Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 13347 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 13347 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza emessa in data 6.07.2023 dal Tribunale di Roma visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il difensore, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi
di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma ha applicato a
NOME COGNOME NOME la misura della custodia in carcere in ordine ai delitti di cui all’art. 416-bis cod. pen. (capo 1) e di cui agli artt. 110, 512-bis cod. pen. (cap 67), 68), 69) e 70) della rubrica nel procedimento c.d. Propaggine bis.
Secondo l’ipotesi di accusa, il COGNOME NOME sarebbe stato intraneo ad una cosca di ‘RAGIONE_SOCIALE operante a Roma, diretta da NOME COGNOME e NOME COGNOME, e si sarebbe reso autore di plurime condotte di intestazione fittizia dei barRAGIONE_SOCIALE siti in INDIRIZZO ed in INDIRIZZO, nell’interesse dei capi de clan.
Il COGNOME, all’atto dell’esecuzione di questa misura coercitiva, era, peraltro, stato già attinto da una ordinanza applicativa della misura coercitiva della custodia in carcere emessa in data 23 febbraio 2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma nel procedimento c.d. Propaggine, in quanto ritenuto gravemente indiziato della commissione del delitto di cui al capo 14) (interposizione fittizia in favore di NOME COGNOME, con riferimento all’attività INDIRIZZO Selinunte) e al capo 35) (favoreggiamento, per aver agevolato gli incontri tra i vertici della locale romana di ‘RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME e NOME COGNOME).
il Tribunale del riesame di Roma, con ordinanza del 28 novembre 2022, in parziale accoglimento della richiesta di riesame proposta dal COGNOME, ha annullato il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari in riferimento al reato di partecipazione all’articolazione periferica della ‘RAGIONE_SOCIALE di cui al capo 1) della rubrica e ha confermato l’ordinanza impugnata quanto agli ulteriori capi per i delitti di interposizione fittizia.
La Seconda sezione penale della Corte di cassazione con sentenza n. 27122 del 20 aprile 2023, in accoglimento dei ricorsi proposti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma e dal COGNOME NOME, ha annullato l’ordinanza impugnata e ha rinviato per nuovo esame al Tribunale di Roma, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Quanto al ricorso proposto dal Pubblico Ministero, la Corte di cassazione ha rilevato la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine alla ritenuta inidoneità delle plurime condotte di intestazione fittizia realizzate dall’indagato a integrare gravi indizi colpevolezza in ordine alla partecipazione all’associazione di stampo mafioso.
Quanto al ricorso proposto dall’indagato, volto a dimostrare che i plurimi reati di cui all’art. 512-bis cod. pen., contestati ai capi 67), 68), 69) e 70) del rubrica e relativi alle attività commerciali condotte rispettivamente in INDIRIZZO ed in INDIRIZZO in Roma, dovessero rispettivamente ritenersi quali segmenti di un’unica attività di fittizia interposizione, la Corte di cassazione ha disposto:
«a) di verificare se, sulla scorta della ricostruzione dei fatti per come asseverata dai provvedimenti di merito, le condotte possano, dal punto di vista naturalistico e giuridico, integrare altrettanti autonomi fatti di reato, accentrando in sé un proprio disvalore, anche in ragione dell’identità o meno dei soggetti via via coinvolti, ovvero si sia, al contrario, al cospetto di un concorso di persone nell’originario unico reato, ove le ulteriori difformità tra titolarità formal apparente siano ascrivibili, sul piano causale, quali segmenti volti a rafforzare l’originaria intestazione fittizia, perfezionando lo schermo e rendendolo più funzionale;
b) di accertare se i successivi passaggi abbiano una finalità mediata, ossia meramente prodromica alla realizzazione dell’unitario obiettivo illecito avuto di mira ovvero una finalità ultima di rafforzamento e di completamento dell’operazione di interposizione fittizia realizzata».
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Roma, pronunciando in sede di rinvio, ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME NOME e ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, in relazione a tutte le contestazioni elevate nei confronti del ricorrente, condannandolo al pagamento delle spese del procedimento.
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno presentato ricorso avverso tale ordinanza e ne hanno chiesto l’annullamento, deducendo cinque motivi e, segnatamente:
la violazione di legge e la mancata osservanza del principio dettato dalla Corte di cassazione in sede rescindente, considerando come autonomi i singoli atti che integrano due sole e unitarie vicende di trasferimento fraudolento di valori (contestate ai capi 67), 68) e 69), quanto alla vicenda della RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, e ai capi 70) e 14), con riferimento alla vicenda di INDIRIZZO).
Il Tribunale del riesame, infatti, pur accendendo ad una ricostruzione in fatto che depone nel senso della sua unitarietà, l’avrebbe negata in punto di diritto, violando il principio di diritto dettato in sede rescindente e il divieto di ne bis in idem; in entrambe le vicende, infatti, i bar-RAGIONE_SOCIALE sarebbero stati gestiti mediante una ragnatela di società volte a realizzare un unico schermo patrimoniale per gestire il medesimo bene.
I reati di trasferimento fraudolento, integrati da condotte progressive, sarebbero, dunque, al più due e non cinque, come contestati nel titolo genetico.
l’erronea applicazione della legge penale e il riferimento alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di delitti di trasferimento fraudolento di valori e della impiegati da soggetto interessato a schermarli. vizio di motivazione con colpevolezza in ordine ai provenienza dei capitali
Il Tribunale del riesame, infatti, avrebbe ritenuto dimostrato tale elemento di fattispecie solo in ragione delle scarse capacità economiche dichiarate proprio dal COGNOME nel proprio interrogatorio e da alcune intercettazioni telefoniche dalle quali risultava che l’COGNOME avesse investito ingenti somme di danaro nella attività RAGIONE_SOCIALE e Binario 69.
Ad avviso dei difensori, tuttavia, non sarebbe stata acquisita alcuna prova che dimostri che i capitali utilizzati per l’acquisto delle attività di INDIRIZZO e di INDIRIZZO fossero dell’COGNOME.
La carenza di motivazione sul punto renderebbe incontestate le difese del COGNOME, volte a dimostrare come i beni asseritamente oggetto di intestazione fittizia fossero stati acquistati ricorrendo a cambiali da onorare con i profitti del attività, con l’aiuto, pur marginale, da parte del padre NOME e i proventi della vendita di una precedente attività commerciale (una pizzeria).
l’erronea applicazione della legge penale in ordine alla carenza del concorrente interessato all’elusione della misura di prevenzione e il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del dolo specifico del COGNOME, in quanto il medesimo, essendo un soggetto incensurato, non aveva interesse ad eludere le misure di prevenzione.
Rilevano, peraltro, i difensori che NOME COGNOME, del resto, all’epoca delle acquisizioni era incensurato e privo di carichi pendenti;
d) il vizio di motivazione e la violazione degli artt. 192, 273 cod. proc. pen. e degli artt. 42, 43, 416-bis cod. pen. e il vizio di travisamento della prova con riferimento alla ritenuta partecipazione del COGNOME NOME all’associazione di ‘RAGIONE_SOCIALE.
Illogico sarebbe, infatti, ritenere che l’NOME e il COGNOME per incontrarsi (i data 4 aprile e 9 maggio 2018) ricorressero ad un intraneo, come il ricorrente, e non ad un soggetto estraneo al sodalizio criminoso.
Il Tribunale del riesame avrebbe, inoltre, travisato i dati probatori citati (l origini calabresi del ricorrente, invero non significative, l’arco temporale nel quale il ricorrente avrebbe deciso di fare affari con NOME COGNOME) e non avrebbe considerato la rilevanza della mancata conoscenza da parte del ricorrente di informazioni riservate, la sua mancata presenza alle «mangiate», l’assenza di prova di flussi economici tra il ricorrente e il clan e il mancato conferimento di una dote).
La conoscenza con alcuni soggetti intranei al clan non potrebbe, peraltro, dimostrare la stabilità del contributo reso, né il dolo di partecipazione del ricorrente.
e) il vizio di motivazione e la violazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., quanto alla scelta della misura custodiale, per non aver preso in considerazione, nell’interrogatorio, la portata delle dichiarazioni, dal contenuto dissociativo, rese
dal ricorrente, anche in relazione alla possibilità di applicare una misura coercitiva meno afflittiva.
In data 23 dicembre 2023 l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ha presentato motivi aggiunti.
6.1. Con il primo motivo aggiunto il difensore ulteriormente censura la violazione degli artt. 15, 512-bis c.p. e 649 c.p.p. e, in AVV_NOTAIO, di tutte disposizioni che disciplinano il concorso di reati, in quanto qualora le condotte siano tutte univocamente dirette a schermare un unico complesso aziendale (il RAGIONE_SOCIALE e quello di INDIRIZZO Selinunte), si sarebbe in presenza di un unico reato di trasferimento fraudolento di valori.
6.2. Con il secondo motivo aggiunto il difensore ribadisce il vizio di motivazione e di applicazione della legge penale con riferimento alla mancata considerazione dell’ipotesi del concorso esterno e l’applicabilità della sola aggravante agevolativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto i motivi proposti sono infondati.
Con il primo motivo i difensori censurano la violazione di legge e la mancata osservanza del principio dettato in sede rescindente, considerando come autonomi i singoli atti che integrano due sole e unitarie vicende di trasferimento fraudolento di valori (capi 67), 68) e 69), quanto alla vicenda della RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, e 70) e 14), con riferimento alla vicenda di INDIRIZZO).
Con il primo motivo aggiunto i difensori hanno ulteriormente censurato la violazione della legge penale con riferimento agli artt. 15, 512-bis c.p. e 649 cod. proc. pen. e, in AVV_NOTAIO, con riferimento a tutte le norme che disciplinano il concorso di reati, in quanto qualora le condotte siano tutte univocamente dirette allo schermo di un unico complesso aziendale (il RAGIONE_SOCIALE e quello di INDIRIZZO Selinunte), si sarebbe in presenza di un unico reato di trasferimento fraudolento di valori.
I motivi sono inammissibili per aspecificità, in quanto non si confrontano con la GLYPH motivazione dell’ordinanza impugnata, ma contestano gli elementi probatori posti a fondamento della stessa.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, tuttavia, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca
insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (ex plurimis: Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, COGNOME, Rv. 241997).
Il Tribunale del riesame, a pag. 30 (con riferimento alla vicenda di INDIRIZZO Selinunte) e a pag. 35 (con riferimento alla vicenda di INDIRIZZO) ha precisato che nell’ordinanza originaria del riesame si è fatto ricorso al sia~a «vicenda» per comodità espositiva e non già per attribuire alle condotte illecite accertate una dimensione giuridicamente unitaria.
Il Tribunale del riesame ha, del resto, rilevato che le condotte di trasferimento fraudolento di valori poste in essere con riferimento al RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO INDIRIZZO non possono essere unificate, in quanto sono state commesse da soggetti differenti e a cinque anni di distanza.
A pag. 31 il Tribunale del riesame ha evidenziato, con riferimento alla vicenda di INDIRIZZO, che «l’intestazione fittizia di cui al capo 14 veniva infat commessa nell’aprile 2016 da persone diverse ed aveva un oggetto differente rispetto a quella di cui alla contestazione sub 70».
A pag. 45, il Tribunale, dopo aver evidenziato plurimi elementi indiziari (non censurati dal ricorrente), ha rilevato che «il fatto di cui al capo 69 va ritenut autonomo come i fatti precedenti. Come esposto prima, le precedenti intestazioni fittizie di cui ai capi 67 e 68 si erano totalmente perfezionate, non avendo bisogno, ai fini della loro efficacia della condotta di cui al capo 69.
Tra le condotte vi era poi diversità in riferimento all’attività (il bar/tavo calda era oggetto della condotta di cui al capo 67 e 69, mentre quella di cui al capo 68 riguardava la RAGIONE_SOCIALE), alle società (o ditte: capo 67 GM, capo 68 RAGIONE_SOCIALE, capo 69 ME.DE) alle persone (il fatto di cui al capo 67 veniva commesso anche con COGNOME NOME e NOME; quello di cui al capo 68 grazie all’apporto di COGNOME NOME, alla data di commissione dei fatti (capo 67, 17.2.2019; capo 68, 30.6.2020; capo 69, 6.7.2021).
La circostanza che in tutti gli episodi della vicenda NOME operassero COGNOME NOME e COGNOME NOME non poteva ritenersi motivo da cui desumere l’unitarietà (dei reati) mostrando solo – semmai – come gli imputati fossero strettamente legati.
Nella valutazione non certo illogica del Tribunale, dunque, i mutamenti delle compagini sociali e le connesse intestazioni fittizie conseguivano non già alla volontà di incidere sull’efficacia della pregressa condotta, ma dalla necessità di risolvere problemi o esigenze, di volta in volta, sorte nella gestione delle varie società o nel loro assetto proprietario.
La reiterazione dei reati-fine di fraudolento trasferimento di valori, mediante l’intestazione fittizia delle quote di partecipazioni sociali, con modalità ricorrent al fine di eludere l’applicazione delle misure di prevenzione, dunque, lungi dal risolversi in una unitarietà giuridica delle condotte accertate, costituiva un significativo elemento probatorio dal quale desumere la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso.
Il vizio denunciato è, dunque, insussistente, in quanto il Tribunale del riesame ha svolto l’accertamento demandatogli dalla sentenza rescindente e ha congruamente motivato sul punto.
Con il secondo motivo il ricorrente censura l’erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di trasferimento fraudolento di valor e della provenienza dei capitali impiegati da soggetto interessato a schermarli e, segnatamente, dall’COGNOME.
Il motivo è inammissibile, in quanto propone una diversa ricostruzione delle risultanze istruttorie, non consentita in sede di legittimità.
Il Tribunale di Roma ha, peraltro, rilevato non certo illogicamente che il ricorrente nelle acquisizioni delle tabaccherie non aveva impegnato fondi propri, ma dei propri soci occulti e che tali disponibilità erano riferibili ai vertici della lo ‘ndranghetistica, come confermato anche dalle intercettazioni telefoniche eseguite sulle utenze dell’COGNOME e dagli accertamenti svolti sui profili patrimoniali della cosca.
Con il terzo motivo il ricorrente censura l’erronea applicazione della legge penale in ordine alla carenza del concorrente interessato all’elusione della misura di prevenzione e il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del dolo specifico del COGNOME, in quanto il medesimo, essendo un soggetto incensurato, non aveva interesse ad eludere le misure di prevenzione. NOME COGNOME, del resto, all’epoca delle acquisizioni era incensurato e privo di carichi pendenti.
Anche questo motivo si risolve in una inammissibile sollecitazione ad addivenire una diversa ricostruzione delle risultanze istruttorie.
Il Tribunale del riesame a pag. 51 dell’ordinanza impugnata ha congruamente rilevato come l’intestazione fittizia fosse finalizzata ad eludere l’applicazione di misure di prevenzione nei confronti di NOME COGNOME e che il COGNOME NOME, intraneo agli equilibri della cosca di ‘RAGIONE_SOCIALE e consapevole di gestire ingenti risorse non proprie, aveva la consapevolezza della finalità elusiva delle operazioni di intestazione fittizia poste in essere.
Con il quarto motivo il ricorrente censura il vizio di motivazione e la violazione degli artt. 192, 273 cod. proc. pen. e degli artt. 42, 43, 416-bis cod. pen. e il vizio di travisamento della prova con riferimento alla ritenuta partecipazione del COGNOME NOME all’associazione di ‘RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è, tuttavia, inammissibile, in quanto propone una censura di AVV_NOTAIO travisamento del fatto e non di singoli elementi indiziari.
Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, Dessimone, Rv. 207944).
Sono, infatti, precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrent come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601-1; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Il Tribunale del riesame ha, peraltro, congruamente motivato in ordine alla costante messa a disposizione del COGNOME in favore della cosca diretta da NOME e NOME e alla sua intraneità alle vicende e ai rapporti illeciti del sodalizio, agendo da fiduciario, prestandosi reiteratamente a intestazioni fittizie e ripetutamente agevolando i contatti tra NOME e NOME.
Con il quinto motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione e la violazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., quanto alla scelta della misura custodiale, per non aver preso in considerazione, nell’interrogatorio, la portata delle dichiarazioni, dal contenuto dissociativo, rese dal ricorrente, anche in relazione alla possibilità di applicare una misura coercitiva meno afflittiva.
Il motivo è volto manifestamente infondato, in quanto tale elemento, peraltro non decisivo (in quanto meramente fondato sull’affermazione operata dal ricorrente nell’interrogatorio di garanzia di dissociarsi «da questo tipo di accuse») non è stato pretermesso, ma espressamente confutato, con motivazione congrua, dal Tribunale del riesame alle pagg. 68-71 dell’ordinanza impugnata.
Il Tribunale del riesame ha, inoltre, ritenuto sussistente l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari, rilevando che il COGNOME NOME ha svolto il ruolo di fiduciario e di uomo cerniera della cosca «anche in tempi vicini e
immediatamente prossimi al primo titolo restrittivo» (pag. 65 dell’ordinanza impugnata).
Con il secondo motivo aggiunto l’AVV_NOTAIO ha censurato il vizio di motivazione e di applicazione della legge penale con riferimento alla mancata considerazione dell’ipotesi del concorso esterno e l’applicabilità della sola aggravante agevolativa.
Il motivo motivi è, tuttavia, aspecifico, in quanto non si confronta con la motivazione dell’ordinanza impugnata e si risolve nella prospettazione di una prospettazione alternativa delle risultanze probatorie.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigetto e il ricorrente de essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2024.