Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8386 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8386 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME nato il 10-04-1968 a Napoli
COGNOME NOME nato il 25-09-1958 a Palermo
Di NOMECOGNOME nata il 20-08-1963 a San Felice a Cancello
Guida NOMECOGNOME nato il 11/01/1981 a Palermo
COGNOME NOMECOGNOME nata 13-06-1968 a Palermo
COGNOME DomenicoCOGNOME nato il 17-11-1975 a Palermo
COGNOME nato il 17-10-1976 a Palermo
<8) NOME COGNOME nato il 15-08-1955 a Partinico
COGNOME NOMECOGNOME nato il 29-04-1959 a Palermo
(e) NOME COGNOME nato il 05-03-1975 a Palermo
11.) NOME NOME nato il 14-04-1965 a Palermo
COGNOME NOMECOGNOME nato il 21-06-1971 a Palermo
avverso la sentenza del 13/02g/2024 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; ricorsi udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare l'inammissibilità per tutti i ricorsi;
uditi l'Avvocato NOME COGNOME del Foro di Palermo – in difesa di NOME COGNOME l'Avvocato NOME COGNOME del Foro di Palermo – in difesa di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e, in sostituzione, tramite delega orale, dell'Avvocato NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME dell'Avvocato NOME COGNOME del Foro di Napoli, in difesa di NOME COGNOME delITAvvocato NOME COGNOME del Foro di Palermo, in difesa di NOME COGNOME dell'Avvocato NOME COGNOME del Foro di Palermo, in difesa di NOME COGNOME e COGNOME dell'Avvocato NOME COGNOME del Foro di Palermo, in difesa di NOME COGNOME e NOME COGNOME dell'Avvocato NOME COGNOME del Foro di Palermo, in difesa di NOME COGNOME e l'Avvocato NOME COGNOME del Foro di Palermo – in difesa di NOME COGNOME e NOME COGNOME che insistono per l'accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Palermo, ha confermato le pene inflitte a COGNOME, ex art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (capo Q), COGNOME NOME, ex art. 73 cit. (capi Q e R), COGNOME NOME, ex art. 73 cit. (capo H), COGNOME NOME, ex art. 73 cit. (capo W) e ex art. 489, in relazione agli artt. 476 e 482, cod. pen. (capo U), COGNOME NOME, ex art. 73 cit. (capo W), COGNOME NOME, ex artt. 81, 476 e 482 cod. pen. (capo U) e 73 cit., (capo W), COGNOME Gaetano, ex art. 73 cit. (capo W). Ha confermato anche la condanna COGNOME NOME, ex art. 73 cit. (capo H), COGNOME Fabio, ex art. 73 cit. (capo Q), COGNOME, ex artt.81 cod. pen. e 73 cit. (capi H) e 3), COGNOME COGNOME, ex art. 73 cit. (capo Q), COGNOME NOME, ex art. 81 cod. pen. e 73 cit. (capi G e M), ma riducendo loro le pene.
Nei ricorsi presentati dai loro difensori gli imputati chiedono l'annullamento della sentenza.
2.1. Ricorso di COGNOME (capo Q)
2.1.1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione, con travisamento della prova, nell'identificare in Bianco l'intermediario, non individuato nella immediatezza dei fatti, nella trattativa tra il gruppo napoletano e quello palermitano per lo scambio di droga nel porto di Napoli, sulla base del mero indizio costituito dall'intestazione del motociclo sul quale viaggiava colui che aveva consegnato la droga. Si osserva che non bastano a integrare la prova i contenuti delle dichiarazioni dei collaboranti con l'Autorità giudiziaria, perché non corroborati
da specifici riferimenti a un concreto contributo offerto da COGNOME al gruppo criminale.
2.1.2. Con il secondo e il terzo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nella mancata riqualificazione del reato ex art. 73, comma 5, d.P.R. cit., nonostante la marginalità della condotta del ricorrente.
2.1.3. Con il terzo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel disconoscere le circostanze attenuanti generiche, ancora trascurando la marginalità della condotta del ricorrente.
2.2. Ricorso di COGNOME NOME (capo H)
2.2.1. Con il primo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nell'affermare la responsabilità del ricorrente. Si argomenta che dai contenuti delle conversazioni intercettate, peraltro privi di riscontri, non risul provato che COGNOME detenesse cocaina per spacciarla, perché non sono stati individuati gli acquirenti, non è stata sequestrata la sostanza stupefacente, né sono stati rinvenuti strumenti per confezionarla.
2.2.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nella mancata riqualificazione del fatto ex art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, nonostante che nelle conversazioni intercettate i riferimenti alla attività di spaccio siano solo verbali e manchino ulteriori elementi per determinare le caratteristiche dell'attività svolta.
2.2.3. Con il terzo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel negare le circostanze attenuanti generiche e nel determinare la pena in misura eccessiva, trascurando il buon comportamento processuale dell'imputato e il fatto che i suoi precedenti penali sono risalenti nel tempo.
2.3. Ricorso di COGNOME NOME (capi Q e R, il secondo non è oggetto di contestazione)
Nel ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione per avere affermato la responsabilità della ricorrente valorizzando ambigui dialoghi tra terze persone, considerando soltanto l'interpretazione delle conversazioni fornita dagli inquirenti, ma trascurando che le dichiarazioni dei collaboranti con l'autorità giudiziaria NOME e NOME NOME non le corroborano, anche perché prive di riscontri esterni, e senza rispondere alle argomentazioni difensive. Specificamente, si osserva che la ricostruzione dei fatti tiene conto delle intercettazioni, dei servizi di osservazione e delle dichiarazioni rese dai collaboranti, ma non valuta le incompatibilità tra le due diverse ricostruzioni.
2.4. Ricorso di NOME (capo Q)
Nel ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione, perché la Corte di appello ha disconosciuto la continuazione tra il reato di detenzione di chilogrammi6 1,2 di eroina, commesso 1'11/07/2008 e il reato di detenzione e
cessione di gr. 500 di eroina, commesso il 24/03/2011, per il quale COGNOME è stato in precedenza condannato (con sentenza n.953/2013 emessa nell'ambito del procedimento 13432/2012 R.G.N., all. 1), ritenendo che, poiché egli espresse la volontà di agire per aiutare il fratello NOME, non fu mosso dalla rappresentazione unitaria di più reati nell'ambito dello stesso disegno criminoso. Si osserva che la volontà espressa dal ricorrente non equivale all'assenza di volontà consapevole di realizzare il fatto tipico, ma è un mero motivo a delinquere, e che il dolo, quale volontà del fatto, può coincidere con varie motivazioni psicologiche, perfettamente compatibili con la identità di un disegno criminoso. Si argomenta che nella fattispecie l'identità del disegno criminoso si desume: dall'intento di coadiuvare NOME NOME; dall'identica natura dei reati di acquisto e detenzione di eroina; dalla reiterazione del modus operandi, (mettersi in contatto con gli altri correi per agevolare il fratello NOME nell'acquisto della droga); dalla compartecipazione degli stessi soggetti in entrambi i fatti di reato. Si aggiunge che, peraltro, Tribunale di Palermo, ha riconosciuto la continuazione, tra i medesimi reati contestati al ricorrente, al correo COGNOME COGNOME
2.5. Ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME (capi G e H).
Nei due ricorsi congiunti si deducono violazione di legge e vizio della motivazione.
Relativamente alla posizione di COGNOME si contesta di avere riconosciuto il vincolo della continuazione fra il reato, descritto nel capo G e quello per il quale egli è stato condannato con sentenza n. 1057/2008 del Tribunale di Palermo, ma valutando più grave quello oggetto del capo G), nonostante che con la sentenza del 2008 COGNOME sia stato condannato per la detenzione di 100 grammi di cocaina, quantità superiore ai 70 grammi di eroina oggetto del capo G), sul presupposto che l'eroina è più pericolosa. Inoltre, si argomenta che la responsabilità per il reato oggetto del capo G) non è provata – perché fondata sui contenuti delle conversazioni intercettate e su un incontro fra Sirchia e Tusa, dal quale poi derivò il ritrovamento di chilogrammi 70 di eroina in possesso del secondo – e non lo è neanche per il reato oggetto del capo H) – perché le conversazioni fra Sirchia e COGNOME mostrano solo che questi doveva del denaro a Sirchia. Si aggiunge che neanche l'arresto di Sirchia, perché colto nella detenzione di cocaina, dimostra che egli detenesse la droga per cederla.
Relativamente al capo H, si argomenta che, nelle conversazioni fra COGNOME e la moglie coimputata COGNOME, il primo invitò la seconda a recuperare il credito nei confronti di COGNOME e COGNOME al fine di pagare il difensore e le spese carcerarie, sicché tali conversazioni non riguardavano vendite di droga.
In terzo luogo, si adduce che la sentenza è priva di motivazione circa il diniego (oggetto di motivo di appello) delle circostanze attenuanti generiche.
2.6. Ricorso di COGNOME Domenico (capo W)
2.6.1 Con il primo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione, con travisamento della prova, nel ravvisare la responsabilità per il reato ex art. 73 d.P.R. cit. oggetto del capo W). Si argomenta che manca la prova di un accordo illecito tra le parti per una fornitura di sostanza stupefacente, che sia individuata per qualità, quantità e prezzo.
2.6.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare la circostanza aggravante dell'ingente quantitativo di sostanza stupefacente. Si osserva che, sebbene il dato ponderale del principio attivo ricavato dallo stupefacente in sequestro superi, seppure di poco, il limite indicato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione i tuttavia o tale limite massimo ha valenza solo in senso negativo, perché indica la soglia minima al di sotto della quale non può in nessun caso ravvisarsi l'aggravante, sicché rimane ampia la discrezionalità dei giudicanti nel valutare, caso per caso, se, superatasi la soglia minima, il quantitativo vada valutato ingente, in relazione a tipologia, qualità e grado di saturazione del mercato di destinazione.
2.6.3. Con il terzo motivo di ricorso, si sviluppa articolata argomentazione a sostegno dell'assunto che il contenuto dell'art. 80, comma 2, d.P.R. cit. viola il principio di precisione delle norme penali e pone tale disposizione in contrasto con l'art. 25, comma Cost. non sanabile dalla sostanziale riscrittura della disposizione elaborata dalla giurisprudenza.
2.6.4. Con il quarto motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel calcolare erroneamente – trascurando l'avvenuta prescrizione del reato oggetto del capo U – la riduzione dell'aumento per la recidiva, quantificato dal Tribunale in contrasto con il limite posto dall'art. 9 comma sesto, cod. pen.
2.7. Ricorso di NOME COGNOME (capi H e J)
2.7.1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione, con travisamento della prova, circa la responsabilità per i reati oggetto dei capi H) e J). Si osserva che la Corte di appello ha ritenuto che COGNOME NOME abbia acquistato droga da Sirchia NOME per poi smerciarla a sua volta a terzi (un episodio specifico riguarderebbe l'accordo circa l'acquisto di una partita di stupefacente, poi sequestrata a Sirchia prima della consegna al Marrocco), mentre nel capo J gli si contestano alcune cessioni a terzi sulla base dei criptici contenuti delle conversazioni intercettate, ma in assenza di osservazioni delle sue condotte o di sequestri di sostanza stupefacente o di dichiarazioni di collaboranti con l'Autorità giudiziaria che lo accusino.
2.7.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nella mancata riqualificazione ex artt. 56 cod. pen. e 73, comma
5, d.P.R., cit., del reato oggetto del capo H), trascurando che l'accordo sulla cessione della droga non fu raggiunto, ma vi fu soltanto una ipotetica volontà di acquisto subordinata a una verifica della qualità della sostanza della quale non vi è prova.
2.7.3. Con il terzo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nella mancata riqualificazione delle condotte ex art. 73, comma 5, d.P.R. cit., riqualificazione che comporterebbe la prescrizione dei reati contestati a NOME COGNOME, trascurando che: non vi fu una sistematica attività di spaccio in concorso con altri (tutti gli altri supposti spacciatori imputati nel capo 3 son stati assolti) e che le eventuali cessioni effettuate da NOME riguarderebbero comunque dosi esigue di droga.
2.7.4. Con il quarto motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nell'applicare la recidiva reiterata specifica soltanto in ragione della «negativa personalità» desunta «dalle plurime condanne, anche per reati specifici», trascurando, peraltro, che i precedenti penali sono risalenti nel tempo e che, del resto, nel presente procedimento COGNOME non è stato sottoposto a misura cautelare.
2.7.5. Con il quinto motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione circa il diniego delle circostanze attenuanti generiche, la determinazione della pena e gli aumenti (eccessivi) per la recidiva e per la continuazione.
2.7.6. Con il sesto motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel disconoscere il vincolo della continuazione fra i fatti contestati e quelli descritti nei capi di imputazione A) B) D) E) F) H) e I) della sentenza n. 517/2009 del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Palermo, trascurando che le diverse condotte ascritte al COGNOME afferiscono a un progetto criminoso unitario, consistente nello spacciare droga nel territorio di Partinico poco tempo prima rispetto ai fatti oggetto del presente giudizio, che si snodano fra il dicembre del 2007 e il giugno del 2008.
2.8. Ricorso di COGNOME NOME.
2.8.1. Con il primo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nell'affermare la responsabilità del ricorrente per il reato oggetto del capo W), ritenendo concluso l'accordo per la cessione della droga sulla base di un travisamento della dichiarazioni del testimone ispettore COGNOME dalle quali si evince che le conversazioni intercettate si riferivano a una trattativa in realt arenatasi.
2.8.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare la circostanza aggravante dell'ingente quantitativo di sostanza stupefacente ex art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/90 perché la quantità
di sostanza sequestrata, con il principio attivo contenutovi, supera la soglia individuata dal giurisprudenza, ma trascurando che questa è la soglia minima al di sotto della quale l'aggravante non può ravvisarsi, sicché resta ampia la discrezionalità dei giudicanti nel valutare, caso per caso, anche la tipologia e la qualità della sostanza, oltre che il grado di saturazione del mercato di destinazione. Al riguardo, si osserva che la soglia è stata superata di poco e che la sostanza conteneva una bassa percentuale di principio attivo, sicché era di scarsa qualità, mentre le «relazioni pregresse», valorizzate dalla Corte di appello non rientrano tra i parametri rilevanti per valutare la ingente quantità.
2.8.3. Il terzo motivo di ricorso sviluppa articolata argomentazione a sostegno dell'assunto che il contenuto dell'art. 80, comma 2, d.P.R. cit. viola il principio di precisione delle norme penali e pone tale disposizione in un contrasto con l'art. 25 Cost. non sanabile dalla sostanziale riscrittura della disposizione elaborata dalla giurisprudenza.
2.9. Ricorso di NOME COGNOME (capo Q)
2.9.1. Con il primo motivo di ricorso, si deducono violazione degli art. 110 e 378 cod. pen. e vizio della motivazione per avere escluso la riqualificazione della condotta come favoreggiamento personale, considerando il ruolo attivo di Romano nella fase delle trattative finalizzate alla cessione della sostanza stupefacente e osservando che il reato di favoreggiamento non è configurabile nella costanza della detenzione della droga – perché nei reati permanenti, qualunque agevolazione del colpevole, attuata prima che la sua condotta sia cessata, ordinariamente si risolve in un concorso nel reato, almeno a carattere morale – ma trascurando il ruolo del tutto passivo assunto da ricorrente, come si desume dai contenuti delle conversazioni intercettate.
Si osserva che questa conclusione è confermata dalle dichiarazioni del collaborante con l'Autorità giudiziaria NOME COGNOME il quale ha affermato che NOME non partecipava alla conversazione quando egli e la COGNOME parlavano dei loro affari.
2.9.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare l'elemento psicologico del reato, nonostante che non sia provato che NOME conoscesse l'oggetto dei colloqui tra gli altri coimputati, o che abbia partecipato attivamente ai loro incontri.
2.10. Ricorso di COGNOME NOME (capo W)
2.10.1. Con il primo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare la responsabilità di COGNOME, fallacemente collegando l'unica conversazione intercettata, che lo vede coinvolto, alle vaghe e eterogenee conversazioni intercorse con gli altri coimputati, mentre, per altro verso, i servizi di osservazione e i pedinamenti effettuati per più di un anno, nonchè la
perquisizione, non consentono di delineare un ruolo attivo del Russo all'interno del gruppo criminale.
2.10.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce una erronea applicazione dell'aggravante ex art. 80 comma 2 d.P.R. cit. fondata soltanto sulla quantità di sostanza smerciata senza valutare la capacità di saturazione dell'area di spaccio di riferimento, la determinazione del territorio di destinazione della sostanza, la definizione dei tempi di saturazione del mercato ipotizzato, il principio attivo, la qualità della sostanza e la valutazione globale della condotta accertata.
2.10.3. Con il terzo motivo del ricorso, si deducono violazione e di legge e vizio della motivazione nel disconoscere la fattispecie di lieve entità ex art. 73, comma 5. d.P.R. cit., trascurando il carattere episodico della sua condotta.
2.10.4. Con il quarto motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nell'applicare la recidiva, senza accertare in concreto la pericolosità sociale di Russo, e nel disconoscere le circostanze attenuanti generiche, pur concedibili nel caso concreto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso di COGNOME è infondato.
1.1. La Corte di appello ha individuato NOME come l'intermediario nello scambio di droga oggetto del capo W) delle imputazioni (questione oggetto del primo motivo di ricorso) sulla base di pertinenti massime di esperienza e senza incorrere in manifeste illogicità, considerando che è certo che NOME fu accompagnato da un tale "NOME" (così come si desume dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni di NOME), il quale disponeva di uno scooter intestato a NOME COGNOME (come accertato dagli operanti). In particolare, confermando la sentenza di primo grado, la Corte ha evidenziato che: il testimone sovrintendente COGNOME ha riferito che il 10/07/2008, durante il servizio di osservazione e controllo, il personale della squadra mobile vide COGNOME prelevato da una persona a bordo di uno scooter targato CODICE_FISCALE intestato a COGNOME (ma in quel frangente il conducente del mezzo non fu identificato); colui che aveva accompagnato COGNOME, consegnò un sacchetto al Pancamo, che lo ripose nella cabina del camion; NOME ha riconosciuto in NOME COGNOME colui che accompagnò al porto COGNOME e consegnò la droga; nella conversazione n. 1754 del 10/07/2008 – all'interno dell'autovettura BMW in cui NOME si trovava con COGNOME NOME in attesa di NOME – COGNOME, chiese a NOME se fosse il caso di chiamare «NOME», per mettersi d'accordo sull'orario e evitare che potesse aspettare fuori inutilmente e, sebbene Guida glielo avesse sconsigliato, COGNOME provò a chiamare (senza ricevere risposta).
1.2. Con adeguata motivazione la Corte d'appello ha escluso la lieve entità del fatto (oggetto del secondo motivo di ricorso), sulla base di una valutazione complessiva della condotta, evidenziando la quantità e natura della droga ceduta (1,2 chilogrammi di eroina) e il coinvolgimento nell'attività di diverse persone non dedite al piccolo spaccio.
1.3. Compiutamente motivato risulta anche il diniego delle circostanze attenuanti generiche (oggetto del terzo motivo di ricorso), perché la Corte ha evidenziato non solo l'assenza di elementi favorevoli per la concessione delle circostanze attenuanti generiche, ma anche la pregnanza causale della condotta di COGNOME che accompagnò il complice e personalmente consegnò la sostanza stupefacente a Pancamo, manifestando, così, non una generica disponibilità ma una sua attiva partecipazione alla commissione del reato.
Il ricorso di COGNOME NOME.
2.1. La Corte di appello ha riconosciuto, confermando la sentenza di primo grado, la responsabilità di COGNOME (oggetto del primo motivo di ricorso) per il reato descritto nel capo H) delle imputazioni sulla base di pertinenti massime di esperienza e senza incorrere in manifeste illogicità, osservando che: dalle conversazioni telefoniche tra COGNOME NOME e COGNOME NOME e tra COGNOME NOME e NOME COGNOME – avvenute dal gennaio 2008 (con il COGNOME) e nel settembre 2007 (con il COGNOME) sino all'arresto del Sirchia (3/03/2008) – e dai colloqui in carcere tra Sirchia NOME e la moglie NOME (successivi all'arresto) si desume che Sirchia deteneva e cedeva cocaina, tra gli altri, a NOME COGNOME in favore del quale vantava un credito di euro 6.000 e a COGNOME NOME, in fav ore del quale vantava un credito di euro 6.500. Nella sentenza sono sviluppatt,congrue argomentazioni a dimostrazione del fatto che la trattazione kli affari riguardò cessioni di droga, pur dissimulando (con un linguaggio criptico) altri accordi commerciali, anche perché gli imputati non hanno offerto valide interpretazioni alternative.
2.2. Con adeguata motivazione la Corte d'appello ha escluso la lieve entità del fatto (oggetto del secondo motivo di ricorso), sulla base di una valutazione complessiva della condotta, evidenziando la frequenza e la consistenza degli scambi (attestata dal sequestro effettuato in capo al Sirchia) e l'oggetto degli stessi (droga pesante).
2.3. Compiutamente motivata risulta anche la determinazione della pena (oggetto del terzo motivo di ricorso). La Corte di appello, mentre ha ridotto la pena, in ragione dell'errato calcolo effettuato dal Tribunale nell'aumento per la recidiva, ha però confermato la pena-base (peraltro prossima al minimo edittale, di anni sei di reclusione e euro 27.000,00 di multa, così quantificandola in base
alla gravità del reato, desunta dalla quantità e qualità della sostanza stupefacente oggetto dei traffici illeciti e alla capacità a delinquere, desunta dai plurim precedenti penali. Inoltre, ha negato le circostanze attenuanti generiche perché non sono emersi elementi di valutazione ì favorevoli e per i numerosi precedenti penali che risultano dal certificato del casellario giudiziale.
2.3. Il ricorso di COGNOME NOME è infondato.
La Corte di appello ha riconosciuto, confermando la sentenza di primo grado, la responsabilità di COGNOME (oggetto del primo motivo di ricorso) per il reato descritto nel capo Q) delle imputazioni sulla base di pertinenti massime di esperienza e senza incorrere in manifeste illogicità, osservando che la figura di COGNOME NOME emerge sin dall'inizio delle trattative, come risulta dalle intercettazioni telefoniche a partire dal periodo fine giugno- luglio 2008; COGNOME si avvalse del supporto offertole da NOME COGNOME che la mise in contatto con gli acquirenti palermitani e le offrì un ausilio per i suoi spostamenti a Palermo finalizzati a definire i termini dell'accordo; COGNOME condusse le trattative con NOME e NOME (il 9-10 luglio 2008) sino all'accordo conclusivo; gli esiti delle attività di osservazione e controllo, riscontrano, a loro volta, dichiarazioni etero-accusatorie, fra loro convergenti, dei collaboranti NOME e NOME.
2.4. Il ricorso di COGNOME Fabio è infondato.
L'accertamento del disegno criminoso (questione oggetto dell'unico motivo di ricorso) è rimesso all'apprezzamento del giudice di merito e risulta insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamenti di fatto.
Nella fattispecie, la Corte d'appello ha adeguatamente chiarito come il programma criminoso (che dovrebbe connettere il reato di detenzione di 1,2 chilogrammi di eroina, commesso 1'11/07/2008, e il reato di detenzione e cessione di 500 grammi di eroina, commesso il 24/03/2011, per il quale il ricorrente è stato in precedenza condannato con sentenza n.953/2013 emessa nell'ambito del procedimento 13432/2012 R.G.N. all. 1) non potesse essere prefigurato da Guida fin dalla consumazione del primo reato, perché, a prescindere dalla distanza temporale che li separa, i due reati furono, come affermato dallo stesso COGNOME, occasionati dalla volontà di agire per aiutare il fratello NOME e non sulla base di una rappresentazione unitaria di più reati nell'ambito di un medesimo disegno criminoso, sicché COGNOME agì sulla base di un atteggiamento psicologico diverso da quello del correo NOME NOME (al quale la continuazione è stata invece riconosciuta).
I ricorsi congiunti di NOME COGNOME e NOME COGNOME sono entrambi infondati.
La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, desumendo le responsabilità dei ricorrenti – sulla base di pertinenti massime di esperienza e senza incorrere in manifeste illogicità, relativamente al capo H (posizioni di Sirchia e COGNOME) – dai contenuti delle conversazioni telefoniche tra Sirchia NOME e COGNOME NOME e tra Sirchia NOME e NOME COGNOME – avvenute da gennaio 2008 (con il COGNOME) e nel settembre 2007 (con il COGNOME) sino all'arresto del Sirchia (3/03/2008), trovato in possesso di 100 grammi di cocaina) – e dai colloqui in carcere tra Sirchia NOME e la moglie NOME – che con il fratello NOME continuò le attività di Sirchia (su incarico di questi, suo marito) – successivi all'arresto, desumendone che Sirchia deteneva e cedeva cocaina, tra gli altri, a NOME COGNOME in favore del quale vantava un credito di euro 6.000 e a COGNOME NOME, in favore del quale vantava un credito di euro 6.500 e che entrambi gli acquirenti si rifornivano di droga per immetterla nel mercato. Nella sentenza sono sviluppate analitiche argomentazioni a dimostrazione del fatto che la trattazione degli affari, pur, condotta con un linguaggio criptico, riguardò cessioni di droga (pur dissimulando altri accordi commerciali), anche perché gli imputati non hanno offerto valide prospettazioni alternative.
Analogamente, la responsabilità di COGNOME per il resto oggetto del capo G è stata fondata sui contenuti delle numerose conversazioni telefoniche tra lui e COGNOME NOME, nel periodo settembre/ dicembre 2007, dalle quali la Corte ha desunto: una assidua frequentazione tra i due (che fissavano, con cadenza regolare, degli appuntamenti fugaci utilizzando espressioni criptiche) per l'esecuzione di un rapporto commerciale (anche con riferimenti alla inadeguatezza della merce ); la preoccupazione di COGNOME per la scarsa prudenza di Tusa in occasione dei loro incontri; la programmazione di un incontro, oggetto di un servizio di osservazione e controllo da parte della Polizia giudiziaria, conclusosi con il sequestro di circa 70 grammi di eroina a Tusa, dopo che questi aveva ricevuto un pacchetto da Sirchia.
Non irragionevole, per altro verso, risulta la valutazione di maggiore gravità del reato oggetto del capo G), concernente la cessione di circa gr. 70 di eroina, rispetto al reato oggetto alla sentenza del 16/10/2008, riguardante la detenzione ai fini di spaccio di gr. 100 di cocaina, con l'argomento che l'eroina è «più pericolosa per l'alta dipendenza che induce, per le ricadute sociali negative del suo traffico e per gli effetti sul singolo utilizzatore», e che la cessione, con immissione nel mercato, desta un maggiore allarme sociale della mera detenzione. Inoltre, la Corte ha considerato che in relazione al fatto oggetto della sentenza del
2008, sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche, valorizzando la confessione resa dall'imputato, così mitigandosi ulteriormente la gravità del reato, mentre, per il reato oggetto capo G), le circostanze attenuanti generiche sono state negate non emergendo elementi di valutazione favorevoli all'imputato.
6. Il ricorso di COGNOME Domenico è infondato.
6.1. Sulla base di pertinenti massime di esperienza e senza incorrere in manifeste illogicità, la Corte d'appello ha riconosciuto la responsabilità (oggetto del primo motivo di ricorso) di NOME COGNOME sulla base: di una analitica disanima dei contenuti delle conversazioni intercettate, dalle quali è emerso che sin dai primi del mese di novembre 2008, iniziò una contrattazione tra NOME NOME e NOME COGNOME, nell'ambito della quale COGNOME si recò a Napoli più volte, sino a incontrare NOME, e controllò costantemente l'andamento della contrattazione fino a conclusione delle attività di osservazioni e controllo, alla perquisizione dell'autovettura, che fece rinvenire non droga ma un verbale di sequestro di denaro in contanti, già prima facie falso (le indagini rivelarono che esso serviva al gruppo palermitano per esibirlo ai fornitori napoletani, così da giustificare il ritardo nel pagamento del pregresso debito); del fatto che, dopo ulteriori contatti con COGNOME – in una successiva occasione – COGNOME, COGNOME, COGNOME, furono colti nel possesso di 428 panetti di hashish, dal peso (lordo) di circa 100 grammi ciascuno; delle dichiarazioni del collaborante con l'Autorità giudiziaria COGNOME COGNOME, che ha indicato COGNOME come soggetto (vicino al COGNOME) che, seppure con un ruolo marginale, aveva degli incarichi fiduciari sia nel campo delle estorsioni, sia nel campo dello stupefacente (sia cocaina sia hashish).
6.2. La Corte di appello ha ravvisato la circostanza aggravante della ingente quantità (oggetto del secondo motivo di ricorso), tenendo conto non soltanto del peso (50 chilogrammi) dell' hashish sequestrato, ma anche del grado di purezza e quindi delle dosi singole aventi efficacia drogante ricavabili pari tenuto conto del principio attivo) a almeno 2 chilogrammi, con «una percentuale di principio attivo THC compresa tra il 5% e il 7%, cui corrispondeva, per ciascun reperto, un quantitativo di principio attivo compreso tra 5.092 mg e 6.902,20 mg., pari complessivamente a 2566.716,00 mg, ossia 2,5 chilogrammi di principio attivo THC, ben superiore dunque al principio attivo indicato dalle S.U. del 2020)». Inoltre, ha considerato la «negativa incidenza di un siffatto quantitativo sul mercato palermitano nel quale veniva immessa e alla circostanza che l'illecito commercio sì inseriva in relazioni pregresse come attesta la sussistenza del debito non ancora onorato tra criminalità campane e palermitane, connotando così di maggiore gravità il fatto».
6.3. Circa il terzo motivo di ricorso – concernente la legittimità costituzionale della disposizione che regola l'aggravante dell'ingente quantità di stupefacenti deve ribadirsi che, se è vero che un comportamento penalmente sanzionato deve essere descritto con precisione dalla disposizione che lo regola, pur tuttavia in particolari ipotesi sorge la necessità per il legislatore di lasciare al giudice l valutazione concreta della sussistenza dell'ipotesi aggravata che non è possibile predeterminare astrattamente (Sez. 6, n. 4524 del 01/12/1989, dep. 1990, Rv. 183897), perché il relativo giudizio è necessariamente condizionato di volta in volta dalla tipologia della sostanza stupefacente, dalla sua qualità, dalla situazione del mercato (Sez. 6, n. 3478 del 12/01/1989, Rv. 180704).
6.4. Il quarto motivo di ricorso risulta generico, perché non sviluppa la necessaria specifica argomentazione a sostegno di quanto assume, né allega quanto necessario per quantificare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo.
Il ricorso di NOME COGNOME è infondato.
7.1. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, riconoscendo sulla base di pertinenti massime di esperienza e senza incorrere in / 7 manifeste illogicità, la responsabilità (oggetto del primo motivo di ricorso) di NOME per i reati per i quali è stato condannato.
Relativamente al capo H, la Corte di appello ha tratto gli elementi di valutazione dai contenuti delle conversazioni telefoniche di Sirchia NOME con COGNOME NOME e con NOME COGNOME – avvenute dal gennaio 2008 (con il COGNOME) e dal settembre 2007 (con il COGNOME) sino all'arresto del Sirchia (3/03/2008) – e dai colloqui in carcere tra Sirchia e sua moglie COGNOME NOME, successivi all'arresto, desumendone che Sirchia deteneva e cedeva cocaina, tra gli altri, a COGNOME in favore del quale vantava un credito di euro 6.000. Inoltre, ha sviluppato argomentazioni a dimostrazione del fatto che la trattazione gli affari, condotta con un linguaggio criptico, pur dissimulando altri accordi commerciali, riguardò cessioni di droga, anche perché gli imputati non ne hanno offerto valide interpretazioni alternative.
Relativamente al capo 3, la Corte di appello ha osservato che la difesa si è limitata a negare la natura illecita dei rapporti tra COGNOME, COGNOME e COGNOME, non confrontandosi con la logica e congruente ricostruzione delle ragioni dei loro incontri, compatibili, per interlocuzioni e durata, con la consegna da parte del COGNOME della sostanza stupefacente poi trovata nella disponibilità di COGNOME e COGNOME.
7.2. Correttamente la Corte di appello ha escluso che i fatti oggetto del capo H) possano essere qualificati come tentativo (questione oggetto del secondo
motivo di ricorso), argomentando che il tentativo di acquisto di sostanza stupefacente destinata allo spaccio si può configurare quando l' iter criminis si è interrotto prima della conclusione dell'accordo tra acquirente e venditore circa la quantità, la qualità e il prezzo della sostanza, «mentre nella fattispecie non risulta che vi sia stata alcuna interruzione dell'iter, perché, anzi, si è discusso di pagamenti e di difficoltà del Marrocco a adempiere, non di mancate consegne, e dopo gli accordi intervenuti tra le parti, per l'ultima delle condotte del Sirchia nell quali era coinvolto il COGNOME, è mancata soltanto la traditio».
7.3. Con adeguata motivazione la Corte d'appello ha escluso la lieve entità del fatto (oggetto del terzo motivo di ricorso), sulla base di una valutazione complessiva delle circostanze del fatto, evidenziando la frequenza e la consistenza degli scambi (attestata dal sequestro effettuato in capo al Sirchia) e l'oggetto degli stessi (droga pesante).
7.4. Circa l'applicazione della recidiva (oggetto del quarto motivo di ricorso) la Corte di appello non si è limitata a rilevare le plurime condanne, anche per reati specifici, di COGNOME, ma ha considerato che questi non ha manifestato alcun sintomo di resipiscenza e ha rivelato l'ingravescenza della sua pericolosità con una «ricaduta nel reato non occasionale ma frutto di una devianza di vita.»
7.5. Circa il diniego delle circostanze attenuanti generiche (oggetto del quinto motivo di ricorso), la Corte di appello ha rilevato il difetto di elementi d valorizzare, del resto non specificamente addotti dal ricorrente, come non sono precisate le ragioni che dovrebbero giustificare una riduzione della pena nelle sue varie articolazioni.
7.6. La Corte di appello ha esercitato non irragionevolmente il suo potere discrezionale nel disconoscere la continuazione (oggetto del sesto motivo di ricorso) fra i reati oggetto del presente processo (commessi nel 2007-2008) e quelli oggetto della pretente sentenza (irrevocabile) della Corte di appello di Palermo, (commessi dal novembre 2004 fino all'agosto del 2005), rimarcando la distanza temporale e la mancanza di prova che i reati siano stati concepiti e eseguiti con un unico programma criminoso, anche osservando correttamente, al riguardo, che questo non va confuso con la sussistenza di una concezione di vita improntata al crimine e dipendente dagli illeciti guadagni che da esso possono scaturire, perché, in tal caso, «la reiterazione della condotta criminosa è espressione di un programma di vita improntata al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l'abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all'istituto della continuazione, preordinato al "favor rei"».
8. Il ricorso di COGNOME NOME è infondato.
8.1. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, riconoscendo, sulla base di pertinenti massime di esperienza e senza incorrere in manifeste illogicità. la responsabilità (oggetto del primo motivo di ricorso) di COGNOME per il reato descritto nel capo W delle imputazioni, evidenziando che dalle conversazioni intercettate è emerso che: nell'ambito della trattativa per la compravendita di droga, COGNOME NOME e COGNOME NOME, persone vicine ai COGNOME, fornirono un supporto logistico; COGNOME NOME, attraverso COGNOME (a questo scopo recatosi a Napoli) mostrò a COGNOME NOME (che era il maggiore esponente del gruppo napoletano) il falso verbale di sequestro prima citato; successivamente, COGNOME svolse un ruolo attivo mantenendo il contatto fra COGNOME e COGNOME; la perquisizione dei veicoli utilizzati da COGNOME e dagli altri trasportatori fece rinvenire 50 chilogrammi di hashish destinati ai COGNOME, a COGNOME NOME e a COGNOME.
8.2. Per il secondo motivo e il terzo motivo di ricorso vale quanto prima osservato sub 6.2. e sub 6.3. in relazione alla posizione di COGNOME
9. Il ricorso di NOME COGNOME è infondato.
I due motivi di ricorso possono essere trattati unitariamente.
Sulla base di pertinenti massime di esperienza e senza incorrere in manifeste illogicità, Corte di appello ha argomentato che dalle numerose intercettazioni telefoniche e ambientali (delle quali ha richiamato i contenuti salienti) si desume che NOME era solito attivarsi per agevolare le comunicazioni tra la COGNOME e NOME COGNOME e che era pienamente consapevole dei traffici delittuosi in cui la COGNOME (con la quale intratteneva una relazione) era coinvolta. Ha aggiunto che dalle dichiarazioni del collaborante NOME NOME risulta che egli, pur non partecipando agli affari con un interesse economico, fu comunque a disposizione dei partecipanti, offrendo un contributo logistico alla Di Marzo, e svolse una funzione di mediazione.
Inoltre, la Corte di appello ha correttamente escluso la riqualificazione della condotta ex art. 378 cod. pen., considerando il ruolo attivo del Romano nella fase delle trattative finalizzate alla cessione della sostanza stupefacente e che il reato di favoreggiamento non è configurabile nel perdurare di una detenzione illecita, perché, nei reati permanenti, qualunque agevolazione del colpevole, attuata prima che la condotta di questi sia cessata, si risolve (salvo che non sia diversamente previsto) in un concorso nel reato, quanto meno a carattere morale (Sez. 3, n. 14961 del 27/03/2024).
10. Il ricorso di NOME
è infondato.
10.1. la Corte d'appello, confermando la sentenza di primo grado, ha riconosciuto la responsabilità di COGNOME (oggetto del primo motivo di ricorso) per il
reato a lui ascritto nel capo W) delle imputazioni, evidenziando che: nell'ambito della trattativa per la compravendita di droga oggetto del capo W) COGNOME NOME
e COGNOME NOME, persone vicine ai COGNOME, fornirono un supporto logistico;
COGNOME NOME, tramite COGNOME NOME (a questo scopo recatosi a Napoli), mostrò a Candido il falso verbale di sequestro prima citato; il 5/01/2009, i fratelli
COGNOME decisero di incaricare COGNOME NOME della prosecuzione delle trattative con i napoletani; COGNOME NOME comunicò a COGNOME di avere avvisato NOME
del suo imminente arrivo a Napoli e gli ricordò di presentarsi a questi come il
"cugino";
successivamente, sulla base delle conversazioni intercettate nelle quali
COGNOME svolse un ruolo attivo, mantenendo il contatto fra COGNOME e COGNOME, la perquisizione dei veicoli utilizzati da COGNOME e dagli altri trasportatori fece
rinvenire 50 chilogrammi di hashish destinati a COGNOME Domenico, COGNOME
NOMECOGNOME NOME e Russo NOME.
10.2. Per il secondo motivo, concernente l'applicazione dell'aggravante ex art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990, vale quanto osservato sub 6.2. e sub 8.2. in relazione alle posizioni dei coimputati.
10.3. Circa l'applicazione della recidiva, il disconoscimento della lieve entità del fatto e il diniego delle circostanze attenuanti generiche (questioni oggetto del terzo e del quarto motivo di ricorso), la Corte di appello non irragionevolmente ha evidenziato che le modalità professionali con cui è stato realizzato il reato palesano che i fatti per i quali si procede sono espressione di una pericolosità sociale spiccata e che i diversi e gravi precedenti penali, anche specifici, mostrano come Russo abbia stabilmente tratto dallo svolgimento di attività illecite le proprie fonti di sostentamento.
Dal rigetto dei ricorsi deriva, ex art. 416 cod. proc pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 24/01/2025