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Traffico di stupefacenti: custodia cautelare annullata?

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di due indagati per traffico di stupefacenti, confermando la custodia cautelare per la partecipazione all’associazione criminale. Tuttavia, per uno degli indagati, l’ordinanza è stata parzialmente annullata riguardo ai singoli reati-fine a causa di una totale assenza di motivazione da parte del Tribunale del Riesame. La sentenza sottolinea la distinzione tra la prova richiesta per il reato associativo e quella necessaria per i singoli episodi di spaccio, evidenziando come la mancanza di una giustificazione specifica su un capo d’accusa renda illegittima la misura cautelare relativa.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traffico di stupefacenti: quando la custodia cautelare è illegittima?

La lotta al traffico di stupefacenti si basa spesso sull’applicazione di misure cautelari severe, come la custodia in carcere, per smantellare le organizzazioni criminali. Tuttavia, la libertà personale è un diritto fondamentale e ogni sua limitazione deve essere sorretta da prove solide e da una motivazione giuridicamente ineccepibile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 5519 del 2025, offre un importante chiarimento su questo delicato equilibrio, annullando parzialmente un’ordinanza di custodia cautelare proprio per un vizio di motivazione.

I fatti del caso

Il caso riguardava due individui destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP di una grande città del sud Italia. L’accusa principale era quella di partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, oltre a diversi reati specifici legati alla compravendita di droga (i cosiddetti ‘reati fine’).

Il Tribunale della Libertà, in sede di riesame, aveva confermato integralmente la misura cautelare per entrambi. Gli indagati, tramite i loro difensori, hanno quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando l’erronea applicazione della legge e, soprattutto, la carenza di motivazione del provvedimento impugnato.

Le ragioni del ricorso e il traffico di stupefacenti

Le difese hanno contestato la solidità del quadro indiziario sia per il reato associativo sia per i singoli episodi di spaccio. In particolare, si lamentava che il Tribunale del Riesame non avesse adeguatamente valutato gli elementi a discarico e avesse fornito una motivazione generica e apparente, senza entrare nel merito delle specifiche posizioni.

Per uno degli indagati, la difesa ha sottolineato come la motivazione fosse addirittura ‘graficamente mancante’ per quanto riguarda i reati fine, limitandosi il Tribunale ad affermare la gravità del quadro indiziario senza alcuna spiegazione. Entrambi i ricorrenti, inoltre, contestavano la sussistenza delle esigenze cautelari, evidenziando la vetustà dei loro precedenti penali.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha operato una netta distinzione tra i diversi profili di accusa, giungendo a una decisione differenziata per i due ricorrenti.

La prova della partecipazione all’associazione criminale

Sul punto centrale, ovvero l’accusa di far parte di un’associazione dedita al traffico di stupefacenti, la Corte ha rigettato i ricorsi. I giudici hanno ritenuto che il Tribunale del Riesame avesse correttamente e logicamente motivato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. La Corte ha ribadito che, per configurare la partecipazione a un’associazione, non è necessario un patto formale, ma è sufficiente la consapevolezza di far parte di una struttura stabile, con ruoli definiti e un fine comune. Nel caso di specie, le intercettazioni e le indagini avevano dimostrato il ruolo funzionale di entrambi gli indagati all’interno del sodalizio: uno come pusher e corriere, l’altro come ‘procacciatore d’affari’ capace di gestire trattative anche mentre era detenuto per altra causa.

Il vizio fatale: l’assenza di motivazione sui reati fine

La vera svolta della sentenza riguarda la posizione di uno degli indagati in relazione ai singoli episodi di spaccio contestati. La Cassazione ha accolto il suo ricorso su questo punto, rilevando che l’ordinanza del Tribunale della Libertà era totalmente priva di motivazione in merito. Il provvedimento si limitava ad affermare la gravità degli indizi senza analizzare gli elementi specifici per ciascun capo di imputazione. Questo, secondo la Suprema Corte, costituisce un vizio insanabile che impone l’annullamento con rinvio. La decisione sottolinea un principio fondamentale: ogni accusa, anche in fase cautelare, deve essere supportata da una motivazione specifica, non potendosi ‘trascinare’ la gravità indiziaria dal reato associativo ai singoli reati fine in modo automatico.

La conferma delle esigenze cautelari

Infine, la Corte ha respinto le doglianze relative alla mancanza di esigenze cautelari. I giudici hanno affermato che la partecipazione a un’associazione criminale così radicata e pericolosa genera una presunzione di pericolosità sociale. La vetustà dei precedenti penali non è un elemento sufficiente a superare questa presunzione, specialmente quando il ruolo ricoperto nell’associazione è significativo e fattivo. La Corte ha ribadito che la concretezza e l’attualità del pericolo di reiterazione del reato devono essere valutate autonomamente, e nel caso di specie, erano state correttamente ritenute sussistenti.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per i giudici del merito. Se da un lato conferma la solidità dei criteri per accertare la partecipazione a un’associazione per il traffico di stupefacenti, dall’altro sancisce l’obbligo di fornire una motivazione puntuale e specifica per ogni capo di imputazione che fonda una misura restrittiva della libertà personale. Non basta affermare genericamente la colpevolezza; è necessario spiegare, sulla base degli atti, perché si ritengono sussistenti i gravi indizi per ogni singolo reato contestato. Un’ordinanza priva di tale apparato giustificativo è illegittima e deve essere annullata.

Cosa serve per dimostrare la partecipazione a un’associazione per traffico di stupefacenti in fase cautelare?
Non è necessario un accordo formale, ma sono sufficienti elementi che dimostrino la consapevolezza e la volontà dell’individuo di far parte di una struttura stabile, contribuendo in modo funzionale al raggiungimento degli scopi criminali del gruppo, come ad esempio svolgendo il ruolo di pusher, corriere o intermediario.

Una misura cautelare può essere annullata se il giudice non motiva su tutti i reati contestati?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’assenza totale di motivazione su specifici capi di imputazione (i ‘reati fine’) rende l’ordinanza illegittima per quelle parti. Il giudice ha l’obbligo di spiegare, per ogni singolo reato, perché ritiene esistenti i gravi indizi di colpevolezza, non potendo limitarsi a un’affermazione generica.

Avere precedenti penali datati è sufficiente per evitare la custodia in carcere per traffico di stupefacenti?
No. Secondo la sentenza, in presenza di un’accusa grave come la partecipazione a un’associazione criminale, la vetustà dei precedenti non è di per sé sufficiente a escludere le esigenze cautelari. La pericolosità sociale viene valutata sulla base della gravità dei fatti attuali e del ruolo ricoperto all’interno dell’organizzazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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