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Traffico di influenze illecite: annullamento e prescrizione

La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio una sentenza di condanna per traffico di influenze illecite a carico di un imprenditore e di un dirigente pubblico. La decisione si fonda sul mancato rispetto, da parte della Corte d’Appello, delle indicazioni fornite in un precedente annullamento con rinvio, in particolare sulla necessità di dimostrare il ‘nesso sinallagmatico’ tra il vantaggio ottenuto dal dirigente (pagamento di lavori edili privati) e la sua presunta mediazione illecita. A causa di questo vizio di motivazione e del decorso del tempo, il reato è stato dichiarato estinto per prescrizione.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traffico di influenze illecite e nesso sinallagmatico: la Cassazione annulla per prescrizione

La corretta qualificazione di un fatto come reato e la prova di tutti i suoi elementi costitutivi sono pilastri fondamentali del diritto penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza di dimostrare il cosiddetto ‘nesso sinallagmatico’ nel reato di traffico di influenze illecite, annullando una condanna per un vizio di motivazione e dichiarando, infine, l’estinzione del reato per prescrizione.

Il caso: da corruzione a traffico di influenze

La vicenda processuale ha origine da un’accusa di corruzione (art. 318 c.p.) mossa nei confronti di un imprenditore e di un dirigente di una società a partecipazione pubblica. Secondo l’accusa, l’imprenditore avrebbe pagato i lavori di ristrutturazione eseguiti nell’abitazione del dirigente in cambio dell’interessamento di quest’ultimo per la concessione in locazione di alcuni immobili di proprietà della società.

Il percorso giudiziario è stato complesso. La Corte di Cassazione, in una precedente pronuncia, aveva annullato la sentenza di condanna, rinviando il caso alla Corte d’Appello con un compito preciso: verificare in modo approfondito l’esistenza di un rapporto di scambio diretto – il nesso sinallagmatico – tra il pagamento dei lavori e l’attività del dirigente pubblico. La Corte d’Appello, in sede di rinvio, ha riqualificato il fatto non più come corruzione, ma come traffico di influenze illecite (art. 346-bis c.p.), confermando tuttavia la responsabilità degli imputati.

La decisione della Cassazione sul traffico di influenze illecite

Investita nuovamente della questione, la Suprema Corte ha accolto i ricorsi degli imputati, annullando la sentenza impugnata, questa volta senza rinvio. La ragione principale risiede nel fatto che la Corte d’Appello non ha adempiuto al compito che le era stato assegnato.

I giudici di secondo grado, infatti, pur cambiando la qualificazione del reato, hanno omesso di spiegare in modo chiaro e convincente da quali elementi avessero tratto la prova dell’esistenza di un legame sinallagmatico tra l’utilità ricevuta dal dirigente (il pagamento dei lavori) e la sua presunta attività di mediazione illecita. Questa omissione è stata considerata un vizio di motivazione decisivo e una violazione delle direttive impartite dalla Cassazione nella precedente sentenza (violazione dell’art. 627, comma 3, c.p.p.).

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha sottolineato che la necessità di accertare un legame di corrispettività tra il vantaggio e l’intermediazione illecita è un requisito fondamentale anche per configurare il reato di traffico di influenze illecite. Non è sufficiente che un pubblico ufficiale riceva un’utilità e si interessi a una pratica; è indispensabile dimostrare che l’utilità sia stata data e ricevuta proprio come prezzo di quella specifica mediazione.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha rinnovato lo stesso vizio di motivazione che aveva portato al primo annullamento, non riuscendo a colmare la lacuna argomentativa. Di fronte a questa persistente mancanza di prova sul nesso causale, la condanna non poteva reggere.

Le conclusioni

L’esito finale del processo è stato l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il reato è stato dichiarato estinto per prescrizione. La Corte ha calcolato il tempo necessario per la prescrizione partendo dalla data di commissione del fatto (identificata nel pagamento della fattura, il 3 dicembre 2015). Considerando la pena prevista per il traffico di influenze illecite e le interruzioni, il termine massimo è scaduto il 3 giugno 2023. Poiché il reato era ormai estinto, un nuovo processo di merito sarebbe stato inutile. Questa sentenza evidenzia come un vizio procedurale e una motivazione carente possano portare all’estinzione del reato, impedendo un accertamento definitivo della responsabilità penale.

Per quale motivo la sentenza della Corte d’Appello è stata annullata?
La sentenza è stata annullata perché la Corte d’Appello non ha rispettato le indicazioni della Corte di Cassazione fornite in una precedente sentenza di annullamento con rinvio. In particolare, ha omesso di motivare adeguatamente l’esistenza di un ‘nesso sinallagmatico’, ovvero di un rapporto di scambio diretto, tra il vantaggio ricevuto da un imputato e la sua presunta mediazione illecita.

Perché il processo si è concluso con la prescrizione del reato?
Il processo si è concluso con la prescrizione perché, dopo l’annullamento della sentenza, si è constatato che era trascorso il tempo massimo previsto dalla legge (sette anni e sei mesi dalla commissione del fatto) per poter perseguire penalmente il reato di traffico di influenze illecite. Di conseguenza, il reato è stato dichiarato estinto.

Qual è la differenza fondamentale tra il reato di corruzione e quello di traffico di influenze illecite evidenziata nel caso?
Sebbene non esplicitata in dettaglio, la sentenza distingue i due reati. Nella corruzione (art. 318 c.p.), il pubblico ufficiale riceve un compenso per un atto del suo ufficio. Nel traffico di influenze illecite (art. 346-bis c.p.), un soggetto (mediatore, che può essere anche un pubblico ufficiale) si fa pagare per usare la sua influenza su un altro pubblico ufficiale. In entrambi i casi, la sentenza sottolinea la necessità di provare un nesso di scambio tra il compenso e l’attività illecita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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