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Trasferimento detenuto: quando è legittimo?

Un detenuto in regime di alta sicurezza contesta il suo allontanamento dalla famiglia. La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso sul trasferimento detenuto, ribadendo che la scelta dell’istituto spetta all’Amministrazione Penitenziaria per esigenze di ordine e sicurezza, a meno che non si violi un diritto soggettivo specifico.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trasferimento Detenuto: Discrezionalità dell’Amministrazione e Limiti al Diritto alla Famiglia

Il tema del trasferimento detenuto rappresenta un punto cruciale nel diritto dell’esecuzione penale, bilanciando le esigenze di sicurezza e ordine dell’Amministrazione Penitenziaria con i diritti fondamentali della persona reclusa, in particolare il diritto a mantenere legami affettivi e familiari. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito i confini di questo bilanciamento, stabilendo quando la decisione di trasferire un carcerato in un istituto lontano dal nucleo familiare è da considerarsi legittima e insindacabile in sede di legittimità.

I Fatti del Caso: Un Detenuto Lontano da Casa

Il caso esaminato riguarda il ricorso di un uomo, condannato all’ergastolo e sottoposto al regime di alta sicurezza, contro l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che confermava il suo trasferimento detenuto presso un istituto penitenziario situato ad Ascoli Piceno, molto distante dalla dimora stabile della sua famiglia in Sicilia.
Il ricorrente lamentava che tale allontanamento violasse l’art. 14 dell’Ordinamento Penitenziario, nonché gli articoli 3 e 27 della Costituzione e l’art. 8 della CEDU (diritto al rispetto della vita privata e familiare), sostenendo l’illogicità della motivazione che giustificava il suo trasferimento. Il suo reclamo era già stato respinto in prima istanza dal Magistrato di Sorveglianza e successivamente dal Tribunale di Sorveglianza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, i motivi proposti dal detenuto erano essenzialmente una riproposizione di censure già esaminate e respinte dal Tribunale di Sorveglianza, il quale aveva fornito una motivazione logica e coerente. La Corte ha quindi confermato la legittimità dei provvedimenti impugnati, chiudendo la porta a un riesame della vicenda.

Le Motivazioni sul Trasferimento Detenuto

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra diritti soggettivi del detenuto e modalità di esecuzione della pena. La Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: la scelta dell’istituto penitenziario in cui il condannato deve scontare la pena è una prerogativa dell’Amministrazione Penitenziaria. Questa scelta si basa sulla discrezionalità amministrativa, orientata a soddisfare esigenze di ordine, disciplina e sicurezza interna.
Di conseguenza, un provvedimento di trasferimento può essere contestato solo se lede un vero e proprio diritto soggettivo del detenuto, come il diritto alla salute. Non è invece sufficiente contestare le modalità di esercizio di tale diritto, come la scelta di un istituto piuttosto che un altro, anche se più lontano dalla famiglia.
Nel caso specifico, l’Amministrazione aveva adeguatamente motivato la sua decisione, evidenziando:
– Lo status di detenuto in regime di alta sicurezza.
– La sua permanenza nell’istituto di Ascoli Piceno già da diversi anni.
– La sua assenza dalla Sicilia da almeno sette anni.
– La presenza di specifiche esigenze di sicurezza che sconsigliavano la sua collocazione in un istituto vicino al suo nucleo familiare.
La Corte ha quindi concluso che il reclamo del detenuto era generico e non mirava a denunciare la violazione di un diritto soggettivo, ma si limitava a criticare una scelta discrezionale e motivata dell’Amministrazione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame rafforza un importante principio: il diritto del detenuto a mantenere legami familiari non è assoluto e può essere compresso da giustificate esigenze organizzative e di sicurezza dell’Amministrazione Penitenziaria. La decisione sul trasferimento detenuto resta un atto ampiamente discrezionale. Per poterlo contestare efficacemente, non basta lamentare la distanza dalla famiglia; è necessario dimostrare che la decisione dell’Amministrazione ha violato in modo concreto un diritto soggettivo tutelato dall’ordinamento, presentando un reclamo specifico e non generico.

Un detenuto ha il diritto assoluto di essere recluso in un carcere vicino alla sua famiglia?
No, questo diritto non è assoluto. Può essere legittimamente limitato da esigenze di ordine, disciplina e sicurezza, la cui valutazione spetta in via discrezionale all’Amministrazione Penitenziaria.

È possibile contestare un provvedimento di trasferimento detenuto davanti alla Corte di Cassazione?
Sì, ma solo a condizioni molto specifiche. Il ricorso è ammissibile solo se si lamenta la violazione di un diritto soggettivo del detenuto (come il diritto alla salute). Non è ammissibile se contesta semplicemente le modalità di esecuzione della pena, come la scelta della sede carceraria, che rientra nella discrezionalità amministrativa.

Perché il ricorso del detenuto è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi erano generici, ripetitivi di quelli già respinti nei gradi precedenti, e non contestavano la violazione di un vero e proprio diritto soggettivo. Si limitavano a criticare una scelta discrezionale dell’Amministrazione, che era stata peraltro adeguatamente motivata con ragioni di sicurezza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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