Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2545 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2545 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANZARO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/07/2023 del TRIB. LIBERTA di CATANZARO
sentita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
n
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 12/07/2023 il Tribunale del riesame di Catanzaro, decidendo in sede di rinvio a seguito dell’annullamento di precedente ordinanza da parte della Prima Sezione penale di questa Corte, ha rigettato la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro gli aveva applicato la massima misura cautelare in quanto gravemente indiziato di avere fatto parte di una associazione di stampo mafioso di tipo ‘ndranghetistico ex art. 416-bis, commi primo, secondo, terzo, quarto, quinto ed ottavo, cod. pen., operante nella Regione Calabria, nel territorio italiano ed all’estero, costituita d molte decine di ‘locali’ e ‘ndrine distaccate, allo scopo di: commettere reati di materia di armi ed esplosivi, contro la vita, il patrimonio e l’incolumità individual e, in particolare, commercio di sostanze stupefacenti, estorsione, usura, furto, riciclaggio, esercizio abusivo di attività finanziaria; acquisire direttamente e indirettamente la gestione e/o il controllo di attività economiche nel settore edilizio, movimento terra e ristorazione; acquisire appalti pubblici e privati ostacolare il libero esercizio del voto, procurare a sé e ad altri voti in occasione d competizioni elettorali e di conseguire per sé e altri vantaggi ingiusti, con l’aggravante di essere l’associazione armata; nonché, ancora, con lo scopo di commettere più delitti relativi alla organizzazione di traffici illeciti di rifiut commissione di reiterate truffe ai danni del Gestore del servizio energetico nazionale. Fatto aggravato dall’essere stato commesso per agevolare il sodalizio di ‘ndrangheta denominato ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e le articolazioni ‘ndranghetistiche del crotonese, le quali monopolizzavano ed organizzavano il trasporto del legno cippato in violazione della normativa sui rifiuti, conferendo materiale non conforme in accordo con i responsabili delle strutture c.d. a biomassa. Nelle province di Cosenza, Crotone e Brindisi dal gennaio 2014 al febbraio 2017. Con il ruolo per NOME COGNOME di capo cosca e, in quanto tale, in grado di impartire ordini e direttive agli associati. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
La sentenza n. 26299 del 21/04/2023, pronunciata dalla Prima Sezione di questa Corte, rigettato nel resto il ricorso, ha accolto i motivi inerenti la riten gravità indiziaria per i reati di cui ai capi 6 e 7, sulla base dell’assorbe considerazione che il Tribunale del riesame non aveva considerato una memoria difensiva, corredata da una ricerca effettuata dall’RAGIONE_SOCIALE sul tema della biomassa, tema di interesse con riferimento alle indicate imputazioni provvisorie.
Il capo 7, in particolare, contestava al COGNOME il delitto di cui agli artt. comma secondo, 110, 112, commi primo e secondo, 452-quaterdecies, 416-bis.1. cod. pen., in concorso con gli altri indagati e previo accordo tra loro. Gli indagati, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attività continuative organizzate, secondo l’accusa gestivano, ricevevano, trasportavano e smaltivano materiale legnoso misto a scarti di segheria e altro materiale di risulta proveniente da tagli, sfalci e potature abusivi dagli stessi perpetrati e organizzati, intensivi per questo pericolosi per l’ambiente; gestendo il predetto materiale, “cippandolo” in piazzali dagli stessi allestiti, mescolandolo illecitamente con materiale di risult e conferendolo presso centrali a biomassa ubicate in territorio calabrese (Cutro, Strongoli, Crotone, Laino Borgo ed Ecosesto-Cosenza), anche per mezzo della redazione e predisposizione di falsa documentazione e false perizie di agronomi che attestavano diversa origine del materiale poi conferito in centrale bionnassa (facendo così assumere al materiale la qualità di rifiuto, non rientrando in tal modo nella esclusione normativa di cui all’art. 185, comma 1, lett. f), d.lgs. n.152/2016); smaltivano quindi, i dirigenti e i responsabili delle centrali biomasse, l’ingent materiale come chips di legno vergine, bruciandolo per la produzione di energia elettrica incentivata per la quale le centrali sono destinatarie di fondi pubblici, c ciò guadagnandone l’ingiusto profitto costituito da un agevole smaltimento dei rifiuti e dall’indebito incremento del volume di affari per i fornitori, determina dal mischiare materiale legnoso vergine a scarti di segheria, lavori autostradali e/o sfalci e potature abusivi.
Ha proposto ricorso per cassazione il COGNOME, a mezzo dei difensori, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione di legge, sostenendo che il Tribunale del riesame non si sarebbe attenuto al vincolo del rinvio ed avrebbe, ancora una volta, motivato il rigetto della richiesta d riesame senza prendere in considerazione i rilievi difensivi, se non con una formula di stile contenuta a pagina 4 dell’ordinanza, nella quale si è escluso – senza motivare la conclusione raggiunta – che l’oggetto della lavorazione fosse compatibile con il ciclo di produzione delle biomasse.
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione delle norme incriminatrici contestate e dell’art. 273 cod. proc. pen.
Il Tribunale del riesame avrebbe in ogni caso affermato la gravità indiziaria in capo al COGNOME sulla base del richiamo generico a dichiarazioni di collaboratori di giustizia e ad intercettazioni, tutt’al più evocative di singole direttive impartite ricorrente al figlio, legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE che sarebbe stata
coinvolta nell’ipotizzato traffico illecito di rifiuti. In ogni caso il Tribunal avrebbe evidenziato in maniera sufficiente l’esistenza di una struttura organizzata nel traffico ed avrebbe genericamente riferito al COGNOME condotte tenute da persone diverse, come per esempio la falsificazione di documenti di trasporto per ostacolare la scoperta della reale provenienza del prodotto conferito alle centrali.
In sostanza, quella delineata dal Tribunale del riesame sarebbe niente più che una “responsabilità da contesto”.
In ogni caso, sarebbe stato violato l’art. 183 d. Igs. n. 152/2006 laddove il materiale oggetto di conferimento è stato definito “rifiuto”, senza considerare che a tal fine non va valorizzata la mera composizione chimica della sostanza smaltita, ma occorre verificare che si tratti di un “residuo di produzione” ovvero di “un prodotto che non è stato ricercato in quanto tale” ed ancora che il suo riutilizzo senza operazioni di trasformazione preliminare presenti un ridotto grado di probabilità, in quanto economicamente non vantaggioso. Nel caso di specie, si sarebbe invece trattato di conferimento di scarti di segheria, funzionale al conseguimento di un vantaggio economico.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta nella quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Manifestamente infondato è il primo motivo.
Non sussiste la dedotta carenza assoluta di motivazione con riferimento al profilo interessato dalla precedente sentenza di annullamento.
Premesso che «in tema di gestione di rifiuti, il regime derogatorio della parte quarta del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, previsto dall’art. 185 del medesimo decreto … opera solo per gli “sfalci e potature” riutilizzati in agricoltura, in silvico per la produzione di energia da biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione o a mezzo cessione a terzi, sempre che siano seguite delle procedure che non danneggino l’ambiente o non mettano in pericolo la salute umana, mentre, ove non ricorrano tali presupposti, i predetti scarti vegetali sono classificabili com rifiuti» (Sez. 3, n. 9348 del 02/10/2019, dep. 2020, Pitanti, Rv. 278638), del tutto esente da rilievi di manifesta illogicità è la motivazione resa dal Tribunale del riesame che ha evidenziato come gli elementi indiziari raccolti siano tali da far ritenere che il materiale trasportato fosse appunto qualificabile quale rifiuto.
Il Tribunale del riesame non si è sottratto al confronto con il materiale probatorio sottopostogli dalla difesa ed ha chiarito che «il materiale trasportato non può sfuggire alla categoria di rifiuto essendo emerso con evidenza che il sistema organizzato si fondava sulla falsificazione della documentazione da presentare per giustificare il conferimento del cippato e per celarne la reale provenienza» (pag. 4). La forza logica della considerazione secondo la quale non occorre preoccuparsi di predisporre documenti di trasporto falsi se il materiale conferito è perfettamente regolare è evidente, ma il Tribunale non si è limitato ad essa. Ha infatti richiamato gli elementi di prova raccolti tramite intercettazioni e servizi di osservazione, da cui è emerso che il materiale conferito era cippato non vergine mischiato ad altri materiali “sporchi”, quali carta, materiali di risul derivanti dalla lavorazione del manto stradale (di per sé classificabili come rifiuti: cfr. Sez. 3, n. 24865 del 08/02/2018, Terranova, Rv. 273366) e, in un caso, pezzi di cemento, oltre che materiale legnoso non tracciabile (pag. 4); e tutto ciò in quantità ingenti (tonnellate: cfr. pag. 5).
Generico, versato in fatto e comunque manifestamente infondato è il secondo motivo.
Le osservazioni critiche mosse dal ricorrente sono generiche e propongono una diversa valutazione degli elementi indiziari raccolti (dalle intercettazioni all consulenza tecnica); inoltre, suggeriscono una diversa qualificazione del materiale conferito che è però smentita dal Tribunale del riesame attraverso l’esposizione dei risultati probatori provvisoriamente raggiunti: non si è trattato cioè, come sostiene il ricorrente, di scarti di segheria non qualificabili come rifiuto, ma materiale vario, cui tale qualifica invece compete.
Il Tribunale, come si è già detto, ha motivato in modo non illogico circa la responsabilità del ricorrente, e la circostanza che al ricorrente non siano contestati delitti di falso non toglie rilievo alla considerazione logica secondo la quale l diffuse falsificazioni dei documenti, ancorché ad opera di altri, abbiano indubbio valore indiziario circa la natura dei rifiuti conferiti.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila alla cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 04/12/2023