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Traffico di influenze: Cassazione chiarisce i confini

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11714/2024, ha rigettato i ricorsi di un imprenditore e di un ex amministratore locale, confermando la loro responsabilità per il reato di traffico di influenze illecite. Sebbene il reato sia stato dichiarato prescritto in appello, la Suprema Corte ha confermato la sostanza del fatto, distinguendolo nettamente dalla corruzione (il denaro è per il mediatore, non per il pubblico ufficiale) e dalla truffa (le relazioni con i pubblici ufficiali erano reali, non millantate). La sentenza chiarisce anche la piena utilizzabilità delle intercettazioni disposte per il reato di corruzione, anche a seguito della successiva riqualificazione giuridica del fatto.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traffico di influenze: la Cassazione traccia i confini con corruzione e truffa

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 11714 del 2024, offre un’importante lezione sulla qualificazione giuridica del traffico di influenze illecite, un reato spesso al confine con altre figure criminose come la corruzione e la truffa. Il caso in esame, riguardante la promessa di una tangente per l’aggiudicazione di un appalto pubblico, permette di analizzare gli elementi distintivi di questa fattispecie e le sue implicazioni processuali, come l’utilizzabilità delle intercettazioni.

I Fatti del Caso: una promessa per un appalto pubblico

La vicenda giudiziaria ha origine dall’accordo tra un imprenditore e un ex amministratore locale, figura nota per le sue consolidate relazioni all’interno dell’amministrazione comunale. L’imprenditore prometteva una cospicua somma di denaro, pari a 100.000 euro, all’ex amministratore affinché quest’ultimo sfruttasse la sua influenza su sindaco e funzionari comunali per garantirgli l’aggiudicazione di un appalto relativo a un progetto di social housing.

L’accusa iniziale era di corruzione, ma il Tribunale di primo grado ha riqualificato il fatto come traffico di influenze illecite, condannando entrambi gli imputati. La Corte d’Appello, pur confermando la sussistenza del fatto-reato e le statuizioni civili a favore del Comune (costituitosi parte civile), ha dichiarato il reato estinto per intervenuta prescrizione. Gli imputati hanno quindi proposto ricorso in Cassazione, chiedendo un’assoluzione nel merito.

Le Motivazioni della Cassazione sul traffico di influenze

La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi, ritenendoli infondati e cogliendo l’occasione per ribadire principi fondamentali in materia. L’analisi della Corte si è concentrata su alcuni punti nevralgici sollevati dalle difese.

La distinzione tra Corruzione e Traffico di Influenze

Il punto centrale della decisione è la netta differenziazione tra le due fattispecie. La Cassazione chiarisce che nel traffico di influenze, il denaro o l’utilità promessa è il prezzo della mediazione illecita del privato verso il pubblico ufficiale. Il mediatore riceve il compenso per sé, per il suo ‘lavoro’ di influenza. Nella corruzione, invece, il denaro è destinato, almeno in parte, a remunerare direttamente il pubblico ufficiale per il compimento di un atto contrario ai suoi doveri.
Nel caso di specie, il Tribunale aveva accertato che la somma promessa era destinata a compensare l’ex amministratore per la sua opera di mediazione, non per essere trasferita ai pubblici ufficiali. Questa connotazione causale del prezzo è l’elemento strutturale che ha giustificato la derubricazione del reato.

L’utilizzabilità delle intercettazioni

Una delle doglianze principali riguardava l’uso di intercettazioni disposte per il reato di corruzione in un procedimento poi conclusosi con una condanna per traffico di influenze, reato per il quale, secondo la difesa, le intercettazioni non sarebbero ammesse. La Corte ha respinto fermamente questa tesi, affermando un principio consolidato: se il fatto storico oggetto di indagine rimane il medesimo, la successiva e diversa qualificazione giuridica non rende inutilizzabili le prove legittimamente acquisite. L’autorizzazione era legittima e la modifica dell’addebito è derivata dalla naturale evoluzione del procedimento, senza alcuna elusione delle norme.

La differenza con la Truffa e il Millantato Credito

Le difese avevano anche tentato di inquadrare la condotta nella truffa o, in subordine, nel vecchio reato di millantato credito (vigente all’epoca dei fatti, 2014, e poi confluito in parte nel nuovo traffico di influenze). La Cassazione ha escluso entrambe le ipotesi. La truffa richiede raggiri e artifici basati su un ‘pretesto’, ovvero l’affermazione menzognera di dover corrompere un pubblico ufficiale. Nel caso in esame, invece, le relazioni dell’ex amministratore con i funzionari comunali erano reali ed effettive, così come la sua capacità di influenzare l’attività amministrativa. Questa esistenza effettiva di relazioni esclude il ‘pretesto’ e, di conseguenza, la configurabilità della truffa.

La richiesta di Messa alla Prova

Infine, è stata respinta la richiesta di accedere alla messa alla prova, formulata in appello dopo la derubricazione. La Corte ha sottolineato che, a fronte di una declaratoria di prescrizione in appello, non è possibile chiedere in Cassazione una regressione del procedimento per accedere a un rito alternativo. Ciò avrebbe richiesto una rinuncia espressa alla prescrizione, che non può essere effettuata in sede di legittimità.

Conclusioni

La sentenza in commento rappresenta un importante vademecum per distinguere il traffico di influenze illecite da altre figure criminose. La Corte di Cassazione ribadisce che l’elemento qualificante del reato risiede nella remunerazione della mediazione illecita, fondata su relazioni esistenti con il pubblico potere. Questa pronuncia consolida l’orientamento giurisprudenziale e fornisce criteri chiari per l’applicazione di una norma fondamentale nel contrasto ai fenomeni di malaffare che minano la trasparenza e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione. Inoltre, conferma la piena legittimità dell’utilizzo di prove come le intercettazioni anche quando l’inquadramento giuridico del fatto si evolve nel corso del processo.

Qual è la differenza principale tra corruzione e traffico di influenze illecite secondo la Corte?
La differenza fondamentale risiede nella destinazione del denaro o dell’utilità. Nel traffico di influenze, il compenso remunera esclusivamente l’opera di mediazione di chi sfrutta le proprie relazioni, mentre nella corruzione il denaro è destinato, in tutto o in parte, a pagare il pubblico ufficiale per un atto contrario ai suoi doveri.

Le intercettazioni disposte per un reato (corruzione) possono essere usate se il fatto viene poi qualificato come un reato diverso (traffico di influenze)?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che se il fatto storico-reato per cui è stata concessa l’autorizzazione alle intercettazioni è lo stesso, una sua diversa qualificazione giuridica successiva non rende inutilizzabili le captazioni. L’utilizzabilità dipende dalla legittimità dell’autorizzazione iniziale e non è inficiata dalla successiva derubricazione.

Perché la condotta non è stata considerata una truffa?
La condotta non è stata qualificata come truffa perché mancava l’elemento del ‘pretesto’. La truffa in questo contesto si configura quando un soggetto si fa dare del denaro millantando, con raggiri, di dover corrompere un pubblico ufficiale. Nel caso di specie, invece, le relazioni del mediatore con i pubblici ufficiali erano reali ed effettive, e non un mero pretesto per ingannare l’imprenditore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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