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Traffico illecito di rifiuti: quando è ingente?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di tre imputati condannati per traffico illecito di rifiuti. La sentenza conferma che il requisito dell'”ingente quantitativo” (nel caso di specie, 20 tonnellate di tessili) si valuta sul complesso delle operazioni e che il reato è di pericolo presunto, non richiedendo la prova di un danno ambientale effettivo. La Corte ha inoltre respinto le argomentazioni che miravano a una rilettura dei fatti, ribadendo i limiti del giudizio di legittimità.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traffico illecito di rifiuti: la Cassazione sui requisiti del reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 44342 del 2024, offre importanti chiarimenti sul delitto di traffico illecito di rifiuti, delineando con precisione i contorni di due elementi chiave: il requisito dell'”ingente quantitativo” e la natura del reato come illecito di pericolo presunto. La decisione è scaturita dal ricorso di tre persone condannate per aver gestito abusivamente circa 20 tonnellate di indumenti usati.

I Fatti del Processo

Il caso nasce da una condanna emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte di Appello nei confronti di tre individui per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, previsto dall’art. 452-quaterdecies c.p. (precedentemente art. 260 del D.Lgs. 152/06). L’attività contestata consisteva nella gestione e nel trasporto di un’ingente quantità di abiti usati, originariamente raccolti tramite un ente caritatevole.

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni. In sintesi, i principali motivi di ricorso erano:
1. Mancanza del requisito dell'”ingente quantitativo”: Secondo la difesa, non era stato provato che la quantità di rifiuti fosse tale da integrare il reato, contestando la proporzione tra oggetti nuovi, sanificati e quelli effettivamente trasportati.
2. Assenza di pericolo: Si sosteneva l’insussistenza di un rischio concreto di inquinamento o di danno alla salute, poiché gli indumenti erano destinati a un’azienda specializzata nel trattamento.
3. Errata qualificazione giuridica: Uno degli imputati affermava che gli abiti non fossero rifiuti, ma beni destinati a una nuova utilizzazione, e di aver agito seguendo le direttive dell’ente benefico.
4. Mancato riconoscimento della continuazione: Una ricorrente lamentava la mancata applicazione del vincolo della continuazione con un’altra sentenza di condanna irrevocabile.
5. Intervenuta prescrizione del reato.

La qualificazione del traffico illecito di rifiuti

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili, fornendo una motivazione dettagliata su ciascun punto. La decisione della Corte è fondamentale per comprendere come la giurisprudenza interpreta la normativa in materia ambientale.

Il punto centrale riguarda la nozione di ingente quantitativo. La Corte ha ribadito che tale requisito non va valutato su ogni singola operazione, ma deve essere riferito al quantitativo di materiale complessivamente gestito attraverso la pluralità di azioni illecite. Nel caso di specie, le circa 20 tonnellate di tessili dismessi sono state considerate sufficienti a integrare l’elemento costitutivo del reato. La Corte ha inoltre specificato che la rilevante quantità è di per sé idonea a costituire l’offensività tipica del reato, poiché l’inosservanza delle norme sulla gestione dei rifiuti crea un rischio per l’ambiente e la salute pubblica.

La natura di reato di pericolo presunto

Un altro aspetto cruciale affrontato dalla sentenza è la natura del traffico illecito di rifiuti come reato di pericolo presunto. Questo significa che per la configurazione del delitto non è necessario provare l’esistenza di un danno ambientale concreto o di una sua grave minaccia. La legge presume che la condotta di gestione abusiva di rifiuti sia intrinsecamente pericolosa. La predisposizione di una disciplina rigorosa ha lo scopo di prevenire i danni, e la sua violazione integra il reato a prescindere dalle conseguenze effettive. Pertanto, l’argomento difensivo sull’assenza di inquinamento è stato ritenuto irrilevante.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati. I motivi relativi alla quantificazione dei rifiuti e alla loro natura sono stati giudicati come un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione del merito dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Cassazione non può riesaminare le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Gli Ermellini hanno evidenziato come la difesa non avesse fornito elementi concreti a supporto delle proprie tesi, limitandosi a proporre una “mirata rilettura” degli atti processuali.

Anche gli altri motivi di ricorso sono stati respinti per ragioni procedurali. La richiesta di applicazione del vincolo della continuazione è stata presentata tardivamente e senza allegare la sentenza pertinente, violando il principio di autosufficienza del ricorso. Infine, il motivo sulla prescrizione è stato ritenuto generico, poiché il reato, contestato come permanente e protrattosi fino alla sentenza di primo grado, non si era ancora prescritto.

Le Conclusioni

La sentenza n. 44342/2024 consolida l’orientamento della giurisprudenza sul traffico illecito di rifiuti, chiarendo che la valutazione dell'”ingente quantitativo” deve avere una visione d’insieme dell’attività criminale e che il pericolo per l’ambiente è presunto dalla legge. Questa pronuncia rappresenta un monito importante per tutti gli operatori del settore, inclusi quelli che gestiscono beni usati e donati. La linea di confine tra bene riutilizzabile e rifiuto è sottile e la gestione deve sempre avvenire nel rispetto delle normative ambientali, la cui violazione può integrare gravi fattispecie di reato, anche in assenza di un danno immediatamente percepibile.

Quando una quantità di rifiuti è considerata “ingente” per il reato di traffico illecito di rifiuti?
La nozione di “ingente quantitativo” deve essere riferita al materiale complessivamente gestito attraverso una pluralità di operazioni illecite, anche se singolarmente modeste. Non è un dato desumibile automaticamente dalla sola organizzazione, ma va provato nel suo complesso. Nel caso di specie, circa 20 tonnellate sono state ritenute una quantità ingente.

Per il reato di traffico illecito di rifiuti è necessario provare un danno concreto all’ambiente?
No, non è necessario. Il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti è un reato di pericolo presunto. Ciò significa che la legge presume la pericolosità della condotta per l’ambiente e la salute, e quindi il reato si configura anche senza la prova di un danno ambientale effettivo o di una sua minaccia grave.

Gli indumenti usati donati a enti benefici possono essere considerati rifiuti?
Sì, possono essere considerati rifiuti. La qualificazione dipende dalle modalità concrete di gestione. Se, come nel caso esaminato, non vi è una consegna diretta a fini di riutilizzo ma un’attività complessa di gestione e invio a ditte specializzate per il trattamento finale, tali beni rientrano nella disciplina dei rifiuti, e la loro gestione abusiva può integrare un reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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