Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 12402 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 12402 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal NOME NOME nato a Isola di Capo Rizzuto il 11/10/1978; COGNOME NOME nato a Monterotondo il 9/11/1959; NOME nato a Montevideo Uruguay il 20/03/1974, COGNOME NOME nato a Carugate il 27/04/1974; nel procedimento a carico dei medesimi; avverso la sentenza del 27/03/2024 della Corte di appello di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr.ssa COGNOME NOME che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni dei difensori degli imputati avv.ti COGNOME NOME e COGNOME Pasquale che hanno insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Milano riformava parzialmente la sentenza del tribunale di Milano, e dichiarava non doversi procedere nei confronti, tra gli altri, degli odierni ricorrenti, in ordine ai capi a 8 perché estinti per prescrizione, concedeva le attenuanti generiche a COGNOME NOME e NOMECOGNOME rideterminava altresì la pena finale, subordinava la sospensione condizionale della pena concesso a COGNOME NOME alla eliminazione del danno e del pericolo per il sito Meleti di cui all’imputazione entro 5 anni dal giudicato, revocava la sospensione condizionale della pena
concessa con altra sentenza in favore di Chopusian, disponeva il dissequestro e confermava nel resto la sentenza impugnata.
Avverso la predetta sentenza COGNOME COGNOME MarcoCOGNOME NOMECOGNOME Alfonso ciascuno mediante il proprio difensore, hanno proposto ricorso per cassazione.
NOME Salvatore e NOME NOME, con il primo comune motivo deducono il vizio di contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione, per travisamento della prova. Si premette che con atto di appello i ricorrenti avevano sostenuto l’assenza della loro consapevolezza di effettuare uno stoccaggio illegale di rifiuti, sul rilievo della esclusione della valenza autoaccusatoria delle dichiarazioni degli imputati, e della insussistenza della valenza di altri elementi ritenuti invece d carattere probatorio. Sarebbero stati poi elencati altri elementi a discarico in sede di appello. La sentenza impugnata sarebbe contraddittoria laddove, da una parte, si sosterrebbe che le dichiarazioni dei ricorrenti non sarebbero autoaccusatorie ma etero accusatorie e successivamente sostiene invece la portata altresì autoaccusatoria delle medesime dichiarazioni. La motivazione sarebbe altresì manifestamente illogica in quanto vi sarebbe il travisamento delle dichiarazioni dei ricorrenti nei termini suddetti, perché ritenute di tipo confessorio. I passaggi dichiarativi, in particolare, che si assume travisati, sarebbero connotati dalla affermazione della estraneità ai fatti da parte dei due coimputati, avendo ribadito di avere ricevuto assicurazioni sulla legittimità dello stoccaggio dei rifiuti.
Con il secondo motivo deducono la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, rilevando come la motivazione, in punto di elemento soggettivo sarebbe fondata su congetture, realizzando un salto logico posto che dalla circostanza per cui i ricorrenti si sarebbero attivati per sublocare il capannone ove erano stoccati i rifiuti in favore della RAGIONE_SOCIALE non discende come necessaria e logica conseguenza la loro conoscenza del fatto che attraverso tale ultima società gli altri imputati avrebbero gestito i rifiuti illegalmente
NOME cui si erano ascritti i reati di cui agli artt. 110 cod. pen. 452 quaterdecies cod. pen. ( capo 1) e 110 cod. pen. 256 commi 1 e III del Dlgs. 152/06 ( capo 7, poi prescritto in appello), con l’unico motivo presentato deduce il vizio di motivazione, rilevando come la corte, al fine di validamente fondare il giudizio responsabilità qui contestato, avrebbe dovuto motivare circa l’effettivo svolgimento di attività di illecito smaltimento di rifiuti nel sito di V in epoca anteriore alla intervenuta stipula di un contratto di sub locazione tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE nonchè in ordine all’effettivo
?,,
coinvolgimento, rispetto a tale ultima vicenda, del ricorrente, quale socio “occulto” del coimputato COGNOME. Si aggiunge, quindi, che le dichiarazioni dei coimputati COGNOME e COGNOME e COGNOME, poste a fondamento del predetto giudizio di responsabilità, sarebbero connotate – “se si vanno a esaminare le dichiarazioni così come riportate nella stessa sentenza” – dall’intento di allontanare da sé profili di responsabilità e inconferenti sarebbero intercettazioni assunte a riscontro. Le conversazioni valorizzate, in particolare, dal primo giudice, non sarebbero riferibili alla attività illecita contestata né rivelerebbero l’interesse ad essa del ricorrente.
COGNOME NOME, con il primo motivo deduce vizi di motivazione in ordine al capo 1 di cui agli artt. 110 cod. pen. e 452 quaterdecies cod. pen., rappresentando la illogicità dell’assunto per cui la condotta dell’imputato, che spruzzava caffè sui rifiuti stoccati nel capannone di Meleti, avrebbe confermato la consapevolezza della abusività della attività organizzata per lo stoccaggio dei rifiuti. Tale passaggio motivazionale sarebbe anche in contrasto con l’affermazione di cui a pagina 23 della sentenza impugnata, secondo la quale la RAGIONE_SOCIALE il 10.5.2017 possedeva una regolare autorizzazione per la gestione dei rifiuti che, secondo la difesa, sarebbe stata “evidentemente” esibita ai vari interlocutori, tra cui il COGNOME, di tale società. Che quindi non avrebbe potuto operare in mala fede circa la gestione dei rifiuti in contestazione non avendo poi mai saputo dalla predetta società che la autorizzazione era divenuta inefficace. Si contesta poi la rappresentazione di una “organizzazione”, siccome ricavata solo dalla predisposizione, da parte del COGNOME, di muletti all’interno del capannone. Essendosi il ricorrente semplicemente adoperato in favore del coimputato COGNOME per consentire lo scarico dei rifiuti. Si contesta poi la sussistenza a carico, del requisito dell’ingiusto profitto, non avendo il ricorrente ottenuto alcuna somma di denaro né comunque alcun vantaggio economico avendo solo voluto aiutare il COGNOME. Solo a posteriori il ricorrente avrebbe avuto contezza della assenza di regolare autorizzazione per l’attività in questione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con il secondo motivo deduce vizi di motivazione in ordine alla mancata applicazione della sospensione condizionale della pena e del beneficio della non menzione. Sarebbe illogica la subordinazione della sospensione condizionale della pena alla eliminazione del danno e pericolo presso il sito di Meleti atteso che sarebbe ormai già intervenuto il ripristino dello status quo ante. Si contesta la mancata applicazione del beneficio della non menzione, siccome in contrasto con il formulato giudizio in ordine alla personalità del ricorrente, apprezzato per la collaborazione offerta e per le dichiarazioni autoaccusatorie.
GLYPH
tz
Con il terzo motivo rappresenta vizi di motivazione per la mancata applicazione delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen., essendo chiaramente emerso in sede di interrogatorio reso dinanzi al Gip che i rifiuti di cui al capannone di Meleti erano stati poi regolarmente smaltiti con l’apporto fattivo dell’imputato, come dimostrato dall’intervenuto dissequestro del capannone. Restituito al legittimo proprietario.
Con il quarto motivo deduce vizi di motivazione in punto di statuizioni civili. Si esclude che il ricorrente abbia fatto parte della organizzazione di cui al capo 1), come dimostrerebbero intercettazioni relative a dialoghi con il Sanfilippo, atteso che l’imputato si sarebbe attivato solo per lo stoccaggio di una singola partita di rifiuti. Quindi la domanda di risarcimento avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE Acli San Massimo non avrebbe dovuto essere accolta nei confronti del ricorrente, posto che i rifiuti pervenuti nel capannone di tale cooperativa non sarebbero quelli che prima erano stati depositati nel capannone di Meleti, atteso che questi ultimi sarebbero stati regolarmente smaltiti per quanto prima osservato .
Con il quinto motivo rappresenta vizi di motivazione in ordine ai beni in sequestro, di proprietà del ricorrente, non avendo egli tratto alcun profitto, e non avendo egli fatto parte della organizzazione di cui al capo 1 come già evidenziato nel precedente motivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo dedotto da NOME e COGNOME è già in sé inammissibile, sia perché i riferimenti dei giudici a dichiarazioni ritenute non autoaccusatorie e poi invece reputate tali, si riconduce in particolare ad affermazioni non perfettamente coincidenti, come tali ben suscettibili di valutazioni diverse sul piano della portat accusatoria soggettiva. Sia perché in tema di travisamento poi, la deduzione difensiva muove su un piano di diversa valutazione delle complessive affermazioni, che non si riducono alla sola negazione degli addebiti ma riportano passaggi ben suscettibili di essere valutati contra reo, così che non emerge alcun travisamento, rispetto al quale, si noti bene, occorre ricordare che in tema di ricorso per cassazione, ai fini della configurabilità del vizio predetto relativo alla pro dichiarativa, è necessario che la deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017 (dep. 20/02/2018 ) Rv. 272406 – 01).
Peraltro, con principio che vale in ordine ad ogni vizio della sentenza, come appresso evidenziato, questa Corte ha sottolineato che il ricorso il quale, in applicazione della nuova formulazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., intenda far valere il vizio di «travisamento della prova» deve, a pena di inammissibilità (Sez. 1, sent. n. 20344 del 18/05/2006, dep. 14/06/2006, COGNOME, Rv. 234115; Sez. 6, sent. n. 45036 del 02/12/2010, dep. 22/12/2010, COGNOME, Rv. 249035) indicare le ragioni per cui l’atto invocato asseritamente inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilità” all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato. Circostanza – come di seguito evidenziato -, del tutto trascurata nella relativa illustrazione, dai ricorrent
Ancora, in tema di ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 606, comma primo lett. e), la denunzia di minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non possono dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto argomentativo della motivazione. (cfr. Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013 Rv. 254988 Reggio.; Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017 Rv. 271227 M e altri).
Inoltre, al di là della formale qualificazione operata, ovvero come dichiarazioni a carico reputate confessorie o meno, ciò che rileva è la coerenza dell’inserimento e valorizzazione concreta di tali dichiarazioni nel contesto motivazionale, che non viene neppure messo in discussione. Infine, si dimentica che non ogni vizio di illogicità o contraddizione di per sé incide, pregiudicandola, sulla motivazione, atteso che tale difetto oltre a sussistere in maniera “manifesta” deve anche essere decisivo ovvero tale da innescare un corto circuito insuperabile all’interno della motivazione complessivamente esaminata e intesa. Invero, è noto che il vizio di manifesta illogicità, come quello di mancanza e contraddittorietà della medesima, deve essere di spessore tale da risultare percepibile ictu ocuii, dovendo il sindacato di legittimità vertere su difetti di macroscopica evidenza, mentre rimangono ininfluenti le minime incongruenze e si devono considerare disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (cfr., Sez. un., n. 24 del 24 novembre 1999, Rv. n. 214794; Sez. un., n. 12 del 31 maggio 2000, Rv. n. 216260; Sez. un., n. 47289 del 24 settembre 2003, Rv. n. 226074). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tanto precisato, la considerazione critica qui in esame è ben lontana dal soddisfare tutti i requisiti indicati.
2. Anche il secondo motivo è inammissibile. Va premesso che i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili «non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568) e le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425). Ebbene, nessun confronto di tale tipo traspare dalla censura in esame, alla luce della motivazione della sentenza impugnata in punto di elemento soggettivo: invero, i giudici di appello hanno esaminato con estrema dovizia di particolari, indiziari e logici, il predetto tema, sin da pagina 44 e fino a pagina 60, illustrandone non solo le condotte, i dialoghi, ma anche evidenziandone la corrispondente significatività rispetto all’emersione di una consapevole condotta di concorrere nella illecita attività agli imputati ascritta, connotata, tra l’altro, dalla finalità di “sanare”, mediante l’apparenza di regolare contratto, la pregressa presenza di rifiuti presso il capannone di loro pertinenza, quali gestori formali e poi di fatto della società di riferimento rispetto allo stesso hanno anche sottolineato il concreto contributo offerto, con corrispondente profitto, nel progressivo scarico, sempre illecito, di altri rifiuti; con perspicuo fin rilievo, anche corroborato da una attenta quanto logica confutazione di censure difensive volte ad escludere il dolo, della non riconducibilità ad altro che ad una deliberata condotta concorsuale illecita, dei comportamenti dei ricorrenti, amministratori, ad un certo punto della vicenda, non più di diritto ma di fatto, volti a favorire la presenza, presso un capannone di pertinenza, di rifiuti, senza procedere ad alcuna previa verifica della sussistenza delle condizioni di regolarità amministrativa, sub specie dell’avvenuto rilascio di regolari autorizzazioni. A fronte di una tale articolata e logica motivazione, la censura ne minimizza la portata, tanto sul piano “quantitativo” che “qualitativo”, riducendo a pochi elementi, tendenzialmente captativi, gli argomenti spesi dal giudice di appello, così sottraendosi a quello che avrebbe dovuto essere un impegnativo quanto arduo confronto con la meticolosità probatoria e logica della motivazione sul punto in esame. Da ultimo, è utile ricordare, quanto alle intercettazioni, che costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione – qui insussistente né specificamente confutata nella sua complessa e plurima articolazione – con cui esse sono recepite (Sez. 3 -n. 44938 del 05/10/2021 Rv. 282337 – 01) Corte di Cassazione – copia non ufficiale
u
3. Il ricorso del Chopusian è inammissibile siccome del tutto indeterminato. Esso si abbandona ad una indistinta e generica critica al contenuto della sentenza e, laddove, cautamente, indulge in una leggermente maggiore specificità, non riesce ad andare oltre la mera citazione dei coimputati e di loro dichiarazioni e la mera asserzione della relativa inattendibilità etero-accusatoria, evitando ogni analitica analisi delle stesse, volta a suffragare un tale giudizio. E invero, l’onere, ineliminabile, di dare conto delle ragioni, specifiche, di fatto e di diritto, poste base di individuati vizi motivazionali, è assolto allorquando risponda alla semplice quanto essenziale domanda introdotta con l’avverbio interrogativo – “perché” -, cui deve fare seguito una risposta precisa, puntuale, argomentata e seria: tale non può essere l’affermazione del ricorrente per cui l’inattendibilità sarebbe evincibile sol che si vadano “….a esaminare le dichiarazioni così come riportate nella stessa sentenza”. Quanto alla altrettanto inadeguata quanto generica tesi di insussistenza di conversazioni captate, conferenti rispetto alla tesi accusatoria, va aggiunto che si tratta altresì di una prospettiva meramente rivalutativa del merito, inammissibile in questa sede, cui deve aggiungersi e ribadirsi il rilievo, già sopra riportato, per cui, quanto alle intercettazioni, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione – qui insussistente né specificamente confutata nella sua complessa e plurima articolazione – con cui esse sono recepite (Sez. 3 n. 44938 del 05/10/2021 Rv. 282337 – 01).
4. Parzialmente inammissibile è il primo motivo proposto dal COGNOME, generico e poco pertinente, laddove sostiene la assenza di una “organizzazione” in ragione della condotta materiale del ricorrente in termini della sola predisposizione di un muletto per i rifiuti (ma invero corresponsabile di più operazioni di scarico), posto che si dimentica che il giudizio di responsabilità e il relativo reato ex art. 452 quaterdecies cod. pen. di cui a capo 1) attengono alla analisi della complessiva condotta come contestata e ritenuta, effettivamente connotata da una predisposizione di uomini, mezzi e attività organizzate, senza che l’inclusione di ciascun complice presupponga necessariamente la partecipazione a tutte le concrete iniziative e operazioni realizzate e senza, tantomeno, che attraverso una mera frammentazione della vicenda in singoli apporti dei singoli compartecipi si possa giungere ad una esclusione della attività organizzata contestata. In proposito va ribadito non solo che il delitto di attività organizzate per il traffi illecito di rifiuti è reato abituale, che si perfeziona attraverso la realizzazione di pi comportamenti non occasionali della stessa specie, finalizzati al conseguimento di un ingiusto profitto, con la necessaria predisposizione di una, pur rudimentale,
organizzazione professionale di mezzi e capitali, che sia in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo. (Sez. 3, n. 52838 del 14/07/2016 Rv. 268920 – 01), ma anche che in materia di reati ambientali, ai fini dell’integrazione del reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, di cui all’att 452-quaterdecies cod. pen., è sufficiente che anche una sola delle fasi di gestione dei rifiuti avvenga in forma organizzata, in quanto la norma incriminatrice indica in forma alternativa le varie condotte che, nell’ambito del ciclo di gestione, possono assumere rilievo penale. (In applicazione del principio, è stata ritenuta integrata la fattispecie in esame nel caso di sistematica illecita miscelazione di rifiuti sanitar infetti prodotti a bordo di navi con quelli solidi urbani, ascrivibile al titolar un’agenzia marittima che si occupava di predisporre i documenti relativi agli arrivi e alle partenze delle navi ONG operanti per il soccorso di migranti) (Sez. 3, n. 43710 del 23/05/2019 Cc. (dep. 28/10/2019) Rv. 276937 – 01
Quanto al dolo, il motivo è fondato in ordine alla insufficiente motivazione della consapevolezza dell’abusività della condotta di cui al reato ex art. 452 quaterdecies cod. pen., perché si rimanda a conversazioni e alla condotta di “spruzzare il caffè” asserendo apoditticamente, ossia senza altra illustrazione, che sarebbero dati dimostrativi del dolo contestato, senza spiegarne le ragioni.
Tale fondata censura assorbe gli ulteriori motivi dedotti.
Purtuttavia, emergendo nel contesto del ricorso anche il tema difensivo della assenza di una personale percezione di profitto, va precisato che ai fini della configurabilità del concorso nel delitto di attività organizzate per il traffico ille di rifiuti, di cui all’art. 452-quaterdecies, cod. pen., non è necessario che il singol concorrente agisca al fine di conseguire un ingiusto profitto, essendo sufficiente che abbia consapevolezza del profitto perseguito dai correi (Sez. 3 – n. 35108 del 15/05/2024 Rv. 286899 – 03).
Consegue che deve essere annullata la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Devono dichiararsi inammissibili i ricorsi di NOME COGNOME NOME e NOME con condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 ciascuno alla Cassa delle ammende.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME Alfonso con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Dichiara inammissibili i ricorsi di NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 ciascuno alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12.12.2024.