Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26791 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26791 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
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avverso la sentenza del 27/05/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME, del foro di Firenze, in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME, in difesa di NOME COGNOME e NOME COGNOME. Il difensore illustra i motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento, depositando nomina ex art 102 c.p.p.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 27.5.2022 la Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza con cui il Gip del Tribunale di Firenze, all’esito di rit abbreviato, con sentenza del 9.1.2020 aveva ritenuto NOME e NOME colpevoli del reato loro ascritto al capo 2g) dell’imputazione (artt. 73 e 80 d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309) e li aveva condannati alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione ed Euro 24.000,00 di multa, concesse invece ad entrambi le circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato la pena inflitta a ciascuno di detti imputati in quella di anni tre e mesi quattro di reclusione ed Euro 14.000 di multa.
2.11 fatto loro ascritto, come ricostruito dalle sentenze di merito e collocato nell’ambito di una più vasta indagine, è quello di aver ricevuto e detenuto a fini di spaccio Kg. 5,650 di cocaina destinati al mercato toscano e sequestrati a NOME COGNOME il quale veniva arrestato e giudicato separatamente.
Il giudice di primo grado ha ritenuto la responsabilità degli odierni imputati sulla base degli sms e delle telefonate intercettate per avere gli stessi importato (anzi usa il termine “commerciato”) la sostanza sequestrata al COGNOME; il NOME anzi si stava recando dal COGNOME proprio quando lo stesso è stato fermato ad un indirizzo peraltro fornito dall’COGNOME, ricostruendosi come al corriere fosse dovuta la somma di Euro 5000,00 (si parla di canone di locazione). Ha escluso altresì l’aggravante dell’ingente quantità e quella della transnazionalità.
La sentenza d’appello ha sostanzialmente confermato l’impianto motivatorio della sentenza di primo grado.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, con un unico atto NOME COGNOME e NOME COGNOME articolando cinque motivi di ricorso.
Con il primo motivo si Si deduce la nullità della sentenza ai sensi degli artt. 521 e 522 cod.proc.pen. (ex art. 606 comma 1, lett. c) cod.proc.pen.) per mancanza di correlazione tra contestazione e condanna con riferimento alla ritenuta responsabilità degli imputati in relazione ad una differente condotta concorsuale. Si rileva che il Gip, all’esito del giudizio di primo grado, aveva compendiato il titolo di responsabilità nei confronti di entrambi gli imputati in quello acquirenti dello stupefacente mentre la Corte d’appello di Firenze ha ricondotto il loro ruolo a quello di intermediari, trattandosi di condotte tra loro incompatibil dal momento che l’acquisto implica una diversa materialità del fatto anche e soprattutto per il diverso accordo a monte.
Con il secondo motivo si deduce la manifesta illogicità della motivazione, anche per travisamento dei dati probatori e per mancata risposta a questioni specificamente devolute con l’atto di appello (ai sensi dell’art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen.), con riferimento al ritenuto ruolo di “meri detentori” degli odierni imputati, alla destinazione della somma di euro 5000,00 al Baha e più in generale alla ritenuta responsabilità concorsuale degli imputati per il fatto di cui al capo 2g).
Si contesta la ricostruzione fornita dalla Corte d’appello in ordine alla causale della somma di euro 5000 consegnata al NOME che sarebbe stato il corrispettivo per la sua attività di corriere. Il COGNOME era stato identificato come “padrone di casa” e l’COGNOME aveva rivolto al fratello NOME l’invito a pagare l’affitto il gio settembre, mentre il presunto corriere sarebbe arrivato a Firenze/Impruneta il giorno dopo.
Inoltre costituisce un’illazione il far coincidere il NOME con il c.d. “padrone casa” destinatario della somma di denaro anche per l’assenza di un qualsiasi dato probatorio in ordine al numero con cui il “padrone di casa” avrebbe dovuto effettuare la chiamata.
Inoltre nei brogliacci del 2.9.2011 vi sarebbero altre conversazioni e telefonate precedenti a quella avuta da NOME COGNOME COGNOME che postulano un già avvenuto contatto telefonico con il possibile destinatario della somma prima ancora del prelievo del denaro.
Ed ancora non regge la motivazione resa con riguardo al contenuto di un sms inviato da NOME al fratello NOME la sera del 4.9.2011 che invece semplicemente evidenzia una richiesta di chiarimento circa la somma trasferita.
Pertanto non risulta scalfita dalle risultanze istruttorie la tesi difensiva second cui l’incontro tra NOME e NOME prescindesse dallo scambio denaro/stupefacente e fosse invece finalizzato a dare accoglienza anche logistica a chi é poi risultato inserito in traffici illeciti, evenienza che non consente affermare la penale responsabilità degli odierni imputati.
Inoltre si contesta l’interpretazione offerta dalla Corte di merito all’invito riv dall’COGNOME al fratello di “dire la verità”.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce l’erronea applicazione della legge penale (ex art. 606 comma 1, lett. b) cod.proc.pen.) e comunque la manifesta illogicità della motivazione (ex art. 606 lett. e) cod.proc.pen.) con riferimento all’esclusione della configurabilità della fattispecie solo tentata ai sensi dell’a 56 cod.pen.
Si censura la sentenza impugnata laddove ha escluso la possibilità di ravvisare nella fattispecie un’ipotesi di reato tentato, atteso che l’assunto secondo cui
l’accordo si era già perfezionato non trova riscontro in alcun elemento di prova che attesti l’esistenza e tantomeno i termini dell’accordo.
Si rileva peraltro che solo le parti della transazione possono rispondere di un’ipotesi consumata di acquisto/cessione di stupefacente mentre per coloro che non hanno consolidato la detenzione temporanea la sola ipotesi plausibile é quella del tentativo anche solo di favoreggiamento reale.
Con il quarto motivo si deduce l’erronea applicazione della legge penale (ex art. 606 comma 1, lett. b) cod.proc.pen.) e comunque la manifesta illogicità della motivazione (ex art. 606 lett. e) cod.proc.pen.) con riferimento alla mancata qualificazione della fattispecie ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.p.r. n. 309 de 1990.
Si osserva che una diversa connotazione della fattispecie deriva dalla diversa qualificazione della condotta dei due ricorrenti da acquirenti ad intermediari operata dalla Corte d’appello.
D’altra parte la stessa fattispecie può essere ascritta ai c:oncorrenti a titol diverso.
Peraltro la mancata ricostruzione dei termini dell’accordo non impedisce di ritenere che non tutti i panetti sequestrati fossero destinati agli odierni imputat e ciò anche alla luce della svalutazione qualitativa dello stupefacente.
Con il quinto motivo si deduce l’erronea applicazione della legge penale (ex art. 606 comma 1, lett. b) cod.proc.pen.) con riferimento al manc:ato riconoscimento dell’attenuante della minima partecipazione ex art. 114 cod.proc.pen.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi sono manifestamente infondati per le ragioni c:he si andranno di seguito ad esaminare.
Il primo motivo é manifestamente infondato.
Va premesso che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di correlazione tra accusa e sentenza, la non corrispondenza tra il fatto contestato e quello che emerge dalla sentenza rileva solo allorchè si verifichi una trasformazione o sostituzione delle condizioni che rappresentano gli elementi costitutivi dell’addebito, e non già quando il mutamento riguardi profili marginali, non essenziali per l’integrazione del reato e sui quali l’imputato abbia avuto modo di difendersi nel corso del processo (Sez. 2, n. 17565 de/ 15/03/2017, Rv. 269569).
Ebbene, nel caso di specie, non ricorre una modifica del fatto come contestato, in quanto sin dalla sentenza di primo grado risulta che gli odierni imputati ricevevano la sostanza dal corriere NOME Bashkinn per poi a loro volta cederla sul mercato
2. Il secondo motivo é inammissibile.
Ed invero la censura sotto l’egida del vizio motivatorio si traduce nella contestazione della ricostruzione dei fatti come operata dalla Corte di merito e della valenza probatoria riconosciuta ai singoli elementi su cui ‘detta ricostruzione si basa, come tale non consentita in sede di legittimità.
Di contro la sentenza impugnata, a supportare la sussistenza del reato contestato agli odierni imputati di importazione di stupefacente da destinare al mercato toscano, ha delineato, con motivazione logica e puntuale il compendio probatorio costituito dai febbrili contatti intercorsi tra i due fratelli, già a p dall’I. settembre 2011, in attesa dell’arrivo di una terza persona identificata poi in NOME NOME che é colui con cui il NOME si deve incontrare. La mattina del 3 settembre 2011 sull’utenza in uso al NOME NOME una chiamata proveniente dal NOME per accordarsi su luogo ed orario dell’appuntamento ed é proprio in base alle indicazioni fornite che le forze dell’ordineirecatAi sul luogo, rintracciat NOME COGNOME in attesa e sottopostolo a controllo, lo trovano in possesso di Kg. 5,560 di cocaina suddivisa in panetti.
I contatti ,kd s ~ tra i due fratelli proseguono anche dopo l’arresto del NOME manifestando preoccupazione per quanto avvenuto ed, in particolare / per le telefonate intercorse con colui che all’evidenza risulta come il corriere dello stupefacente ed accordandosi per dire la verità laddove chiaramente il riferimento é ad una versione concordata dei fatti.
A tale ricostruzione dei fatti si collega altresì l’invio da parte dell’COGNOME attraver circuito MoneyGram della somma di Euro 5000 in due tranche da Euro 2500,00 a nome di NOME (NOME) e NOME NOMENOME NOME) necessarie al pagamento del c.d3affittd i tfacendosi altresì riferimento ad un “padrone di casa”, laddove la Corte di merito ha ritenuto che si trattasse del corrispettivo dovuto al corriere, risultando per converso priva di fondamento, come evidenziato dalla Corte di merito una ricostruzione alternativa della vicenda.
3. Il terzo motivo di ricorso é inammissibile.
Ed invero la doglianza é reiterativa di analoga censura proposta con l’atto di appello cui la Corte territoriale ha adeguatamente risposto ponendo in rilievo come dalle risultanze istruttorie e segnatamente dai contatti intercorsi tra i protagonisti della vicenda é emerso pacificamente che non si era in fase di trattativa bensì in fase di esecuzione di un accordo che già era stato concluso ed avente ad oggetto l’acquisto ed il trasporto dello stupefacente in cui veniva in rilievo la consegna dello stupefacente ed il pagamento del corriere di talché non era configurabile la prospettata ipotesi difensiva che si trattasse di una fattispecie tentata
Il quarto motivo di ricorso é manifestamente infondato.
Ed invero la Corte territoriale ha correttamente negato la clerubricazione nella fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.p.r. n. 309 del 1990 in ragione della significativa quantità della sostanza sequestrata nonché in ragione dei mezzi e delle modalità dell’azione (quali il coinvolgimento di più persone, l’uso di autovettura e telefoni) che connotano il fatto di particolare gravità.
Il quinto motivo di ricorso é inammissibile perché attiene a profilo non dedotto nei motivi di appello.
In conclusione i ricorsi manifestamente infondati vanno dichiarati inammissibili. La declaratoria di inammissibilità dei ricorsi comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché non sussistendo ragioni di esonero (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) – della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12.4.2024