Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36954 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36954 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a CERNUSCO SUL NAVIGLIO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ANDRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/10/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
uditi il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, il quale, riportandosi alle conclusioni scritte già rassegnate, ha chiesto il rigetto dei ricorsi; l’AVV_NOTAIO del foro di Milano per COGNOME NOME, la quale si è riportata ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento; e l’AVV_NOTAIO del foro di Roma per COGNOME NOME, il quale si è riportato ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’appello di Milano ha confermato, nei confronti di COGNOME NOME NOME COGNOME NOMENOME la sentenza con la quale il Tribunale cittadino aveva condannato entrambi, rispettivamente, ad anni cinque di reclusione ed euro 28.000,00 di multa eknni quattro di reclusione ed euro 20.000,00 di multa per il reato di cui al capo 2) della imputazione (artt. 110 cod. pen. e 73 e 80 cpv. d.P.R. n. 309/1990, in Cassano d’Adda e Gragnano Trebbiese il 07/05/2014).
arrivare anche il NOME, intrattenutosi con il pilota COGNOME (soggetto condannato per il medesimo reato in questo procedimento). Gli operanti procedevano, quindi, al controllo del mezzo, a bordo del quale si trovava il citato COGNOME, sequestrando Kg. 190 di marijuana contenuta nei citati borsoni. Il tracciamento GPS consentiva di appurare che il furgone era transitato a bordo dell’avio superficie controllata, sulla quale i due piloti erano atterrati e avevano scaricato borsoni analoghi per dimensioni a quelli poi sequestrati al COGNOME. Dopo lo scarico era stato notato anche NOME, mentre parlava con il pilota COGNOME, con il quale veniva poi controllato presso una vicina barriera autostradale. L’identità dei borsoni era stata attestata dagli operanti che avevano seguito la scena con il teleobiettivo, ma anche confermata dal dialogo del giorno 08/04/2014, ritenuto di fondamentale importanza per interpretare tutta la vicenda, nel corso del quale si era fatto riferimento a traffici illeciti, “paralleli” rispe al lavoro di pilota. A conferma di tale quadro probatorio, poi, i giudici valorizzavano anche la circostanza che presso l’avio superficie, il giorno del trasbordo, era arrivato un furgone della famiglia COGNOME, già utilizzato per un precedente trasporto di droga in data 08/11/2013.
Sulla scorta di tali elementi, il primo giudice rilevava che COGNOME era stato osservato insieme ai due piloti subito dopo lo scarico della droga; si era allontanato con uno dei due e aveva discusso con COGNOME del business parallelo, più redditizio del normale lavoro di pilota; in altro dialogo (del 02/07/2014), conversando con COGNOME, aveva fatto riferimento a un viaggio aereo, commissionato da un non meglio identificato “commercialista”. E, alla luce di ciò, non aveva ritenuto credibile la spiegazione alternativa circa la presenza dei borsoni (riempiti, cioè, a dire del COGNOME, con roba della madre da destinare in discarica per effettuare un volo dimostrativo).
Quanto a COGNOME, invece, il primo giudice ne aveva ritenuto il CI zL COGNOME ·14 concorso nell’illecito Jj COGNOME della sua partecipazione al volo e allo scarico della merce, ritenendo non credibile che i correi ammettessero la presenza sul velivolo di un soggetto inconsapevole che, in maniera altrettanto poco credibile, avrebbe accettato un’operazione così rischiosa, come caricare sul mezzo kg. 200 di materiale, senza chiedere conto del relativo contenuto, avendo ritenuto inattendibile la spiegazione difensiva a mente della quale il teste COGNOME si sarebbe incontrato con COGNOME per visionare un velivolo in vendita, di tale accordo difettando prova certa, avendo la difesa allegato solo un accordo di locazione in scrittura privata, senza data certa.
3. La Corte d’appello, rispondendo ai motivi di gravame, ha intanto disatteso quello, con il quale la difesa COGNOME aveva rilevato la incompetenza territoriale del Tribunale di Milano: secondo i giudici territoriali, doveva ritenersi dimostrato che l’azione delittuosa era incominciata a Cassano d’Adda, quello essendo stato il luogo nel quale si era perfezionato l’acquisto della droga; la successiva condotta di trasporto era indifferente, in Cassano d’Adda trovandosi, peraltro, il centro degli affari degli albanesi, oggetto dell’indagine dalla quale aveva preso le mosse la presente; tale ricostruzione era corroborata dal precedente episodio, non contestato agli odierni imputati, del 08/11/2013; infatti, proprio in quel luogo era avvenuto un altro trasbordo di borsoni e, anche nell’episodio del 07/05/2014, contestato invece agli imputati, era stato utilizzato per il trasporto lo stesso furgone IVECO partito da Cassano d’Adda, il tutto in assenza di elementi attestanti una ricostruzione diversa della vicenda.
Ha, poi, disatteso, sempre in via preliminare, la doglianza inerente alla mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, formulata dalla stessa difesa COGNOME in relazione all’audizione di un soggetto informato sul contratto di noleggio sottoscritto tra COGNOME e COGNOME per corroborare la tesi della causale alternativa di quel volo (la cessione, cioè, del mezzo al COGNOME): da un lato, il teste non aveva sottoscritto il contratto, intervenuto tra COGNOME e l’imputato, questi nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, laddove il teste era amministratore di una diversa società; dall’altro e risolutivamente, il contratto era relativo all’affitto del velivolo per venti giorni e non conteneva un mandato a vendere, come sostenuto dall’imputato, laddove la sua presenza, una volta formalizzata la locazione temporanea del mezzo al COGNOME, sarebbe stata del tutto superflua, essendo il COGNOME in grado di pilotare il velivolo. Ha, poi, rigettato le due ulteriori censure difensive, inerenti l’una all’inutilizzabilità della relazione di analisi dell stupefacente, rilevando in via risolutiva che la stessa era stata acquisita con il consenso delle parti all’udienza del 04/11/2019, all’esito avendo il PM proceduto alla contestazione dell’aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990; l’altra, alla campionatura della droga, osservando che il preventivo avviso ex artr-87 d.P.R. n. 309/1990 e gZe 364 cod. proc. pen. era stato impropriamente evocato a difesa, atteso che, nella specie, la consulenza disposta dal PM non poteva considerarsi accertamento tecnico irripetibile. Con riferimento alla campionatura, peraltro, la Corte ha rigettato il motivo formulato dalla difesa COGNOME che aveva contestato la corrispondenza tra i borsoni sequestrati e quelli scaricati dall’aereo, nonché quella dei campioni refertati, per essere stati
analizzati solo gr. 4 a fronte di un carico di Kg. 183 di sostanza, richiamando, quanto al primo punto, la mancanza di elementi per ritenere che un precedente aereo fosse atterrato in quel luogo e osservando che la campionatura era stata prelevata da ciascuna delle 15 confezioni, avendo il Tribunale spiegato le modalità della campionatura, spiegazione con la quale la difesa aveva del tutto omesso di confrontarsi.
Quanto, poi, al merito delle accuse, la Corte territoriale ha respinto tutti i motivi del gravame, ritenendo infondata la spiegazione della inconsapevolezza dell’imputato COGNOME circa la natura del carico trasportato, per essere stata la sua presenza dettata solo dall’aver prestato aiuto al COGNOME a vendere l’aeromobile al COGNOME: al contrario, secondo i giudici territoriali, l’imputato, pilota esperto, non avrebbe accettato di effettuare un volo reso pericoloso dal carico trasportato senza conoscerne la natura e l’importanza, ove ciò fosse stato solo dettato da una esigenza di “presentare” il velivolo al presunto acquirente. In ogni caso, tale spiegazione non avrebbe giustificato la sua presenza, avendo già il COGNOME la disponibilità del mezzo per fare la dimostrazione al presunto acquirente e considerato che l’utilizzo di due piloti rientrava nello schema operativo emerso dal dialogo chiave tra NOME e NOME.
Quanto al COGNOME, invece, la Corte ha ritenuto che la sua presenza sui luoghi non fosse stata casuale, alla luce della conversazione del giorno 08/04/2014, che ha considerato alla stregua di una vera e propria dichiarazione programmatica dell’attività “collaterale” illecita portata avanti: nell’occorso, erano emersi riferimenti al COGNOME, alla disponibilità di due piloti per effettuare viaggi due volte al mese, ma anche alla distribuzione dei ricavi, a nulla rilevando lo svolgimento di attività lecita di noleggio di velivoli, poiché quella oggetto della contestazione ineriva, per l’appunto, all’attività “parallela” di cui si dava conto nel dialogo incriminante. Quanto alla circostanza che l’imputato non aveva preso parte all’attività materiale di scarico e carico dei borsoni, la Corte ha osservato che il suo era un ruolo organizzativo e non esecutivo e che la sua presenza non poteva spiegarsi diversamente, alla luce del dialogo più volte richiamato. Ha, poi, ritenuto del tutto speculativa la spiegazione per la quale il carico incriminato sarebbe stato lasciato da un altro aereo giunto prima di quello con a bordo i coimputati, ciò collidendo con precisi elementi fattuali (accertata presenza del furgone nei pressi dell’avio superficie, l’impiego dello stesso anche per i fatti del 08/11/2013, il riferimento fatto a COGNOME dal COGNOME mentre era in compagnia di uno degli esponenti della famiglia COGNOME, infine, quanto osservato dagli operanti con il teleobiettivo, con riferimento al colore e alle dimensioni dei borsoni). Ha, poi, ritenuto inconferente la consulenza
di parte COGNOME, intesa a dimostrare l’incapienza del velivolo rispetto a un simile carico: lo stesso tecnico aveva ammesso la difficoltà di determinare la reale dimensione dei pacchi, visionati solo in fotografia, avendo formulato un parere che si era risolto in un giudizio presuntivo sulla loro scarsa comprimibilità, sulla scorta delle riproduzioni fotografiche; inoltre e risolutivamente, il numero dei borsoni presuntivamente calcolato non era lontano dal numero dei borsoni effettivamente sequestrati.
Infine, la Corte ha ritenuto corretta la dosimetria della pena. In particolare, quanto al COGNOME, ha rilevato che il suo ruolo era stato tutt’altro che marginale; egli era stato l’organizzatore dei viaggi illeciti, colui che aveva tenuto i contatti con gli albanesi destinatari dei carichi; infine, aveva provveduto a reperire i mezzi e i piloti disponibili. In ogni caso, il Tribunale si era tenuto al di sotto del medio edittale, considerati altresì i precedenti specifici annoverati. Quanto all’COGNOME, ha rilevato la insussistenza di elementi a sostegno dell’invocato minimo edittale e di una massima estensione della riduzione per le riconosciute generiche, egli annoverando numerosi precedenti e non avendo il comportamento processuale dato dimostrazione di effettiva resipiscenza.
La difesa del COGNOME ha proposto ricorso, formulando nove motivi.
Con il primo, ha dedotto vizio della motivazione in ordine alla valutazione del compendio istruttorio: la Corte avrebbe omesso di considerare che l’imputato COGNOME era stato assolto nel presente procedimento.
Con il secondo, ha dedotto analogo vizio quanto alla valutazione del dialogo del 08/04/2014: il conversante COGNOME è stato assolto dal reato contestato e la difesa, riportando stralci di quella conversazione, ne ha inferito che i due stavano discutendo di “aerei da acquistare”, il che sarebbe perfettamente compatibile con l’attività svolta dall’imputato, quanto all’attività “parallela” avendo la Corte omesso di considerare che il COGNOME era formalmente inserito anche in società operanti nel settore edilizio, tenuto altresì conto del lasso temporale tra la conversazione del 08/04 e il fatto delittuoso avvenuto il 07/05.
Con il terzo, ha dedotto analogo vizio sempre con riferimento alla mancata considerazione dell’intervenuta assoluzione del COGNOME.
Con il quarto motivo, ha dedotto analogo vizio quanto alla valutazione del primo motivo d’appello, con il quale si era rilevato che l’imputato non si era trovato a bordo del velivolo e non era stato presente al momento dell’atterraggio e dello scarico e carico della merce; la Corte
avrebbe male interpretato la censura, con la quale non si era inteso allegare che un precedente aereo avesse scaricato i borsoni, ma che la presenza del COGNOME era da ricollegarsi diversa causale (acquisto del velivolo).
Con il quinto, ha dedotto analogo vizio quanto alla valutazione della consulenza di parte a firma ing. COGNOME, ritenendo le considerazioni della Corte territoriale stridenti con il suo contenuto, avendo il tecnico valutato la scheda tecnica del mezzo. Quanto, poi, all’ispezione dei luoghi, il consulente aveva affermato la impossibilità del furgone di accedere all’interno dell’avio superficie, siccome completamente circondata da ostacoli, altresì rilevando che, ove il mezzo fosse entrato in quell’area, gli operanti lo avrebbero intravisto e immortalato, così come le operazioni di carico e scarico.
Con il sesto motivo, ha dedotto violazione di norme processuali con riferimento alla contestazione dell’aggravante della ingente quantità, operata dal PM su irrituale sollecitazione del giudice monocratico che, in conseguenza, si era spogliato del processo in favore di quello collegiale, del quale aveva comunque fatto parte, pur avendo pronunciato sulla res iudicanda.
Con il settimo motivo, ha dedotto analogo vizio ai sensi della lett. c) dell’art. 606, cod. proc. pen., in relazione alla prova della ingente quantità, ricavata da una relazione di analisi rispetto alla cui acquisizione le difese non avrebbero espresso alcun consenso, essendo andata smarrita la fonoregistrazione dell’udienza del 04/11/2019, in cui, a dire della Corte d’appello, ciò sarebbe avvenuto.
Con l’ottavo motivo, ha dedotto vizio della motivazione quanto alla sussistenza dell’aggravante de qua, rilevando che la difesa, con il gravame, non aveva introdotto la tesi dell’arrivo di un precedente aereo, ma affermato la insussistenza di elementi che collegassero il COGNOME all’attività illecita.
Infine, con il nono motivo, ha dedotto analogo vizio quanto al trattamento sanzionatorio, rispetto al quale ha rilevato che l’imputato non avrebbe precedenti specifici.
5. La difesa dell’imputato COGNOME ha formulato cinque motivi.
Con il primo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione quanto alla decisione assunta in ordine all’eccepita incompetenza territoriale: il reato di detenzione e trasporto di droga ha natura permanente e si perfeziona nel momento in cui inizia la detenzione, protraendosi durante il trasporto; pertanto, il criterio applicabile sarebbe stato quello dell’art. 8, comma 3, cod. proc. pen. Tuttavia, nella specie
sarebbero difettati elementi per individuare tale segmento di condotta, cosicché avrebbe dovuto operare il criterio suppletivo di cui all’art. 9 comma 1, stesso codice, in virtù del quale la competenza territoriale va individuata in relazione al luogo nel quale è stata compiuta parte dell’azione o omissione (nella specie, il luogo del sequestro, territorio ricadente nella competenza del Tribunale di Piacenza). La difesa, inoltre, ha contestato la valorizzazione, operata dai giudici del merito, della sede degli interessi della famiglia COGNOME, poiché essa era riferibile a un episodio non contestato all’imputato, mentre, con riferimento a quello contestato, il rinvio al “centro degli interessi” di detta famiglia sarebbe stato al più rilevante per radicare la competenza in relazione a un’ipotesi associativa. Del tutto apodittica, pertanto, sarebbe l’affermazione dei giudici secondo la quale la prima condotta sarebbe stata tenuta probabilmente a Cassano d’Adda, mancando prova dell’assunto.
Con il secondo motivo, ha dedotto analoghi vizi quanto alla mancata rinnovazione istruttoria: i giudici avrebbero arbitrariamente svalutato siccome privo di data certa – un documento di primaria importanza, cosicché l’escussione del teste COGNOME, autore materiale di esso, rivestiva carattere decisivo.
Con il terzo motivo, ha dedotto analoghi vizi quanto alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato: i giudici del merito avrebbero travalicato la regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio, ritenendo sufficiente uno standard probatorio incompatibile con essa, valutando il grado di verosimiglianza dell’allegazione difensiva e ritenendo la tesi accusatoria maggiormente convincente.
Con il quarto, ha dedotto analoghi vizi, oltre a violazione della legge processuale, quanto alla ritenuta utilizzabilità della relazione di analisi dello stupefacente: il documento era stato prodotto davanti a un’autorità diversa da quella che avrebbe poi giudicato, vale a dire il giudice in composizione monocratica che aveva declinato la propria competenza in favore di quello collegiale, a seguito della modifica dell’imputazione (aggravante della ingente quantità). Cosicché il documento non sarebbe stato ritualmente acquisito, siccome allegato nella diversa fase degli atti introduttivi e non in quella dell’assunzione delle prove.
Infine, con il quinto motivo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione quanto al trattamento sanzionatorio, che ha assunto sproporzionato rispetto alla gravità del fatto, avendo la difesa censurato la scelta di negare le generiche in ragione di precedenti aspecifici e remoti, tenuto altresì conto dell’atteggiamento processuale collaborativo dell’imputato, unico tra gli accusati a rendere esame.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha depositato memoria con la quale ha chiesto il rigetto dei ricorsi, reiterando dette conclusioni in udienza.
Considerato in diritto
1. I ricorsi sono inammissibili.
Vanno, in via preliminare, esaminati i motivi con i quali le difese hanno posto questioni di tipo processuale, a partire da quella avente a oggetto la competenza per territorio (primo motivo difesa COGNOME) e, a seguire, quelle aventi a oggetto la rinnovazione della istruttoria dibattimentale (secondo motivo COGNOME), nonché la utilizzabilità della relazione tossicologica (quarto motivo COGNOME e COGNOME sesto e g settimo motivo COGNOME) e le modalità della contestazione dell’aggravante della ingente quantità (sesto motivo COGNOME).
Il primo motivo formulato nell’interesse dell’imputato COGNOME è manifestamente infondato.
Questa Corte di legittimità ha già da tempo chiarito che la competenza territoriale per i reati di acquisto di sostanze stupefacenti appartiene al giudice del luogo in cui si è perfezionato l’accordo tra acquirente e venditore, non essendo necessaria per la consumazione del delitto la materiale consegna della sostanza (Sez. 4, n.45884 del 27/06/2017, COGNOME, Rv. 271290 – 01; Sez. 3, n. 14233 del 05/02/2020, COGNOME, Rv. 279289 – 01).
Nella specie, i giudici del merito hanno escluso l’operatività dei meccanismi suppletivi di all’art. 9 cod. proc. pen. proprio alla stregua del fatto che il luogo nel quale aveva avuto inizio l’azione (compravendita di droga) era noto, essendo stato l’accordo con gli albanesi raggiunto a Cassano d’Adda, luogo ove si trovava, peraltro, il centro d’interessi di tale gruppo. Né la difesa ha introdotto elementi, non vagliati, in grado di porre in dubbio tale ricostruzione, cosicché, come correttamente osservato dal giudice del gravame, la doglianza deve considerarsi anche generica, a fronte di un compendio probatorio’ rispetto al quale i giudici di merito hanno assegnato centrale importanza al contenuto del dialogo del 08/04/2014 tra il COGNOME e il complice albanese non perfettamente identificato (di qui l’assoluzione di NOME COGNOME, cfr. pag. 15 sentenza appellata) in ordine alla programmazione del carico.
Peraltro, la Corte del gravame ha rilevato che le difese non avevano fornito una ricostruzione alternativa della vicenda, neppure in sede di conclusioni in primo grado, cosicché va ribadito che l’eccezione di incompetenza territoriale, ritualmente prospettata dalle parti nel termine di cui all’art. 491, cod. proc. pen. e respinta dal giudice, può essere riproposta con i motivi di impugnazione senza però introdurre argomentazioni ulteriori e diverse da quelle originarie, sicché, in
sede COGNOME di COGNOME legittimità, COGNOME sono COGNOME insindacabili COGNOME gli COGNOME aspetti COGNOME relativi alla competenza territoriale non tempestivamente sottoposti dalla parte, anche se collegati a sopravvenienze istruttorie tali da giustificare, in astratto, lo spostamento della competenza (Sez. 5, n. 29625 del 19/04/2024, COGNOME, Rv. 286873 – 01; Sez. 2, n. 14557 del 04/03/2021, COGNOME, Rv. 281067 – 01).
4. Anche il secondo motivo formulato nell’interesse dell’imputato COGNOME è manifestamente infondato.
In tema di ricorso per cassazione, infatti, può esser censurata la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 6, n. 1256 del 28/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258236 – 01; n. 1400 del 22/10/2014, dep. 2015, PR., Rv. 261799 – 01; Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, COGNOME, Rv. 273577 – 01). Nella specie, la Corte territoriale ha debitamente spiegato le ragioni per le quali l’escussione del teste COGNOME non era indispensabile, atteso che costui non risultava legale rappresentante della società che aveva stipulato il contratto di noleggio del velivolo, documento la cui rilevanza era stata svalutata, non solo perché di datazione incerta, ma anche per la illogicità della presenza dell’imputato in occasione di una mera “presentazione” dell’aereo, già nella disponibilità del coimputato COGNOME, spiegazione con la quale la difesa ha omesso ogni necessario confronto.
Sono, poi, manifestamente infondati, il quarto motivo formulato nell’interesse dell’COGNOME e il sesto e il settimo formulati nell’interesse del COGNOME: la relazione tossicologica è stata acquisita all’udienza del 04/11/2019 davanti al giudice monocratico e la Corte ha espressamente richiamato il verbale nel quale si attestava la circostanza. Anche nella sentenza appellata si dà atto di tale acquisizione, dalla quale era poi conseguita la contestazione dell’aggravante della ingente quantità da parte del PM con rinvio del procedimento dinanzi al giudice collegiale. La Corte territoriale ha anche puntualizzato che la difesa non aveva formulato alcuna eccezione o richiesta di espunzione dell’atto dal fascicolo, la questione essendo stata posta solo in sede di discussione finale. Del tutto irrilevante è il richiamo alle norme di cui agli artt. 514 co. 2 e 526 cod. proc. pen., aventi a oggetto le letture vietate e l’inutilizzabilità delle prove non legittimamente acquisite, avendo la difesa sostanzialmente censurato la tempistica dell’acquisizione, senza tuttavia individuare la norma che introduce la sanzione processuale della inutilizzabilità della prova acquisita con il consenso
prima della fase di ammissione, nella ipotesi in cui, dopo gli adempimenti di cui all’art. 493 cod. proc. pen. la parte non ne abbia chiesto l’espunzione. ·
Peraltro, non può neppure evocarsi, come sembrerebbe fare la difesa, la diversità dell’autorità giudiziaria decidente, rispetto a quella che aveva acquisito la prova: il principio di immutabilità di cui all’art. 525 cod. proc. pen. richiede, sì, che il giudice che provvede alla deliberazione della sentenza sia non solo lo stesso che ha assunto la prova ma anche quello che l’ha ammessa, ma i provvedimenti sull’ammissione della prova emessi dal giudice diversamente composto conservano efficacia se non espressamente modificati o revocati (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, Bajranni, Rv. 276754 – 01). E, sul punto, la Corte d’appello ha dato atto che, davanti al giudice collegiale, la difesa non aveva formulato alcuna doglianza o richiesta di espunzione della relazione dal fascicolo nei termini di legge. Comportamento processuale che avvalora la ritualità dell’acquisizione, anche a voler accedere all’orientamento per il quale il consenso all’acquisizione deve essere espresso, atteso che la mancanza di opposizione dopo la richiesta di prova non può che essere valutata insieme alla manifestazione di volontà precedente.
Allo stesso modo, quanto alla asserita irritualità della contestazione dell’aggravante, la difesa del COGNOME ha ritenuto la violazione delle disposizioni concernenti l’iniziativa del PM, laddove, solo a seguito di formulazione da parte dell’organo dell’accusa, era stata contestata l’aggravante della ingente quantità, nessun rilievo potendo assumere eventuali sollecitazioni in tal senso da parte dell’organo giudicante. Né la difesa ha spiegato in qual modo il rinvio davanti al giudice collegiale abbia determinato una incompatibilità in capo a quello monocratico che non ha assunto alcuna determinazione in ordine alla res iudicanda. Sul punto, invero, pare sufficiente ricordare che, nel caso in cui il giudice monocratico disponga la trasmissione “orizzontale” degli atti al tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell’art. 33-septies cod. proc. pen., la sua appartenenza al collegio non costituisce causa di incompatibilità, in quanto la decisione con cui è declinata la competenza non comporta un apprezzamento del merito dell’accusa, ma si risolve in una valutazione astratta delle risultanze processuali, non suscettibile di menomare i valori costituzionali della terzietà e della imparzialità della giurisdizione (Sez. 2, n. 28569 del 27/03/2019, COGNOME, Rv. 276730 – 01).
6. L’esame dei rimanenti motivi, anch’essi manifestamente infondati e aventi a oggetto valutazioni in fatto, implica alcune premesse di ordine generale, direttamente correlate alla conformità delle due sentenze di merito e alla natura del compendio probatorio, in parte costituito anche da intercettazioni.
Quanto al primo punto, è necessario precisare quali sono i limiti del sindacato di legittimità sulla verifica dell’adeguatezza e congruità del ragionamento
giustificativo rispetto alle doglianze formulate in ordine alla responsabilità penale degli imputati: il vizio motivazionale, in ipotesi di doppia sentenza conforme nel merito, non può tradursi nella reiterazione della tesi difensiva esaminata dai giudici d’appello (Sez. 3 n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615 – 01; Sez. 3 n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv, 257595 – 01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218 – 01), posto che sono estranei al giudizio di legittimità la valutazione e l’apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito. Ne deriva l’inammissibilità di quelle doglianze con le quali si sia inteso sollecitare la rivalutazione del risultato probatorio, secondo diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati come maggiormente plausibili o dotati di migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482 – 01; Sez. 6 n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 – 01; Sez. 3 n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217 – 01). Peraltro, il tenore di alcuni motivi, con i quali si è sostanzialmente lamentato un asserito “silenzio” motivazionale in ordine a specifiche osservazioni difensive, impone di precisare che – in sede di legittimità – non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando risulti che essa è stata disattesa dalla motivazione complessivamente considerata (Sez. 1 n. 27825 del 22/5/2013, COGNOME, Rv. 256340; Sez. 5 n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500).
Quanto al secondo punto, invece, pare sufficiente un rinvio al diritto vivente per ribadire che l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715) e che l’interpretazione e la valutazione del contenuto dell’attività di captazione sono appannaggio esclusivo del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 2, n. 50701 del 4/10/2016, COGNOMEAndrea, Rv. 268389).
7. Alla luce di tali coordinate in diritto, va ritenuta la manifesta infondatezza del primo, secondo, terzo, quarto, quinto e ottavo motivo formulati nell’interesse dell’imputato NOME e del terzo motivo formulato nell’interesse dell’imputato COGNOME.
Le difese hanno omesso un effettivo confronto con le ragioni delle decisioni conformi dei giudici del merito, ribadendo il proprio dissonante punto di vista, alla stregua del quale hanno proposto una diversa lettura del compendio probatorio, senza tener conto della risposta che i giudici del gravame hanno dato alle censure
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veicolate con l’appello, anche in relazione alla tesi, rimasta a livello di mera illazione, della non corrispondenza dei borsoni scaricati con quelli sequestrati e della ragione della presenza dell’COGNOME sul velivolo e del COGNOME sull’avio pista. Le difese hanno continuato a ignorare un elemento ritenuto centrale, alla luce del quale i giudici del merito hanno interpretato l’azione osservata in diretta dagli operanti, vale a dire la conversazione intrattenuta dal COGNOME con il complice albanese, la cui identità è stata ritenuta incerta, ragione che ha determinato l’assoluzione di NOME COGNOME e che in nessun modo introduce elementi di contraddittorietà rispetto al ragionamento che ha sostenuto, invece, la condanna del COGNOME, la cui identificazione è rimasta incontestata. Detto elemento ha, altresì, consentito ai giudici di escludere l’inconsapevolezza del co-pilota COGNOME circa la natura del carico trasportato e permesso di confutare la tesi portata avanti a mezzo di consulenza circa la capienza del velivolo, conclusivamente ritenendo irrilevante la leggera difformità degli esiti del calcolo del peso o del numero dei borsoni trasportabili.
8. Sono infine manifestamente infondati, oltre che generici, i motivi inerenti al trattamento sanzionatorio (quinto COGNOME e nono COGNOME): i giudici del merito hanno giustificato le loro conclusioni mediante rinvio ai parametri legali di cui all’art. 133 cod. pen., in un caso nel quale la pena è stata individuata, peraltro, al di sotto del medio edittale. L’onere motivazionale risulta pienamente soddisfatto anche quanto al diniego delle generiche, parimenti sostenuto alla stregua di parametri riconducibili al novero dell’art. 133 cit. Peraltro, il loro mancato riconoscimento può essere legittimamente motivato dal giudice anche con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62 bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (iez. 1, n. 39566 del 16/272017, COGNOME, Rv. 270986-01; sez. 4, n. 32872 del 8/6/2022, COGNOME, Rv. 283489-01; sez. 3, n.44071 del 25/9/2014, COGNOME, Rv. 260610-01). La motivazione approntata dai giudici territoriali è congrua, anche ove si consideri la ratio della disposizione di cui all’art. 62 bis, cod. pen., quella cioè di adeguare la pena al caso concreto: è in ragione di ciò che al giudice di merito non è richiesto di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, rientrando il riconoscimento ALLe < 1" delle circostanzè' gerìetiChe nell'ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l'adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (Sez. 2, n. 9299 del 7/11/2018, dep. 2019, Villani, Rv. 275640 – 01).
Né è dirimente in contrario la asserita aspecificità dei precedenti penali del COGNOME: tale argomento, infatti, non assume rilievo determinante nel ragionamento complessivo che ha sorretto il giudizio di congruità della pena individuata dal primo giudice, ampiamente motivato alla stregua del ruolo centrale dell'imputato (vero e proprio organizzatore dei viaggi illeciti oggetto della sua attività "parallela" e soggetto in contatto con gli acquirenti albanesi). In ogni caso e risolutivimente, il motivo non è neppure deducibile ai sensi dell'art. 606, comma 3, cod. proc. pen., poiché non ha formato oggetto del gravame (sul punto, Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280306 – 01; n. 26721 del 26/04/2023, COGNOME, Rv. 284768 – 02), dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato su un punto della decisione rispetto al quale si configura "a priori" un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316 – 01). Nella specie, infatti, non può ritenersi validamente introdotta la questione e, quindi, costituito in capo al giudicante il relativo onere di esame della censura, poiché la difesa si era limitata a formulare una richiesta di riconoscimento nella parte conclusiva dell'appello, senza articolare alcuna considerazione in ordine al diniego del beneficio e alla meritevolezza di esso da parte dell'imputato (sulla inammissibilità dell'appello per genericità, Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01).
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 30 settembre 2025
La Consigliera est.
NOME COGNOME
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Presidentel
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