Traffico illecito di rifiuti: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema del traffico illecito di rifiuti, confermando la condanna a carico di un imprenditore e chiarendo i confini del giudizio di legittimità. La decisione sottolinea come non sia possibile, in sede di Cassazione, rimettere in discussione l’accertamento dei fatti già compiuto nei precedenti gradi di giudizio, quando la motivazione della sentenza d’appello risulta logica e coerente.
I Fatti del Processo
Il caso riguarda un imprenditore, amministratore di una società autorizzata al trasporto di rifiuti speciali non pericolosi per conto terzi. Egli era stato condannato in primo grado dal Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello a due anni di reclusione per il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, previsto dall’articolo 452-quaterdecies del codice penale. Secondo l’accusa, confermata nei primi due gradi di giudizio, l’imputato aveva posto in essere un’attività illecita di conferimento e vendita di rifiuti ad un altro ente, utilizzando mezzi propri e gestendo un’ingente quantità di materiale.
L’imprenditore ha quindi proposto ricorso per Cassazione, contestando la sentenza d’appello su due punti principali:
1. La mancata prova dell'”ingente quantità” di rifiuti gestiti, sostenendo che l’attività si era diluita nel tempo e in varie regioni.
2. La natura non pericolosa dei rifiuti, contrariamente a quanto, a suo dire, la sentenza sembrava suggerire.
La Decisione della Corte e il traffico illecito di rifiuti
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che le censure sollevate dall’imputato non erano altro che una riproposizione delle stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Tentare di ottenere in Cassazione una nuova e più favorevole lettura delle prove è un’operazione non consentita, poiché il ruolo della Suprema Corte è quello di valutare la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità) e non di riesaminare i fatti (giudizio di merito).
Le Motivazioni
La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello del tutto congrua, logica e fondata su elementi oggettivi emersi durante il processo. Per i giudici, non vi erano dubbi sulla sussistenza del reato di traffico illecito di rifiuti. La Corte d’Appello aveva infatti correttamente valorizzato una serie di elementi chiave che provavano l’esistenza di un’attività criminale organizzata e continuativa:
* Pluralità di operazioni: L’attività illecita non era episodica, ma si articolava in numerose operazioni.
* Allestimento di mezzi e attività: L’imputato aveva messo in piedi una struttura organizzata, con mezzi e attività continuative dedicate allo scopo illecito.
* Ingente quantitativo: Erano state movimentate oltre 8 tonnellate di materiale, una quantità ritenuta significativa.
* Cessioni illecite multiple: Erano state accertate ben 19 cessioni illegali.
* Uso di documentazione falsa: L’attività era supportata dall’utilizzo di falsi formulari di identificazione dei rifiuti, un chiaro indice della volontà di occultare la natura illecita delle operazioni.
Questi elementi, considerati nel loro complesso, delineavano un quadro chiaro di un’attività organizzata finalizzata al profitto tramite la gestione illegale di rifiuti, integrando pienamente la fattispecie di reato contestata.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere le prove. Se i giudici di merito hanno valutato i fatti in modo logico e coerente, la loro decisione non è censurabile in sede di legittimità.
Sul piano sostanziale, la decisione conferma che per configurare il reato di traffico illecito di rifiuti non è determinante la natura pericolosa o meno degli stessi, quanto piuttosto la presenza di un’attività organizzata, continuativa e finalizzata a gestire illegalmente un quantitativo ingente di materiali. La pluralità delle operazioni, l’uso di documentazione falsa e la stabilità dell’organizzazione sono tutti indicatori che i giudici devono considerare per accertare la responsabilità penale.
È possibile contestare la quantità di rifiuti in Cassazione per il reato di traffico illecito di rifiuti?
No, la Cassazione ha stabilito che la valutazione della quantità dei rifiuti è una questione di merito, già decisa dai giudici di primo e secondo grado. Il ricorso in Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.
Quali elementi caratterizzano il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti secondo questa ordinanza?
Secondo la Corte, il reato è caratterizzato da elementi come la pluralità di operazioni, l’allestimento di mezzi e attività continuative e organizzate, la gestione di un quantitativo ingente (nel caso specifico, oltre 8 tonnellate), la molteplicità di cessioni illecite (19 accertate) e l’uso di documentazione falsa.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36806 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36806 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Premesso che con sentenza del 3/11/2023 la Corte di appello di Roma confermava la pronuncia emessa il 9/6/2022 dal Tribunale di Tivoli, con la qua NOME COGNOME era stato giudicato colpevole del delitto di cui all’ar quaterdecies cod. pen. e condanNOME alla pena di due anni di reclusione.
Rilevato che propone ricorso per cassazione l’imputato, contestando l’affermazione di responsabilità: l’istruttoria non avrebbe provato l’i quantità di rifiuti gestiti, peraltro non pericolosi (diversamente da affermerebbe la sentenza), come dimostrato dal raffronto con altri casi relativi stesso reato. L’attività svolta, peraltro, si sarebbe diluita in più anni regioni d’Italia, così escludendosi quella concentrazione della condotta delit che la sentenza avrebbe valorizzato.
Considerato che il ricorso è inammissibile, perché – riproponendo l medesime censure avanzate alla Corte di appello – tende ad ottenere in ques sede una nuova e non consentita lettura delle stesse emergenze istruttorie esaminate dai Giudici di merito, sollecitandone una valutazione diversa e p favorevole invero preclusa alla Corte di legittimità.
La doglianza, inoltre, trascura che il Collegio del gravame – pronunciando proprio sulla questione qui riprodotta – ha steso una motivazione del t congrua, fondata su oggettive risultanze dibattimentali e non manifestament illogica; come tale, quindi, non censurabile. La sentenza, in particolar evidenziato che – pacifici i fatti contestati (ossia che la società amministr ricorrente, autorizzata al solo trasporto di rifiuti speciali non pericolosi p terzi, svolgeva anche un’illecita attività di conferimento e vendita degli st altro ente, utilizzando per il trasporto propri mezzi) – l’imputato aveva consu il delitto attraverso più operazioni e con allestimento di mezzi ed at continuative ed organizzate, in tal modo gestendo un’ingente quantitativo di rif A tale proposito, la Corte di appello ha valorizzato le oltre 8 tonnellate di ma coinvolto, insieme alla pluralità di cessioni illecite (accertate in numero di 19 operando una valutazione complessiva della condotta, peraltro realizzata anc mediante falsi formulari di identificazione rifiuti.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve esser dichiarato inammissibile, condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore del Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 13 settembre 2024
Il. vi.igliere estensore
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Il Presidente