Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 18806 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 18806 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
SENTENZA
Deposita in Cancelleria
oggi, GLYPH 20 MAG. 2025
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a VELLETRI il 14/02/1995,
NOME COGNOME nato a VALLE CASTELLANA il 28/10/1958,
avverso la sentenza del 19/03/2024 della Corte d’appello di Roma Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi,
RITENUTO IN FATTO
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, con unico motivo a firma del comune difensore, per l’annullamento della sentenza del 19 marzo 2024 della Corte di appello di Roma che ha confermato le condanne alle pene, rispettivamente, di tre anni e dieci mesi di reclusione, nei confronti di COGNOME NOME, e di tre anni di reclusione e 11.000 euro di multa, nei confronti di COGNOME COGNOME irrogate con sentenza del 20 luglio 2018 del Giudice per le indagini
preliminari del locale tribunale, pronunciata all’esito di giudizio abbreviato e da loro impugnata, per i reati di cui ai capi A (artt. 416, primo, secondo e terzo comma, 452-octies, primo comma, cod. pen., contestato al solo NOME COGNOME), B (artt. 110, 81, secondo comma, cod. pen., 452-quaterdecies cod. pen. – già 260 d.lgs. n. 152 del 2006) ed E (artt. 41, 110, 452-bis, primo e secondo comma, cod. pen.) loro ascritti per aver diretto e organizzato (NOME COGNOME) un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di traffico di rifiuti e inquinamento ambientale e per aver (tutti) consumato i delitti-fine di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e di inquinamento ambientale.
1.1.11 primo motivo, proposto dal solo NOME COGNOME deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 81, 110, 416 e 452-quaterdecies cod. pen., e lamenta che i Giudici di merito hanno operato una indebita sovrapposizione tra i due reati sotto ogni profilo, oggettivo e soggettivo, non avendo la Corte di appello individuato reati divergenti e/o ulteriori rispetto a quelli integranti l’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti e non essend finalizzata l’attività ad altro che alla gestione di una discarica abusiva. Non sono valorizzabili, in senso contrario, le millanterie oggetto delle conversazioni intercettate nel corso delle quali NOME COGNOME si vantava con la propria fidanzata dei guadagni derivanti dall’attività, né le dichiarazioni rese dal padre di NOME COGNOME che, semmai, provano l’intenzione di commettere il solo delitto di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen.
1.2.Con il secondo motivo deducono la carenza di motivazione e l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 62-bis e 133 cod. pen., essendo, il COGNOME, incensurato ed avendo sin da subito ammesso gli addebiti e non potendosi, in senso contrario, far riferimento alla natura continuativa delle azioni delittuose che costituisce elemento strutturale della fattispecie, laddove il COGNOME NOME è un onesto lavoratore, è incensurato e non ricopriva alcun ruolo apicale nel “gruppo RAGIONE_SOCIALE“.
1.3.Con il terzo motivo, che riguarda il solo COGNOME, deducono la carenza di motivazione, l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 240, 240-bis e 452quaterdecies cod. pen.
Rilevano al riguardo che il conto corrente n. 0000400403208 acceso presso l’Agenzia di Aprilia di Unicredit Banca S.p.a. è intestato a COGNOME ma anche alla moglie, persona certamente estranea al reato, nei cui confronti non può essere disposta la confisca della somma di euro 13.075,00, trattandosi, oltremodo, di danaro frutto dei risparmi della moglie e della figlia del ricorrente il quale, si afferma, ha già pagato i servizi dello smaltimento illecito dei rifiuti, con conseguente inesistenza di ulteriori profitti confiscabili.
1.4.Con il quarto motivo, che riguarda solo NOME COGNOME deducono la carenza di motivazione, l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 240 e 240-bis cod. pen.
Lamentano in particolare l’omessa motivazione in relazione ai rilievi difensivi, da ultimo dedotti in sede di discussione, sulla legittima provenienza dei beni confiscati tutt’altro che sproporzionati rispetto ai redditi conseguiti dal ricorrente, al netto delle banali millanterie oggetto delle conversazioni intercettate. Gli acquisti immobiliari, inoltre, risalgono a dieci anni prima dei fatti laddove le indagini finanziarie si sono estese ad un periodo (1997) persino di poco prossimo alla nascita del ricorrente (1995) il quale non ha fatto altro che chiedere modesti finanziamenti aggiudicandosi all’asta beni di modesto valore economico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.1 ricorsi sono infondati.
3.11 primo motivo è infondato.
3.1.La giurisprudenza precedente alla promulgazione della legge n. 68 del 2015 (che, come noto, ha aggiunto il Titolo Sesto-bis al libro secondo del codice penale) riteneva configurabile il concorso tra i reati di associazione per delinquere (art. 416 cod. pen.) e quello di attività organizzate per il traffico illecito di rifi (art. 260 d.lgs. n. 152 del 2006), in quanto tra le rispettive fattispecie non sussiste un rapporto di specialità, trattandosi di reati che presentano oggettività giuridiche ed elementi costitutivi diversi, caratterizzandosi il primo per una organizzazione anche minima di uomini e mezzi funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti in modo da turbare l’ordine pubblico, e il secondo per l’allestimento di mezzi e attività continuative e per il compimento di più operazioni finalizzate alla gestione abusiva di rifiuti così da esporre a pericolo la pubblica incolumità e la tutela dell’ambiente (Sez. 3, n. 5773 del 17/01/2014, Napolitano, Rv. 258906 – 01; per un’affermazione più recente, Sez. 3, n. 19665 del 27/04/2022, COGNOME, Rv. 283172 – 01). A seguito, ad opera del d.lgs. n. 21 del 2018, della introduzione del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti nel novero dei delitti contro l’ambiente di cui Titolo Sesto-bis, Libro II, del codice penale, la possibilità che l’associazione per delinquere venga costituita al fine di commettere tale delitto è addirittura espressamente contemplata dall’art. 452-octies cod. pen. che prevede l’aggravamento della pena quando l’associazione è diretta allo scopo di commettere, tra gli altri, il delitto di di cui all’art. 45 quaterdecies cod. pen., anche in via esclusiva (circostanza aggravante peraltro applicata nel caso di specie). Lo stesso legislatore esclude, dunque, la piena
sovrapponibilità del delitto di associazione per delinquere con quello di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e l’assorbimento del primo nel secondo.
3.2.Nulla esclude, pertanto, che il delitto di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen. possa essere commesso in forma singola o da due o più persone in concorso fra loro oppure ancora in forma strutturalmente associata non essendo richiesto che l’associazione sia finalizzata al compimento anche di altri delitti. Si tratta, in ogni caso, di questione di fatto, non di diritto, che può essere dedotta in sede di legittimità per i solo motivi (e nei limiti) indicati dall’art. 606 cod. proc. pen.
3.3.La Corte di appello ha ritenuto l’esistenza dell’associazione per delinquere con motivazione che si sottrae alle censure difensive.
3.4.Affermano i Giudici distrettuali che il gruppo era caratterizzato «da una disponibilità indefinita ad operare nel campo della raccolta e dello smaltimento illecito dei rifiuti, con soggetti variabili e con modalità operative adattabili alle esigenze degli stessi. È emerso, infatti, che il gruppo era capace di organizzare con le proprie risorse, umane e materiali, la raccolta, il trasporto e l’interramento di rifiuti di qualsiasi tipo, ma anche, semplicemente, di ricevere il conferimento da parte di imprese che si occupavano della raccolta e del trasporto con propri mezzi. È emersa, ancora, la disponibilità degli associati ad intervenire in qualsiasi momento, con minimo preavviso ed indipendentemente da una preventiva determinazione dei trasporti da effettuare o dei carichi da ricevere. Risulta pacifica la consapevolezza da parte degli imputati nel presente processo – ed anche di quelli che sono stati giudicati separatamente-della natura indebita e illecita delle attività che stavano svolgendo (tanto che nessuna censura è stata mossa con riferimento alla condanna degli stessi per il reato di quell’articolo 452-quaterdecies c.p.), mentre la prospettiva di una serie indefinita di attività criminose legate alla gestione dei rifiuti e emerge lampante sia dall’intercettazione ambientale della conversazione tra NOME e la fidanzata NOME (in data 30 maggio 2016), in cui il primo le rappresenta le possibilità di guadagno davanti alla prosecuzione dell’attività, che dall’intercettazione telefonica della conversazione tra NOME COGNOME e tale NOME COGNOME (in data 16 maggio 2016), in cui il primo espone il programma imprenditoriale relativa allo sfruttamento di due cave di sua proprietà, una delle quali è, appunto, quella di Aprilia». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.5.La Corte di appello ha poi sottolineato la natura gerarchica del sodalizio che gestiva in maniera imprenditoriale l’attività di gestione illecita dei rifiuti.
3.6.In buona sostanza, risulta dalla lettura della sentenza impugnata che il sodalizio del quale NOME COGNOME faceva parte si poneva sul mercato alla stregua di una vera e propria impresa esercitata in forma associata in grado di fornire (e che effettivamente forniva) l’erogazione di servizi illeciti ad una serie indeterminata di clienti e in modo indeterminato nel tempo; il ricorrente, in particolare, si preoccupava di reperire i soggetti che avevano bisogno di liberarsi
illecitamente dei rifiuti, manteneva i contatti con costoro, fissava il prezzo del servizio e riscuoteva i pagamenti.
3.7.Nè è censurabile il governo probatorio delle conversazioni intercettate delle quali il COGNOME NOME deduce una interpretazione alternativa e minimizzante.
3.8.L’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazioni telefoniche costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 5, n. 35680 del 10/06/2005, Rv. 232576; Sez. 6, n. 15396 del 11/12/2007, Rv. 239636; Sez. 6, n. 17619 del 08/01/2008, Rv. 239724; Sez. 6, n. 11794 del 11/12/2013, Rv. 254439; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Rv. 258164). E’ possibile prospettare, in questa sede, una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, Rv. 259516; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, Rv. 252190; Sez. 2, n. 38915 del 17/10/2007, Rv. 237994). Tale orientamento interpretativo è stato autorevolmente ribadito da Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715, che ha affermato il principio di diritto secondo il quale in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (principio ripreso e confermato da Sez. 3, n. 35593 del 17/06/2016, COGNOME, Rv. 267650, e, successivamente, da Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389).
3.9.NOME COGNOME, come detto, si limita a suggerire una interpretazione alternativa delle conversazioni delle quali, però, non deduce il travisamento.
4.11 secondo motivo è infondato.
4.1.11 primo Giudice aveva negato la applicazione delle circostanze attenuanti generiche in considerazione della gravità dei reati commessi e della continuatività delle condotte poste in essere in un arco temporale durevole e della assenza di elementi positivamente valutabili in senso contrario, non rilevando la incensuratezza di NOME COGNOME ed essendo il COGNOME gravato da precedente specifico.
4.2.Nei confronti del RAGIONE_SOCIALE la pena è stata determinata nella misura di tre anni e dieci mesi di reclusione partendo dalla pena-base, inferiore al
medio edittale, di quattro anni e quattro mesi di reclusione per il più grave delitto associativo di cui all’art. 416, primo comma, cod. pen., quindi aumentata di otto mesi di reclusione per il delitto di cui al capo B (art. 452-quaterdecies cod. pen.) e di ulteriori nove mesi per il delitto di cui al capo E (art. 452-bis, primo e secondo comma, cod. pen.); la pena finale, cinque anni e nove mesi di reclusione, è inferiore (senza nemmeno tenere conto della riduzione per il rito) al massimo edittale previsto per il solo reato di cui all’art. 452-bis cod. pen. (persino nella sua forma non aggravata) e del delitto di cui all’art. 452-quaterdecíes cod. pen.
4.3.Nei confronti del COGNOME la pena è stata determinata nella misura di tre anni di reclusione ed euro 11.000 di multa partendo dalla pena-base, inferiore al medio edittale, di tre anni e nove mesi di reclusione e 15.000 euro di multa per il più grave delitto di cui all’art. 452-bis, primo e secondo comma, cod. pen., quindi aumentata di nove mesi di reclusione ed euro 1500 di multa per il delitto di cui al capo B (art. 452-quaterdecies cod. pen.); la pena finale, quattro anni e sei mesi di reclusione e 16500 euro di multa, è inferiore (senza nemmeno tenere conto della riduzione per il rito) al massimo edittale previsto per il solo reato di cui all’art. 452-bis cod. pen. (persino nella sua forma non aggravata) e del delitto di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen.
4.4.L’appello di NOME COGNOME era sul punto generico avendo il ricorrente invocato la sua giovane età, lo stato di incensuratezza ed il buon comportamento processuale.
4.5.11 Lucidi aveva, invece, stigmatizzato il precedente specifico, a suo dire inesistente, e sottolineato la pronta ammissione degli addebiti e il buon comportamento processuale lamentando altresì la valorizzazione, in senso negativo, della continuatività delle azioni delittuose che, sostiene, costituisce elemento strutturale dei reati abituali.
4.6.La Corte di appello ha sostenuto la congruità della pena inflitta in primo grado non ulteriormente diminuibile, secondo i Giudici distrettuali, nemmeno a fronte delle allegazioni difensive, avendo rimarcato la gravità dei fatti, il ruolo direttivo comunque assunto da NOME COGNOME il precedente specifico del COGNOME, il ruolo da questi svolto nel reperire altri soggetti interessarti ai servigi forniti dal sodalizio.
4.7.Non sussiste, dunque, il dedotto vizio di omessa motivazione in ordine ai rilievi difensivi.
4.8.Inoltre, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv.
248244; Sez. 2, n. 2285 del 11/10/2004, Alba, Rv. 230691; Sez. 1, n. 12496 del 21/09/1999, COGNOME, Rv. 214570). Si tratta di un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269).
4.9.Nel caso di specie, come detto, la Corte di appello ha stigmatizzato la gravità dei fatti, laddove la loro reiterazione è elemento che può essere preso in considerazione, anche in caso di reati abituali, ai fini della valutazione della gravità dell’offesa; né il COGNOME obietta alcunché sul ruolo di mediatore attribuitogli dai giudici distrettuali.
5.11 terzo ed il quarto motivo riguardano la confisca disposta nei confronti dei ricorrenti e sono infondati.
5.1.Nei confronti del COGNOME è stata disposta, in primo grado, la confisca del camion di sua proprietà utilizzato per commettere il reato di cui all’art. 452quaterdecies cod. pen.; è stata altresì disposta la confisca della somma di euro 13.075,00 già sottoposta a sequestro siccome ritenuta profitto del reato.
5.2.In sede di appello, il COGNOME aveva dedotto, per un primo profilo, la contitolarità del conto intestato anche alla moglie, NOME COGNOME, incontestabilmente estranea al reato; per un secondo profilo, la provenienza della somma sequestrata dai risparmi dell’attività lavorativa della moglie e della figlia.
5.3.La Corte di appello ha disatteso le deduzioni difensive obiettando che, trattandosi di somma di danaro, essa è da considerarsi sempre profitto del reato, a prescindere dalla provenienza dello stesso e che di tale conto il ricorrente poteva comunque disporre.
5.4.La Corte di appello ha fatto governo del principio affermato da Sez. U, n. 19766 del 27/05/2021, C., Rv. 282037 – 01, secondo cui la confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, e che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione.
5.5.11 principio è stato messo in discussione dalla più recente pronuncia delle Sezioni Unite che, all’udienza del 26 settembre 2024, hanno affermato il seguente principio di diritto: «La confisca di somme di denaro ha natura diretta soltanto in presenza della prova della derivazione causale del bene rispetto al reato, non potendosi far discendere detta qualifica dalla mera natura del bene. La confisca è,
invece, qualificabile per equivalente in tutti i casi in cui non sussiste il predetto nesso di derivazione causale».
5.6.Alla data dell’odierna udienza si ha solo notizia ufficiale della decisione, non essendo stata ancora depositata la motivazione, ciò nondimeno la portata del principio appare chiara nella misura in cui onera il pubblico ministero del compito di dimostrare la provenienza illecita del denaro e l’interessato dell’onere del contrario.
5.7.Sennonché, la mancanza di prova della provenienza illecita del denaro comporta la modifica del titolo della ablazione da “diretta” a “per equivalente”, essendo tale forma di confisca comunque imposta dall’art. 452-quaterdecies, secondo comma, cod. pen.
5.8.0rbene, il ricorrente non ha mai contestato l’entità del profitto confiscabile, né risulta che la moglie e la figlia del ricorrente abbiano espressamente rivendicato la provenienza delle somme dalle proprie rimesse (nel senso che il terzo rimasto estraneo al processo, formalmente proprietario del bene già in sequestro, di cui sia stata disposta con sentenza la confisca, può chiedere al giudice della cognizione, prima che la pronuncia sia divenuta irrevocabile, la restituzione del bene e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del riesame, Sez. U, n. 48126 del 20/07/2017, COGNOME, Rv. 270938 – 01).
5.9.Sotto altro profilo, la cointestazione del conto corrente non esclude affatto la piena disponibilità delle somme ivi giacenti. Si è al riguardo affermato, pur se in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per sproporzione, eseguito su conto corrente cointestato all’indagato e a soggetto estraneo al reato, che la misura cautelare si estende all’intero importo in giacenza, senza che a tal fine rilevino presunzioni o vincoli posti dal codice civile (artt. 1289 e 1834), regolativi dei rapporti interni tra creditori e debitori solidali, ma è fatta salva la facoltà per il terzo di dimostrare l’esclusiva titolarità di tali somme e la conseguente illegittimità del vincolo (Sez. 6, n. 24432 del 18/04/2019, COGNOME, Rv. 276278 – 01; Sez. 2, n. 36175 del 07/06/2017, COGNOME, Rv. 271136 – 01; Sez. 3, n. 45353 del 19/10/2011, COGNOME, Rv. 251317 – 01; Sez. 6, n. 40175 del 14/03/2007, COGNOME, Rv. 238086 – 01; Sez. 6, n. 24633 del 29/03/2006, COGNOME, Rv. 234729 – 01).
5.10.Peraltro, nel caso in esame, la provenienza delle somme dalle rimesse della moglie e della figlia del ricorrente non è mai stata dimostrata da questi che si è limitato a generiche deduzioni sfornite di qualsiasi allegazione o principio di prova sul punto.
5.11.Nei confronti del RAGIONE_SOCIALE Riccardo risultano confiscate le quote della società RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), a lui intestata ma ritenuta dal primo Giudice in piena disponibilità del padre, NOME (pag. 35 della sentenza di primo grado); la denominazione della società era stata modificata il 6 settembre 2016
previo aumento di capitale da 1 a 150.000 euro utilizzando in parte il versamento della somma di euro 37.911,67 effettuata da NOME COGNOME che, affermava il primo Giudice, non aveva mai avuto redditi in grado di sostenere un simile investimento.
5.12.Risultano altresì confiscati nei confronti del ricorrente NOME COGNOME: nove immobili (tra fabbricati e terreni) siti in Aprilia; le quote e l’intero patrimonio della società RAGIONE_SOCIALE detenuta insieme con COGNOME NOME e COGNOME NOME ma secondo il GIP interamente riconducibile a COGNOME NOME (pag. 35); libretto di deposito emesso il 3 novembre 2016; un conto aperto il 2 marzo 2016; fondi giacenti su una polizza assicurativa; un conto corrente aperto il 30 marzo 2015; un fondo pensione aperto il 19 maggio 2015.
5.13.In sede di appello COGNOME NOME aveva invocato l’applicazione del principio affermato da Sez. U, n. 920 del 17/12/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 226490 – 01, secondo cui, al fine di disporre la confisca conseguente a condanna per uno dei reati indicati nell’art. 12-sexies, commi 1 e 2, dl. 8 giugno 1992 n. 306, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 1992 n. 356 (modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa) allorché sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato dal condannato o i proventi della sua attività economica e il valore economico dei beni da confiscare e non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi, è necessario, da un lato, che, ai fini della “sproporzione”, i termini di raffronto dello squilibrio, oggetto di rigoroso accertamento nella stima dei valori economici in gioco, siano fissati nel reddito dichiarato o nelle attività economiche non al momento della misura rispetto a tutti i beni presenti, ma nel momento dei singoli acquisti rispetto al valore dei beni di volta in volta acquisiti, e, dall’altro, che la “giustificazione” credibile consista nella prova della positiva liceità della loro provenienza e non in quella negativa della loro non provenienza dal reato per cui è stata inflitta condanna.
5.14.Aveva altresì invocato il principio della “ragionevolezza temporale” del singolo acquisto rispetto alla data di consumazione del cd. reato-spia e l’entità del profitto confiscabile.
5.15.L’entità del profitto confiscabile è stata determinata dalla Corte d’appello (e prima ancora dal GIP) interpretando una conversazione intercorsa tra il ricorrente e la sua fidanzata nel corso della quale il primo indicava con precisione le sue entrate mensili, con conseguente insindacabilità in questa sede della relativa motivazione per le ragioni già in precedenza illustrate.
5.16.Quanto al resto, la Corte di appello parte da una premessa in fatto che non è frutto di travisamenti di sorta: la assoluta incapacità del ricorrente di far fronte agli esborsi necessari agli acquisti e incrementi mobiliari e immobiliari e la
loro riferibilità al padre del ricorrente (nei cui confronti la sentenza è divenut irrevocabile).
5.17.Per un primo profilo il ricorrente non contesta di essere l’esclusivo proprietario degli immobili che i Giudici di merito attribuiscono, invece, al padre.
5.18.Sotto un secondo profilo, le dedotte disponibilità economiche, solo genericamente allegate (frutto di percezione di redditi, esigui finanziamenti
ottenuti da banche e finanziarie), non soddisfano l’onere probatorio che incombe a carico di chi è chiamato a dimostrare la lecita provenienza delle risorse utilizzate
per gli incrementi, non essendo sufficiente allegare il titolo (acquisto presso aste immobiliari, prestiti o finanziamenti) essendo bensì necessario spiegare e
dimostrare in che modo il prevenuto possa contare sull’adempimento delle relative obbligazioni, con quali provviste, cioè, farvi fronte; non è il titolo dell’acquisto c
rileva, ma il modo con cui farvi fronte e la legittima provenienza dei fondi a ciò
destinati i quali, a loro volta, devono essere proporzionati ai redditi dichiarati comunque alle attività lecite svolte.
5.19.Ai fini dell’assolvimento di tale onere, da un lato non è sufficiente che sia fornita la prova di un rituale acquisto, essendo necessario che i mezzi impiegati per il relativo negozio derivino da legittime disponibilità finanziarie; dall’altro no si richiede che gli elementi allegati siano idonei ad essere valutati secondo le regole civilistiche sui rapporti reali, possessori od obbligazionari, ma solo che essi, valutati secondo il principio della libertà della prova e del libero convincimento del giudice, dimostrino una situazione diversa da quella presunta, il che certamente non implica sufficienza di prospettazioni meramente plausibili, ma neppure coincide con un concetto di rigorosa prova (Sez. 2, n. 43387 del 08/10/2019, Novizio, Rv. 277997 – 04; Sez. 2, n. 29554 del 17/06/2015, COGNOME, Rv. 264147 01; Sez. 6, n. 24598 del 03/04/2003, COGNOME, Rv. 225920 – 01; Sez. 2, n. 20131 del 02/04/2003, COGNOME, Rv. 225770 – 01; Sez. 6, n. 1087 del 26/03/1998, COGNOME, Rv. 211955 – 01).
5.20.A tale onere il ricorrente si è sottratto.
5.21.Va infine evidenziato che gli incrementi mobiliari del ricorrente risalgono al 2015/2016 in piena contiguità temporale con i fatti oggetto di odierna regiudicanda.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 20/02/2025.