Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1768 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1768 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Corigliano Calabro il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/06/2023 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro ha respinto l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 2 maggio 2023 con la quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro aveva applicato al ricorrente la misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico in relazione ai capi 13) e 14) dell’ordinanza impositiva relativi al reato di cui all’articolo 7
comma 1-bis, d.P.R. 309 del 1990. Sono oggetto di contestazione l’acquisto di una partita di droga tipo cocaina, operazione consumata in epoca antecedente al 28 novembre 2020, e altra condotta di acquisto, accertata il 28 novembre 2020, in occasione dell’arresto di NOME COGNOME, incaricato della consegna della droga, costituita da una partita di cocaina del peso di 193 gr.
NOME COGNOME chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata e, con unico e composito motivo di ricorso, sintetizzato ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato e delle esigenze cautelari, concrete e attuali, idonee a giustificare l’applicazione della misura. Sotto il primo profilo, rileva ch analogamente all’ordinanza applicativa della misura cautelare, lacunosa quanto all’esame dei gravi indizi di colpevolezza, l’ordinanza impugnata è inficiata dai medesimi vizi che concernono sia la individuazione del ricorrente, quale autore delle conversazioni addebitategli sia la valorizzazione del linguaggio utilizzato durante le conversazioni stesse e ritenuto, perché criptico, significativo della sua riferibilità a scambi di droga. Parimenti, in mancanza di episodi di spaccio addebitabili all’indagato, non sussiste la prova della destinazione alla cessione dello stupefacente piuttosto che al consumo personale o all’uso di gruppo. Quanto alle esigenze cautelari, l’ordinanza impugnata non ha adeguatamente valutato la risalenza nel tempo dei fatti (riferibili all’anno 2020) e il coinvolgimento de ricorrente in appena due operazioni.
Il ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 137 del 28 ottobre 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176 del 18 dicembre 2020, la cui disciplina continua ad applicarsi per effetto della proroga da ultimo disposta dall’art. 17 del di. 22 giugno 2023 n. 75.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi generici e manifestamente infondati.
2.11 Tribunale del riesame ha ritenuto che il ricorrente, attraverso il padre NOME che ne dirigeva e coordinava le attività, era vicino all’associazione facente capo a NOME COGNOME e NOME COGNOME, individuati quali referenti della ndrina COGNOME–COGNOME, capace di intavolare trattative per l’importazione di importanti partite di cocaina sia dal Sudamerica che, come è
capitato proprio nella vicenda in esame, dalla Germania, e, in particolare, dalla città di NOMEforte sul Meno attraverso i fratelli COGNOME, coadiuvati da NOME COGNOME e da NOME COGNOME, mediatore dell’operazione del 28 novembre 2020 e garante dell’adempimento del debito contratto dal RAGIONE_SOCIALE in relazione alla precedente consegna.
Nell’ordinanza impugnata si dà atto che l’odierno ricorrente era sottoposto ad intercettazioni telefoniche sull’utenza che aveva poi sostituito nel corso delle indagini e a indagini tecniche, attraverso la collocazione di un apparecchio di positioning sull’automobile a lui in uso. I Carabinieri avevano proceduto, in data 8 ottobre 2020, anche a operazioni di osservazione diretta per accertare un incontro del ricorrente con i suoi referenti, incontro poi fallito essendosi accorto della presenza dei militari.
Il Tribunale ha esaminato il contenuto delle conversazioni intercettate ed ha ritenuto accertato che NOME COGNOME fosse stato destinatario della consegna di una partita di cocaina, avvenuta nel mese di ottobre nonché della consegna della droga sequestrata il 28 novembre 2020 a NOME COGNOME, trovato in possesso di 193 grammi di cocaina; ha illustrato il contenuto criptico delle conversazioni intercorse con NOME COGNOME, mediatore delle operazioni, e, soprattutto, le conversazioni del 26 e 27 novembre 2020, ritenute significative perché denotavano le sollecitazioni del ricorrente all’COGNOME e il suo malcontento rispetto al ritardo nell’arrivo del COGNOME.
L’ordinanza impugnata ha ricostruito, da un lato, la sequenza delle conversazioni intercorse tra NOME COGNOME e il padre, che gli sollecitava di contattare l’COGNOME e, dall’altro, i tentativi di questi, su insistenza del ricorren di contattare NOME COGNOME che, quando raggiunto, rassicurava l’COGNOME sul suo arrivo imminente con notizie che venivano prontamente girate all’indagato.
3.E’ di tutta evidenza che i motivi di ricorso non si confrontano con le argomentazioni del Tribunale che, sulla base di una puntuale disamina del contenuto delle conversazioni intercettate, della loro sequenza e concatenazione ha ritenuto accertate sia l’identificazione del COGNOME, quale destinatario della consegna della partita di cocaina caduta in sequestro il 28 novembre 2020, sia la precedente consegna, di cui non era stato saldato il prezzo di acquisto e il cui pagamento veniva sollecitato dal COGNOME.
Effettivamente il ricorrente non è stato in diretto contatto con COGNOME NOME, ma l’ordinanza impugnata ne ha descritto e analizzato i contatti telefonici intrattenuti con NOME COGNOME, il mediatore dell’operazione che, trovandosi in Germania, il 2 ottobre 2020 lo aveva informato della richiesta di quell’amico di saldare una vecchia fattura e il successivo tentativo di incontro (dell’8 ottobre
2020), con COGNOME e NOME COGNOME, documentato dai contatti telefonici e dai risultati del tracciamento GPS coordinati con quelli del servizio di osservazione allestito nei pressi della macelleria del COGNOME, incontro fallito perché il COGNOME si avvedeva della presenza dei Carabinieri e allertava l’COGNOME.
Si tratta di risultanze che corroborano univocamente la identificazione del ricorrente e che, secondo le corrette inferenze dell’ordinanza impugnata, si saldano, componendo un quadro gravemente indiziario, con il contenuto delle conversazioni intercettate sull’utenza in uso all’indagato a partire dal 26 novembre 2020 dalle quali emerge l’impazienza del ricorrente nell’attesa dell’arrivo del COGNOME fino a quando l’COGNOME, alle insistenze del COGNOME, gli aveva letto, per rassicurarlo sull’arrivo del fornitore, il messaggio che aveva ricevuto dal COGNOME in merito al saldo delle sue spettanze (3960 euro), con la promessa che l’indomani avrebbe portato “i 200”.
L’epilogo della vicenda è noto poiché gli inquirenti avevano intercettato l’arrivo di NOME COGNOME, traendolo in arresto, circostanza non conosciuta al ricorrente che, nel giorno fissato per l’appuntamento, esprimeva all’COGNOME tutto il suo malcontento interrogandosi sulle ragioni del mancato arrivo del COGNOME addebitandolo alla inadeguatezza di questi.
4.Ritiene la Corte che le conclusioni innanzi sintetizzate sono state apprezzate, senza cadute logiche, dal Tribunale del riesame per escludere la sussunzione del fatto nell’ipotesi di detenzione ai fini del consumo personale ovvero in quella di consumo di gruppo poiché, pur essendo provato il consumo di droga da parte del COGNOME (che questi aveva contabilizzato con il padre nel corso della conversazione descritta a pag. 9 dell’ordinanza impugnata), la tipologia e quantità dello stupefacente e modalità dei fatti, concretizzatosi in una importazione attraverso un canale di rifornimento estero, erano incompatibili con la destinazione a uso personale o al cd. acquisto per uso di gruppo e, pertanto, sussumibili nel reato di cui all’art. 73, comma 1-bis, d.P.R. cit.
L’acquisto comune, che implica la irrilevanza del fatto, presuppone, infatti la ricorrenza di condizioni, nel caso tutte e ciascuna, insussistenti quali la prova della parziale coincidenza soggettiva parziale tra acquirente e assuntore dello stupefacente; la certezza sin dall’origine dell’identità dei componenti il gruppo; la condivisa volontà di procurarsi la sostanza destinata al paritario consumo personale; l’intesa raggiunta in ordine al luogo e ai tempi del consumo; l’immediatezza degli effetti dell’acquisizione in capo agli interessati senza passaggi intermedi (Sez. 4, n. 6782 del 23/01/2014, COGNOME, Rv. 259285).
Viceversa, il dato quantitativo e il collegamento delle operazioni di rifornimento con operazioni di smercio confermano la qualificazione nella
fattispecie di cui all’art. 73, comma 1-bis, d.P.R. 309/1990: dalla conversazione del ricorrente con NOME COGNOME emergono, infatti, oltre al consumo personale del COGNOME, anche le cessioni che questi aveva puntualmente riferito al padre, indicandogli il nominativo dei cessionari.
5.Quanto alle esigenze cautelari il Tribunale ha evidenziato che il modus operandi e la spregiudicatezza dell’indagato, in una ai suoi precedenti penali, conclamano il pericolo di reiterazione palesato dalle peculiari modalità organizzative del fatto che ne escludono la occasionalità e che rendono concreto il pericolo che l’indagato allestisca la consumazione di ulteriori reati forte dei suoi collegamenti con ambienti criminali dediti al traffico di stupefacenti. Inadeguate misure meno afflittive, la misura degli arresti domiciliari appare idonea a realizzare il pericolo di reiterazione impedendo ulteriori contatti con il circuito del traffico con i referenti, a valle, dediti allo spaccio.
Le conclusioni del Tribunale sono ineccepibili e bilanciano, in sede di scelta della misura da applicare, la necessità di prevenzione del pericolo di reiterazione con gli elementi che la difesa ha allegato a sostegno della insussistenza delle esigenze quali la risalenza del fatto e il numero di operazioni nelle quali l’indagato è stato coinvolto che, tuttavia, non elidono il pericolo.
Sono logiche le argomentazioni con le quali il Tribunale ha valorizzato la dedizione dell’indagato àa commissione di reati in materia di stupefacenti sottolineando la consistenza delle operazioni e il ricorso a modalità particolari, quali quelle che hanno comportato il contatto con il COGNOME, operante all’estero; le astute, anche se infruttuose, modalità operative (il cambio di apparecchio telefonico); il rapporto con il padre, suo referente in ciascuna operazione o movimento connesso, riconducibile al ruolo del genitore nel contesto della ndrina COGNOME-Abbruzzese risultata saldamente operativa anche all’estero, come dimostrato proprio dai fatti per cui si procede perché, in entrambi i casi, la droga era stata procurata sulla piazza estera.
Né manifestamente illogica o altrimenti viziata è la motivazione sulla scelta della misura degli arresti domiciliari che il Tribunale ha fondato sulla esigenza di bilanciare le esigenze cautelari con una misura in grado di assicurare il drastico allontanamento dal circuito di spaccio, finalità che, viceversa, misure meno gravi non avrebbero potuto assicurare,
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. I ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 21 dicembre 2023
Il Consigliere este ore
Il Presidente