Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 10059 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 10059 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOMECOGNOME nato in Germania il 31/08/1968
avverso la sentenza emessa in data 11/04/2024 dalla Corte di appello di Milano visti g li atti, la sentenza impu g nata e il ricorso ; udita la relazione del consi g liere NOME COGNOME g elo; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impu g nata perché il fatto non è più previsto dalla le gg e come reato; udite le conclusioni dell’avvocato NOME COGNOME COGNOME che ha chiesto l’acco g limento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Busto Arsizio, con decreto emesso in data 24 marzo 2021, ha disposto il g iudizio immediato nei
confronti di NOME COGNOME, imputato, in concorso con NOME COGNOME, tale “NOME” e con un’educatrice non meglio identificata della Casa Circondariale di Busto Arsizio, appartenente al G.O.T. (Gruppo di osservazione e trattamento), del delitto di cui agli artt. 110, 81, secondo comma, cod. pen., 319, 321 cod. pen. (capo 2 dell’imputazione).
Secondo l’ipotesi di accusa, infatti, COGNOME nella sua qualità di assistente capo della polizia penitenziaria addetto all’ufficio area trattamentale della Casa circondariale di Busto Arsizio e, quindi, di pubblico ufficiale, avrebbe agito quale intermediario della richiesta corruttiva e accettato la promessa della somma di 3.000 euro dal detenuto COGNOME per la commissione di un atto contrario ai doveri di ufficio e, segnatamente, per influire sulla redazione da parte dell’educatrice di una “relazione di sintesi” favorevole.
Il Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza emessa in data 23 marzo 2022, ha dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato a lui ascritto, riqualificato ai sensi dell’art. 346-bis cod. pen., e applicate le attenuanti generiche ritenute equivalenti alla recidiva, lo ha condannato alla pena di un anno di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento in carcere.
Con la pronuncia impugnata la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado, condannando l’imputato appellante al pagamento delle spese processuali.
L’avvocato NOME COGNOME difensore di COGNOME, ha impugnato questa sentenza e ne ha chiesto l’annullamento, formulando quattro motivi di ricorso.
4.1. Con il primo motivo il difensore ha eccepito l’inosservanza dell’art. 2 cod. pen. in relazione alla parziale aboliti° criminis del reato di traffico di influenze operata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114.
Nella formulazione vigente della fattispecie di reato, le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono essere esistenti (e non solo asserite vantate) ed effettivamente utilizzate (e non solo vantate); la mancata individuazione del pubblico ufficiale al quale sarebbero state rivolte le raccomandazioni di COGNOME, dunque, precluderebbe in radice l’attuale configurabilità del reato di traffico di influenze illecite.
4.2. Con il secondo motivo il difensore ha dedotto il vizio di mancanza della motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento oggettivo dell’accordo illecito tra i concorrenti.
Il reato di traffico di influenze illecita postula, infatti, una relazione parit tra i concorrenti nel reato, ma nella specie l’adesione del ricorrente all’accordo
illecito sarebbe stata viziata dalla violenza, o, comunque, della pressione, esercitata da COGNOME in ragione della propria posizione sovraordinata rispetto al detenuto COGNOME
4.3. Con il terzo motivo il difensore ha eccepito la manifesta illogicità della motivazione in ordine alle dichiarazione accusatorie del coimputato COGNOME e all’esistenza di riscontri oggettivi alle stesse.
4.4. Con il quarto motivo il difensore ha censurato l’inosservanza degli artt. 99 cod. pen. e 47 ordin. penit., in quanto la Corte di appello ha ritenuto sussistente la recidiva di NOME nonostante l’intervenuta estinzione della pena per il buon esito dell’affidamento in prova al servizio sociale.
Con memoria depositata in data 16 dicembre 2024 l’avvocato COGNOME ha depositato l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza Milano del 3 ottobre 2024, con la quale è stata dichiarata estinta la pena riportata dal ricorrente, pena assunta nel presente giudizio quale unico precedente penale posto a fondamento della contestazione e del riconoscimento dell’aggravante della recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto.
Con il primo motivo di ricorso, il difensore ha dedotto l’intervenuta aboliti° criminis del delitto di abuso di ufficio e chiede l’annullamento della sentenza impugnata perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato
Il motivo deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.
3.1. Il reato di traffico di influenze illecite è stato introdotto all’art. 3 del codice penale dall’art. 1, comma 75, lett. r), della legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione) in attuazione degli impegni internazionali assunti dallo Stato italiano con la sottoscrizione della “Convenzione contro la corruzione”, adottata dalla Assemblea generale dell’ONU il 31.10.2003 con risoluzione n. 58/4 (Convenzione di Merida), ratificata con legge 3 agosto 2009, n. 116 e della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27.1.1999, ratificata con legge 28 giugno 2012, n. 110.
Nella sua formulazione originaria l’art. 346-bis cod. pen. sanciva che «hiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319, 319-te sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso 3 GLYPH
v
il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio è punto con la reclusione ad uno a tre anni».
Nella sua formulazione originaria, dunque, la condotta tipica si realizzava solo tramite lo sfruttamento di relazioni esistenti con il pubblico ufficiale e in c si differenziava nettamente dalla fattispecie di cui all’art. 346 cod. pen., nella quale il reo millantava credito presso un pubblico ufficiale o un pubblico impiegato.
Il reato di traffico di influenze, inoltre, nel disegno sistematico del legislator non sussiste ove venga esercitata una reale influenza sul pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, in quanto in questo caso si realizzano i reati di corruzione ex art. 318 o 319, rispetto ai quali il reato in oggetto è sussidiario, essendovi una specifica clausola di riserva.
3.2. L’art. 1, 1° co., lett. t), n. 1, della legge 9 gennaio 2019, n. 3 (Misur per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici) ha riformulato la fattispecie del reato di traffico di influenze.
In questa versione l’art. 346-bis cod. pen. sanciva che «hiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter e nei reati corruzione di cui all’articolo 322-bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, ovvero per remunerarlo in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità. La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giudiziarie o per remunerare il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis in relazione compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio. Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita.»
Il legislatore, nell’intento di dare compiuta attuazione alle previsioni sovranazionali che sollecitavano la punizione anche della compravendita di influenze millantate, ha, dunque, rimodulato estensivamente la fattispecie di reato in una triplice direzione:
ha abrogato la fattispecie del reato di millantato credito, “fondendola” con il reato di traffico di influenze illecite;
4 GLYPH
)s/
ha eliminato l’inciso contenuto nell’art. 346-bis cod. pen. «in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio»;
ha fatto venir meno la natura necessariamente “patrimoniale” del vantaggio dato o promesso al mediatore, individuando il corrispettivo ricevuto dal venditore di influenza con il generico termine «utilità»;
3.3. Da ultimo, l’art. 1, comma 1, lettera e), della legge 9 agosto 2024, n. 114 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare), entrato in vigore il 25 agosto 2024, ha nuovamente riformato la formulazione dell’art. 346-bis cod. pen., questa volta in termini maggiormente restrittivi, con esiti di parziale aboliti° criminis.
La disposizione attualmente sancisce che «chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319 ter e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322 bis, utilizzando intenzionalmente allo scopo relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità economica, per remunerare un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 32 bis, in relazione all’esercizio delle sue funzioni, ovvero per realizzare un’altra mediazione illecita, è punito con la pena della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi.
Ai fini di cui al primo comma, per altra mediazione illecita si intende la mediazione per indurre il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis a compiere un atto contrario a doveri d’ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito.
La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità economica».
La nuova formulazione riduce l’ambito della rilevanza penale della fattispecie di reato previgente sotto plurimi profili.
Nella disciplina vigente l’art. 346-bis cod. pen. si riferisce, solo alle relazioni esistenti e, pertanto, non consente più la punibilità del traffico d influenze millantate. Le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono, inoltre, essere effettivamente utilizzate (non solo vantate) e devono essere esistenti (non solo asserite).
La recente riforma comporta, pertanto, una parziale aboliti° criminis, relativamente ai fatti commessi vantando relazioni asserite con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio.
L’utilizzazione delle relazioni deve avvenire «intenzionalmente allo scopo» di porre in essere le condotte che integrano la fattispecie delittuosa e l’utilità data o promessa al mediatore, in alternativa al denaro, deve ora
essere «economica».
La mediazione c.d. gratuita è limitata alla rennunerazione del pubblico funzionario in relazione all’esercizio delle sue funzioni (e non più, anche dei suoi “poteri”) e la mediazione c.d. onerosa si esaurisce in quella commessa «per indurre il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio… compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito».
Il legislatore ha, inoltre, esteso al traffico di influenze illecite due cau di non punibilità: quella del ravvedimento post delictum di cui all’art. 323 bis, secondo comma, cod. pen. e quella della tempestiva e volontaria denuncia del fatto prevista dall’art. 323 ter cod. pen.
Le condotte per cui si procede sono stato commesse nel vigore della formulazione dell’art. 346-bis cod. pen. successiva alla legge 9 gennaio 2019 n. 3 e all’abrogazione del reato di millantato credito.
4.1. Le sentenze di merito hanno concordemente accertato che l’agente di polizia penitenziaria NOME COGNOME ha appreso nei primi mesi del 2019 da alcuni detenuti l’esistenza di voci, circolanti all’interno del Carcere di Busto Arsizio, relative a richieste di danaro avanzata da alcuni operatori dell’area trattamentale, per fare ottenere benefici penitenziari ai reclusi, e ha «deciso di cavalcare l’onda» (pag. 45 e ss. della sentenza di primo grado).
COGNOME, avendo trovato la relazione di sintesi redatta dall’equipe educativa nei confronti di NOME COGNOME nella cassetta delle firme, nel luglio del 2019 ha chiesto al medesimo la somma di tremila euro per far concludere la relazione trattamentale con una sintesi favorevole all’applicazione di una misura alternativa e il detenuto, ignaro dell’esistenza della relazione favorevole ad un percorso extramurario, ha accettato.
Dalle sentenze emerge, inoltre, che COGNOME, pur avendo perfezionato l’accordo “per velocizzare la pratica”, non ha mai pagato COGNOME; l’istruttoria dibattimentale, inoltre, non ha dimostrato alcun rapporto corruttivo intercorso tra COGNOME e l’educatrice non meglio identificata che figura nel capo di imputazione.
4.2. Le sentenze di primo e di secondo grado hanno qualificato tali condotte come traffico di influenze illecite e non come corruzione, in quanto la redazione della relazione trattamentale esulava dalle attribuzioni di COGNOME e questo, vantando un’influenza illecita presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, si era fatto promettere un corrispettivo in danaro quale prezzo della propria mediazione.
Il Collegio ritiene, tuttavia, che le condotte accertate abbiano integrato il delitto di truffa.
6 GLYPH
A-t
5.1. Le Sezioni unite di questa Corte, chiamate a risolvere il contrasto di giurisprudenza insorto quanto ai rapporti tra la prima e la seconda formulazione della fattispecie di cui all’art. 346-bis cod. pen., hanno statuito che non sussiste continuità normativa tra il reato di traffico di influenze illecit come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. t), legge 9 gennaio 2019, n. 3, ed il reato di millantato credito “corruttivo” di cui all’art. 346, comma secondo, cod. pen., abrogato dall’art. 1, comma 1, lett. s), legge n. 3 cit., le cui condot potevano, e tuttora possono, configurare gli estremi del reato di truffa, in passato astrattamente concorrente con quello di millantato credito “corruttivo”, purché siano formalmente contestati e accertati in fatto tutti gli elementi costitutivi dell relativa diversa fattispecie incriminatrice (Sez. U, n. 19357 del 29/02/2024, COGNOME, Rv. 286304 – 01).
Il fatto commesso in epoca anteriore alla entrata in vigore della novella legislativa del 2019, infatti, ben poteva astrattamente corrispondere alle due fattispecie incriminatrici del traffico di influenze illecite e di truffa, da conside eventualmente in concorso formale: con la conseguenza che, abolita la fattispecie di millantato credito cd. “corruttivo”, l’imputato può essere chiamato a rispondere dell’altro reato, quello di truffa, purché nel processo siano stati formalmente contestati e accertati in fatto tutti gli elementi costitutivi della relativa div fattispecie.
Le Sezioni unite hanno anche precisato che ad analoga soluzione si perviene per le condotte poste in essere dopo l’entrata in vigore della legge n. 3 del 2019 che restavano (e restano tuttora) punibili ai sensi dell’art. 640 cod. pen., in presenza di tutti i relativi elementi costitutivi, purché formalmente contestat all’imputato e accertati in fatto nel processo.
5.2. Proprio questa evenienza ricorre nel caso di specie.
Le GLYPH sentenze di merito hanno, infatti, accertato che COGNOME, indipendentemente dall’esistenza delle relazioni vantate con gli educatori, ha promesso a COGNOME di porre in essere un’intermediazione illecita per influire su una relazione trattamentale che, all’atto dell’accordo illecito, era già stata integralmente definita nel suo contenuto e che necessitava solo di notifica al detenuto.
Il reato di traffico di influenze ritenuto dalle sentenze di merito non è dunque, punibile, in quanto è un reato impossibile ai sensi dell’art. 49 cod. pen. per inesistenza dell’oggetto, non essendovi alcuna possibilità, neppure remota, all’atto dell’accordo, di influire sul contenuto di un atto già adottato
Il pericolo per il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione è obiettivamente insussistente, mentre è messa in pericolo la libertà negoziale del soggetto raggirato.
La giurisprudenza di legittimità, applicando principi analoghi, ha escluso
la configurabilità del delitto di corruzione in atti giudiziari, quando la somma pattuita è effettivamente corrisposta, ma il provvedimento giudiziario che il pubblico ufficiale avrebbe dovuto illecitamente condizionare era stato, al momento della conclusione dell’accordo corruttivo, già compiuto, in quanto in tal caso si versa nell’ipotesi di reato impossibile (Sez. 5, n. 8426 del 17/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258988 – 01, che ha ritenuto sussistente il delitto di truffa aggravata ai sensi dell’art. 61 n. 9 cod. pen., con esito assolutorio per i pagatori raggirati).
In tema di corruzione, è, infatti, prospettabile l’ipotesi di cui all’art. comma secondo, cod. pen. quando la promessa da parte del pubblico agente, accettata dal privato, si riferisca ad un atto o ad un comportamento che appaia, in base ad un giudizio ex ante, in modo assoluto impossibile si verifichi (Sez. 6, n. 34489 del 30/01/2013, COGNOME, Rv. 256123 – 01, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile il delitto di corruzione in un caso in cui era stata accolta l promessa di compiere un atto contrario ai doveri di ufficio che poi, per ragioni contingenti, non era stato posto in essere).
5.3. L’esclusione dell’applicabilità del reato di traffico di influenza illecita a condotte contestate lascia, tuttavia, residuare la sussunzione delle stesse nella fattispecie di truffa, aggravata ai sensi dell’art. 61 n. 9 cod. pen.
L’applicazione del delitto di truffa, tuttavia, non può comportare la punizione di chi, come COGNOME, dà o promette denaro o utilità al mediatore “fraudolento”: una volta che la vicenda è attratta nello schema della truffa, costui ne è una vittima e, dunque, non è punibile.
La riqualificazione del fatto contestato in termini di truffa, dunque, non può condurre alla punizione chi è ricorso al trafficante di influenze millantate.
Alla stregua dei rilievi che precedono, deve disporsi l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, in quanto il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2024.