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Traffico di droga: la Cassazione conferma condanne

La Corte di Cassazione ha confermato le condanne per due imputati coinvolti in un vasto traffico di droga. Il caso riguardava l’importazione di 190 kg di marijuana tramite un aereo privato. I ricorsi, basati su presunta incompetenza territoriale, vizi di motivazione e questioni procedurali, sono stati dichiarati inammissibili. La Corte ha ritenuto provato il ruolo di organizzatore di uno degli imputati e la consapevole partecipazione del co-pilota, basandosi su un solido compendio probatorio composto da intercettazioni e appostamenti.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traffico di droga: la Cassazione conferma le condanne per l’importazione di 190 kg di marijuana

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha messo un punto fermo su un complesso caso di traffico di droga internazionale, dichiarando inammissibili i ricorsi di due imputati condannati in appello per l’importazione di un ingente quantitativo di stupefacenti. La decisione sottolinea l’importanza di un quadro probatorio solido e della corretta interpretazione delle norme procedurali, offrendo spunti cruciali sulla valutazione del ruolo dei concorrenti nel reato e sulla determinazione della competenza territoriale.

I fatti di causa

La vicenda trae origine da un’indagine su una famiglia di origine albanese. Le attività investigative, basate su intercettazioni ambientali e telefoniche, appostamenti e sequestri, hanno permesso di ricostruire un’operazione criminale ben organizzata.

In particolare, le intercettazioni hanno rivelato una conversazione in cui uno degli imputati, figura chiave dell’organizzazione, discuteva con un complice di “lavori paralleli” e più redditizi rispetto alle normali attività, facendo riferimento a piloti, aerei e ricavi da distribuire. Questo dialogo è stato ritenuto fondamentale per interpretare gli eventi successivi.

Il giorno dell’operazione, gli investigatori hanno osservato l’atterraggio di un aereo privato su un’aviosuperficie. Il pilota e il co-pilota (il secondo imputato) sono stati visti scaricare numerosi borsoni e nasconderli in una boscaglia. Poco dopo, un furgone, già noto alle forze dell’ordine per un precedente trasporto di droga, è arrivato sul posto, ha caricato i borsoni e, dopo averli coperti con materiale di risulta, si è allontanato. Il furgone è stato poi fermato e al suo interno sono stati rinvenuti e sequestrati 190 kg di marijuana. L’organizzatore è stato visto sul luogo intrattenersi con il pilota subito dopo le operazioni di scarico.

I motivi del ricorso e la questione del traffico di droga

Le difese degli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi.

La posizione del co-pilota

La difesa del co-pilota ha eccepito l’incompetenza territoriale del Tribunale di Milano, sostenendo che il foro competente dovesse essere quello del luogo del sequestro (Piacenza). Ha inoltre contestato la mancata rinnovazione dell’istruttoria per sentire un testimone riguardo a un presunto contratto di noleggio dell’aereo, che avrebbe fornito una spiegazione alternativa alla sua presenza. Infine, ha sostenuto la propria inconsapevolezza riguardo alla natura del carico, affermando di aver semplicemente aiutato il pilota in quella che credeva essere un’operazione lecita.

La posizione dell’organizzatore

L’organizzatore ha contestato la valutazione delle prove, in particolare del dialogo intercettato, sostenendo che si riferisse ad attività lecite nel settore edilizio e all’acquisto di aerei. Ha evidenziato di non aver partecipato materialmente allo scarico e carico della merce e ha sollevato questioni procedurali relative all’acquisizione della relazione tossicologica e alla contestazione dell’aggravante dell’ingente quantità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso, ritenendoli inammissibili o manifestamente infondati. La sentenza si basa su un’analisi rigorosa sia delle questioni procedurali che del merito della vicenda.

Sulla competenza territoriale e le questioni procedurali

La Corte ha ribadito il principio secondo cui la competenza per il reato di acquisto di stupefacenti si radica nel luogo in cui si è perfezionato l’accordo tra acquirente e venditore. Nel caso di specie, le prove indicavano che l’accordo con il gruppo albanese era stato raggiunto a Cassano d’Adda, centro dei loro interessi. Pertanto, la competenza del Tribunale di Milano è stata correttamente affermata.

Per quanto riguarda le altre questioni procedurali, come l’acquisizione della relazione tossicologica, la Corte ha osservato che era avvenuta con il consenso delle parti in udienza e che le difese non avevano sollevato tempestive eccezioni, rendendo le doglianze tardive e infondate.

Sulla valutazione delle prove e il ruolo nel traffico di droga

Il cuore della decisione risiede nella valutazione del compendio probatorio. La Cassazione ha avallato la lettura data dai giudici di merito, che hanno considerato il dialogo intercettato come la “chiave di volta” per comprendere l’intera operazione. L’espressione “attività parallela” è stata logicamente interpretata come un riferimento al traffico di droga.

La Corte ha ritenuto del tutto inverosimile la tesi difensiva del co-pilota inconsapevole. Secondo i giudici, un pilota esperto non avrebbe mai accettato di partecipare a un’operazione così rischiosa, che implicava il trasporto di un carico pesante 200 kg, senza conoscerne la natura. La sua presenza era funzionale allo schema criminale.

Quanto all’organizzatore, la Corte ha confermato il suo ruolo centrale e direttivo. Anche se non ha materialmente movimentato i borsoni, è stato identificato come colui che teneva i contatti con i destinatari del carico, reperiva i mezzi e i piloti. La sua presenza sul luogo al momento dei fatti non era casuale, ma serviva a supervisionare l’operazione, consolidando il suo ruolo di organizzatore del traffico di droga.

Conclusioni

La sentenza consolida importanti principi in materia di criminalità organizzata e traffico di stupefacenti. In primo luogo, conferma che la responsabilità penale non richiede necessariamente una partecipazione materiale all’azione, essendo sufficiente un contributo consapevole all’organizzazione e alla realizzazione del piano criminoso. In secondo luogo, ribadisce che le tesi difensive, per essere credibili, devono essere logiche e coerenti con il quadro probatorio complessivo, e non mere allegazioni alternative. Infine, la decisione evidenzia la rigidità delle regole procedurali: le eccezioni e le contestazioni devono essere sollevate nei tempi e nei modi previsti dalla legge, pena la loro inammissibilità.

Come si determina la competenza territoriale in un reato di acquisto di droga?
La competenza territoriale appartiene al giudice del luogo in cui si è perfezionato l’accordo tra acquirente e venditore, non essendo necessaria per la consumazione del reato la materiale consegna della sostanza.

Può essere condannato per traffico di droga chi non ha materialmente toccato lo stupefacente?
Sì. La Corte ha confermato che il ruolo di organizzatore, che tiene i contatti con i fornitori, reperisce mezzi e piloti e supervisiona l’operazione, è sufficiente per una condanna, anche senza una partecipazione materiale allo scarico o al trasporto della merce.

È credibile per la Corte la tesi della “presenza inconsapevole” su un velivolo carico di droga?
No. La Corte ha ritenuto del tutto implausibile che un pilota esperto, come il co-pilota in questo caso, potesse accettare di partecipare a un’operazione rischiosa con un carico così ingente senza essere a conoscenza della natura illecita dello stesso, giudicando la sua presenza come una partecipazione consapevole al reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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