LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Traduzione Sentenza Penale: Diritto dell’Imputato

Un padre, condannato per sottrazione internazionale di minore, ricorre in Cassazione lamentando la mancata traduzione della sentenza d’appello, pur non conoscendo la lingua italiana. La Suprema Corte accoglie il ricorso, annullando la sentenza impugnata. Viene ribadito che la traduzione sentenza penale è un obbligo per il giudice e un diritto fondamentale dell’imputato alloglotto, essenziale per garantire un’effettiva difesa e un’impugnazione consapevole. La sua omissione integra una nullità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traduzione Sentenza Penale: un Diritto Inviolabile per l’Imputato Straniero

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20679 del 2024, riafferma un principio cardine del giusto processo: il diritto dell’imputato che non comprende la lingua italiana a ricevere la traduzione della sentenza penale. Questa garanzia non è una mera formalità, ma un presupposto essenziale per un esercizio consapevole del diritto di difesa e, in particolare, del diritto di impugnazione. La pronuncia chiarisce che l’omissione di tale adempimento comporta la nullità della sentenza.

I Fatti del Caso: dalla Sottrazione di Minore al Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine dalla condanna di un padre per il reato di sottrazione internazionale di minore, previsto dall’art. 574-bis del codice penale. L’uomo aveva condotto la figlia minore in Ungheria contro la volontà della madre, per un periodo di circa venti giorni. La condanna, emessa in primo grado, era stata confermata dalla Corte di Appello di Brescia.

L’imputato, tuttavia, non aveva conoscenza della lingua italiana. Nonostante ciò, la sentenza di appello non gli era stata tradotta. Proprio su questo punto si è incentrato uno dei motivi principali del suo ricorso alla Corte di Cassazione. La difesa ha sostenuto che la mancata traduzione avesse leso le prerogative difensive, impedendo all’imputato di comprendere appieno le motivazioni della condanna e di confrontarsi efficacemente con il proprio legale per preparare l’impugnazione.

La Violazione del Diritto di Difesa e l’obbligo di Traduzione Sentenza Penale

Il motivo di ricorso relativo alla mancata traduzione è stato ritenuto fondato e assorbente dalla Suprema Corte. I giudici hanno sottolineato come la conoscenza degli atti processuali fondamentali sia un pilastro del diritto di difesa, tutelato sia dalla Costituzione (art. 24 e 111) sia da fonti sovranazionali come la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (art. 6).

L’articolo 143 del codice di procedura penale stabilisce chiaramente il diritto dell’imputato che non conosce la lingua italiana a farsi assistere da un interprete e a ottenere la traduzione degli atti fondamentali. La sentenza, che conclude una fase del giudizio e apre la via all’impugnazione, rientra a pieno titolo in questa categoria.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dato continuità a un importante orientamento, recentemente consolidato da una pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza Niecko, n. 15069/2024). Secondo tale principio, l’omessa traduzione di un atto di cui è obbligatoria integra una nullità a regime intermedio (art. 178, comma 1, lett. c, c.p.p.).

Questo significa che la mancanza di traduzione non è un vizio di poco conto, ma un difetto procedurale grave che incide direttamente sulla partecipazione cosciente dell’imputato al processo. Il diritto alla traduzione non dipende da una richiesta dell’interessato, ma sorge come un obbligo per l’autorità giudiziaria nel momento in cui viene a conoscenza della non comprensione della lingua da parte dell’imputato. Nel caso di specie, la Corte d’appello era stata informata di tale circostanza e avrebbe dovuto provvedere d’ufficio alla traduzione della propria sentenza.

Le Conclusioni e l’Impatto Pratico

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato la sentenza d’appello senza rinvio, ma limitatamente alla parte in cui è mancata la traduzione. Gli atti sono stati quindi ritrasmessi alla Corte di Appello di Brescia con il preciso compito di disporre la traduzione della sentenza e di notificarla all’imputato. Solo da quel momento inizieranno a decorrere i termini per un’eventuale, nuova impugnazione.

Questa decisione rafforza la tutela dell’imputato alloglotto, garantendo che il diritto di difesa non sia ridotto a una mera formalità. La comprensione effettiva delle accuse e delle motivazioni di una condanna è il presupposto indispensabile per poterle contestare efficacemente, assicurando così la concreta attuazione dei principi del giusto processo.

È obbligatorio tradurre la sentenza di appello a un imputato che non capisce l’italiano?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che sussiste l’obbligo per il giudice di disporre la traduzione della sentenza a favore dell’imputato che non conosce la lingua italiana. Questo rappresenta un diritto soggettivo perfetto, funzionale a un esercizio consapevole del diritto di impugnazione.

Cosa succede se la sentenza non viene tradotta?
La mancata traduzione della sentenza integra un’ipotesi di nullità a regime intermedio. Di conseguenza, la sentenza viene annullata limitatamente alla sua mancata traduzione e gli atti vengono trasmessi al giudice che l’ha emessa affinché provveda alla traduzione e alla successiva notifica.

Il diritto alla traduzione deve essere richiesto esplicitamente dall’imputato o dal suo difensore?
No. La Corte chiarisce che la traduzione è un obbligo che scatta in capo all’autorità giudiziaria non appena viene a conoscenza del fatto che l’imputato non comprende o non parla la lingua italiana. Non è quindi necessaria una specifica richiesta di parte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati