Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 38421 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 38421 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a LIVORNO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/05/2024 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG CINZIA PARASPORO Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’
udito il difensore
AVV_NOTAIO chiede l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, intestatario alla data del 15 aprile 2024 del 95% delle quote dell RAGIONE_SOCIALE, ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in data 21 maggio 2024 del Tribunale di Milano, in funzione di giudice per il riesame, che ha confermato il decreto di sequestr preventivo delle quote della RAGIONE_SOCIALE, adottato ai sensi dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen. dal Giudice per le indagini preliminari di quel Tribunale in relazione ai reati provvisoriame ascrittigli, in concorso con NOME NOMENOME NOME sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, di cui al capo 7), e di trasferimento fraudolento di valori, di cui al capo 8), per essers prestato alla fittizia intestazione delle dette quote allo scopo di coadiuvare NOMENOME NOME NOME NOME era l’effettivo titolare, nell’operazione di trasferimento delle attività della RAGIONE_SOCIALE gravata da ingenti esposizioni debitorie anche nei confronti dell’Erario, ad una nuova società all’uopo costituita, per mettere al riparo i beni aziendali della prima da eventuali azio recupero forzoso delle pretese erariali e per eludere le disposizioni di legge in materia di misu di prevenzione patrimoniali, delle quali lo stesso COGNOME COGNOME potuto subire l’applicazion essendo stato condannato per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. ed essendo sta sottoposto alla misura di prevenzione personale dell’avviso orale.
L’atto d’impugnativa, sottoscritto dal difensore di COGNOME, consta di tre mot enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto stabilito dall’ar 173 disp. att. cod. proc. pen..
Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 125, comma 3, e 192 cod. proc. pen., per essere l’ordinanza impugnata corredata da motivazione inesistente o apparente in punto di sussistenza del fumus commissi delicti.
E’ dedotto che il Tribunale, venendo meno all’obbligo di valutare gli elementi indiziari atti alla stregua del canone di cui all’art. 192 cod. proc. pen., COGNOME giustificato l’esistenz fumus dei reati di cui agli addebiti preliminari -, ossia che l’operazione di cessione del r d’azienda della RAGIONE_SOCIALE (il RAGIONE_SOCIALE) altro non fosse che una mera ‘partita di giro’ volta a camuffare l’illecito spoglio della società cedente per le finalità indicate nei ca 8), sulla base di valutazioni prive di qualsivoglia effettivo e concreto riscontro nelle emerge investigative: valorizzando, cioè, il solo fatto che, dopo che la RAGIONE_SOCIALE aveva versato all RAGIONE_SOCIALE il saldo (per l’ammontare di Euro 48.000,00) della cessione del ramo d’azienda, una somma di importo pressoché equivalente (per l’ammontare di Euro 40.000,00) era stata bonificata da NOME a NOME COGNOME, allora socia e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE.
Di gran lunga più significativi sarebbero stati, invece, gli elementi di pro immotivatamente ignorati dal giudice della cautela, atti a dar conto dell’assenza del caratter simulato del detto negozio: tra questi, le circostanze che il ricorrente e la madre avesser ottenuto un finanziamento, garantito da ipoteche, per pagare il corrispettivo della cessione de ramo d’azienda; che avessero rilevato la licenza per la vendita di tabacchi del ‘RAGIONE_SOCIALE Lid
sostenendo un ulteriore oneroso impegno economico; che avessero effettivamente gestito l’attività legata al ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘; che il disegno ordito da COGNOME e dal suo consulente COGNOME, prevedeva un doppio passaggio societario, segnatamente dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE e da questa alla RAGIONE_SOCIALE non si era avverato.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 125, comma 3, e 192 cod. proc. pen., per essere l’ordinanza impugnata corredata da motivazione inesistente o apparente in punto di sussistenza del fumus commissi delicti con specifico riferimento all’elemento soggettivo dei reati di cui all’addebito provvisorio.
Quanto all’elemento soggettivo del delitto di trasferimento fraudolento di valori è dedotto che le giustificazioni addotte a sostegno della consapevolezza del ricorrente del proposito elusivo delle disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, che aveva animato l’agire di COGNOME – ossia, gli stretti rapporti esistenti, la notorietà delle vicende proc dell’interponente, le modalità della cessione del ramo d’azienda della RAGIONE_SOCIALE e la prosecuzione dell’attività ad essa connessa anche dopo la morte di NOME COGNOME, convivente di NOME COGNOME -, lungi dall’essere realmente dimostrative dell’asserita compiacenza dei membri della famiglia COGNOME nell’intestarsi le quote della società utilizzata da COGNOME quale schermo pe prosecuzione della sua attività imprenditoriale, sarebbero mere deduzioni argomentative.
Quanto all’elemento soggettivo del delitto di sottrazione fraudolenta di beni al pagamento delle imposte, è dedotto che la motivazione al riguardo sarebbe inesistente e, comunque, che nulla proverebbero, in punto di consapevolezza da parte del ricorrente e dei suoi familiari dell macchinazioni ordite da COGNOME per sottrarsi al pagamento verso il Fisco, neppure le intercettazioni richiamate nel corpo del provvedimento impugnato.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’artt. 125, comma 3, cod. proc. pen., pe essere l’ordinanza impugnata corredata da motivazione inesistente o apparente in punto di sussistenza del periculum in mora.
Tautologica sarebbe, ad avviso della difesa del ricorrente, l’argomentazione a sostegno della pertinenzialità delle quote della RAGIONE_SOCIALE rispetto ai reati di cui al preliminare addeb non essendovi prova né che i beni aziendali della RAGIONE_SOCIALE fossero in essa confluiti in assenza del pagamento del corrispettivo, né che essa fosse stata appositamente costituita per consentire a NOME di realizzare i propri propositi elusivi sia delle pretese del Fisco che delle disposizio legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali.
L’affermazione secondo la quale la libera disponibilità delle quote della RAGIONE_SOCIALE da parte del ricorrente potrebbe consentire all’interponente NOME di proseguire la propria attiv illecita sarebbe parimenti priva di riscontro fattuale, non essendo questi più dipendente dell RAGIONE_SOCIALE
Con requisitoria in data 9 settembre 2024, il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona del Sostituto, Dottoressa NOME COGNOME, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
La trattazione del ricorso ha avuto luogo oralmente, avendone il ricorrente avanzato tempestiva richiesta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Secondo il diritto vivente il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692). Non rientra, pertanto, nella nozione di violazione di legge l’illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudi di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) d 606 stesso codice (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Rv. 226710).
Inoltre, e sotto diverso profilo, se è vero che il tribunale del riesame è tenuto a valut la sussistenza o meno del fumus commissi delicti, quale indefettibile requisito del sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., non avendo riguardo alla sola astratt configurabilità del reato, ma tenendo conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle par perciò, indicando, sia pure sommariamente, le ragioni che, allo stato degli atti e fatto salv regime della progressione processuale, rendono sostenibile o meno l’impostazione accusatoria, ciò non significa, tuttavia, che al giudice cautelare sia demandato un giudizio anticipato su responsabilità. Ai fini dell’integrazione del fumus, sono richiesti, infatti, sufficienti indizi del reato (c.d. ‘serietà degli indizi’) e non gravi indizi di colpevolezza: «Le condizioni general l’applicabilità delle misure cautelari personali, previste dall’art. 273 cod. proc. pen. – è st proposito, affermato dalla giurisprudenza di questa Corte – non sono estensibili, per le lo peculiarità, alle misure cautelari reali essendo precluse per queste ultime, in sede di verifica d legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, ogni valutazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati e sulla gravità degli stessi» (Sez. 5, n. 1 del 26/01/2010, Rv. 247134; conf. Sez. 3, n. 37851 del 04/06/2014, Rv. 260945; Sez. 6, n. 45591 del 24/10/2013, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Nel caso al vaglio, dunque, a fronte dell’approfondita valutazione degli elementi indiziar raccolti e della completa motivazione che ne ha dato conto, con la quale, tra l’altro, il Tribun
ha evidenziato gli elementi positivi – e congruamente argomentati – atti ad escludere la rilevanza degli elementi allegati dalla difesa, non emerge il profilo dell’omessa o mancante motivazione in ordine al fumus commissi delicti eccepito dal ricorrente. È stata, di contro, debitamente illustrata nell’ordinanza impugnata la collocazione temporale dei diversi interventi posti in essere da NOME sui beni aziendali della RAGIONE_SOCIALE, società gravata da una rilevante esposizione debitoria nei confronti dell’Erario, nonché la sequenza degli atti mediante i quali questi, gestore di fatto della stessa, ha, prima, costituito la RAGIONE_SOCIALE e, poi, ne ha attribuit titolarità formale delle quote ai membri della famiglia COGNOME, onde schermare le propri sostanze – trasferite dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE – da prevedibili azioni esecutive da par dell’Erario o dalla sottoposizione a misure di prevenzione reale, sicché ricorrono oggettivamente gli estremi dei reati di cui agli addebiti formulati nei capi 7) e 8).
Tanto comporta l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
2. E’ ius receptum che, in relazione ai provvedimenti che dispongono misure di cautela reale, nella valutazione del “fumus commissi delicti” può rilevare anche l’eventuale difetto dell’elemento soggettivo del reato, purché di immediata evidenza (Sez. 2, n. 2808 del 02/10/2008, dep. 2009, Rv. 242650). Questa Corte ha, infatti, spiegato che, poiché in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al “fumus” del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata, il giudice stesso può rilevare anche il difetto dell’elemento sogget del reato, purché lo stesso emerga “ictu ocu/i” (Sez. 4, n. 23944 del 21/05/2008, Rv. 240521; Sez. 1 n. 21736 del 11/05/2007, Rv. 236474).
Assenza dell’elemento soggettivo del delitto di trasferimento fraudolento di valori, di cu al capo 8), addebitato al ricorrente in concorso con COGNOME NOME, che non emerge con immediata evidenza dagli elementi indiziari riportati nell’ordinanza impugnata: la quale, peraltro conformandosi al più recente orientamento interpretativo di questa Corte, ha pure avuto cura di sottolineare che, in tema di trasferimento fraudolento di valori, l’intestatario fittizio del ben deve essere animato necessariamente dal dolo specifico, che caratterizza, invece, la condotta dell’interponente, unico soggetto direttamente interessato a eludere la possibile adozione di misure di prevenzione a suo carico, essendo sufficiente, invece, la consapevolezza del dolo specifico altrui (Sez. 2, n. 16997 del 28/03/2024, Rv. 286355; conf. Sez. 6, n. 19108 del 15/02/2024, Rv. 286662), sicché non rileva la effettiva finalità imprenditoriale perseguita da ricorrente COGNOME NOME con i beni aziendali della RAGIONE_SOCIALE delle cui quote egli sarebbe secondo l’ipotesi accusatoria, intestatario fittizio.
Peraltro, onde dar conto della consapevolezza da parte di COGNOME NOME della finalità elusiva delle disposizioni di legge in materia di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali perseguita da COGNOME NOME con l’intestazione delle quote della RAGIONE_SOCIALE in capo ai membri della famiglia COGNOME, il Tribunale ha valorizzato due evidenze fattuali che, allo stato, appalesano di decisivo rilievo: ossia, che la RAGIONE_SOCIALE non aveva sostanzialmente pagato
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alcunché per l’acquisto del ramo di azienda della RAGIONE_SOCIALE, posto che, poco dopo che la RAGIONE_SOCIALE aveva versato alla RAGIONE_SOCIALE. il saldo (per l’ammontare di Euro 48.000,00) della cessione del ramo d’azienda, una somma di importo pressoché equivalente (per l’ammontare di Euro 40.000,00) era stata bonificata da NOME a NOME COGNOME, allora socia e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, a titolo di ‘prestito infruttifero’; che, in data successiva al decesso di COGNOME, avvenuto il 23 ottobre 2022, aveva avuto luogo (in data 10 novembre 2022) la cessione delle quote della RAGIONE_SOCIALE, detenute dalla COGNOME, che era stata la compagna di COGNOME NOME, a COGNOME NOME, compagna di COGNOME NOME.
Quanto al delitto di cui al capo 7), la denunciata assenza di motivazione in ordine al relativo elemento soggettivo, con peculiare riguardo all’effettiva consapevolezza da parte del ricorrente COGNOME COGNOME disegno di COGNOME di eludere le pretese del Fisco sui beni a lui riferibil determina l’illegittimità del provvedimento censurato.
Infatti, il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l’esistenza di collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore, sicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose di proprietà di un terzo, estraneo all’illecito e in buona fede nel caso in cui la loro libera disponibilità sia idonea a costituire pericolo di aggravamento o protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (Sez. 3, n. 24065 del 11/04/2024, Rv. 286552; Sez. 5, n. 37033 del 16/06/2006, Rv. 235283). Il che comporta che, una volta acclarata l’utilizzazione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE da parte di COGNOME alla stregua di strumento predisposto per sottrarre le attività aziend della RAGIONE_SOCIALE al soddisfacimento dei crediti erariali, dissimulandone la riferibilità alla sua pe mediante l’intestazione fittizia delle quote al compiacente COGNOME, il mancato approfondimento della questione se questi fosse o meno consapevole della finalità perseguita da NOME – perché rimasto, eventualmente, estraneo al reato di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 -, è priva decisivo rilievo.
Consegue, pertanto, l’infondatezza anche del secondo motivo di ricorso.
3. Quanto al profilo del periculum in mora, il Tribunale ha ampiamente motivato in ordine alla strumentalità della RAGIONE_SOCIALE – le cui quote risultavano detenute, al momento dell’esecuzione del sequestro, nella misura del 95% dal ricorrente COGNOME NOME – rispetto al commissione dei reati di cui ai capi 7) e 8), valorizzando le modalità di loro realizzazion essendosi valso, COGNOME NOME, dominus effettivo della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, di questo secondo ente per mettere al riparo le proprie sostanze da prevedibili aggressioni da parte dello Stato, determinate da ragioni di soddisfacimento delle pretese erariali e da ragioni di ordin pubblico: scelta che COGNOME consentito al sistema illecito, oggetto di contestazione, di sussister e di protrarsi nel tempo. Il che vale quanto affermare che è stato proprio lo “schermo” societario al quale il ricorrente si è prestato, a connotare i reati contestati e a configurare quel vinco asservimento delle quote societarie della RAGIONE_SOCIALE. rispetto all’attività illecita.
Ciò si pone in linea con i principi affermati da questa Corte in materia, secondo cui, ai fin della legittimità del sequestro preventivo di quote societarie occorre dimostrare il durevole asservimento della società, della cui proprietà esse sono rappresentative, alla commissione delle attività illecite oggetto di addebito (Sez. 4, n. 7107 del 25/01/2022, Rv. 282674; Sez. 5, n 14017 del 20/01/2021, Rv. 281026; Sez. 5, n. 5868 del 11/12/2018, dep. 2019, Rv. 275496, Sez. 6, n. 20244 del 08/02/2018, Rv. 273268), di modo che il giudice della cautela è tenuto a dar conto della necessità di un nesso di specifica, non occasionale e non mediata strumentalità tra il bene e la condotta criminosa, da valutare anche verificando la rispondenza della misura cautelare adottata ai principi di adeguatezza e proporzionalità rispetto alla finalità della ste (Sez. 6, n. 17763 del 13/12/2018, dep. 2019, Rv. 25886).
Di tale necessità il Tribunale censurato si è dimostrato avvertito, avendo motivato sulla sussistenza di tale nesso richiamando tutti gli elementi indiziari deponenti per l’intestazio fittizia delle quote della RAGIONE_SOCIALE in capo a COGNOME NOME e per l’esistenza di tutto il po decisionale in ordine alla gestione di essa in capo a COGNOME NOME: valorizzando, dunque, la compenetrazione tra il potere decisionale e l’effettiva proprietà della società in capo quest’ultimo, che ha consentito la strumentalizzazione della RAGIONE_SOCIALE al perseguimento dei fini illeciti da lui avuti di mira, quale dominus di fatto della stessa, con prevedibile protrazione di tale strumentalizzazione in assenza della sottoposizione delle quote ad un vincolo d’indisponibilità anche da parte del loro intestatario formale.
Donde, i rilievi difensivi articolati con il terzo motivo di ricorso, ivi compresi quelli in all’estromissione di COGNOME NOME dalla società, in quanto non più dipendente della stessa, sono privi di valenza censoria, in quanto non calibrati sulla specifica ratio decidendi dell’ordinanza impugnata in punto di sussistenza del periculum predetto.
Ne deriva l’infondatezza pure del terzo motivo di ricorso.
Per tutto quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato; segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 2/10/2024.