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Traffico di influenze illecite: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione conferma la misura cautelare per un ex agente accusato di traffico di influenze illecite. L’imputato avrebbe ricevuto denaro per mediare il superamento di un concorso pubblico. La Corte chiarisce che il reato si configura quando il prezzo remunera solo il mediatore, a differenza della corruzione, e dichiara inammissibile il ricorso basato su una rivalutazione dei fatti.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traffico di Influenze Illecite: Quando la Mediazione Diventa Reato

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema delicato e complesso: il traffico di influenze illecite. Questa decisione offre importanti chiarimenti sulla linea di demarcazione tra questo reato e la corruzione, specialmente in contesti delicati come i concorsi pubblici. Analizziamo insieme i dettagli di un caso che ha portato la Suprema Corte a confermare una misura cautelare nei confronti di un ex appartenente alle forze dell’ordine.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da un’indagine che coinvolge un ex Ispettore Superiore della Polizia Penitenziaria. Secondo l’accusa, quest’ultimo, ormai destituito dal corpo, avrebbe ricevuto una somma di tremila euro da un candidato a un concorso per l’accesso nella Polizia Penitenziaria. Il denaro sarebbe stato il prezzo per la sua mediazione illecita, finalizzata a favorire il candidato nel superamento delle prove concorsuali. L’accordo avrebbe coinvolto anche un vice sovrintendente ancora in servizio, che avrebbe dovuto agire grazie all’intermediazione dell’ex collega.

Il Tribunale del Riesame, in seguito a un precedente annullamento con rinvio da parte della stessa Cassazione, aveva applicato la misura degli arresti domiciliari all’imputato, riconoscendo la sussistenza di gravi indizi per il reato di traffico di influenze illecite. La difesa ha quindi proposto un nuovo ricorso in Cassazione, sostenendo che l’attività svolta fosse lecita (mera preparazione al concorso) e che mancassero gli elementi costitutivi del reato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la decisione del Tribunale del Riesame. I giudici hanno ritenuto le argomentazioni della difesa manifestamente infondate, in quanto miravano a una rivalutazione dei fatti e delle prove, un’attività preclusa in sede di legittimità. La Cassazione si limita infatti a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, senza poter entrare nel merito delle scelte probatorie dei giudici precedenti.

Le Motivazioni della Sentenza sul traffico di influenze illecite

Le motivazioni della Corte sono cruciali per comprendere i contorni del reato di traffico di influenze illecite. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale, già espresso in precedenti sentenze: la differenza strutturale tra questo delitto e la corruzione.

Nel traffico di influenze illecite, il prezzo pagato dal privato è destinato a remunerare esclusivamente l’opera del mediatore. Quest’ultimo sfrutta le sue relazioni, vere o presunte, con un pubblico ufficiale per influenzarne le decisioni. Il denaro, quindi, non deve necessariamente essere destinato, neanche in parte, al pubblico ufficiale stesso. È proprio l’accordo di mediazione illecita a essere punito. Nel caso di specie, il tribunale ha correttamente inquadrato la condotta dell’ex agente in questo schema: egli, non più pubblico ufficiale, ha agito da intermediario ricevendo denaro per condizionare l’operato di un soggetto pubblico (anche se non compiutamente identificato).

La tesi difensiva, secondo cui il denaro era destinato a un fine lecito come la preparazione al concorso, è stata liquidata dalla Corte come una mera congettura, in contrasto con le risultanze investigative (in particolare, le intercettazioni). La Corte ha inoltre giudicato logica e coerente la valutazione del Tribunale sulla necessità della misura cautelare, basata sulla gravità dei fatti e sul mantenimento di rapporti da parte dell’indagato con il Corpo di Polizia Penitenziaria, elementi che evidenziavano un concreto pericolo di reiterazione del reato.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza un importante principio di diritto penale: la punibilità della mediazione illecita come fattispecie autonoma. Si chiarisce che per configurare il traffico di influenze illecite è sufficiente che esista un accordo tra il privato e il mediatore e che il prezzo sia finalizzato a compensare l’attività di quest’ultimo. Non è necessario provare che il pubblico ufficiale sia stato effettivamente contattato o che abbia ricevuto una parte del denaro. La decisione sottolinea inoltre, ancora una volta, i limiti del ricorso per cassazione, che non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La logicità e coerenza della motivazione del giudice precedente è il parametro su cui si fonda il controllo di legittimità.

Qual è la principale differenza tra traffico di influenze illecite e corruzione secondo questa sentenza?
La differenza fondamentale risiede nella destinazione del denaro. Nel traffico di influenze illecite, il compenso è destinato a retribuire unicamente l’opera di mediazione di chi vanta l’influenza sul pubblico ufficiale. Nella corruzione, invece, il denaro è destinato, almeno in parte, a remunerare il pubblico ufficiale per il compimento di un atto contrario ai suoi doveri.

È necessario identificare il pubblico ufficiale per configurare il reato di traffico di influenze?
Secondo la ricostruzione del tribunale avallata dalla Cassazione, il reato si configura anche se il soggetto pubblico da condizionare non è ancora stato specificamente individuato, purché sia provato l’accordo di mediazione illecita finalizzato a influenzare un pubblico ufficiale.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni difensive non contestavano vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge o motivazioni illogiche), ma proponevano una diversa lettura dei fatti e delle prove. Questo tipo di valutazione, definita ‘di merito’, è di competenza esclusiva dei tribunali di primo e secondo grado e non può essere fatta dalla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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