, AVV_NOTAIO, anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO COGNOME NOME, che si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 30/11/2023, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla Procura presso il Tribunale di Palermo avverso il decreto del Gip di Palermo del 24/10/2023, ha applicato in via cumulativa nei confronti di NOME la misura coercitiva dell’obbligo di dimora nel comune di residenza, nonché la misura interdittiva del divieto di esercitare imprese ovvero uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per anni uno in relazione ai delitti di cui capi da 6) ad 11) della imputazione provvisoria (artt. 81, 512-bis, 110 cod. pen.).
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME NOME, per mezzo del proprio difensore, deducendo motivi di ricorso che si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod. proc. pen.
2.1. GLYPH Violazione di legge in relazione alla originaria inammissibilità per aspecificità del motivo di appello proposto dal Pubblico ministero; il Tribunale, senza tenere conto della articolata ricostruzione del Gip, ha accolto un motivo basato su una critica generica alla valutazione compiuta dal primo giudice.
2.2. GLYPH Violazione di legge in relazione all’art. 512-bis cod. pen., mancanza della motivazione, la disposizione richiamata è stata erroneamente applicata e la ricorrenza della provvista indiziaria ai sensi dell’art. 273 cod. proc. pen. è stata ritenuta sulla base di elementi circostanziali del tutto eccentrici rispetto agli elementi costitutivi del delitto contestato; l’ordinanza non affronta in alcun modo il tema della provenienza delle risorse finanziare ed è dato per scontato che l’attività gestoria di fatto accreditata a COGNOME NOME sia univocamente rappresentativa della sua qualità di finanziatore occulto per la necessità di sfuggire a misura di prevenzione, con evidente confusione da parte dell’estensore del provvedimento tra il concetto di contiguità e appartenenza, con omessa considerazione dei contenuti prognostici, in assenza del reato, della pronuncia di prevenzione; la difesa ha osservato che la modificazione dei beni che compongono il patrimonio sociale è del tutto fisiologica e gli acquisti effettuati dalla società con risorse proprie non valgono ad integrare altrettanti reati di trasferimento fraudolento di valori, il discorso giustificativo e la valutazione delle esigenze cautelari risulta poi del tutto carente in relazione alla posizione della ricorrente, in mancanza di qualsiasi indicazione a supporto e giustificazione della ritenuta partecipazione della COGNOME in concorso alla intestazione fittizia, atteso che
tutti i concorrenti nel reato devono aver agito con il dolo specifico di eludere la disposizione di legge in materia di prevenzione patrimoniale.
2.3. GLYPH Violazione ed erronea applicazione dell’art. 274 cod. proc. pen.; la motivazione sul punto si limita a richiamare il decisivo contributo concorsuale della ricorrente, perché stabilmente prestato al buon esito del meccanismo elusivo creato dallo COGNOME; manca all’attualità qualsiasi potenzialità di reiterazione anche considerato il blocco di tutti i beni e le società riferibili allo COGNOME ritenuto dominus delle stesse.
Il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso venga rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi manifestamente infondati.
Va premesso che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628-01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884-01; Sez. 3, n. 20575 del 08/03/2016, COGNOME, Rv. 266939-01; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178-01). In tal senso si è efficacemente affermato che «il controllo di logicità deve rimanere “all’interno” del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate» (Sez. 2, n. 27123 del 03/05/2023, COGNOME, Rv. 284796-03; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, NOME, Rv. 255460; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 nonché, da ultimo, Sez. 4, n. 17651 del 28/03/2023, NOME, non mass.).
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, oltre che all’evidenza del tutto generico. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente il Pubblico Ministero ha impugnato il provvedimento originario articolando una critica specifica e basata su allegazione di dati indiziari rilevanti, compiutamente sostenuti nell’introdurre il giudizio di riesame. La
ricorrente con il suo motivo propone, dunque, una mera asserzione in ordine alla ritenuta genericità, senza alcun riscontro effettivo quanto alle caratteristiche del ricorso del Pubblico ministero.
Quanto ai residui motivi di ricorso, occorre osservare che, nel caso di specie, in tema di gravità indiziaria, la ricorrente ha offerto una lettura alternativa degli elementi probatori, proponendo non consentite doglianze di natura fattuale, a fronte di una ricostruzione molto precisa e dettagliata della vicenda contenuta nell’ampia ordinanza impugnata. Il Tribunale ha puntualmente richiamato le risultanze delle conversazioni intercettate e delle prove dichiarative dando conto coerentemente del ruolo della NOME quale prestanome in numerose società riferibili sia per costituzione e provenienza dei capitali al convivente della stessa COGNOME NOME, senza incorrere in alcuno dei vizi motivazionali denunciati. Dunque, si devono ritenere manifestamente infondati i motivi di ricorso, quanto alla sostanziale insussistenza della provvista indiziaria dei reati ex art. 512-bis cod. pen. oggetto di imputazione provvisoria.
In tal senso, ai fini della configurabilità del delitto di trasferimento di valori, deve essere evidenziata la necessità di non sovrapporre i piani del trasferimento fittizio di beni e quello della loro gestione occulta (Sez. 2, n. 27123 del 03/05/2023, COGNOME, Rv. 284796-03; Sez. 2, n. 17035 del 10/03/2022, Frascati, Rv. 283193-01), essendo necessaria l’attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibilità di denaro, beni o altre uti e risultando irrilevante, per contro, il trasferimento dei compiti di amministrazione di una società commerciale, anche nel caso in cui la condotta sia finalizzata alla elusione dell’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali (Sez. 2, n. 27123 del 03/05/2023, COGNOME, Rv. 284796-03; Sez. 2, n. 29633 del 28/05/2019, COGNOME, Rv. 276733-01; Sez. 5, n. 50289 del 7/07/2015, COGNOME., Rv. 265904-01; Sez. 6, n. 37375 del 06/05/2014, COGNOME, Rv. 261655-02; Sez. 6, n. 41514 del 25/09/2012, COGNOME, Rv. 253806-01). Il Tribunale nella considerazione della posizione della COGNOME, quale prestanome dello COGNOME, ha correttamente ritenuto, sulla base di una incensurabile ricostruzione in fatto (relativa sia alle attività di intestazione della società, che alla diretta provenienza e gestione dei capitali investiti allo COGNOME), il concorso nel reato avendo agito quale prestanome nelle numerose società per conto del proprietario e gestore di fatto effettivo, sulla base di un evidente previo accordo, specificamente considerato dal Tribunale
sulla base di una consistente provvista indiziaria (rappresentata da numerose captazioni e dalla ricostruzione di flussi patrimoniali e gestione di congerie societaria in relazione ad una serie di soggetti collegati per relazioni parentali alla COGNOME stessa, e quindi allo COGNOME). In tal senso è stato correttamente applicato il principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale il delitto di trasferimento fraudolento di valori ex art. 512-bis cod. pen. non ha natura di reato plurisoggettivo improprio, ma rappresenta una fattispecie a forma libera che si concretizza nell’attribuzione fittizia della titolarità o disponibilità di denaro o altro bene o utilità, sicché colui che si renda fittiziamente titolare di tali beni – nella specie, un familiare – con lo scopo di aggirare le norma in materia di prevenzione patrimoniale o di contrabbando, o di agevolare la commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio o impiego di beni di provenienza illecita, risponde a titolo di concorso nella stessa figura criminosa posta in essere da chi ha operato la fittizia attribuzione, in quanto con la sua condotta cosciente e volontaria contribuisce alla lesione dell’interesse protetto dalla norma(Sez. 2, n. 35826 del 12/07/2019, Como, Rv. 277075-01). In applicazione di tali principi il Tribunale ha correttamente ricostruito il cosciente concorso della ricorrente alla volontaria lesione dell’interesse protetto dalla norma oggetto della imputazione provvisoria.
6. Inoltre, quanto alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, costituito dal dolo specifico, va ribadito, come già affermato da questa Corte (Sez. 2, n. 27123 del 03/05/2023, COGNOME, Rv. 284796-03) che “la finalità elusiva delle misure di prevenzione patrimoniali può essere accompagnata da finalità concorrenti, non necessariamente ed esclusivamente collegate alla impellente e urgente necessità di liberarsi dei beni in vista di una loro possibile ablazione (in questo senso v. Sez. 2, n. 46704 del 09/10/2019, COGNOME, Rv. 277598 nonché, da ultimo, Sez. 2, n. 30573 del 03/02/2023, COGNOME, non mass.). L’accertamento in ordine al dolo è peculiare quando si tratti dell’elemento psicologico richiesto affinché anche il soggetto interposto possa essere ritenuto concorrente nel reato. In tal senso giova premettere che alcune pronunce di questa Corte hanno affermato che il delitto previsto dall’art. 512-bis cod. pen. richiede che tutti i concorrenti nel reato abbiano agito con il dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale (Sez. 2, n. 45080 del 14/10/2021, COGNOME, Rv. 282437-01; Sez. 6, n. 34667 del 07/05/2016, COGNOME, Rv. 267705-01), mentre secondo un altro orientamento, risponde a titolo di concorso anche colui che non è animato dal dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in
materia di prevenzione ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale, a condizione che almeno uno degli altri concorrenti agisca con tale intenzione e che della stessa il primo sia consapevole (Sez. 2, n. 38044 del 14/07/2021, COGNOME, Rv. 282202-01; Sez. 2, n. 38277 del 07/06/2019, COGNOME, Rv. 276954-01; di recente v. Sez. 2, n. 18260 del 06/05/2022, COGNOME, non mass.).” Il Tribunale ha correttamente applicato i principi enunciati da questo secondo orientamento, che anche il Collegio, in conformità alla decisione appena citata (Sez. 2, n. 27123 del 03/05/2023, COGNOME, Ry. 284796-03), condivide e ribadisce, in quanto conforme al principio più generale statuito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 16 del 05/10/1994, COGNOME, non mass. sul punto), secondo il quale, nelle fattispecie (anche) a dolo specifico, «la sussistenza del reato richiede che almeno uno dei concorrenti agisca per quella particolare finalità richiesta dalla norma incriminatrice; occorre peraltro che il concorrente privo del dolo specifico sia consapevole che altro concorrente agisca con il richiesto elemento soggettivo». Nello stesso senso si sono poi pronunciate le Sezioni Unite in tema di concorso esterno nel delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 202904-01). Risulta quindi infondata la doglianza con la quale la difesa ha lamentato la mancanza del dolo specifico in capo alla ricorrente, attesa la completa ricostruzione fornita dal Tribunale, con la quale di fatto la ricorrente omette di confrontarsi effettivamente, limitandosi alla proposizione di una propria e diversa lettura dei dati riscontrati dal Tribunale. Nel caso in esame la ricorrente è risultata coinvolta in modo formale, con titolarità di quote sociali e cariche in una congerie di società, tutte ricollegate al proprio convivente, nel chiaro intento di eludere controlli e misure di prevenzione, senza alcun elemento, anche solo indiziario, a supporto di una diretta riferibilità e possibilità di costituzione e gestione di tali società in capo alla stessa, mentre è stata considerata ampiamente, con motivazione logica con la quale la ricorrente non si confronta, la creazione di tali società e la diretta riferibilità delle stesse allo COGNOME (Sez. 2, n. 26099 del 16/07/2020, Dufrusine, Rv. 279588-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Manifestamente infondata anche la censura in tema di erronea applicazione dell’art. 274 cod. proc. pen., che si caratterizza tra l’altro per una sua sostanziale genericità. Il ricorso fornisce un’interpretazione del requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato che contrasta con la prevalente giurisprudenza di legittimità, condivisa dal Collegio, secondo la
quale (Sez. 5, n. 11250 del 19/11/2018, Rv. 277242-01), in tema di misure cautelari, il requisito dell’attualità del pericolo, previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale. Il Tribunale ha adempiuto con motivazione logica ed articolata all’onere motivazionale sul punto (pag. 17), evidenziando proprio le specicifità concrete delle condotte poste in essere, caratterizzate da carattere continuativo ed infungibile, in considerazione del decisivo contributo della ricorrente in un ampio meccanismo elusivo ed in relazione ad un dolo di elevata intensità, attesa la molteplicità delle condotte oggetto di imputazione provvisoria, richiamando esplicitamente lo stato di incensuratezza della ricorrente, ritenuto non sufficiente in considerazione dei dati concreti oggetto di valutazione, a superare la prognosi positiva in ordine alla ricaduta in altri reati. Con tale motivazione la ricorrente non si confronta, con evidente aspecificità e genericità del motivo. In altri termini, il requisito dell’attualit del pericolo può sussistere anche quando l’indagato non disponga di effettive ed immediate opportunità di ricaduta (Sez. 2, n. 44946 del 13/9/2016, COGNOME, Rv. 267965-01; Sez. 2, n. 47891 del 7/9/2016, COGNOME, Rv. 26836601; Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016, Rv. 269684-01), poiché la valutazione di attualità cautelare si risolve nella verifica di una congrua e coerente motivazione sulla “attuale”, permanente sussistenza dell’esigenza di disporre o tenere ferma la misura cautelare per il pericolo di reiterazione del reato. Dalla valutazione prognostica del giudice della cautela resta dunque estranea la previsione di una “specifica occasione” per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice (Sez. 2, n. 53645 del 8/9/2016, Lucà, Rv. 268977-01). Alla luce di tali coordinate ermeneutiche deve rilevarsi che la motivazione dell’ordinanza impugnata resiste ai rilievi censori relativi alla valutazione dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22 marzo 2024.