Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1985 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1985 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA ad COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a CASALE MONFERRATO avverso la sentenza del 02/03/2023 della CORTE DI APPELLO DI TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso l’annullamento con rinvio di entrambi i ricorsi;
sentito l’AVV_NOTAIO che, nell’interesse di NOME COGNOME, chiede che sia valutata l’avvenuta prescrizione del reato, avendo riguardo alla data di commissione del reato, da individuarsi nella data di pagamento della fattura, ossia il 03/12/2015. Conclude, quindi, per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per la intervenuta prescrizione del reato;
sentito l’AVV_NOTAIO, che illustra i motivi di ricorso. Si associa alle conclusioni del collega.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME e COGNOME NOME, per il tramite dei rispettivi difensori e con separati ricorsi, impugnano la sentenza in data 02/03/2022 della Corte di appello di Torino che, per quello che qui interessa, -a seguito di annullamento con
rinvio disposto dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 30025 del 01/07/2022ha riqualificato ai sensi dell’art. 346-bis cod. pen. il fatto contestato al capo 3) della rubrica, riformando in tal senso la sentenza in data 28/03/2019 del G.u.p. del tribunale di Aosta.
Deducono:
COGNOME NOME.
1.1. Inosservanza di norma processuale in relazione all’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. e violazione di legge in relazione all’art. 346-bis cod. pen., in riferimento all’art. 2 cod. pen. e all’art. 25 della Costituzione.
Il ricorrente muove dalla sintesi della vicenda processuale così come articolatasi nei precedenti gradi di giudizio, soffermandosi nei contenuti della sentenza di annullamento della Corte di cassazione, con particolare riferimento alla prospettata possibilità di rinvenire gli elementi costitutivi del reato di traffico d influenze illecite di cui all’art. 346-bis cod. pen.
Rimarca, quindi, «come i temi oggetto del rinvio fossero tali da imporre prima un approfondimento sulla ipotesi corruttiva -così come riqualificata dalla Corte di appello sub art. 318 cod. pen.- sotto il profilo della sussistenza o meno di un nesso sinallagmatico, per poi vagliare la possibile riqualificazione nel reato di cui all’art. 346-bis cod. pen.”».
Lamenta, dunque, l’omessa motivazione circa il richiesto approfondimento sulla sussistenza di un nesso sinallagmatico, rileggendo i fatti e riqualificandoli ai sensi dell’art. 346-bis cod. pen., come finalizzati a una corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, così omettendo di uniformarsi ex art. 627, comma 3, cod. proc. pen. e alla questione di diritto già decisa con la sentenza di annullamento, con conseguente configurabilità del vizio di inosservanza di norma processuale.
In tale ambito il ricorrente lamenta altresì la violazione di legge, in punto di successione di leggi penali nel tempo, avendo riguardo al fatto che «l’art. 346-bis cod. pen. ha assunto la formulazione attuale solo nell’anno 2019 (Legge 9 gennaio 2019, n. 3) e, fino alla novella, non annoverava, tra le condotte penalmente rilevanti ai fini del traffico di influenze illecite, quelle prodromiche ad una corruzione ex art. 318 cod. pen.».
«Quindi -scrive la difesa- per potere assumere la sussistenza del reato di cui all’art. 346-bis cod. pen., andava necessariamente operata una previa ridefinizione della condotta corruttiva, in modo tale da individuare gli atti contrari ai doveri d’ufficio utili a sostenere che il traffico d’influenze illecite fosse finalizzato a u corruzione ex art. 319 cod. pen.».
Da qui si deduce l’omessa motivazione -tra l’altro- in relazione alla sussistenza di atti contrari ai doveri d’ufficio, rimarcando come, in mancanza di essi,
si deve addivenire all’assoluzione dell’imputato perché il fatto non era previsto da legge come reato.
1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualificazion dei fatti ai sensi dell’art. 346-bis cod. pen. sul presupposto della mancanz competenza funzionale in capo ad COGNOME rispetto alle condotte descritte nel capo 3.
Il secondo motivo sviluppa ulteriormente il tema della violazione dell’art. cod. pen., ritenendosi che la derubricazione nel reato di cui all’art. 346-bis cod. fosse preclusa anche in ragione della veste soggettiva dell’imputato COGNOME.
A tale proposito si assume che la Corte di appello, con motivazione illogica e contraddittoria, ha escluso che la riunificazione dei contratti di locazione di NOME non rientrasse nella competenza funzionale della Commissione Insediamenti dell’Area dell’RAGIONE_SOCIALE, di cui COGNOME era membro, in quanto dirigente di RAGIONE_SOCIALE
Violazione di legge in relazione agli artt. 318 e 346-bis cod. pen. inosservanza di norme processuale in relazione all’art. 627, comma 3, cod. proc. pen.; vizio di motivazione in relazione all’insussistenza del nesso sinallagmati necessario ai fini della ravvisabilità sia della corruzione che del traffico di infl illecite.
In questo caso il ricorrente denuncia l’omessa motivazione con riguardo al tema rimesso alla Corte di appello dalla sentenza di annullamento, così non colmando la lacuna argomentativa rilevata dai giudici della sentenza rescindente in relazione alla sussistenza del nesso sinallagmatico, che si assume necessario si per la configurabilità del reato di cui all’art. 318 cod. pen., sia per quello di cui 346-bis cod. pen..
Si illustrano, quindi, le ragioni della essenzialità di tale approfondimen anche in relazione alla configurabilità del reato di cui all’art. 346-bis cod. pen. conseguente elusione del principio di diritto fissato dalla Corte di cassazione con sentenza di annullamento e alla illogicità della motivazione resa dalla Corte appello sul punto.
Omessa motivazione con riguardo al dolo di cui all’art. 346-bis cod. pen.. Anche a tale riguardo si denuncia la violazione dei canoni indicati dalla sentenza di annullamento, in quanto per ritenere configurabile il dolo del reato traffico di influenze illecite era necessario verificare se il pagamento della fa emessa dall’artigiano COGNOME fosse finalizzato a remunerare l’esercizio del funzioni del pubblico ufficiale COGNOME (nella prospettiva dell’art. 318 cod. pe oppure a remunerare la mediazione illecita di COGNOME verso un pubblico ufficiale (nella prospettiva dell’art. 346-bis cod. pen.)
Aggiunge che i magistrati dell’appello non hanno dato risposta ai molteplici argomenti esposti dalla difesa a tale riguardo.
Argomenti che vengono illustrati.
COGNOME NOME.
2.1. Inosservanza di norma processuale e vizio di motivazione in relazione agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen. e all’art. 627 cod. proc. pen., per essere intervenuta condanna per un fatto diverso da quello contestato.
Dopo aver ripercorso la vicenda processuale, il ricorrente rimarca come nel capo d’imputazione sia contestato ad COGNOME di avere strumentalizzato la sua funzione pubblica in relazione a un autonomo patto corruttivo con COGNOME, mentre nel capo d’imputazione non si ha traccia dello sfruttamento o della vanteria di relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale.
Si rimarca come i due reati abbiano requisiti diametralmente opposti e inconciliabili, così che l’imputato si è trovato nell’impossibilità di difendersi dal diverso reato di cui all’art. 346-bis cod. pen., per il quale, dunque, occorreva restituire gli atti al pubblico ministero, ai sensi dell’art. 522 cod. proc. pen., per l’eventuale esercizio dell’azione penale per il diverso reato.
2.2. Violazione di legge in relazione all’art. 346-bis cod. pen. e vizio di motivazione per l’insussistenza dei requisiti richiesti per la sua configurabilità.
Il secondo motivo muove dalla già dedotta inconciliabilità tra i requisiti richiesti per la configurabilità del reato di cui all’art. 346-bis cod. pen. e del reato di cui all’art. 318 cod. pen.. In tal senso illustra gli elementi distintivi dell’una dell’altra ipotesi di reato, con particolare riguardo al fatto che nella corruzione l’atto compiuto dal pubblico ufficiale deve avere attinenza con le sue funzioni istituzionali, mentre nel traffico di influenze illecite -al contrario- l’intervento del pubblico ufficiale in esecuzione dell’accordo con il privato non deve comportare l’attivazione di poteri istituzionali del proprio ufficio o a esso ricollegabile, così che esso assume il ruolo di extraneus rispetto alla condotta di altro pubblico ufficiale.
Aggiunge che, nel traffico di influenze illecite, il privato e il pubblico ufficiale non entrano in contatto, se non il tramite del mediatore, giacché in caso di contatto diretto si avrebbe il reato di corruzione.
Rimarca che il traffico d’influenze illecite richiede anche il requisito della proporzione tra l’intermediazione e la retribuzione.
Osserva che, nel caso in esame, non sussistono i requisiti per la configurazione di tale reato.
A sostegno di tale ultimo assunto, illustra e compendia le emergenze processuali.
Omessa assunzione di prova decisiva, travisamento della prova e vizio di motivazione, con riferimento al contenuto dello scambio di messaggi whatsapp del
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21 novembre 2016 tra COGNOME e COGNOME con riferimento alla richiesta dei dati per la fattura di COGNOME.
Il motivo si rivolge alla parte in cui la Corte di appello afferma che COGNOME ha accettato di pagare almeno i soldi dei materiali, in ciò realizzando un travisamento del fatto, in quanto smentito dal dato letterale dei messaggi inviati tramite whatsapp, che viene illustrato e compendiato.
Violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. e vizio di omessa motivazione in relazione all’indicazione della sentenza di annullamento circa la sussistenza di un sinallagma tra retribuzione e vantaggio.
In questo caso si premette che la sentenza di annullamento della Corte di cassazione aveva demandato al giudice di rinvio il compito di verificare l’esistenza di una correlazione diretta tra il pagamento della fattura da parte di COGNOME e l’interessamento di COGNOME nella vicenda di RAGIONE_SOCIALE.
Deduce, quindi, la mancanza di motivazione sul punto; motivazione tanto più necessaria -assume il ricorrente- in ragione dei motivi che avevano condotto all’annullamento, ossia la sproporzione tra la retribuzione asseritamente corrisposta per COGNOME e il vantaggio conseguito da COGNOME e la sussistenza di un evidente interesse pubblico nell’atto compiuto dal pubblico ufficiale.
Anche la difesa di COGNOME sottolinea come tale accertamento fosse prodromico e necessario anche ai fini della configurazione del reato di traffico di influenze illecite.
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 133 cod. pen. e all’art. 346-bis, ultimo comma, cod. pen. per eccessività della pena e mancata applicazione dell’attenuante speciale di cui all’ultimo comma dell’art. 346-bis cod. pen.; omessa motivazione in relazione alla differenziazione del trattamento sanzionatorio tra i due imputati, con applicazione di una pena più severa nei confronti di COGNOME.
A tale riguardo il ricorrente rimarca come la condotta di COGNOME sia assolutamente tenue, il vantaggio economico conseguito irrisorio, il danno provocato è scarso, anche avendo riguardo all’atteggiamento psicologico di COGNOME.
Denuncia altresì il vizio di omessa motivazione in relazione alle ragioni per cui è stata inflitta una pensa più severa ad COGNOME rispetto a COGNOME.
CONSIDERATO IN FATTO
I ricorsi sono fondati nel senso di seguito specificato.
1.1. Risulta preliminare a ogni altra valutazione delibare la denuncia di violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. esposta da entrambi i ricorrenti.
A tale riguardo va rimarcato come la Corte di cassazione, con la sentenza di annullamento, avesse rilevato l’omessa motivazione quanto all’esistenza di un
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rapporto sinallagmatico tra l’utilità conseguita da COGNOME e il pagamento nel novembre del 2015 a opera del RAGIONE_SOCIALE, in favore di NOME dei lavori da questi realizzato nell’abitazione di COGNOME.
Rimetteva, quindi, alla Corte di appello di verificare la sussistenza di un tale rapporto sinallagmatico.
A fronte di ciò, la Corte di appello, riqualifica il fatto ai sensi dell’art. 346-bi cod. pen. (in luogo dell’originaria contestazione di corruzione) e ribadisce che l’utilità conseguita da COGNOME deve essere individuata nel pagamento di cui si è appena detto.
Nel fare ciò, però, la Corte di appello lascia del tutto irrisolto il quesito pure demandatogli dalla Corte di cassazione, non avendo nuovamente spiegato da quali elementi abbia tratto l’esistenza di un sinallagma tra detta utilità e l’interessamento di COGNOME in relazione alla concessione in locazione degli immobili di proprietà di RAGIONE_SOCIALE.
In tal guisa la sentenza rinnova il vizio di omessa motivazione su di un elemento già ritenuto decisivo da questa Corte e al contempo -e conseguentemente- incorre nella violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen..
A tale proposito, invero, va rimarcato come anche in relazione al reato di traffico di influenze illecite permane la necessità di verificare l’esistenza di un legame sinallagmatico tra quella utilità e l’intermediazione attuata o prospettata da COGNOME rispetto ad altro pubblico ufficiale, peraltro neanche indicato.
Tanto risalta come la Corte di appello sia incorsa sia nel vizio di omessa motivazione, sia -al contempo-, nella violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., non avendo evaso il compito demandatogli con la sentenza di annullamento.
Tanto importa l’annullamento della sentenza impugnata.
L’annullamento, tuttavia, va disposto senza rinvio, in quanto il reato è estinto per prescrizione.
Già la sentenza rescindente ha specificato che la data di commissione del fatto coincide con la data di conseguimento dell’utilità, individuata nel pagamento (il 3 dicembre 2015) da parte di COGNOME della fattura per i lavori eseguiti nell’abitazione di COGNOME.
Quindi, avendo riguardo a tale data, considerata la pena edittale comminata per il reato di cui all’art. 346-bis cod. pen. (quattro anni e sei mesi di reclusione), in applicazione degli artt. 157 e 161 cod. pen., considerando gli atti interruttivi, il tempo necessario alla prescrizione è pari ad anni sette e mesi sei, che vanno a scadere il 03/06/2023.
Da qui l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il reato è prescritto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 16/11/2023