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Trasferimento fraudolento di valori: il ruolo del prestanome

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18421/2024, ha confermato un sequestro preventivo per il reato di trasferimento fraudolento di valori. La ricorrente, agendo come “prestanome” per il proprio convivente, figurava come titolare di quote in diverse società al fine di schermarne il patrimonio. La Corte ha stabilito che la consapevole partecipazione a tale schema è sufficiente per configurare il concorso nel reato, anche in assenza di prove dirette sul conferimento dei capitali da parte del soggetto occulto.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trasferimento Fraudolento di Valori: La Responsabilità Penale del Prestanome

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 18421 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità e complessità: il trasferimento fraudolento di valori. La pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere i contorni del reato previsto dall’art. 512-bis del codice penale e, in particolare, il ruolo e la responsabilità penale del cosiddetto “prestanome”. Quest’ultimo, figurando come titolare formale di beni o società, agisce in realtà per conto di un soggetto terzo che intende rimanere occulto, spesso per finalità illecite. Analizziamo nel dettaglio la decisione per capire quando questa condotta diventa penalmente rilevante.

I Fatti del Caso: Una Complessa Rete Societaria

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Palermo che, in accoglimento di un appello della Procura, aveva disposto il sequestro preventivo delle quote sociali e del patrimonio aziendale di numerose società. Tali asset erano formalmente intestati a una donna, la ricorrente, ma secondo l’accusa erano di fatto riconducibili al suo convivente, figura nota nel contesto criminale locale.

La difesa della ricorrente aveva impugnato il provvedimento, sostenendo la mancanza di prove circa la provenienza illecita dei capitali o un effettivo conferimento da parte del convivente. Si contestava, in sostanza, che la sola gestione di fatto da parte del partner e la titolarità formale delle quote potessero bastare a configurare il reato. Il ricorso mirava a dimostrare che la motivazione del Tribunale fosse apparente e che non fosse stato adeguatamente provato l’elemento soggettivo, ovvero la consapevolezza della ricorrente di partecipare a un’operazione illecita.

La Decisione della Cassazione e il Trasferimento Fraudolento di Valori

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la validità del sequestro preventivo. La decisione si fonda su principi giuridici consolidati in materia di misure cautelari reali e sulla natura stessa del reato di trasferimento fraudolento di valori.

I giudici di legittimità hanno ribadito che, in sede di riesame di un sequestro, il loro sindacato è limitato alla violazione di legge, che si configura solo in caso di mancanza assoluta o di motivazione meramente apparente. Per disporre il sequestro, inoltre, non è richiesta la prova della colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio, ma è sufficiente il cosiddetto fumus commissi delicti: la sussistenza di elementi concreti che rendano verosimile la commissione di un reato.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella qualificazione giuridica della condotta. Il delitto di cui all’art. 512-bis c.p. è una fattispecie a “forma libera”, il che significa che può essere commesso attraverso una pluralità di azioni. L’elemento centrale è l’attribuzione fittizia della titolarità o disponibilità di beni a un terzo, con lo scopo di eludere le norme in materia di misure di prevenzione patrimoniale o di agevolare la commissione di gravi reati come riciclaggio e ricettazione.

La Corte ha chiarito che chi accetta di fare da prestanome, rendendosi fittiziamente titolare di beni o quote societarie per conto altrui, risponde a titolo di concorso nello stesso reato. Non è necessario dimostrare che il prestanome abbia partecipato attivamente alla gestione o che abbia beneficiato economicamente dell’operazione. La sua condotta è penalmente rilevante perché, se posta in essere con coscienza e volontà, contribuisce in modo determinante a ledere l’interesse protetto dalla norma: la trasparenza dei patrimoni e la possibilità per lo Stato di aggredire i beni di provenienza illecita.

Nel caso specifico, il Tribunale aveva ampiamente motivato sulla base di elementi concreti: i legami familiari tra i soggetti coinvolti, la caratura criminale del convivente (considerato il vero dominus), e una serie di intercettazioni. La ricorrente era pienamente consapevole di partecipare a una complessa struttura societaria creata appositamente per schermare i capitali e gli interessi del partner. La sua non era una mera titolarità passiva, ma un contributo attivo e cosciente al disegno criminoso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La sentenza n. 18421/2024 rafforza un principio fondamentale: accettare di fare da prestanome non è mai un’azione priva di conseguenze. La responsabilità penale per trasferimento fraudolento di valori non richiede la prova di un coinvolgimento diretto nella gestione aziendale o nei flussi finanziari. Ciò che conta è la consapevolezza di prestare il proprio nome per occultare la reale proprietà di beni a un soggetto che intende sottrarsi alla legge.

Questa pronuncia costituisce un monito severo: la legge non punisce solo chi orchestra l’operazione fraudolenta, ma anche chi, con la propria disponibilità, ne permette la realizzazione. La semplice interposizione fittizia, quando finalizzata a scopi illeciti, è sufficiente per essere considerati concorrenti nel reato, con tutte le conseguenze che ne derivano, a partire da misure invasive come il sequestro preventivo dell’intero patrimonio aziendale.

Per configurare il reato di trasferimento fraudolento di valori, è necessario provare che il ‘dominus’ occulto abbia fornito i capitali per costituire la società?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il reato si concretizza con la sola attribuzione fittizia della titolarità a un prestanome. La condotta cosciente e volontaria del prestanome, volta a ledere l’interesse protetto dalla norma (cioè la trasparenza patrimoniale), è sufficiente per integrare il concorso nel reato, a prescindere dalla prova specifica dei conferimenti di capitale.

Qual è la responsabilità penale di chi accetta di fare da ‘prestanome’ in una società?
Chi si rende fittiziamente titolare di beni o quote societarie con lo scopo di aggirare norme di prevenzione patrimoniale o agevolare altri reati (come riciclaggio o ricettazione) risponde a titolo di concorso nel reato di trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.). La sua condotta, se cosciente e volontaria, contribuisce direttamente alla lesione dell’interesse protetto dalla legge.

Qual è il livello di prova richiesto per disporre un sequestro preventivo per trasferimento fraudolento di valori?
Per il sequestro preventivo non sono necessari i gravi indizi di colpevolezza richiesti per le misure cautelari personali. È sufficiente il cosiddetto ‘fumus commissi delicti’, ovvero l’astratta riconducibilità del fatto contestato a una determinata ipotesi di reato, basata su elementi di fatto concreti e persuasivi, anche solo indiziari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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