Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1759 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1759 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/07/2023 del Tribunale di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Roma, sezione per il riesame, confermava il provvedimento di custodia cautelare applicata ad NOME in relazione al delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanz stupefacenti e psicotrope (art. 74 d.P.R. 09/10/1990, n. 309) nonché a cinque reati fine (art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 cit.).
Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il difensore dell’indagato, AVV_NOTAIO, deducendo errata applicazione della legge penale quanto alla mancata riqualificazione dei delitti ipotizzati in quelli di cui agli artt. 74, com 6, e 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 cit., e violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione.
Le circostanze di fatto ipotizzate nel provvedimento impugnato non sono, infatti, incompatibili con la configurabilità del delitto associativo nella forma di all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990 cit., confermando, al contrario, che il vincolo associativo era stato costituito e programmato al solo fine di commettere fatti di lieve entità.
Infatti, i delitti-fine sono consistiti in cessioni a singoli soggetti consumatori quantitativi di sostanze stupefacenti nei limiti del consumo personale; l’associazione, pur avendo operato per diversi mesi, si è sempre dedicata alla cessione dello stupefacente a singoli, affezionati acquirenti consumatori; la configurabilità dell’ipotesi lieve non può essere esclusa in ragione della disponibilità di telefoni dedicati e di alloggi in strutture RAGIONE_SOCIALE, né dftlla capacità dell’associazione di rifornirsi costantemente di stupefacente.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del dl. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e successive modificazioni, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che invoca una diversa qualificazione giuridica dell’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’ipotesi minore cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990 cit., è manifestamente infondato.
Esso è inoltre generico, in quanto non si confronta con la replica del Giudice del riesame ad analoga deduzione già sollevata dinanzi allo stesso, proponendo di alcuni brani della motivazione una lettura atomistica e decontestualizzante.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la fattispecie associativa “minore” di cui al citato art. 74, comma 6, è configurabile a condizione che i sodali abbiano programmato esclusivamente la commissione di fatti di lieve entità, predisponendo modalità strutturali e operative incompatibili con fatti di maggiore gravità e che, in concreto, l’attività associativa si sia manifestata con condotte
tutte rientranti nella previsione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 cit. (tra le tante, Sez. 6, n. 1642 del 09/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278098; Sez. 6, n.49921 del 25/01/2018, C., Rv. 274287; Sez. 4, n. 53568 del 05/10/2017, Pardo, Rv. 271708).
La configurabilità di tale ipotesi di reato deve essere, tuttavia, recisamente esclusa nel caso di specie.
In senso contrario, depongono la capacità di approvvigionamento continuo e sistematico di sostanza stupefacente (cocaina), la robusta capacità operativa dell’associazione, in grado di agilmente rispondere alla domanda di stupefacente mediante immediati approvvigionamenti, e di reagire anche alle emergenze investigative, nonché la sua raffinata organizzazione.
D’altronde, l’ordinanza impugnata, dopo aver precisato che l’associazione era costituita tra soggetti di nazionalità albanese e che aveva un contatto diretto con una sorta di deus ex machina, chiamato “Figura”, in Albania, stila un vero e proprio elenco di elementi altamente sintomatici.
Tali elementi muovono dalla capillarità della distribuzione della droga in determinate zone di Roma, giungendo alle modalità di vendita (il prezzo era prestabilito in C 40 ad involucro di cocaina), passando per il ruolo di coordinamento svolto dagli addetti al cd. “centralino”.
I giudici spiegano, in particolare, come i clienti avessero a disposizione un numero di telefono (“centralino”) il cui operatore si premurava di indicare al singolo spacciatore ove recarsi per la vendita (in strada e, raramente, a casa) e che era avvisato dai clienti (molti dei quali, abituali) quando subivano controlli di polizia giudiziaria.
Danno conto del fatto che i singoli spacciatori fossero dislocati in bed and breakfast, pronti ad allontanarsi per l’Albania, così da essere immediatamente sostituiti, e dell’esistenza di numeri telefonici dedicati ai contatti tra i parteci fini organizzativi o per dare disposizioni in ordine alla consegna della droga.
Reputano emblematica dell’elevato livello organizzativo dell’associazione, inoltre, la circostanza che quasi tutte le utenze fossero intestatLa soggetti nativi del Bangladesh ed attivate in due precisi esercizi commerciali.
Escludono, in definitiva, con motivazione completa e coerente, che sia possibile inquadrare i fatti nell’ambito del delitto di cui all’articolo 74, comma 6 d.P.R. n. 309 del 1990, la costituzione dell’associazione al solo fine di commettere “fatti lievi” trovando smentita nella sua capacità di assoldare più venditori (che anche agivano contemporaneamente), di soddisfare le esigenze di plurimi ed affezionati clienti, di rifornirsi costantemente di stupefacente e di manovalanza,
nonché nella disponibilità di strutture locate e di numerosissimi telefoni con relativi supporti, oltre che nel collegamento con altre strutture.
Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile.
Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento delle somme indicate nel dispositivo, ritenute eque, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19/12/2023