Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22459 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22459 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 504/2025
ALDO ACETO
Relatore –
UP – 20/03/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 37002/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME nato a Corato il 17/05/1985
avverso la sentenza del 30/10/2023 della Corte d’appello di Bari
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilitˆ del ricorso; uditi, per il ricorrente, lÕAvv. NOME COGNOME e lÕAvv. NOME COGNOME che hanno
concluso chiedendo lÕaccoglimento del ricorso.
1.NOME COGNOME ricorre per lÕannullamento della sentenza del 30 ottobre 2023 della Corte di appello di Bari che, in riforma della sentenza assolutoria del 21 febbraio 2020 del Tribunale di Trani, impugnata dal Pubblico ministero, lo ha dichiarato colpevole del reato di cui allÕodierno art. 452-
quaterdecies cod. pen. e lo ha condannato alla pena principale, condizionalmente sospesa, di un anno e sei mesi di reclusione, oltre pene accessorie.
1.1.Con il primo motivo deduce il travisamento della prova, la contraddittorietˆ e la illogicitˆ della motivazione.
Osserva, al riguardo, che, da un lato, la Corte di appello sostiene che, nel periodo considerato, erano stati irregolarmente gestiti ingenti quantitativi di rifiuti perchŽ non era possibile risalirne alle origini in quanto conferiti in assenza di FIR, dallÕaltro che il consulente del Pubblico ministero aveva potuto ricostruire la gestione dei rifiuti dalla analisi delle ricevute fiscali e delle dichiarazioni MUD degli anni 2014-2017 per poi affermare che i privati avevano conferito i materiali senza lÕemissione dei FIR, cos’ ammettendo implicitamente che una ricostruzione dei rifiuti è stata possibile per poi affermare lÕesatto contrario ossia che una tale movimentazione non risulta dal registro di carico/scarico attribuendo addirittura ai privati lÕobbligo di compilazione dei FIR.
Orbene, afferma, la presenza di ricevute, registri e MUD esclude la sussistenza del reato per mancanza del dolo specifico e della natura ÒclandestinaÓ della attivitˆ.
é stata travisata la testimonianza di COGNOME, interpretata in modo tendenzioso perchŽ la ricostruzione dei rifiuti conferiti dalla RAGIONE_SOCIALE di Spinazzola, della quale il testimone era il legale rappresentante, è stata possibile grazie proprio allÕesame delle dichiarazioni MUD dei consulenti del Pubblico ministero che hanno documentato quanti e quali tipi di rifiuti la predetta impresa aveva conferito alla societˆ del ricorrente. SicchŽ, il fatto che lo COGNOME avesse riferito di non essere in grado di dire cosa fosse un FIR non costituisce elemento interpretabile nel senso che la societˆ del ricorrente raccoglieva i rifiuti in modo generico e senza i documenti previsti.
Oggetto di travisamento è altres’ il dato dellÕingente quantitativo di rifiuti essendovi la prova che la societˆ del ricorrente negli anni in considerazione ha gestito rifiuti in quantitˆ decisamente inferiori a quelle massime autorizzate (800 tonnellate annue di rifiuti costituiti da veicoli fuori uso e 19.600 tonnellate annue di rifiuti costituiti da rottami ferrosi e non).
In ogni caso, conclude sul punto, difetta il requisito della abusivitˆ della condotta per lÕassenza di contestazione della violazione dei titoli autorizzativi della societˆ del ricorrente.
1.2.Con il secondo motivo deduce lÕerronea applicazione degli artt. 193, comma 1, 212, comma 8, e 266, comma 5, d.lgs. n. 152 del 2006, e la mancanza e la manifesta illogicitˆ della motivazione.
LÕobbligo giuridico dei FIR, afferma, grava esclusivamente su enti e imprese con esclusione degli ambulanti dediti a forme di commercio itinerante come invece diversamente (ed erroneamente) affermato dalla Corte di appello che ha ritenuto gravare su questi ultimi gli stessi obblighi di documentazione del trasporto di rifiuti
metallici e ferrosi in realtˆ insussistenti, nellÕassenza, oltretutto, di prova che autori dei conferimenti fossero proprio ambulanti non esonerati piuttosto che privati cittadini come emerge chiaramente dalle prove dichiarative e dal fatto che nessuno dei soggetti privati conferitori è stato perseguito e condannato, quale ambulante, per la violazione delle disposizioni di legge in materia di raccolta e trasporto di rifiuti.
1.3.Con il terzo motivo deduce lÕerronea e/o la falsa applicazione degli artt. 183, comma 1, lett. n), s), t) e z), d.lgs. n. 152 del 2006, nonchŽ la mancanza e la manifesta illogicitˆ della motivazione in relazione allo svolgimento dellÕattivitˆ di gestione dei rifiuti in zone non autorizzate, conclusione alla quale la Corte di appello giunge in base: a) alla qualifica dei Òpezzi di ricambioÓ come rifiuti; b) alla mera presenza della pesa nellÕarea della societˆ non soggetta ad autorizzazione.
Obietta, al riguardo, che: a) la pesa del rifiuto in entrata e in uscita non costituisce attivitˆ di trattamento o gestione del rifiuto stesso; b) la presenza di una pesa in area non autorizzata non integra il requisito della abusivitˆ del reato di cui allÕart. 452quaterdecies cod. pen., tantomeno la presenza di un capannone che ospitava lÕimpianto di trattamento delle acque meteoriche e le attrezzature da lavoro.
1.4.Con il quarto motivo deduce lÕerronea applicazione dellÕart. 15 d.lgs. n. 209 del 2003 e la contraddittorietˆ e illogicitˆ della motivazione in relazione alla erronea qualifica dei pezzi di ricambio come rifiuti anche se stoccati nellÕarea non autorizzata, fatto questÕultimo del tutto irrilevante: trattandosi di cose non costituenti rifiuto non rileva dove fossero stoccate. Ne consegue che nessuna attivitˆ di gestione dei rifiuti è stata effettuata in area non autorizzata e destinata alla vendita dei pezzi di ricambio.
1.5.Con il quinto motivo deduce lÕerronea applicazione dellÕart. 133 cod. pen. in relazione allÕimmotivato diniego delle circostanze attenuanti generiche.
2.Il ricorso è inammissibile.
1.Il ricorrente è stato giudicato colpevole del reato di cui allÕart. 452quaterdecies cod. pen. (giˆ art. 260 d.lgs. n. 152 del 2006) a lui ascritto perchŽ, al fine di conseguire l’ingiusto profitto derivante dalla gestione irregolare dei rifiuti ricevuti – consistente nel risparmio dei costi inerenti il corretto allestimento, la manutenzione e lÕammodernamento dell’impianto nonchŽ derivanti dall’omessa applicazione delle corrette procedure di messa in sicurezza e recupero dei rifiuti , attraverso l’allestimento, quale responsabile legale della societˆ Nuova Femeco
Srl, esercente attivitˆ di rottamazione di veicoli di ogni genere, veicoli fuori uso e la gestione dei rifiuti ferrosi classificati non pericolosi, riceveva e gestiva ingenti quantitˆ di rifiuti pericolosi e non pericolosi ed in particolare: (i) 641,055 tonnellate di rifiuti costituiti da veicoli fuori uso; (ii) ingenti quantitˆ di materiali ferrosi e non (quantificabili in non meno di 2.235,568 tonnellate con riferimento al solo anno 2014 – quantitativo peraltro in linea con i dati parziali relativi all’anno 2015), rifiuti che, con riferimento alla prima tipologia (veicoli fuori uso), venivano gestiti irregolarmente in quanto l’impianto non era dotato di macchinari che consentivano la bonifica delle parti di veicoli inquinati da oli, liquidi e altro materiale inquinante, con riferimento alla seconda tipologia (rifiuti ferrosi e non), venivano gestiti irregolarmente in quanto non era stato possibile risalire all’origine degli stessi poichŽ conferiti senza FIR e certificato di analisi. Il tutto gestito in un’area in cui: a) non vi era alcuna separazione tra i luoghi destinati alle operazioni di gestione dei rifiuti pericolosi e quelli destinati alla gestione dei rifiuti non pericolosi; b) i rifiuti risultavano ammassati in promiscuitˆ sia sul piazzale che nei cassoni; c) la pavimentazione risulta risultava evidentemente logora tanto da non consentire la impermeabilizzazione del suolo; d) vi erano evidenti commenti di sostanze oleose e pozze melmose. Commettendo il fatto con le seguenti modalitˆ: – omettendo di adottare le occorrenti determinazioni per distinguere l’attivitˆ svolta come centro di raccolta per il trattamento dei veicoli dall’attivitˆ svolta in regime semplificato; – utilizzando aree non ricomprese affatto in alcun titolo abilitativo; – omettendo di effettuare, per assenza delle occorrenti apparecchiature, il corretto trattamento dei veicoli fuori uso rendendone cos’ impossibile il recupero; – ammettendo rifiuti non autorizzati e comunque in difetto della documentazione di trasporto prevista.
Il fatto è contestato come commesso in Corato sino al 3 novembre 2017.
2.2.Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che:
2.3.la societˆ RAGIONE_SOCIALE era autorizzata alla gestione di un centro di demolizione di veicoli usati e alla raccolta di rottami ferrosi e metallici finalizzati al loro recupero, attivitˆ che comprendeva la cernita, la suddivisione in sottotipologie di rifiuti non pericolosi e il loro successivo avvio ad attivitˆ iniziale di recupero; lÕautorizzazione prevedeva, inoltre, che i veicoli usati fossero messi in sicurezza e quindi demoliti;
2.4.allÕesito del sopralluogo era emerso che nel piazzale utilizzato dalla societˆ non risultava indicata la parte di area destinata ai rifiuti per la messa in riserva e quella destinata ai rifiuti soggetti a recupero, poichŽ tutti i rifiuti erano posti allÕinterno di alcuni cassoni o sul pavimento del piazzale stesso;
2.5.alcuni cassoni risultavano privi dellÕindicazione del tipo di rifiuto contenuto;
2.6.la pavimentazione era deteriorata in più parti e presentava pozze oleose e melmose ed il piazzale stesso era privo di griglie di canalizzazione delle acque meteoriche e di dilavamento;
2.7.non era stata prodotta alcuna attestazione della impermeabilitˆ dellÕarea;
2.8.lÕimpresa era priva di impianti e attrezzature per la bonifica dei motori e delle altre parti di veicoli usati;
2.9.allÕinterno dellÕarea venivano gestiti anche rifiuti pericolosi, quali veicoli e motori fuori uso che non risultavano bonificati;
2.10.alcuni soggetti che avevano conferito i rifiuti non erano in possesso delle autorizzazioni ambientali, nŽ di quelle per il trasporto di rifiuti avendoli conferiti direttamente presso lÕimpianto senza alcuna possibilitˆ di poterne stabilire lÕorigine attesa la mancanza dei FIR;
2.11.i conferimenti erano superiori a 30 chilogrammi;
2.12.negli anni 2012-2014, la societˆ aveva accettato rifiuti metallici che, per le loro caratteristiche, essa non potevano gestire;
2.13.i rifiuti non venivano gestiti in maniera differenziata e lÕarea occupata era più ampia di quella autorizzata;
2.14.il Tribunale aveva ritenuto lÕinsussistenza del fatto allÕesito delle deposizioni dei testimoni a discarico e dei consulenti tecnici della difesa i quali, diversamente dal consulente tecnico del Pubblico ministero (che, annotava il primo Giudice, non aveva effettuato alcun sopralluogo) avevano concordemente attestato la corretta gestione dei rifiuti ed in particolare: (a) la societˆ aveva accettato solo rifiuti consentiti in base alle autorizzazioni in suo possesso, salvo per il rifiuto identificato con il codice CER 170409 accettato nellÕanno 2013 per una quantitˆ di 530 chilogrammi; (b) la superficie utilizzata per la gestione dei rifiuti corrispondeva a quella autorizzata, laddove le particelle acquistate successivamente e non comprese nellÕautorizzazione erano state utilizzate per il deposito dei pezzi di ricambio e per la realizzazione di una struttura autorizzata (impianto per le acque di prima pioggia e unÕabitazione); (c) la societˆ era dotata di tutte le attrezzature necessarie alla gestione dei rifiuti che venivano accettati solo se correttamente caratterizzati dal codice CER che compariva anche nel FIR; (d) la messa in sicurezza dei veicoli da demolire avveniva tramite la rimozione delle parti pericolose del veicolo stesso; per rimuovere lÕolio veniva utilizzato un aspiratore e il liquido era riversato in appositi contenitori; (e) i rifiuti, ferrosi e non, venivano accettati tramite i formulari e poi portati nella zona dove sarebbero stati gestiti materialmente e si sarebbe successivamente provveduto alla loro cernita; (f) quanto al conferimento di rifiuti da parte di privati, si procedeva allÕidentificazione del conferente tramite carta di identitˆ e poi si rilasciava allo stesso una fattura con lÕindicazione della quantitˆ e della tipologia del materiale conferito (come confermato dai testimoni COGNOME NOME, Altamura
NOME e COGNOME NOME che avevano riferito di aver conferito rifiuti ferrosi pur in assenza di FIR ma che la societˆ si era sempre preoccupata di far specificare la provenienza dei rifiuti); (g) la pavimentazione era stata rifatta nel 2011 ed in azienda era presente un impianto di raccolta e trattamento delle acque meteoriche;
2.15.nel ribaltare la pronuncia assolutoria, la Corte di appello ha invece evidenziato che:
2.16.la RAGIONE_SOCIALE aveva gestito, negli anni 2014-2016, tonnellate di rifiuti metallici (ferro e acciaio) non accompagnati da FIR e non registrati sul registro di carico e scarico (il dato era stato ricavato dallÕesame delle ricevute fiscali emesse dalla societˆ);
2.17.i testimoni COGNOME NOME e COGNOME NOME avevano confermato di aver conferito rifiuti metallici in assenza di documentazione di accompagnamento; NOME COGNOME aveva riferito di aver conferito materiale ferroso prodotto dalla sua attivitˆ o rinvenuto per terra per quantitˆ pari a circa 200 quintali per volta, talvolta anche per venti giorni al mese, e che non era in possesso di alcuna autorizzazione o abilitazione (NOME COGNOME aveva riferito di aver conferito almeno tre o quattro carrelli di materiale ferroso agganciato alla propria macchina);
2.18.il testimone COGNOME, legale rappresentante dellÕimpresa RAGIONE_SOCIALE di Spinazzola, aveva conferito, negli anni 2013-2014, scarti metallici costituiti da trucioli di ferro e rottami di ferro prelevati direttamente da Nuova Femeco mediante i propri camion non ricordando se i rifiuti fossero accompagnati da FIR;
2.19.nessuno dei privati conferitori possedeva i requisiti di ÒambulantiÓ ai sensi e per gli effetti di cui allÕart. 266, comma 5, d.lgs. n. 152 del 2006;
2.20.i quantitativi di rifiuti conferiti non consentono nemmeno lÕapplicazione dellÕart. 212 d.lgs. n. 152 del 2006;
2.21.lÕattivitˆ veniva svolta dallÕimpresa in area non compresa nel titolo abilitativo essendo quella complessivamente destinata allo smaltimento dei rifiuti estesa 7609 metri quadrati a fronte dei 4500 autorizzati, secondo quanto accertato dal consulente tecnico del Pubblico ministero mediante il personale sopralluogo e la collaborazione del geometra autorizzato dal Tribunale;
2.22.nellÕarea non autorizzata erano presenti un impianto di raccolta delle acque di prima pioggia, un tunnel retrattile utilizzato come ricovero di alcuni macchinari utilizzati in azienda, una pesa interrata (utilizzata, secondo la testimonianza di un dipendente, per la pesatura del materiale conferito e delle autovetture fuori uso) e accumuli di rifiuti tipici dell’attivitˆ svolta dall’azienda, quali pezzi di ricambio di autovetture e pneumatici;
2.23.non vÕè prova, per la Corte territoriale, della assenza di impermeabilizzazione della pavimentazione e di attrezzature idonee al recupero;
2.24.la sussistenza del delitto in considerazione è stata quindi affermata in considerazione: (a) del quantitativo complessivo di rifiuti illecitamente gestiti; (b) della finalitˆ di lucro perseguita dallÕimpresa consistita nellÕaccettare rifiuti senza documentazione e nellÕutilizzare unÕampia zona non assentita da alcuna autorizzazione per lo svolgimento dellÕattivitˆ.
3.Il primo motivo di ricorso rende necessario definire i limiti della cognizione della Corte di cassazione.
3.1.Ed invero, lÕindagine di legittimitˆ sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontˆ del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilitˆ di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimitˆ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 – 01). Il compito del giudice di legittimitˆ non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilitˆ delle fonti di prova, bens’ di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203428 – 01).
3.2.LÕindagine di legittimitˆ pu˜ estendersi al contenuto delle singole prove solo quando la contraddittorietˆ della motivazione risulti da Òatti del processo specificamente indicatiÓ (cd. travisamento della prova), vizio configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; il relativo vizio ha natura decisiva solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758 – 01; Sez. 1, n. 53600 del 24/11/2016, dep. 2017, Sanfilippo, Rv. 271635 – 01; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del
Gaudio, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499). Il travisamento della prova consiste in un errore percettivo (e non valutativo) tale da minare alle fondamenta il ragionamento del giudice ed il sillogismo che ad esso presiede. In particolare, consiste nellÕaffermare come esistenti fatti certamente non esistenti ovvero come inesistenti fatti certamente esistenti. Il travisamento rende la motivazione insanabilmente contraddittoria con le premesse fattuali del ragionamento cos’ come illustrate nel provvedimento impugnato, una diversitˆ tale da non reggere allÕurto del contro-giudizio logico sulla tenuta del sillogismo. Il vizio è perci˜ decisivo quando la frattura logica tra la premessa fattuale del ragionamento e la conclusione che ne viene tratta è irreparabile. Come ben spiegato da Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, n.m. sul punto, il travisamento della prova sussiste quando emerge che la sua lettura sia affetta da errore “revocatorio”, per omissione, invenzione o falsificazione. In questo caso, difatti, la difformitˆ cade sul significante (sul documento) e non sul significato (sul documentato).
3.3.Come ulteriormente affermato da Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME NOME COGNOME, Rv. 283370 – 01, il vizio di “contraddittorietˆ processuale” (o “travisamento della prova”) vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimitˆ alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia”, neutra e avalutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova. Come spiegato in motivazione, Çil vizio di “travisamento della prova” (o di contraddittorietˆ processuale come lo qualifica la dottrina più attenta) chiama in causa, in linea generale, le ipotesi di infedeltˆ della motivazione rispetto al processo e, dunque, le distorsioni del patrimonio conoscitivo valorizzato dalla motivazione rispetto a quello effettivamente acquisito nel giudizio. Tre sono le figure di patologia della motivazione riconducibili al vizio in esame: la mancata valutazione di una prova decisiva (travisamento per omissione); l’utilizzazione di una prova sulla base di un’erronea ricostruzione del relativo “significante” (cd. travisamento delle risultanze probatorie); l’utilizzazione di una prova non acquisita al processo (cd. travisamento per invenzione). In questi casi non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano (cfr. tra le altre Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, COGNOME, Rv. 238215). Invero il vizio di “contraddittorietˆ processuale” vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimitˆ alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice del dato probatorio nei termini di una “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel
merito dell’elemento di prova (Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, COGNOME, Rv. 234167; Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, COGNOME, Rv. 234605). L’elemento travisato deve assumere portata decisivaÈ .
3.4.Quando viene dedotto il travisamento della prova è onere del ricorrente, in virtù del principio di Òautosufficienza del ricorsoÓ, suffragare la validitˆ del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi (ovviamente nei limiti di quanto era giˆ stato dedotto in sede di appello), dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimitˆ il loro esame diretto, a meno che il “fumus” del vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Sez. 2, n. 20677 dellÕ11/04/2017, COGNOME, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, COGNOME, Rv. 265053; Sez. F. n. 37368 del 13/09/2007, Torino, Rv. 237302). Non è sufficiente riportare meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo contenuto dell’atto processuale al fine di trarre rafforzamento dall’indebita frantumazione dei contenuti probatori, o, invece, procedere ad allegare in blocco ed indistintamente le trascrizioni degli atti processuali, postulandone la integrale lettura da parte della Suprema Corte (Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, COGNOME, Rv. 263601; Sez. 3, n. 43322 del 02/07/2014, COGNOME, Rv. 260994, secondo cui la condizione della specifica indicazione degli “altri atti del processo”, con riferimento ai quali, l’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., configura il vizio di motivazione denunciabile in sede di legittimitˆ, pu˜ essere soddisfatta nei modi più diversi (quali, ad esempio, l’integrale riproduzione dell’atto nel testo del ricorso, l’allegazione in copia, l’individuazione precisa dell’atto nel fascicolo processuale di merito), purchŽ detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilitˆ del ricorso, in base al combinato disposto degli artt. 581, comma primo, lett. c), e 591 cod. proc. pen.). EÕ necessario, pertanto: a) identificare l’atto processuale omesso o travisato; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della veritˆ dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonchŽ della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilitˆ” all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, COGNOME, Rv. 249035).
3.5.Il principio di autosufficienza del ricorso trova applicazione anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen., introdotto dall’art. 7, comma 1, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, che si traduce nell’onere di puntuale indicazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati
e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato ove a ci˜ egli non abbia provveduto nei modi sopra indicati (Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, Rv. 280419 – 01; Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Rv. 276432 – 01).
3.6.In conclusione: a) il vizio di motivazione non pu˜ essere utilizzato per spingere lÕindagine di legittimitˆ oltre il testo del provvedimento impugnato, nemmeno quando ci˜ sia strumentale a una diversa ricomposizione del quadro probatorio che, secondo gli auspici del ricorrente, possa condurre il fatto fuori dalla fattispecie incriminatrice applicata; b) lÕesame pu˜ avere ad oggetto direttamente la prova (ed il suo contenuto) quando se ne deduce il travisamento, purchŽ lÕatto processuale che la incorpora sia allegato al ricorso (o ne sia integralmente trascritto il contenuto) e possa scardinare la logica del provvedimento creando una insanabile frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali; c) la natura manifesta della illogicitˆ della motivazione del provvedimento impugnato costituisce un limite al sindacato di legittimitˆ che impedisce alla Corte di cassazione di sostituire la propria logica a quella del giudice di merito e di avallare, dunque, ricostruzioni alternative del medesimo fatto, ancorchŽ altrettanto ragionevoli; d) non è consentito, in caso di cd. Òdoppia conformeÓ, dedurre il travisamento della prova mediante la pura e semplice riproposizione delle medesime questioni fattuali giˆ devolute in appello sopratutto quando, come nel caso di specie, la censura riguardi il medesimo compendio probatorio non avendo la Corte territoriale attinto a prove diverse da quelle scrutinate in primo grado.
3.7.Non è dunque ammesso, in sede di legittimitˆ, proporre unÕinterlocuzione diretta con la Suprema Corte in ordine al contenuto delle prove giˆ ampiamente scrutinate in sede di merito sollecitandone lÕesame e proponendole quale criterio di valutazione della illogicitˆ manifesta della motivazione; in questo modo si sollecita la Corte di cassazione a sovrapporre la propria valutazione a quella dei Giudici di merito laddove, come detto, ci˜ non è consentito, nemmeno quando venga eccepito il travisamento della prova. Il travisamento non costituisce il mezzo per valutare nel merito la prova, bens’ lo strumento – come detto – per saggiare la tenuta della motivazione alla luce della sua coerenza logica con i fatti sulla base dei quali si fonda il ragionamento.
3.8.Orbene, il primo motivo si espone proprio a quelle censure che il ricorrente afferma di ben conoscere e di voler evitare. Il richiamo al contenuto di prove (tra queste la testimonianza di COGNOME) delle quali viene dedotto il travisamento e che, tuttavia, in violazione del principio di autosufficienza, non vengono nemmeno allegate al ricorso, rende impossibile lo scrutinio delle censure difensive anche in ordine alla identificazione dei soggetti conferenti i rifiuti e al loto obbligo di compilazione dei FIR. Oltretutto la censura è ÒparzialeÓ perchŽ evita il confronto con altre prove (tra queste le testimonianze di COGNOME e Altamura che avevano
riferito di aver conferito materiale ferroso senza alcuna documentazione e per quantitˆ ogni volta considerevoli e con frequenza quasi quotidiana) del tutto neglette.
3.9.Non è poi chiara (non essendo specificata) la natura decisiva del travisamento. Si afferma da parte del ricorrente che la Corte di appello ha potuto comunque ricostruire la quantitˆ di rifiuti trattati e che, dunque, lÕattivitˆ della RAGIONE_SOCIALE non era clandestina considerata la effettiva ÒtracciabilitˆÓ dei rifiuti stessi.
3.10.Il rilievo non è decisivo perchŽ è giuridicamente infondato.
3.11.Le condotte del cedere, ricevere, trasportare, esportare, importare, o comunque gestire ingenti quantitativi di rifiuti tipizzate dallÕart. 452quaterdecies cod. pen., sono qualificate dalla loro abusivitˆ.
3.12.La natura abusiva qualifica anche la condotta di altri delitti contro lÕambiente (artt. 452bis , 452quater , 452sexies cod. pen.).
3.13.In termini generali, la condotta è “abusiva” non solo quando viene svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attivitˆ richiesta, ma anche quando è posta in essere in violazione di leggi statali o regionali – ancorchŽ non strettamente pertinenti al settore ambientale – ovvero di prescrizioni amministrative (Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017, COGNOME, Rv. 269491 – 01; Sez. 3, n. 46170 del 21/09/2016, COGNOME, Rv. 268060 – 01; parla di abuso del titolo amministrativo di cui si ha la disponibilitˆ, Sez. 3, n. 26007 del 25/04/2019, COGNOME, Rv. 276015 – 02).
3.14.Con specifico riferimento al delitto di cui allÕart. 452quaterdecies cod. pen., il requisito della abusivitˆ deve essere interpretato in stretta connessione con gli altri elementi tipici della fattispecie, quali la reiterazione della condotta illecita e il dolo specifico d’ingiusto profitto. Ne consegue che la mancanza delle autorizzazioni non costituisce requisito essenziale per la configurazione del delitto che, da un lato, pu˜ sussistere anche quando la concreta gestione dei rifiuti risulti totalmente difforme dall’attivitˆ autorizzata (Sez. 3, COGNOME, cit.; Sez. 5, n. 40330 del 11/10/2006, COGNOME, Rv. 236294 – 01, secondo cui sussiste il carattere abusivo dell’attivitˆ organizzata di gestione dei rifiuti qualora essa si svolga continuativamente nell’inosservanza delle prescrizioni delle autorizzazioni, il che si verifica non solo allorchŽ tali autorizzazioni manchino del tutto – cosiddetta attivitˆ clandestina -, ma anche quando esse siano scadute o palesemente illegittime e comunque non commisurate al tipo di rifiuti ricevuti, aventi diversa natura rispetto a quelli autorizzati e accompagnati da bolle false quanto a codice attestante la natura del rifiuto, in modo da celarne le reali caratteristiche e farli apparire conformi ai provvedimenti autorizzatori dei siti di destinazione finale; nello stesso senso, Sez. 3, n. 40828 del 06/10/2005, COGNOME, Rv. 232350 – 01;
secondo Sez. 3, n. 33089 del 15/07/2021, Centro Servizi Ambientali, Rv. 282101 – 01, la verifica della rispondenza delle autorizzazioni ambientali alle Best Available Techniques, B.A.T., in relazione al tipo di attivitˆ svolta e alla incidenza della eventuale difformitˆ, e, in ogni caso, il rispetto di queste ultime, assume rilievo al fine dellÕaccertamento della abusivitˆ della condotta, in quanto le stesse concorrono a definire il parametro, di legge o di autorizzazione, di cui è sanzionata la violazione e la cui inosservanza, se incidente sul contenuto, sulle modalitˆ e sugli esiti della attivitˆ svolta, pu˜ determinare la abusivitˆ di questÕultima, in quanto esercitata sulla base di autorizzazione difforme da BAT Conclusions rilevanti ai fini di tale attivitˆ o in violazione di queste ultime); dall’altro, pu˜ risultare insussistente, quando la carenza dell’autorizzazione assuma rilievo puramente formale e non sia causalmente collegata agli altri elementi costitutivi del traffico (Sez. 3, n. 44449 del 15/10/2013, COGNOME, Rv. 258326 – 01, che, in applicazione di tale principio, ha annullato il sequestro preventivo di un “residence” turistico, disposto sulla base di mere irregolaritˆ degli impianti preposti al trattamento dei reflui fognari e delle acque di scarico; Sez. 3, COGNOME, cit., che ha ritenuto integrato il reato in questione a carico di un soggetto, titolare di regolare autorizzazione per i propri impianti a ricevere e trattare rifiuti e provvedere all’integrale recupero degli stessi, qualora tecnicamente possibile, attraverso una lavorazione finalizzata al recupero o al reimpiego in altro ciclo produttivo della parte riutilizzabile, mentre soltanto la parte non recuperabile poteva essere destinata allo smaltimento, il quale, invece, contrariamente all’attestazione alle industrie conferenti i rifiuti della loro messa in riserva con finalitˆ di recupero attraverso i propri impianti, si era disfatto dei rifiuti medesimi, trasportandoli e conferendoli ad altri impianti).
3.15.La deduzione difensiva che la natura abusiva dellÕattivitˆ debba essere esclusa per la mancanza di clandestinitˆ e per la possibilitˆ della ricostruzione postuma dei quantitativi di rifiuti trattati si espone a più censure: (i) la prima: la natura clandestina dellÕattivitˆ non costituisce requisito strutturale della fattispecie di reato; (ii) la seconda: la possibilitˆ di ricostruire ex post la quantitˆ di rifiuti trattati (e dunque di accertare un elemento tipico della fattispecie) si risolverebbe sempre a vantaggio dellÕimputato perchŽ, per assurdo, la raggiunta prova della sussistenza di un elemento strutturale della fattispecie determinerebbe lÕinsussistenza del reato per mancanza della natura abusiva.
3.16.Ci˜ che rileva è il fatto che la Corte di appello dˆ conto di prove dichiarative dalle quali risultano numerosi conferimenti di rifiuti per quantitˆ ogni volta considerevoli (per un totale di svariate tonnellate) da parte di soggetti non autorizzati e privi di documentazione, aggiungendo che nessuno, in Nuova Femeco, aveva rifiutato tali conferimenti benchŽ in assenza di FIR o avesse mai posto il problema. La quantitˆ di rifiuti, nemmeno registrati nei registri di carico-
scarico, era stata accertata sulla base delle sole ricevute fiscali e tale affermazione è tuttÕaltro che contraddittoria.
3.17.Altro aspetto della abusivitˆ della condotta è costituito dallÕutilizzo di ampie zone non comprese nella autorizzazione funzionale alla gestione della ingente quantitˆ di rifiuti.
3.18.Inammissibili, alla luce delle considerazioni ampiamente sviluppate ai ¤¤ 3.1-3.7 che precedono, sono, sotto questo profilo, le deduzioni relative alla insussistenza del requisito della ingente quantitˆ di rifiuti che sollecitano un non consentito esame di prove documentali e testimoniali (in particolare delle dichiarazioni dello COGNOME) nemmeno allegate al ricorso.
4.Il secondo motivo è generico e manifestamente infondato ed è anche mal posto.
4.1.Il ricorrente contesta la natura abusiva dei conferimenti effettuati in assenza di FIR deducendo lÕinapplicabilitˆ dellÕobbligo a persone diverse da enti e imprese e dunque ai conferitori occasionali, a coloro cioè che: (a) effettuano, in modo occasionale e saltuario, trasporti di rifiuti non pericolosi da essi stessi prodotti che non eccedano la quantitˆ di trenta chilogrammi o di trenta litri per non più di cinque volte lÕanno; oppure (b) che svolgono lÕattivitˆ di ambulante, anche se oggetto del loro commercio sono rifiuti di rame e di metalli, ferrosi e non, e limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio.
4.2.La deduzione difensiva postula (avvalendosi, ancora una volta, di inammissibili deduzioni fattuali) che i conferimenti fossero occasionali o saltuari o che fossero effettuati da persone esercenti attivitˆ di ambulante, in tal modo, da un lato, sovvertendo quel che emerge dalla lettura del testo della motivazione della sentenza (da cui risulta che i conferimenti erano tuttÕaltro che occasionali), dallÕaltro ipotizzando qualitˆ soggettive dei conferitori che non solo non risultano dalla sentenza, nŽ da prove (in tesi) travisate per omissione, ma sono anzi smentite da precise evidenze probatorie da cui risulta che conferitori erano anche titolari di imprese (NOME COGNOME.
4.3.Ci˜ in un contesto nel quale le movimentazioni in entrata e in uscita dei rifiuti non venivano comunque annotate sul registro di carico e scarico di cui allÕart. 190 d.lgs. n. 152 del 2006, il quale, in caso di gestione di rifiuti (anche) pericolosi, non ammette equipollenti (art. 1, comma 4, del regolamento recante approvazione dei modelli dei registri di carico e scarico approvato con d.m. 1 aprile 1998, n. 148).
5.Il terzo motivo è proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge ed è manifestamente infondato.
5.1.La riconducibilitˆ della pesa e del tunnel allÕambito dellÕautorizzazione costituisce altra postulazione fattuale che, per le ragioni giˆ ampiamente spiegate al ¤ 3 che precede, non è consentita in sede di legittimitˆ.
5.2.Sotto altro profilo, la doglianza è generica perchŽ oltre alla pesa dei rifiuti (attivitˆ, questÕultima, che non si vede come possa essere esclusa dal più ampio concetto di ÒgestioneÓ del rifiuto) e al deposito degli attrezzi, nellÕarea non autorizzata erano stati depositati Çaccumuli di rifiuti tipici dellÕattivitˆ svolta dallÕazienda, quali pezzi di ricambio di autovetture e pneumaticiÈ (pag. 8 della sentenza). La pesa appartiene alla fase del ÒcaricoÓ del rifiuto che deve essere documentata mediante annotazione nei registri di carico e scarico (art. 1, comma 5, d.m. n. 148 del 1998) perchŽ concorre alla individuazione dei quantitativi massimi di rifiuti che lÕimpianto è autorizzato a trattare. Che la ÒpesaÓ debba essere effettuata allÕinterno dellÕarea autorizzata alla gestione del rifiuto è perci˜ considerazione sin troppo ovvia.
6.Le considerazioni che precedono depongono per la genericitˆ anche del quarto motivo per lÕirrilevanza delle questioni dedotte (la natura di non rifiuto dei pezzi di ricambio) visto che il ricorrente neglige che: a) il deposito di rifiuti non era costituito solo da pezzi di ricambio, ma anche da pneumatici; b) la pesa veniva utilizzata anche per i veicoli fuori uso.
7.LÕultimo motivo è manifestamente infondato.
7.1.La Corte di appello ha fatto buon governo dellÕinsegnamento secondo il quale il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche pu˜ essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’art. 62-bis cod. pen., disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dellÕimputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610; Sez. 1, n. 3529 del 22/09/2013, COGNOME, Rv. 195339).
8.Alla declaratoria di inammissibilitˆ del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., essendo essa ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonchŽ del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente nella misura di 3.000,00. Il Collegio intende in tal modo esercitare la facoltˆ, introdotta dallÕart. 1, comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista dallÕart. 616 cod. proc. pen. in caso di
inammissibilitˆ del ricorso considerate le ragioni della inammissibilitˆ stessa come sopra indicate.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Cos’ deciso in Roma, il 20/03/2025.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME