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Trasferimento fraudolento di valori: Cassazione delinea

La Corte di Cassazione esamina un caso di trasferimento fraudolento di valori legato alla gestione di un ristorante. La sentenza distingue nettamente tra l’investimento personale di un soggetto, finalizzato a eludere misure di prevenzione, e l’investimento fatto per agevolare un’associazione mafiosa. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto sussistenti i gravi indizi per il reato base, ma non per l’aggravante mafiosa, rigettando i ricorsi di accusa e difesa e chiarendo i limiti del proprio sindacato sulla valutazione delle prove.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trasferimento Fraudolento di Valori: la Cassazione tra Prova e Aggravante Mafiosa

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43668/2024, torna a pronunciarsi su un tema delicato e complesso: il trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.), in particolare quando si intreccia con contesti di criminalità organizzata. La decisione offre importanti chiarimenti sulla distinzione tra l’investimento di un singolo, seppur appartenente a un clan, per fini personali e l’operazione economica finalizzata a rafforzare la consorteria mafiosa. Il caso in esame riguarda la gestione occulta di un ristorante, formalmente intestato a un terzo ma di fatto controllato da un noto esponente di un’organizzazione criminale e da sua figlia.

I Fatti del Caso: La Gestione Occulta di un Ristorante

La vicenda giudiziaria trae origine da un’indagine che ha fatto luce sulla gestione di un’attività di ristorazione. Secondo l’accusa, il ristorante era nella sostanziale titolarità del capo di un clan mafioso, che lo aveva formalmente intestato a un prestanome per eludere possibili misure di prevenzione patrimoniale. La gestione di fatto era affidata alla figlia, accusata di aver agito con la piena consapevolezza della finalità illecita dell’operazione, configurando così il reato di trasferimento fraudolento di valori.

Inizialmente, le contestazioni mosse alla donna erano due: la partecipazione all’associazione mafiosa del padre e, appunto, il ruolo di concorrente nel reato di intestazione fittizia, aggravato dall’aver agito per agevolare l’associazione stessa.

Il Complesso Iter Giudiziario e i Profili del Trasferimento Fraudolento

Il percorso processuale è stato tortuoso. Un primo provvedimento del Tribunale del Riesame aveva escluso i gravi indizi per la partecipazione all’associazione mafiosa, ma confermato la misura cautelare per il trasferimento fraudolento di valori, seppur senza aggravante. A seguito di un primo ricorso in Cassazione, la Suprema Corte aveva annullato con rinvio, chiedendo al Tribunale di rivalutare più approfonditamente sia gli indizi per l’associazione mafiosa (su ricorso della Procura) sia la gravità indiziaria per l’intestazione fittizia (su ricorso della difesa).

Nel successivo giudizio di rinvio, il Tribunale ha nuovamente escluso l’aggravante mafiosa e la partecipazione all’associazione, ritenendo che l’investimento nel ristorante fosse un’iniziativa personale e privata del padre, non un’operazione della cosca. Pur confermando i gravi indizi per il reato base di intestazione fittizia, ha revocato la misura cautelare per mancanza di esigenze attuali.

Contro questa decisione hanno proposto ricorso sia la Procura, che insisteva sulla natura mafiosa dell’operazione, sia la difesa, che contestava la sussistenza stessa degli indizi per il reato contestato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha posto fine alla questione, dichiarando inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero e rigettando quello dell’imputata. Le motivazioni sono di grande interesse giuridico e chiariscono punti fondamentali.

Sull’Aggravante Mafiosa e il Ruolo della Cassazione

La Corte ha respinto le argomentazioni della Procura, sottolineando un principio cardine del proprio ruolo: la Cassazione è giudice di legittimità, non di merito. Non può sostituire la propria valutazione delle prove (come le intercettazioni telefoniche) a quella, logicamente coerente, del giudice di grado inferiore. Il Tribunale del Riesame aveva interpretato le conversazioni come indicative di un affare privato del boss, con interventi di altri sodali solo occasionali e non strutturali. Questa lettura, secondo la Cassazione, non è manifestamente illogica né basata su un travisamento della prova; pertanto, non può essere censurata in sede di legittimità. Viene così tracciato un confine netto: la semplice appartenenza di un investitore a un clan non basta a qualificare automaticamente l’operazione come un’agevolazione alla cosca. Occorre dimostrare che l’investimento era funzionale agli interessi del sodalizio, e non solo a quelli personali del singolo.

Sulla Sussistenza del Trasferimento Fraudolento di Valori

La Corte ha altresì rigettato il ricorso della difesa. Ha stabilito che il Tribunale, nel giudizio di rinvio, aveva correttamente seguito le indicazioni della precedente sentenza di annullamento. Aveva infatti fornito una motivazione adeguata su due punti cruciali:
1. L’elemento oggettivo: l’effettiva titolarità del ristorante era riconducibile al padre, soggetto a rischio di misure di prevenzione patrimoniale.
2. L’elemento soggettivo (dolo): la figlia era consapevole della finalità elusiva perseguita dal padre e, gestendo l’attività, agiva come “portatrice” dello stesso scopo illecito.

La Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse costruito un impianto argomentativo solido, basato sui dati investigativi, che giustificava la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il reato di trasferimento fraudolento di valori.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa decisione ribadisce importanti principi sia in materia sostanziale che processuale. In primo luogo, conferma che per l’aggravante mafiosa non opera alcun automatismo: l’accusa deve provare che l’attività economica illecitamente schermata fosse destinata a portare vantaggi concreti all’associazione criminale e non solo al singolo affiliato. In secondo luogo, riafferma i limiti invalicabili del giudizio di legittimità: la Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma deve limitarsi a verificare la correttezza giuridica e la tenuta logica del ragionamento del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.

Quando un’intestazione fittizia di un’attività commerciale integra il reato di trasferimento fraudolento di valori?
Secondo la sentenza, il reato si configura quando si attribuisce fittiziamente a un terzo la titolarità di un bene (in questo caso, un ristorante) al fine specifico di eludere le misure di prevenzione patrimoniale. È necessario provare che l’effettivo titolare sia un soggetto a rischio di tali misure e che il prestanome sia consapevole di tale finalità elusiva.

Per configurare l’aggravante mafiosa nel trasferimento fraudolento di valori, è sufficiente che l’autore del reato sia un capo clan?
No, non è sufficiente. La Corte chiarisce che l’investimento deve essere funzionale agli interessi dell’associazione mafiosa, ad esempio per rafforzarla o penetrare il tessuto economico. Se l’investimento, pur effettuato da un membro della cosca, ha una finalità puramente personale e privata, come eludere misure di prevenzione a proprio carico, l’aggravante non si applica.

Può la Corte di Cassazione riesaminare le prove, come le intercettazioni, per dare una diversa interpretazione?
No. La Corte di Cassazione ribadisce che il suo ruolo è quello di controllare la legittimità e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non di procedere a una nuova o diversa valutazione delle prove. Può intervenire solo se la motivazione è manifestamente illogica, contraddittoria o ha travisato il contenuto della prova.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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