Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36178 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36178 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nata a Santa AVV_NOTAIO Capua Vetere il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a Alba il DATA_NASCITA entrambi rappresentati ed assistiti dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO
NOME COGNOME, di fiducia
avverso la sentenza in data 17/01/2024 della Corte di appello di Torino; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
preso atto che è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli ar 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria del sostituto Procuratore generale che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udita la discussione del difensore dei ricorrenti AVV_NOTAIO, anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Torino confermava la pronuncia di primo grado del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torino emessa in data 21/06/2023 con la quale, in esito a giudizio abbreviato, entrambi i ricorrenti erano dichiarati responsabili, in concorso tra loro, del reato continuato di trasferimento fraudolento di valori previsto dall’art. 512-bis cod. pen. (capi 1-2-3 e 4) e NOME COGNOME anche per il delitto contemplato all’art. 7, comma 1, decreto legge n. 4 del 2019, convertito nella legge n. 26 del 2019 (capo 5).
1.1. Gli addebiti contestati ad entrambi i ricorrenti ai capi da 1 a 4 hanno per oggetto l’attribuzione fittizia a terzi, avvenuta tra il 2020 ed il 2022, della titol di beni di loro proprietà, segnatamente:
-di un immobile sito in Portacomaro composto da fabbricato di civile abitazione e due terreni;
-dei veicoli Fiat 500 targato TARGA_VEICOLO e Volkswagen Polo targato TARGA_VEICOLO; -del camper modello Carthago con targa provvisoria tedesca TARGA_VEICOLO.
L’addebito di cui al capo 5) attiene alla mancata indicazione nella domanda di reddito di cittadinanza avanzata da NOME COGNOME degli immobili e dei mezzi oggetto di intestazione fittizia il cui inserimento avrebbe precluso l’accesso al beneficio.
Avverso la sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati, tramite i difensori di fiducia, articolando sei motivi che qui si riportano nell’ordine in cui sono stati esposti.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), d) ed e) cod. proc. pen. in relazione all’art. 603, comma 3, cod. proc. pen. per avere la Corte di Appello respinto con motivazione meramente apodittica ed assertiva la richiesta difensiva di produzione dei documenti elencati a pag. 5 del presente ricorso e ad esso allegati che rappresentano prove nuove scoperte dopo il giudizio di primo grado.
Il collegio, al riguardo, ha sostenuto che l’acquisizione di tale carteggio fosse preclusa poiché il processo di primo grado era stato celebrato nelle forme del giudizio abbreviato, che i documenti di cui si chiedeva la produzione non erano
comunque decisivi ai fini del decidere, né emergeva la provenienza degli stessi dagli imputati.
Deduce invece la difesa l’assoluta necessità della acquisizione della documentazione al fine di confutare la ricostruzione operata dal primo Giudice in quanto essa dimostra:
-che gli imputati possedevano le risorse finanziarie lecite idonee a giustificare gli acquisti;
-che la madre del ricorrente COGNOME disponeva della somma di 17.000,00 Euro per acquistare l’immobile oggetto dell’addebito sub 1) dell’imputazione, poi donato alla nipote, figlia degli imputati;
-che il camper non è mai stato intestato a terzi;
-che gli imputati avevano debiti erariali ammontanti ad oltre 20.000,00, sicchè l’intestazione a terzi dei beni era stata effettuata non per eludere le disposizioni d legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, bensì per sottrarsi ad azioni esecutive da parte dell’Erario.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. per avere la Corte di appello attribuito valore di confessione alle dichiarazioni rese dagli imputati nel corso dell’interrogatorio di garanzia successivo all’esecuzione di misura cautelare, quando invece costoro in quella sede si erano limitati ad ammettere il solo fatto storico della intestazione di beni a soggetti terzi.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione di legge in relazione all’art. 512-bis cod. pen. e vizio di motivazione in quanto contradditoria e manifestamente illogica.
In punto di elemento soggettivo del reato, la Corte territoriale ha affermato che entrambi gli imputati si trovavano nella condizione di fondatamente presumere l’avvio di un procedimento di prevenzione a loro carico e che effettuavano intestazioni fittizie a terzi dei propri beni con il preciso intento di eluderlo.
Al riguardo ha valorizzato i precedenti penali a loro carico per delitti a scopo di lucro che, tuttavia, risalgono per il ricorrente COGNOME al 2017 e per la ricorrent COGNOME all’anno 2013; nei confronti di costoro non risulta essere mai stata avanzata alcuna proposta di prevenzione di carattere personale e tantomeno reale; negli anni 2021-2022 e cioè all’epoca di commissione dei fatti gli imputati non avevano dunque alcuna ragione di temere l’applicazione nei loro confronti di misure quali il sequestro e la confisca di prevenzione, difetta perciò la prova del dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice.
La Corte territoriale, nell’affrontare la vicenda dell’immobile di Portacomaro (oggetto dell’imputazione sub 1), ha dato rilievo ad una conversazione intercettata il 6.2.2023 che dimostrerebbe come i vaglia postali per l’importo di 17.000,00 Euro
sottoscritti da NOME COGNOME (madre dell’imputato) per l’acquisto del fabbricato avevano quale provvista denaro contante proveniente dalla ricorrente NOME COGNOME.
Tale ricostruzione è tuttavia frutto di una lettura errata ed illogica del dialo captato con i conseguenti riflessi in punto di vizio di motivazione. A tale erronea interpretazione il giudice di appello è pervenuto partendo dal presupposto che i soggetti indicati nella conversazione come “NOME ” e ” NOMENOME siano da identificarsi nella medesima persona e cioè in COGNOME NOME. Non è così, sia perché si tratta di due appellativi diversi, sia perché lo stesso ricorrente COGNOME nel corso del dialogo fa riferimento, all’interno dello stesso segmento dialogico, prima alla NOME e poi alla zia, quest’ultima deceduta anni prima.
Poiché nel giudizio di primo grado è stato dimostrato che COGNOME NOME aveva ricevuto la somma di 28.000,00 euro a titolo di risarcimento per la morte della sorella NOME (zia dell’imputato), la frase intercettata “i soldi che ti vengono dalla NOME” va interpretata nel senso “con i soldi provenienti dalla morte della NOME“. Ne consegue che l’affermazione dell’imputata NOME COGNOME “i soldi sono i miei che gli ho dato alla NOME” si riferisce ad una operazione di acquisto diversa e risalente al tempo in cui NOME era ancora in vita.
La Corte territoriale, ai fini di prova per la contestata intestazione fittizia a t dell’immobile, ha valorizzato anche altra conversazione nella quale il ricorrente COGNOME afferma “perché noi abbiamo preso la casa?” focalizzandosi sull’uso del verbo “compriamo” per sostenere che l’acquisto sarebbe stato effettuato con denaro degli imputati. Tuttavia la valorizzazione del mero dato semantico, a fronte della errata interpretazione della conversazione sopra richiamata, non è idonea a consentire una ricostruzione fattuale immune da vizi logici.
La motivazione della sentenza di secondo grado è manifestamente illogica anche nella parte in cui ha attribuito rilievo al fatto che la ristrutturazione sia avven con denaro dei ricorrenti e con “alacre controllo” da parte della ricorrente COGNOME dei lavori in questione, circostanze che sono semplicemente espressione di collaborazione e di aiuto nei confronti della figlia.
Quanto al camper Carthago, è evidente l’errore di diritto in cui è incorsa la Corte territoriale nell’affermare la sussistenza del reato anche in relazione a tale mezzo di cui, invece, manca l’indefettibile presupposto ossia la attribuzione ad NOME della titolarità di tale bene che, come documentalmente provato in giudizio, risulta intestato al ricorrente COGNOME.
Quanto alle vetture Fiat 500 e Volkswagen Polo, il giudice di appello opera anche in questo caso una ricostruzione erronea.
Ribadito che gli imputati erano animati dall’intento di evitare che l’RAGIONE_SOCIALE avviasse una azione esecutiva, la vicenda costituisce una mera vertenza
civilistica. Dalle conversazioni intercettate e richiamate nelle due sentenze di merito si comprende che gli intestatari (COGNOME, per la Polo e COGNOME per la 500) erano creditori degli imputati i quali non avevano provveduto a corrispondere l’intero prezzo di acquisto dei veicoli e neppure la somma necessaria per il rinnovo della copertura assicurativa di uno di essi.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione di legge in relazione agli artt. 266 e 270 cod. proc. pen. per avere la Corte di appello disatteso l’eccepita inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE conversazioni telefoniche ed ambientali la cu captazione in corso di indagini era stata autorizzata e poi prorogata solo in relazione ai delitti di riciclaggio ed usura per i quali entrambi i ricorrenti fur iscritti nel registro degli indagati rispettivamente il 16 settembre 2022 e 13 ottobre 2022 e non anche per gli ulteriori reati di cui all’art. 512-bis cod. pen. la cui iscrizione avvenne il successivo 19 dicembre 2022.
Nel decreto di proroga dell’attività di intercettazione emesso dal Giudice per le indagini preliminari il 20 dicembre, a seguito di richiesta del pubblico ministero, non vi è alcun cenno alla fattispecie di reato in questione, oggetto di nuova iscrizione, sicchè, in difetto di autorizzazione, sono inutilizzabili gli esiti operazioni eseguite successivamente a tale data.
Quanto all’intercettazioni eseguite sino al 19 dicembre 2022 con riferimento ai soli reati di riciclaggio ed usura, la Corte territoriale ne ha affermato l’utilizzabilità presupposto di una “connessione forte” tra il delitto di riciclaggio e quello contemplato all’art. 512-bis cod. pen..
Tale approdo non è in linea con i principi di diritto espressi nella sentenza S.0 n. 51 del 28/11/2019, Cavallo atteso che difetta qualsiasi ipotesi di connessione ex art. 12 cod. proc. pen. pp tra il presente procedimento e quello rubricato per il delitti di riciclaggio e usura, potendosi al più parlare di collegamento investigativo. Né ricorre la deroga al divieto di utilizzazione prevista dal decreto legge 30 dicembre 2019 n. 161 convertito nella legge 28 febbraio 2020 n. 7 secondo cui le captazioni possono essere utilizzate in quanto non solo indispensabili ma anche rilevanti per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagra e dei reati contemplati all’art. 266, comma 1, cod. proc. pen.
La Corte territoriale infatti non ha in alcun modo esplicitato, con adeguata motivazione, la rilevanza e la imprescindibilità RAGIONE_SOCIALE captazioni autorizzate nel procedimento a quo per la prova dei reati contestati nel diverso procedimento ad quem.
2.5. Con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione alla sussistenza del delitto di fal dichiarazioni rese dalla ricorrente COGNOME nella domanda di reddito di cittadinanza (capo 5 di imputazione) .
La Corte territoriale ha ritenuto sussistente il reato in questione operando una indebita praesumptio del praesumpto, in NOME termini ha ricavato la falsità della dichiarazione non da un accertamento documentale che dimostrasse il possesso di patrimonio immobiliare e/o finanziario in capo all’imputata, bensì da operazioni deduttive ed errate o comunque illogiche come dedotto nei motivi di cui sopra
2.6. Con il sesto motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 99, 132 e 133 cod. pen. pe avere la Corte territoriale fatto ricorso a motivazione apparente in ordine alla concreta applicazione della recidiva contestata e allo scostamento dal minimo edittale fissato per la pena base.
Il Giudice di appello ha utilizzato mere formule di stile omettendo di considerare le risultanze del casellario giudiziale da cui emerge che le sentenze di condanna iscritte a carico degli imputati attengono a reati commessi a rilevante distanza temporale dai fatti oggetto del presente procedimento
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
Ragioni COGNOME di COGNOME priorità COGNOME logico-giuridica COGNOME impongono COGNOME di COGNOME esaminare preliminarmente il primo, il secondo ed il quarto motivo che hanno ad oggetto questioni in rito relative alla utilizzabilità probatoria di elementi posti a base giudizio di responsabilità e alla mancata acquisizione da parte del giudice di appello di dati documentali introdotti dai ricorrenti nel giudizio di appello. È infatti eviden come l’analisi di tali doglianze sia prioritario in quanto attiene alla definizione del piattaforma probatoria sul quale i giudici di merito dovevano parametrare il decisum.
2.1. Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso che è stato declinato in termini di violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), d) ed e) d codice di rito. I ricorrenti si dolgono della mancata rinnovazione dell’istruttor dibattimentale e della motivazione meramente assertiva spesa sul punto dal giudice dì secondo grado con riguardo ai documenti elencati a pagina 5 del ricorso ed allo stesso allegati che costituirebbero prove nuove scoperte dopo il giudizio di primo grado ed assolutamente necessarie a dimostrare che l’immobile oggetto dell’addebito sub 1) fu acquistato dalla madre del ricorrente COGNOME con proprie disponibilità; che il camper di cui al capo 4) di imputazione è sempre stato intestato a COGNOME; che gli imputati avevano debiti erariali ammontanti ad oltre 20.000,00 euro, sicchè le avvenute intestazioni di beni a terzi erano semplicemente finalizzate a sottrarsi ad azioni esecutive.
2.1.1 Premesso che nulla viene dedotto nei ricorsi a sostegno del fatto che i documenti oggetto della richiesta di rinnovazione dibattimentale rappresentino prove nuove rispetto a quelle già assunte che siano sopravvenute o RAGIONE_SOCIALE quali gli imputati siano venuti in possesso solo dopo il giudizio di primo grado, deve rilevarsi che la censura dedotta non è vizio deducibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), d) ed e) cod. proc. pen.
Come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, non è configurabile un diritto dell’imputato alla prova integrativa allorquando egli scelga di accedere al rito alternativo del giudizio abbreviato non condizionato (Sez. 2, n. 3609 del 2011, Rv. 249161; Sez. 4 n. 3584 del 2012 Rv. 253729). In tal caso , nella fase di appello, le parti sono titolari di una mera facoltà di sollecitazione del potere integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice ex officio nei limiti della assoluta necessità ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen. ed espressione di un potere discrezionale che attiene al merito, non suscettibile di sindacato, anche nella forma indiretta costituita dal parametro della motivazione esplicita (Sez. 6, n. 1400 del 22/10/2014, dep. 2015, PR., Rv. 261799-01 e, più recentemente, Sez. 6, n. 51901 del 19/09/2019, COGNOME, Rv. 2780061-01; Sez. 2 n. 5629 del 30/11/2021, dep. 2022, Granato, Rv. 282585-01).
La mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale può essere censurata solo qualora si dimostri “l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello” (Sez. 3, n. 1256 del 28/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258236-01; Sez. 6 n. 1400 del 22/10/2014, già cit.; Sez. 2, n. 48630 del 15/09/2015, COGNOME, Rv 265323-01; Sez. 2, n. 40855 del 19/04/2017, COGNOME e NOME, Rv. 271163-01; Sez. 5 n. 32379 del 12/04/2018, COGNOME, Rv. 273577-01 e, da ultimo, Sez. 3, n. 3028 del 15/12/2023, dep. il 24/01/2024, imp. D., Rv. 285745).
Dunque, ciò che rileva non è la qualità della risposta che la Corte territoriale fornisce alle istanze di integrazione probatoria della difesa, ma la desumibilità o meno, dal tessuto argomentativo della sentenza posto in relazione alle censure difensive, di una grave lacuna del ragionamento probatorio e della sua rappresentazione a livello motivazionale nella quale il giudice di appello non sarebbe incorso ove avesse disposto la rinnovazione dell’istruttoria.
2.1.2. Alla luce di detti principi ormai consolidati, deve rilevarsi che nel cas di specie i ricorrenti si sono limitati a lamentare la mancata acquisizione di documenti nel giudizio di appello senza dimostrare che si trattava di prove scoperte dopo il giudizio di primo grado e che dalle stesse emergevano elementi
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effettivamente nuovi o diversi rispetto a quelli già presenti nel momento in cui gli imputati avevano avanzato richiesta di giudizio abbreviato incondizionato, ma soprattutto senza indicare se dal tessuto argomentativo della sentenza fosse desumibile una grave lacuna del ragionamento probatorio e della sua rappresentazione a livello motivazionale, emendabile solo con l’introduzione dei documenti oggetto della rinnovazione istruttoria. La censura difensiva risulta pertanto generica, oltre che comunque manifestamente infondata poiché, per quanto verrà illustrato in relazione al terzo motivo di ricorso, la conferma del giudizio di responsabilità formulato in primo grado in capo ad entrambi gli imputati poggia su un articolato apparato argomentativo, del tutto esente da lacune e da manifeste illogicità, con valutazione da parte del giudice di appello della corposa base cognitiva esistente rispetto ai punti di decisiva rilevanza.
2.2. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso con il quale si deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. per avere la Corte di appello attribuito valore di prova confessoria alle dichiarazioni rese dagli imputati nel corso dell’interrogatorio di garanzia successivo all’esecuzione di misura cautelare, quando invece costoro si erano limitati ad ammettere il solo fatto storico della intestazione di beni a soggetti terzi. Del tutto correttamente il giudice di secondo grado ha preso in considerazione i rispettivi portati dichiarativi dei ricorrenti verbalizzati negli interrogatori e 294 cod. proc. pen. i quali, nel processo definito con giudizio abbreviato non condizionato, costituiscono un elemento pienamente utilizzabile a fini di prova; la valutazione di tale dati si è perfettamente misurata con il loro preciso contenuto intrinseco (“ammetto gli addebiti, i fatti si sono svolti esattamente come da imputazione elevatami dal PM”) a cui è stata attribuita una valenza di natura confessoria perché consistente nel pieno riconoscimento dell’ipotesi accusatoria così come esplicitata nei capi di imputazione provvisoria (e rimasti tali a seguito dell’esercizio dell’azione penale), mai rinnegato o diversamente circostanziato nelle successive fasi processuali. In considerazione, tuttavia, del carattere non specificamente dettagliato di tali ammissioni, la Corte di appello (pag. 11 della sentenza) ha considerato le stesse non come dato decisivo sul quale poggiare il giudizio di responsabilità, bensì come elemento idoneo ad avvalorare il tenore RAGIONE_SOCIALE conversazioni telefoniche, già di per sé sole sufficienti a comprovare sul piano oggettivo e soggettivo le illecite attribuzioni fittizie di beni.
2.3. Analoga valutazione di manifesta infondatezza va effettuata in relazione al quarto motivo di ricorso concernente l’inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE operazioni d intercettazione telefonica ed ambientale poste a base dell’affermazione di colpevolezza pronunciata dai giudici di merito.
2.3.1. Dalla lettura della sentenza impugnata ed anche dalla stessa prospettazione riportata nel presente ricorso, può agevolmente ricostruirsi la seguente sequenza procedimentale.
La sequenza procedimentale, così come descritta, consente di affermare che le operazioni di intercettazione erano tutte eseguite nell’ambito del medesimo procedimento n. 3293/22 RGNR che vedeva indagati anche gli odierni ricorrenti; in esso era disposta originariamente l’iscrizione di costoro per il delitto d riciclaggio e successivamente per gli ulteriori reati di usura e di trasferimento fraudolento di valori dei quali cui emergeva via via la conoscenza nel corso della attività captativa.
2.3.2. Così inquadrata la sequenza procedimentale, corretto è in primo luogo l’assunto della Corte territoriale secondo cui il decreto di proroga della attività intercettazione emesso dal giudice per le indagini preliminari in data 20 dicembre conteneva in sé anche l’autorizzazione alle operazioni captative in relazione al reato di cui all’art. 512-bis cod. pen. di ultima iscrizione e per il qu
sussistevano i limiti di ammissibilità previsti dall’art. 266 cod. proc. pen. quanto sanzionato con la pena superiore nel massimo a cinque anni di reclusione.
Ancorchè tale provvedimento non faccia effettivamente menzione della fattispecie criminosa di cui sopra, ciò nondimeno in esso vi è espresso richiamo alla nota di polizia giudiziaria del 15 dicembre e cioè proprio a quella specifica annotazione con la quale, appunto, si segnalava che le conversazioni intercettate sino a quella data avevano fatto emergere in capo ad entrambi gli odierni ricorrenti anche indizi del delitto di trasferimento fraudolento di valori.
Va ricordato, al riguardo, il consolidato orientamento di legittimità che qui si intende ribadire secondo cui, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, è legittima la motivazione “per relationem” dei decreti autorizzativi quando in essi il giudice faccia richiamo alla richiesta del pubblico ministero e alle relazioni di servizio della polizia giudiziaria, ponendo così i evidenza, per il fatto di averle prese in esame e fatte proprie, l’iter cognitivo valutativo seguito per giustificare l’adozione del particolare mezzo di ricerca della prova (Sez. U. n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 21663-01; Sez. 6 n. 46056 del 14/11/2008, NOME., Rv. 232233; Sez. 5 n. 24661 del 11/12/2013, NOME, Rv. 259867; Sez. 5 n. 36913 del 05/06/2017, Tipa e NOME, Rv. 270758-01; Sez. 2, n. 26139 del 03/05/2019, COGNOME, Rv. 276975-02).
Ne consegue che sono utilizzabili gli esiti RAGIONE_SOCIALE conversazioni telefoniche ed ambientali raccolti in data successiva al 20 dicembre 2022 che, si badi, la Corte territoriale ha ritenuto, già di per sé soli, sufficienti a comprovare l’intestazi fittizia dei beni, dando rilievo in particolare ai dialoghi intercettati in da febbraio 2023 e non richiamati nella sentenza di primo grado.
2.3.3. A medesima conclusione deve pervenirsi con riferimento alle operazioni di intercettazione eseguite in epoca precedente a tale data ed autorizzate solo per i delitti di riciclaggio e di usura, iscritti a carico di ent i ricorrenti rispettivamente il 16 settembre ed il 13 ottobre 2022.
Posto che l’attività captativa eseguita in sede di indagini è stata per intero autorizzata (ed anche prorogata) nell’ambito del medesimo procedimento n. 3293/22 RGNR (come del resto indicato anche nei ricorsi qui in esame), ma quella antecedente al 20 dicembre 2022 ha riguardato fattispecie di reato diverse da quella di cui all’art. 512-bis cod. pen., l’archetipo di riferimento è quel dettato dalla pronuncia a Sezioni Unite Cavallo. Nell’organica ricostruzione costituzionalmente orientata delineata dal massimo consesso di legittimità, l’identificazione del rapporto tra il reato in relazione al quale l’autorizzazio all’intercettazione è stata emessa e quello emerso grazie ai risultati di tale attività captativa è stato, come noto, risolto nei termini di un legame sostanziale e “forte”, individuato nella connessione di cui all’art. 12 cod. proc. pen., poiché
solo un vincolo qualificato è in grado di attrarre quest’ultimo reato nel fuoco del provvedimento autorizzativo e, dunque, si rivela idoneo ad assicurare la salvaguardia RAGIONE_SOCIALE garanzie delineate dall’art. 15 Cost., che vieta forme indebite di “autorizzazioni in bianco” e l’elusione dei divieti posti dalla legge. Ne discende che il divieto probatorio di utilizzazione di intercettazioni in relazione a re diversi da quelli in relazione ai quali l’autorizzazione è stata concessa dal giudice, opera in presenza di un rapporto tra gli illeciti che non sia di connessione, bensì di mero collegamento investigativo ai sensi dell’art. 371 cod. proc. pen. In caso, invece, di imputazioni connesse ex art. 12 cod. proc. pen., il procedimento relativo al reato per il quale l’autorizzazione è stata espressamente concessa non può considerarsi “diverso” rispetto a quello relativo al reato emerso in forza dei risultati dell’intercettazione.
Nel caso di specie si tratta dunque di verificare la relazione esistente tra le fattispecie di riciclaggio ed usura oggetto della attività captativa eseguita sino a 19 dicembre 2022 ed i delitti per cui si procede con riferimento ai quali l’autorizzazione alle operazioni di intercettazione è stata concessa solo a partire dal 20 dicembre.
Ebbene, non può parlarsi di un mero rapporto di collegamento di indagine tra tali reati, né l’ipotesi di trasferimento fraudolento di valori emergeva nel corso RAGIONE_SOCIALE captazioni quale struttura del tutto nuova ed autonoma rispetto a quelle originariamente iscritte di usura e riciclaggio.
Al contrario, il quadro via via delineatosi a seguito dell’ascolto (come risulta dall pagg. 8 e 9 della sentenza impugnata) si componeva progressivamente di gravi indizi relativi ad una attività di usura da parte di COGNOME NOME e COGNOME NOME in danno di soggetto precisamente identificato (COGNOME Alessandro), alla destinazione da parte dell’usurato in favore dei due ricorrenti (entrambi attinti anche da varie condanne per delitti contro il patrimonio) di una somma di quasi mezzo milione di euro depositata su conto estero e, da ultimo, a condotte di costoro volte a occultare la riconducibilità a COGNOME di un camper tramite un sistema di apposizione sullo stesso di targhe non italiane ma tedesche che venivano cambiate periodicamente.
Proprio tale quadro – come emerso via via nel corso RAGIONE_SOCIALE operazioni captative consente allora di ravvisare tra i reati per i quali l’autorizzazione alle operazion di intercettazione era stata ab origine disposta e quello emerso dalle operazioni stesse, un legame sostanziale e “forte” con conseguente esclusione, nel caso di specie, della operatività del divieto di cui all’art. 270 cod. proc. pen.
Già sul piano astratto si configura una ontologica correlazione tra l’illecito di cu all’art. 648-bis cod. pen. e quello contemplato all’art. 512-bis cod. pen.: la condotta di trasferimento fraudolento di valori può essere infatti finalizzata ad
agevolare la commissione del reato di riciclaggio e può rappresentarne il delitto presupposto (Sez. 2 n. 33076 del 14/07/2016, Rv. 267694; Sez. 2 n. 39756 del 05/10/2011, Rv. 251193); si è anche affermato che il delitto di riciclaggio, in quanto reato a forma libera e a formazione eventualmente progressiva, realizzabile anche con più atti finalizzati ad ostacolare l’illecita provenienza de denaro, dei beni o RAGIONE_SOCIALE altre utilità, può assorbire il reato di trasferiment fraudolento di valori in forza della clausola di riserva di cui all’art. 512-bis c pen. nel caso in cui quest’ultimo costituisca un segmento della più articolata condotta riciclatoria (Sez. 2, n. 38141 del 15/07/2022, COGNOME, Rv. 28367701).
In concreto, poi, nel caso di specie, gli esiti captativi deponevano per una serie di condotte da parte degli imputati da ritenersi connesse tra loro ai sensi dell’art. 12 lett. b) cod. proc. pen. poiché esecutive di un medesimo disegno criminoso volto ad occultare i proventi di attività delittuose.
Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di ricorso con il quale si deduce violazione di legge in relazione all’art. 512-bis cod. pen. e vizio d motivazione in quanto contradditoria e manifestamente illogica con riferimento alla affermata sussistenza in capo ad entrambi i ricorrenti degli elementi costituivi del reato di trasferimento fraudolento di valori.
Si tratta di censura meramente reiterativa di doglianze già dedotte nell’atto di appello che il giudice di secondo grado ha puntualmente disatteso e volta a sollecitare una rivisitazione di profili attinenti alla ricostruzione del fa all’apprezzamento del materiale probatorio, anche con riferimento alla lettura di talune conversazioni telefoniche intercettate, così tentando di sottoporre a questa Corte un nuovo giudizio di merito.
3.1. Come è noto, per giurisprudenza pacifica di legittimità, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa ripetizione di quelli già proposti nel giudizio di secondo grado e motivatamente disattesi, dovendo gli stessi considerarsi non specifici, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di impugnazione (ex multis Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, p.m. in proc. Candita, Rv. 244181; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708; Sez. 5, n. 25559 del 15/06/2012, COGNOME; Sez. 3 n. 44882 del 10/07/2014, COGNOME, Rv. 260608; Sez. 2 n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970; Sez. 2 n. 42046 del 17/07/2019, NOME COGNOME, Rv. 277710). In NOME termini, a fronte di una sentenza di appello che ha fornito una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di essi come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata una critica argomentata rispetto a quanto affermato dal giudice di secondo grado atteso che il dedotto vizio di motivazione deve avere come punto
di riferimento non il fatto in sé, ma il costrutto logico argomentativo della sentenza di secondo grado; in questa ipotesi, pertanto, i motivi sono necessariamente privi dei requisiti di cui all’art. 581, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. che impone l esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta.
E’ altrettanto noto che non rientra nei poteri del giudice di legittimità quello effettuare una rilettura degli elementi storico-fattuali posti a fondamento del motivato apprezzamento al riguardo svolto nell’impugnata decisione di merito, essendo il relativo sindacato circoscritto alla verifica dell’esistenza di un logic apparato argomentativo sui vari aspetti o segmenti del percorso motivazionale ivi tracciato (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 e successivamente Sez. 3, n. 35397 del 20/06/2007; Sez.2, n. 21644 del 13/02/2013, COGNOME ed NOME, Rv.255542; Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016; sez. 4 n. 5465 del 04/11/2020 Rv. 28060). L’accertamento di fatto è riservato al giudice della cognizione, sicchè le censure di merito agli apprezzamenti singoli e complessi sul materiale probatorio costituiscono motivi diversi da quelli consentiti (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.). Inammissibili sono pertanto tutte le doglianze che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove e che evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti della attendibilità, della credibilità e dello spessore della vale probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME ed NOME, Rv. 262575; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965; Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623; Sez. 4 n. 10153 dell’11/02/2020, C., Rv.278609). In particolare, costituisce questione di fatto oggetto della valutazione del giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità, l’interpretazione del linguaggio adoperato nelle conversazioni telefoniche intercettate, e ciò anche nei casi in cui esso sia criptico o cifrato, talchè in questa sede è possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il contenuto sia stato indicato in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva e incontestabile (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Folino, Rv. 267650; da ultimo, Sez. 1, n. 22336 del 23/03/2021, COGNOME, non mass.) Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Allorquando il giudice di merito ha espresso il proprio apprezzamento, la ricostruzione del fatto è definita e le sole censure possibili nel giudizio di legittim sono quelle dei soli tre tassativi vizi indicati dall’art. 606, comma 1, lett. e) c proc. pen., ciascuno dotato di peculiare oggetto e struttura laddove, in particolare, l’illogicità della motivazione, per essere apprezzabile come vizio di legittimità, deve
essere evidente, cioè sorretta da palesi errori nella applicazione RAGIONE_SOCIALE regole della logica.
3.2. Tanto premesso, va evidenziata l’ampia motivazione della sentenza impugnata che, per nulla illogica o contraddittoria e con corretta applicazione dei parametri normativi in punto di elementi costitutivi del delitto di cui all’art. 5 bis cod. pen., ha puntualmente argomentato sulla sussistenza RAGIONE_SOCIALE condotte materiali di attribuzione fittizia (pagg. 14-19) e sul dolo del reato. Il costru argomentativo è analitico, approfondito con completa considerazione di una pluralità di elementi estremamente significativi, analizzati in logica scansione ed in assenza di qualsiasi contraddizione o superficialità.
Con riferimento all’immobile oggetto dell’addebito sub 1), la Corte territoriale ha specificamente indicato gli elementi dimostrativi della attribuzione fittizia del stesso alla madre di COGNOME NOME valorizzando non solo le conversazioni telefoniche già menzionate nella pronuncia di primo grado ma anche due dialoghi intercorsi il giorno 6 febbraio 2023 e richiamati nel loro tenore testuale (quindi, in modo pienamente fedele al loro reale contenuto), letti ed interpretati con argomentazioni tutt’altro che illogiche ed incongruenti, come tali non sindacabili in sede di legittimità.
Il giudice di appello si è anche direttamente confrontato con l’assunto difensivo secondo cui l’acquisto dell’immobile da parte della madre di COGNOME sarebbe avvenuto utilizzando la somma di euro 28.000,00 da costei ricevuta a titolo di risarcimento del danno a seguito della morte della propria sorella e ha spiegato come tale ipotesi fosse decisamente smentita dalle conversazioni registrate il 6.2.2023, e cioè immediatamente dopo l’esecuzione di sequestro preventivo dei beni oggetto di contestazione, nel corso RAGIONE_SOCIALE quali gli imputati avevano candidamente ammesso non solo di avere personalmente fornito la provvista all’acquirente fittizio dell’immobile, ma anche di avere commissionato lavori di ristrutturazione sullo stesso, personalmente seguiti e supervisionati da COGNOME NOME. Diversamente da quanto si sostiene nel ricorso, il rilievo attribuito anche a tale ultimo aspetto non è, all’evidenza, manifestamente illogico, bensì del tutto ragionevole e rispondenti a criteri di razionalità.
Quanto alle vetture Fiat 500 e Volkswagen Polo di cui agli addebiti sub 2) e sub 3), l’assunto dei ricorrenti ( prospettato in termini, per certi versi, piuttosto oscu secondo cui la vicenda attinente ai due mezzi andrebbe ricondotta nell’alveo di una semplice vicenda civilistica tra gli imputati ed i due intestatari COGNOME e COGNOME è profilo che non risulta essere stato dedotto nell’atto di appello ove (pag. 5) si rappresentava genericamente il difetto di prova della fittizia intestazione ad NOME di tali beni.
In ogni caso, i ricorrenti non si confrontano minimamente con la puntuale motivazione della sentenza impugnata laddove, a pagina 14, ha implicitamente escluso siffatta ipotesi richiamando il contenuto RAGIONE_SOCIALE conversazioni telefoniche progr. 155 dell’H ottobre 2022 e progr 3333 del 22 settembre 2022 (riportate nel loro integrale contenuto alle pagg. 33-35 della pronuncia di primo grado) dalle quali emergeva a chiare lettere che la Fiat 500 intestata a COGNOME era di COGNOME NOME la quale raccomandava al fittizio acquirente (ricevendo rassicurazione in tal senso) di tacere il fatto che ella ne avesse la materiale disponibilità e che la Polo era stata acquistata dall’intestatario COGNOME con una somma di denaro ricevuta da COGNOME NOME. Ancora, la Corte territoriale sul punto ha ulteriormente valorizzato, a corredo, anche altre due conversazioni del 6 febbraio 2023 (progr. 11 e 10390) ove nella prima i due imputati e l’intestatario formale della Fiat 500 si erano accordati sulla versione che quest’ultimo avrebbe dovuto rendere agli inquirenti per giustificare la materiale disponibilità dell’auto in capo alla COGNOME (e cioè un relazione sentimentale tra i due), mentre nella seconda l’intestatario fittizio dell vettura Polo, da lui stesso messa in vendita on line per conto degli imputati, aveva candidamente riferito al suo interlocutore che il mezzo apparteneva in realtà a COGNOME e a COGNOME.
Con riferimento, infine, al camper Carthago oggetto dell’addebito sub 4), i ricorrenti deducono l’errore di diritto nel quale sarebbe incorsa la Corte di appello atteso che il mezzo intestato proprio all’imputato COGNOME, con conseguente difetto del presupposto della attribuzione ad NOME della titolarità del bene. Ancora una volta, il ricorso non si confronta con l’ampia ed esaustiva motivazione della sentenza impugnata (pagg. 17-19) che dà per pacifica tale circostanza, in quanto documentata dalla difesa, affermando tuttavia che il reato di trasferimento fraudolento di valori era comunque integrato in quanto la ricostruzione dei fatti operata dal primo giudice (e non contestata dalla difesa) dava conto che, dalle intercettazioni di conversazioni telefoniche (testualmente riportate nel loro tenore letterale) emergeva in modo cristallino che l’intestazione del camper in capo a COGNOME era comunque destinata a non figurare in Italia grazie allo schermo realizzato con un sistema di targhe provvisorie tedesche, sostituite dagli imputati ogni quattro- otto mesi, e finalizzato proprio ad evitare che il mezzo non fosse oggetto di “aggressione patrimoniale”.
Anche in relazione all’elemento soggettivo dei contestati reati di trasferimento fraudolento di valori, la motivazione della sentenza impugnata (pagg. 11-13) è puntuale ed immune da vizi.
La Corte territoriale si pone in linea con il consolidato orientamento di legittimità secondo cui il delitto di trasferimento fraudolento di valori può essere commesso anche da chi non sia ancora sottoposto a misure di prevenzione patrimoniali e
ancora prima che il relativo procedimento sia iniziato, occorrendo solo, ai fini della configurabilità del dolo specifico di eludere le disposizioni di legge i materia di prevenzione patrimoniale, che l’interessato possa fondatamente presumere l’avvio di detta procedura, a prescindere da quello che potrebbe esserne l’esito (Sez. 2, n. 2483 del 21/10/2014, COGNOME e NOME, Rv. 261980; Sez. 5, n. 1886 del 7/12/2021, COGNOME, Rv. 282645).
Facendo una corretta applicazione di tali principi e sulla base di una incensurabile ricostruzione in fatto, il Giudice di appello ha evidenziato i plurimi precedenti penali per reati contro il patrimonio di cui sono attinti entrambi i ricorrenti circostanza che la COGNOME era stata anche destinataria di avviso orale nel marzo 2021; la mancanza di redditi leciti dichiarati negli anni 2017-2022, nonostante l’elevato tenore di vita; ha poi rimarcato il tenore di numerose conversazioni intercettate che davano conto di notevoli disponibilità di denaro e di un uso continuo di contanti per importi particolarmente cospicui.
Da tale quadro probatorio ha tratto, secondo razionale logica, la conclusione che gli imputati vivessero abitualmente, quantomeno in parte, di proventi di attività delittuosa e dunque potessero fondatamente temere l’avvio di un procedimento di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali a loro carico che avevano cercato di eludere proprio tramite l’attribuzione fittizia ad NOME della titolar propri beni, come emergeva in chiaro dalla cristallina conversazione telefonica progr. 1365 del 6 dicembre 2022 nel corso della quale l’imputata aveva descritto al suo interlocutore lo stratagemma impiegato per evitare di far figurare in Italia l’intestazione in capo a COGNOME del camper Carthago ed aveva altresì spiegato che “così nessuno può prendere e toccare il nostro camper”.
Manifestamente infondato è anche il quinto motivo di ricorso.
La Corte territoriale non è ricorsa ad alcuna presunzione nell’affermare la responsabilità in capo a COGNOME NOME per il reato di falsa dichiarazione volta ad ottenere il reddito di cittadinanza oggetto dell’addebito sub 5). Ha infatti fondato tale giudizio su un preciso dato documentale acquisito agli atti e cioè sulla domanda di accesso al reddito in questione (e relativi allegati) inoltrata personalmente dall’imputata ove risultava omessa, con riferimento ai redditi suoi e del marito COGNOME NOME, la titolarità dei beni di cui agli addebiti da 1) a 4) rispetto ai quali vi era prova della attribuzione a terzi solo fittizia.
Manifestamente infondato è infine il sesto motivo di ricorso con il quale si deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto di mancata disapplicazione della recidiva contestata agli imputati e di scostamento dal minimo edittale fissato per la pena base.
La Corte di appello ha più che adeguatamente argomentato in ordine ad entrambi i profili relativi (pag. 20 e 21) con valutazione correttamente condotta in quanto
aderente ad elementi tratti dalle risultanze processuali e ai criteri di cui all’art. 1 cod. pen. In particolare, ha evidenziato sia la gravità dei fatti oggetto di giudizi sia i numerosi precedenti penali a carico di entrambi gli imputati, fonte di cospicui proventi debitamente occultati proprio attraverso gli illeciti in esame; ha reputato quindi tali circostanze idonee, da un lato, a fondare la concreta applicazione della recidiva essendo i nuovi episodi criminosi dimostrativi di una più accentuata colpevolezza e maggiore pericolosità e, dall’altro, a giustificare la quantificazione della pena base in misura superiore al minimo edittale.
Trattasi di statuizioni di natura discrezionale, sorrette da congruo apparato argomentativo e come tali non sindacabili in sede di legittimità dovendosi ribadire il principio secondo il quale la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, anche nella determinazione della sanzione base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta, come nel caso in esame, da congruo costrutto argomentativo( Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME NOME, Rv. 281217-01, in motivazione).
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna degli imputati al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000 n. 186), al versamento della somma di euro tremila ciascuno a favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende, che si ritiene equa considerando che l’impugnazione è stata esperita per ragioni manifestamente infondate
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende Così deciso in Roma il 12.7.2024.